Quel che sun dré cuntà l'è na storia vera....
No, non proprio. Ma è una storia simile a tante altre storie vere che conosco. Storie di gente che lavora o che ha lavorato. Storie di dove sono cresciuto, nella provincia milanese.
La storia comincia circa quaranta anni fa, ed è un po' più ottimista della canzone di Jannacci. Solo un po', per la parte che si riferisce all'amore.
È la storia di un ragazzo che ha venti anni. Ha iniziato a lavorare da poco. Ha incontrato una ragazza ventenne, che lavora pure lei. E l'ha portata, come nella canzone, alla fiera. Nella canzone la ragazza dice ''vorrei un krapfen, non ho moneta'' (erano tempi in cui non si badava troppo alla dieta). In risposta, il poverino (ch'è tutto preso dalle di lei grazie) alla ragazza ''ghe da des kili e l'ha vista pù'', le dà diecimila lire e non la vede più.
Io, che sono ottimista, voglio invece ipotizzare che quarant'anni fa, tra i due, sia sbocciato l'amore. E che senza indugi, in pochi mesi, i due si siano sposati ed abbiano messo su famiglia. Incontriamoli di nuovo, questo ragazzo e questa ragazza che ormai sono un signore e una signora maturi, dopo quarant'anni.
In questi anni si sono comportati normalmente, come tanti altri. Con un po' di fortuna sono sempre riusciti a restare occupati, anche se in un lavoro non particolarmente ben pagato. Essendo lavoratori dipendenti, le tasse le hanno sempre pagate tutte, non c'era alternativa. Ogni anno han messo da parte un po' di soldi, che sono stati quasi tutti usati per comprarsi una villetta fuori Milano. Dopo quarant'anni il mutuo è stato pagato (ai loro tempi il mutuo era decennale, quando andava bene) e i nostri hanno perfino qualche Bot. Venivano entrambi da famiglie di operai e contadini, ma i genitori quando sono morti qualche decina di migliaia di euro li hanno lasciati. Il loro reddito è salito con il tempo, al salire dei salari (troppo poco negli ultimi tempi) ma non ha mai fatto grandi balzi. Forse lui era un operaio specializzato, forse un impiegato. Forse lei era una commessa, o forse una maestra. Fatto sta che il loro reddito è sempre stato più o meno intorno alla mediana, niente di spettacolare. Hanno risparmiato, ma senza fare sacrifici immensi. In effetti il loro tasso di risparmio è sempre stato più o meno pari alla media nazionale. Adesso, quarant'anni dopo il matrimonio, è arrivata (più o meno) l'età della pensione. Una storia normale, ordinaria, di gente comune, nata subito dopo la guerra ...
Eppure. Eppure risulta che questa famiglia ordinaria è in realtà un temibile membro del club dei super-ricchi. Fa parte di quel plutocratico 10% che detiene il 47% della ricchezza. Quelli che vanno stanati ed espropriati per pagare il debito pubblico. Possibile? Possibile. E per spiegare perché passiamo alle cose serie, con numeri e conti.
I numeri li tiriamo fuori dalla indagine sui bilanci della Banca d'Italia, la famosa indagine che ci dice che il 10% più ricco ha il 47% della ricchezza, un numero continuamente brandito come una clava dai proponenti della patromoniale. L'indagine è piena di informazioni, e la useremo copiosamente. Scaricatela e tenete aperto il file in pdf.
Tanto per cominciare l'indagine ci dice quali sono i livelli di ricchezza netta necessari per salire nella scala della distribuzione. Li trovate alla tabella E1 di pagina 72, e li riassumiamo qui sotto.
primo decile |
secondo decile |
terzo decile |
quarto decile |
quinto decile |
sesto decile |
settimo decile |
ottavo decile |
nono decile |
decimo decile |
fino a 1500 |
da 1500 a 8900 |
da 8900 a 51800 |
da 51800 a 105900 |
da 105900 a 153000 |
da 153000 a 201600 |
da 201600 a 260000 |
da 260000 a 349000 |
da 349000 a 529500 |
oltre 529500 |
La tabella ci dice che il 10% più povero della popolazione ha meno di 1.500 euro di ricchezza netta. Il seguente 10% (ossia, quelli che hanno più ricchezza del 10% più povero ma meno ricchezza dell'80% più ricco) viaggia tra i 1.500 e gli 8.900. E così via a salire, fino ad arrivare ai super-ricchi, quelli dell'ultimo decile. Per arrivare lì bisogna avere una ricchezza di più di 529.500 euro.
Ricordate che questa è tutta la ricchezza familiare, che include in particolare il possesso di immobili. La nostra famiglia, ricordate, si era comprata una villetta vicino a Milano. Se quella villetta vale più di mezzo milione di euro, che alle porte di Milano non è così straordinario, e se vi sono anche qualche decina di migliaia di euro messi in Bot, allora vuol dire che siamo lì. La nostra famiglia di (apparentemente) innocui pensionati, o prossimi alla pensione, è composta da super-ricchi.
Ma può veramente una famiglia che guadagna un reddito mediano e che risparmia in modo mediano arrivare fin lì? Vediamo, proviamo a fare i conti. I conti li farò in modo semplificato. Voglio guardare alle grandezze reali, ossia al netto dell'inflazione, per cui ragionerò in termini di prezzi 2008. Ignorerò anche gli aumenti salariali, e ipotizzerò che in questi 40 anni la nostra famiglia abbia guadagnato il reddito mediano dell'indagine 2008. Lo so che non è vero, i salari crescono con l'anzianità e quarant'anni fa i salari erano più bassi, ma cominciamo così giusto per avere un'idea e poi ne riparliamo.
Per il reddito mediano andiamo alla Tabella B3 di pagina 65. La nostra famiglia ha due percettori di reddito, e la tabella ci dice che per questa tipologia familiare il reddito mediano (netto) è 34.600 euro. Per intenderci, questa cifra quanto viene divisa su due redditi e per tredici mensilità vuol dire uno stipendio netto di 1.331 euro al mese. Notate, sempre dalla stessa tabella, che questo la piazza giusto nel mezzo della distribuzione del reddito, ossia tra il terzo ed il quarto quintile. La tabella ci dice anche quanto è la spesa annua per consumo, ossia 24.200. La nostra famiglia alla mediana quindi risparmia 10.400 euro l'anno, circa il 30% del reddito. Non lontano dalla media nazionale, che è 26,1% (Tav. B1 pag. 63). Ovviamente occorre capire in cosa vada questo risparmio: fino a quando il pagamento del mutuo non è completato, una grossa parte va lì. Finito quello i risparmi sono andati in qualche miglioramento della casetta, che per questo ora è una villetta, o una mano ai figli, o in Bot. Altre famiglie han fatto una scelta diversa ed han preso un piccolo appartamento per le vacanze a Rimini, che al tempo non costava gra cosa, o da qualche parte nelle Alpi.
La domanda ora è: cosa succede dopo 40 anni a una famiglia che risparmia, in media, 10.400 euro l'anno? Qua dobbiamo fare ipotesi su quanto rende il risparmio e se il reddito da interessi va conteggiato nel reddito e nel risparmio. Cominciamo con una ipotesi brutale brutale, giusto per avere un'idea di dove si va a finire, e diciamo che il rendimento è zero (ossia, dato che parliamo di interessi reali, è pari al tasso di inflazione; più o meno quello che succede se il valore della casa cresce in linea con l'inflazione). In tal caso il conto è molto semplice: dopo 40 anni, avremo 10.400 per 40, ossia 416.000 euro. Non è sufficiente per far entrare la nostra ordinaria famiglia nel club dei super-ricchi, il top 10%, ma lo è per farla entrare molto agevolmente nel top 20% (bastano 349.000 euro infatti), pericolosamente vicini alla zona tosatura. Anzi, in piena zona tosatura, visto cha Amato puntava ''al terzo più ricco''.
Ma noi vogliamo proprio che diventino super-ricchi. Come si fa? Beh, ipotizziamo adesso che la nostra famiglia riesca a far rendere i suoi investimenti al tasso dell'1,5% annuo. Non è così poco dato che è un tasso reale (quanto si guadagna in eccesso all'inflazione) ma non è nemmeno impossibile. Ipotizziamo anche che il reddito per interessi non venga speso, per esempio perché si ottiene semplicemente mediante apprezzamento della casa, e che la nostra famiglia continui a metter da parte ogni anno 10.400 euro.
I due gioiosi ventenni che si innamorano alla fiera di Rogoredo partono dal fondo della distribuzione della ricchezza. Quando si sposano hanno appena iniziato a lavorare e la loro ricchezza è esattamente zero. Dopo un anno di lavoro la ricchezza va a 10.400 euro, il risparmio del primo anno. Può parer poco, ma intanto di sono spostati dal primo al terzo decile della distribuzione, quello di chi ha tra 8.900 e 51.800 euro. Alla fine del secondo anno alla ricchezza si aggiungono i nuovi risparmi più il rendimento di quanto risparmiato l'anno prima. Poca roba, all'1,5% il rendimento è 156 euro. Comunque alla fine del secondo anno, tra una cosa e l'altra, la ricchezza è arrivata a 20.956. Comincia a non essere male, anche se restiamo nel terzo decile. Il terzo anno si aggiungono gli interessi sui 20.956 e altro 10.400, e si arriva a 31.670. E così via, a questo punto è chiaro come fare i calcoli.
Bene, dopo 40 anni la ricchezza accumulata risulta pari a 564.386 euro. Ci siamo. La nostra famiglia mediana, con reddito mediano e con risparmio mediano è miracolosamente riuscita a entrare nell'olimpo dei super-ricchi.
Non è difficile immaginare altri percorsi mediante i quali si può arrivare alla super-ricchezza. Nell'esempio precedente ho ipotizzato reddito e risparmio costante, che ovviamente è irrealistico. Ma adesso immaginate che 40 anni fa i nostri ventenni guadagnassero la metà, e riuscissero quindi a risparmiare la metà, 5.200 euro (queste sono tutte cifre in euro 2008). Col tempo però i loro salari sono cresciuti, diciamo del 2,5% l'anno, e i loro risparmi sono corrispondentemente cresciuti del 2,5% annuo. Con un rendimento dello 1,5% annuo, dopo 40 anni il capitale sarebbe 452.944. Se ipotizzate che al quarantesimo anno muoiano i genitori di entrambi (hey, succede) lasciando 80.000 euro di eredità, ecco che siamo di nuovo tra i super-ricchi. Guardate che 80.000 euro di eredità, visto che questi son figli di contadini, è ben meno del rudere in campagna con attorno due ettari di terra che oramai non coltiva più nessuno.
Se sapete maneggiare un foglio di calcolo potete divertirvi a creare gli scenari più vari. I casi della vita sono tanti, quindi l'evoluzione della ricchezza può essere differente. Ma il messaggio principale dovrebbe essere chiaro: una famiglia con due occupati e che riparmia può ragionevolmente sperare di raggiungere il top 10% dopo 40 anni di lavoro, anche se non guadagna grosse cifre. Non è affatto impossibile. In verità, non è niente di strano e niente di speciale. Basta, come detto, lavorare in due, essere ragionevolmente parsimoniosi e non avere botte di sfortuna.
La relazione tra età e ricchezza è ben nota, e si può vedere anche dai dati dell'indagine. Andate di nuovo alla Tavola E1 di pag. 72 e guardate la distribuzione della ricchezza per classi di età. Guardate la tabella per intero, qui ne riporto solo alcune parti.
primo decile |
secondo decile |
nono decile |
decimo decile | |
meno di 34 anni | 22,0 | 16,6 | 7,8 | 5,3 |
tra 55 e 64 | 5,6 | 6,5 | 13,9 | 15,4 |
oltre 64 | 7,3 | 8,2 | 10,1 | 10,9 |
La tabella ci dice, ad esempio, che il 22% degli under-34 ha meno di 1.500 euro, mentre nella popolazione generale il 10% ha meno di quella cifra. Tra i 55-64enni invece solo il 5,6% ha meno di 1.500. Corrispondentemente, il 15,4% dei 55-64enni ha una ricchezza superiore a 529.500 ed è quindi ''super-ricco''. In generale se guardate la tabella completa potete vedere che con l'età si osserva il passaggio a decili più alti di ricchezza più alti, un processo che si ferma per gli ultra-65 anni. Questo dati sono compatibili con la storia più semplice che si possa immaginare. I giovani formano nuove famiglie e partono da livelli di ricchezza bassi o nulli. Lavorando riescono a mettere da parte qualcosa, facendo crescere la ricchezza e raggiungendo l'apice al momento di andare in pensione. Una volta raggiunta la pensione si decumula, un po' perché si guadagna meno e un po' perché l'orizzonte di vita rimasto è breve (ahem) e non è necessario risparmiare tanto.
Tutto questo non significa dire che non ci siano differenze sociali. Quel 5,3% di under-34 che appartiene al decile più alto comprende magari qualche geniale giovane imprenditore che si è fatto da solo, ma comprende anche tanta gente che la ricchezza l'ha semplicemente ereditata. E se si guarda la Tavola E1 si osserva chiaramente la sovra-rappresentazione nel decile più alto di dirigenti e imprenditori. Chiaro che chi guadagna di più fa anche meno fatica a risparmiare e accumula ricchezza più rapidamente.
Inoltre la storia che abbiamo raccontato è pur sempre la storia di una famiglia in cui si lavora in due, mentre in molte famiglie (circa la metà, nel campione dell'indagine) la donna fa la casalinga ed entra un solo reddito; per le famiglie monoreddito è molto più difficile raggiungere il top 10%. È anche la storia di una famiglia in cui si è sempre lavorato, mentre a volte capita di restare disoccupati. È la storia di una famiglia che guadagna un reddito mediano, il che significa per definizione che il 50% delle famiglie guadagna un reddito più basso (ed il 50% lo guadagna più alto ...). E poi ci sono i guai che possono sempre capitare. Un figlio malato. Un incidente di macchina. Un albero che cade sulla casa. Tutto questo per dire che sì, ci sono buone ragione per cui tante famiglie a quel top 10% non ci sono arrivate e non ci arriveranno mai.
In buona misura, però, queste famiglie che raggiungono il 10% sono semplicemente famiglie di ceto medio che restano nei ranghi inferiori della distribuzione per lungo tempo, prima di raggiungere la cima. Non ho trovato dati sulla mobilità tra le classi di ricchezza (ce ne sono, e sono alquanto interessanti, sulle classi di reddito; Tavole C5 e C6, pagina 69), ma la distribuzione per classi di età lascia pochi dubbi. Oltre a questo, la Tavola E1 ci dice che i super-ricchi sono i laureati (ben il 27,4% appartiene al primo decile), gli abitanti delle grandi città (il 20,3% delle famiglie nei centri con più di 500.000 abitanti, dove le case valgono di più) e i membri delle famiglie con più di due percettori di reddito (il 20,7 delle famiglie con tre percettori appartiene al primo decile).
A nostro avviso questi numeri mostrano quanto insulsa, sbagliata e semplicemente odiosa sia la logica di chi vede questo top 10% come pecore da tosare, come decadenti benestanti seduti su risorse che si possono loro sottrarre impunemente. Caro compagno Amato, mentre lei trivellava il bilancio pubblico come ministro negli anni 80, per conto del suo compare Craxi, questa gente che lei adesso vorrebbe tassare metteva faticosamente da parte quello che poteva. Con fatica, con perserveranza e pure con qualche sacrificio.
Ma oltre ad essere odiosa, ingiusta ed inefficace per combattere le vere radici del problema del debito pubblico, la proposta di patrimoniale è anche un autentico suicidio dal punto di vista politico. Forse Amato e Veltroni credono che il 10% più ricco sia composto da ereditieri. Non è così. È invece principalmente composto da classe media, gente che per tutta la vita ha guadagnato cifre normalissime ma che, grazie al fatto di lavorare in due, è riuscita a metter da parte un po' di soldi. E anche chi non c'è dentro, ha qualche possibilità di raggiungerlo in tempi ragionevoli e non è affatto contento quanto vede imporre patrimoniali. Sono proprio i voti di classe media che servirebbero per vincere le elezioni, e che ora sono stati regalati a Berlusconi con un atto di stupidità veramente impareggiabile. Il che prova, gratis, un punto che da queste parti si fa da tempo: con questa classe dirigente la "sinistra" non andrà mai, ma proprio mai, da nessuna parte.
La tua famiglia avrebbe potuto realizzare un terzo del risparmio soltanto decidendo di non fumare. Che convenga fumare?