La drammatica fuga dei cervelli dall'Italia

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Il vivace dibattito tra la ministra della Pubblica Istruzione ed una linguista italiana che lavora in Olanda, vincitrice di un prestigioso grant ERC, ha acceso la curiosità di molti sullo stato della ricerca in Italia. Vediamo come stanno le cose analizzando i dati del settennio di attivita dello European Research Council (2007-2013).

I fatti sono noti: la ministra ha gioito dei buoni risultati dei 30 studiosi, di origine italiana, che si sono aggiudicati un Grant ERC nell'ultima valutazione annuale. Per la ministra è “un'ottima notizia per la ricerca italiana”. La vincitrice le ha ricordato che di questi 30 progetti solamente 13 saranno sviluppati in Italia, gli altri verranno sviluppati dai ricercatori “nazionali” (con passaporto italiano) presso istituzioni di altri paesi europei. La mobilità nel mondo della ricerca è fisiologica, ma a fronte dei 17 grant esportati dal nostro paese, in Italia non arriverà nessun ricercatore dal resto d'Europa.

Questi dati, relativi ai finanziamenti ERC del 2014, parlano già abbastanza chiaro. Per fornire un quadro più completo riporto alcune statistiche prese dal rapporto dello European Research Council sul suo primo settennio di attivita: 2007-2013. Va chiarito, per chi non fosse esperto della materia, che i finanziamenti ERC sono un indicatore importante della qualità della ricerca e che riguardano sia le scienze naturali che quelle sociali. Ogni progetto fa capo ad un ricercatore (il Principal Investigator) e mobilita risorse consistenti, circa 2 milioni di euro su un arco di 5 anni. I finanziamenti vengono assegnati da commissioni di specialisti scelti esclusivamente sulla base dei meriti scientifici e consentono al ricercatore di sviluppare in totale autonomia ricerche ad alto potenziale innovativo. I fondi sono inoltre portabili da una istituzione ad un'altra; quest'ultima caratteristica ha rafforzato la concorrenza tra istituzioni e paesi che si adoperano per avere gli studiosi migliori.

Per questi motivi l'allocazione dei fondi ERC fornisce un utile termometro della qualità e della capacità di attrarre “scienziati” dei paesi coinvolti. Bene, nei primi 7 anni di attività ERC ha finanziato complessivamente circa 4.300 progetti. Di questi 407 (circa il 9%) sono stati vinti da ricercatori con passaporto italiano, ma solo 229 sono stati portati in Italia (circa il 56% di quelli vinti da italiani). Significa che i rimanenti 178 vincitori “italiani” o si trovavano all'estero o hanno scelto di trasferircisi per sviluppare il proprio progetto. Per contro, in questi sette anni l'Italia ha accolto solamente 24 ricercatori con fondi ERC provenienti da altri paesi. Un confronto con la Francia (paese a noi simile per demografia e reddito) indica che dei 498 finanziamenti ottenuti da studiosi “francesi” nello stesso periodo (circa l'11% del totale ERC), 417 sono rimasti nel paese  (circa l'84%). Già qui siamo lontani dall'Italia ma, a fronte degli 81 ricercatori "emigrati", la Francia ospita ben 154 progetti di studiosi non-nazionali, ossia "immigrati", con un saldo netto positivo pari a circa il 15% del totale dei progetti assegnati a studiosi di nazionalità francese. Tra i paesi grandi, con cui dovremmo forse ambire a confrontarci, svetta il Regno Unito che ha un totale di 969 progetti, di cui 433 fanno capo a ricercatori non-nazionali!

Tavola – Statistiche riassuntive su ERC Grants 2007-2013

 ItaliaFranciaGermaniaRegno Unito
 

# grant totali nel paese

 
253571614969
#grant a ricercatori  “nazionali”407498700604
#grant a ricercatori “nazionali”  / POP (in miloni)
6,69 7,67 8,56 9,52

I dati mostrano un'Italia che non ha niente di cui rallegrarsi. La situazione è drammatica: il paese trattiene appena il 56% dei fondi vinti dai suoi "nazionali", contro il 64% della Germania, l'84% della Francia, l'88% del Regno Unito. Peggio di noi solo i piccoli paesi Austria e Irlanda, fa meglio anche la Spagna, un paese arrivato molto in ritardo alla ricerca universitaria di qualità. Ancora: a dispetto della sua ricca storia di arte e di scienze il nostro paese attrae pochissimi cervelli: la percentuale di progetti gestiti da non-nazionali in Italia è del 10%, contro il 30% di Francia e Germania, e il 45% del Regno Unito.

Nonostante queste considerazioni, alcuni leggono nei successi dei ricercatori con passaporto italiano (30 grants) una conferma della bontà del nostro sistema di istruzione: in fondo questi studiosi sono stati istruiti in Italia (almeno in parte, alcuni avranno fatto il dottorato all'estero). Anche qui non mi sembra ci sia molto di cui andar fieri: ovviamente un paese grande vince piu progetti di un paese piccolo (come l'Austria per esempio), ma normalizzando i dati rispetto alla popolazione come appare la performance italiana? I dati ERC mostrano che l'Italia fa ancora un po' meglio della  Spagna (non riportata in Tabella) ma è ultima tra i 4 grandi: dopo Francia, Germania e Regno Unito. Viene invece voglia di invidiare certi  paesi, come la piccola Olanda dove appunto opera Roberta D'Alessandro la linguista che ha polemizzato con Stefania Giannini, i cui ricercatori nazionali hanno vinto ben 336 progetti (264 dei quali rimasti nel paese), con l'incredibile rapporto  (rispetto alla popolazione)  di 20! Questo si che è un paese per studiosi. 

Due considerazioni conclusive. Forse il lettore meno esperto si chiederà perche l'Italia sia cosi poco ambita dai ricercatori, in particolare da quelli che i fondi li hanno trovati: il motivo è che la gestione di questi fondi in Italia è meno facile e meno conveniente che altrove. Un ricercatore che conferisce 2 milioni di euro a un istituto viene accolto a braccia aperte in un sistema sano. In molti posti gli si offre una cattedra, o quantomeno una prospettiva di sviluppo, un buon stipendio, buoni laboratori. Nel sistema Italiano, con pochissime apprezzabili eccezioni, non succede. Un decreto ministeriale del dicembre 2015 consentirà (forse) ai giovani vincitori di Starting Grant ERC (persone normalmente intorno ai 35-40 anni) di essere assunti come ricercatore a tempo determinato  .... a occhio stimo che in Francia o in Olanda si ottenga una posizione con uno stipendio doppio o triplo. Alcuni atenei Italiani ci stanno provando, districandosi tra i milli garbugli burocratici che impediscono a un rettore di stendere un tappeto rosso al bravo ricercatore come avviene oltralpe.

La seconda: pensare che la ministra gioisca dei dati descritti sopra è allarmante.  È in corso uno storico esodo di capitale umano, inziato circa 40 anni fa ma cresciuto nell'ultimo decennio in modo vertiginoso, ed il paese è incapace di attrarne di nuovi da fuori. Anziché rallegrarsi la ministra dovrebbe incatenarsi alle porte del suo dicastero e pretendere strumenti amministrativi per premiare il merito, assieme alle risorse finanziarie per farlo. Il fatto che non sia possibile oggi offrire una cattedra e uno stipendio competitivo ai vincitori dei grant ERC la dice lunga sui vincoli burocratici che impediscono una gestione orientata all'eccellenza. Inoltre per premiare il merito servono risorse. Purtroppo negli ultimi dieci anni i fondi destinati alla ricerca e all'universita' nel nostro paese si sono sostanzialmente ridotti. La complessa procedura di valutazione della qualita della ricerca effettuata in Italia da ANVUR non serve a niente se nel frattempo si tagliano i fondi agli atenei, impedendo che i fondi arrivino dove servono e sono strameritati (si veda qui). Si sa, la qualità della formazione superiore e del finanziamento delle eccellenze non porta voti, come invece fa il bonus cultura ai diciottenni o l'abolizione di IMU e TASI. Ma un governo che taglia i fondi all'istruzione mentre finanzia il taglio delle imposte sugli immobili è un governo miope, che elargisce favori ai vecchi proprietari e mina il futuro delle  prossime generazioni. Senza una forte inversione di rotta, una rivoluzione, nella gestione del mondo della ricerca relativa ai suoi finanziamenti e ai criteri con cui sono allocati, il paese procederà spedito verso l'abisso, come il Titanic verso l'iceberg,  mentre sul ponte si danza e si gioisce per gli ottimi risultati ottenuti.

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Commenti

Ci sono 60 commenti

In principio a un ERC starting dovrebbe corrispondere direttamente il grado di professore associato.

Il problema è che questo va detratto dai punti organico disponibili, ergo nella situazione attuale più spesso che non, si può offrire poco o nulla, in Italia.

 

Il sistema è malato perché è rigido come se fosse un sistema monolitico e ben oliato, ma a tale impostazione fa corrispondere un finanziamento capriccioso e risicato.

Finalmente un articolo che, invece della solita litania contro la casta baronale, dice le cose come stanno: i governi (e questo non fa eccezione) stanno affossando l'Università. Qui vi metto il documento approvato all'unanimità il 18 Dicembre 2015 dai direttori dei 18 Dipartimenti dell'università di Pavia, documento approvato prima da tutti i consigli di dipartimento. Vale a dire, tutta l'Università di PAvia. Noi lo leggiamo ora nelle sedute di laurea. La situazione è esattamente questa.

Intanto, sui giornali, continua la campagna di disinformazione. Qui c'è un buon esempio. Il matematico in questione è dipinto come un genio, rifiutato dai baroni. La realtà è che, come potete facilmente verificare, il matematico in questione ha 33 anni, ha fatto 3 lavori con 5 citazioni, e chi non lo vuole è il consiglio di dipartimento, formato da tutti i docenti più una folta rappresentanza degli studenti (da me abbiamo 8 studenti su 44  docenti), dove i baroni sono in netta minoranza (da me ci sono 7 ordinari).

Quindi, sostegno da parte dell'opinione pubblica: zero.

Però il team che ha rivelato la fusione dei due buchi neri è italo-tedesco-anglo-americano.  Per colmo di sfortuna (per non dire peggio) l'antenna italiana VIRGO, gemella delle americane  LIGO, era disattivata per lavori quando l'evento si è verificato, sennò chissà cosa avrebbe fatto la Giannini.Tutti figli di baroni?

i soldi per la ricerca (PRIN) sono scandalosamente ridotti (quest'anno meno di 100 milioni) e   sarebbe assolutamente opportuno aumentarli - perlomeno triplicarli. Ovviamente, sarebbe anche necessario che fossero distribuiti 'bene' e devo dire che nutro qualche dubbio.  Ho l'impressione, basata solo su informazioni sparse, che i referee italiani si basino più sui nomi dei proponenti (amici/nemici) che sulla qualità del progetto.

Il calo delle risorse (FFO in gergo)  corrisponde al calo dell'organico che per ovvie ragioni anagrafiche si concentra nei professori più anziani e più costosi. Bisognerebbe reclutare giovani - ricercatori di tipo A. Eppure se ne reclutano pochissimi. Perchè? In parte, è colpa delle leggi finanziarie pregresse, che stabilivano un limite del 20% della spesa per il turn-over. Ora aumentato al 50%. Ma la colpa principale è del localismo corporativo dei professori. Due esempi concreti. A Pisa fino al dicembre 2015, sono stati reclutati 170 associati (quasi tutti promozioni interne) 30 ordinari (idem) e reclutati solo 30 ricercatori.  I nuovi associati sono pagati da un fondo speciale della legge Gelmini, inserito dopo la grande lotta dei ricercatori confermati appoggiata dal PD. Gli altri con fondi di Ateneo (fra l'altro ridotti perchè spesso usati per promuovere o assumere personale non docente). Sempre a Pisa, alla Scuola Normale Superiore, scuola di eccellenza senza problemi di punti organico e di budget, la Classe di lettere ha deliberato di offrire ai vincitori di ERC Starting Grants un contratto quadriennale, non un posto di ricercatore di tipo B (che prelude all'assunzione come associato dopo tre anni).

Non conosco il caso di Torino, e non capisco nulla di logica matematica. Quindi non so se questo Dimonte sia un genio o un mediocre, ma non mi stupisce che il consiglio di dipartimento si sia opposto.  L'arrivo di un esterno, anche a costo zero, riduce le chances di promozioni interne. Se il dipartimento assume un nuovo professore avrà meno posti nella ripartizione dei fondi di ateneo, e la materia X (settore scientifico disciplinare o SSD per i tecnici) slitterà indietro nell'elenco di settori da coprire nel dipartimento ('avete già avuto Dimonte, cosa volete'?). E tutti i membri del dipartimento hanno un interesse alle promozioni interne, I baroni vogliono promuovere i propri allievi, ricercatori ed associati vedono  ogni promosso come un concorrente in meno per la propria promozione. Inoltre, in molti casi, l'esterno, specie se viene dall'estero e non da università 'amica', è visto come una minaccia al quieto vivere. Magari pretende risorse per far ricerca, magari vuol mettere il becco negli accordi  per le promozioni -o semplicemente, facendo ricerca migliore o pubblicando di più, mette in imbarazzo i membri del dipartimento. 

Il nepotismo biologico è una degenerazione, abbastanza ma non troppo frequente.  Il nepotismo accademico è la regola. Alcuni, forse molti, professori promuovono bravi o addirittura bravissimi allievi, che comunque potrebbero fare carriera anche in un sistema 'normale', forse anche più rapidamente. Ma la regola permette la promozione di (quasi) chiunque, se sufficientemente tenace e bravo nelle relazioni interpersonali.  Tutti i tentativi di riforma dei concorsi si sono scontrati contro la resistenza ostinata del corpo docente a difesa del localismo.

 

Ho letto anche le statistiche ufficiali 2015 (Grantees by Country of Host Institution & domain) e vedo che oltre all'Olanda (26 grant) c'è un altro piccolo paese che "svetta": la Svizzera con 25 grant, in gran parte nel settore delle scienze fisiche e dell'ingegneria. Con 10 svizzeri partecipanti, arrivare a 25 significa averne attirati 15 mentre gli olandesi presenti erano 20 (quindi 6 "attirati"). Dei 10 svizzeri, due sono andati all'estero e 8 sono rimasti.

Ecco, qui a ragione un ministro svizzero dell'educazione avrebbe potuto gioire.
Ebbene, non lo ha fatto! Timidezza? Pudore? Riservatezza elvetica?
No, semplicemente quella figura in Svizzera non esiste.
L'istruzione è compito esclusivamente cantonale e quindi ci sono 26 ministri dell'educazione, i quali si riuniscono periodicamente in un tavolo di coordinamento. Malgado (o grazie?) a questo c'è comunque un sistema articolato e che funziona.

Ecco, c'è un aspetto pero' che puo' far giorire i fautori della parità di genere. I 30 grant italiani (per nazionalità) sono ben divisi tra uomini e donne. Anzi vedo che sono 16 donne e 14 uomini. Solo la Grecia (4, tutte donne) fa meglio. L'Italia fa anche meglio della Svezia (6 grant, 3 donne e tre uomini) e dell'Olanda (9 donne, 11 uomini). Qui la Svizzera fa malissimo, con 1 sola donna e 9 maschi. 

Grazie Francesco! Questo fa capire che il vero grafico da guardare è il primo, dove l'Italia è ottava dopo UK, Germania, Francia, Olanda (17M abitanti), Svizzera (8M), Spagna (46M) e Israele (8M).

Interessante è anche il terzo grafico, dove l'Italia svetta per numero di Nationals Abroad. Anche in rapporto alla popolazione, a una rapida occhiata sembra che solo Austria, Portogallo e ovviamente Grecia facciano "meglio".

Sulla parità di genere attenzione: come nel famoso caso delle ammissioni a Berkeley nel 1973, qui potrebbe esserci (non dico che ci sia perché non ho i dati) una distorsione dovuta al fatto che in alcune materie ci sono "naturalmente" più donne. Per esempio la ricercatrice che ha ribattuto alla ministra è una linguista, campo dove noi uomini siamo la minoranza. Non a caso in Olanda, dove tantissimi grant sono in "scienze sociali" tra cui la linguistica.

Grazie anche all'altro Francesco per l'ottimo articolo e per aver fatto notare coi numeri come ovviamente un paese grande vince piu progetti di un paese piccolo. Sarebbe interessante calcolare il rapporto progetti vinti / numero di laureati. Qui probabilmente l'Italia va un po' meno male: la mia ipotesi di lavoro è che il secondo problema dell'Italia dopo l'incapacità di attrarre laureati è l'incapacità di produrre laureati. Quelli che si laureano poi sono competitivi con quelli del resto d'Europa.

 

Una nota finale: qui si parla solo di ricerca. In realtà ho paura che anche tra i lavoratori qualificati "operativi" (cioè che non lavorano nella ricerca pura ma direttamente in produzione, qualità, project management, supporto tecnico e chi più ne ha più ne metta) il saldo dei cervelli sia per l'Italia fortemente negativo, in particolare perché tanti laureati (leggermente più della media) vanno via e quasi zero entrano.

Mi chiedo spesso, per ragioni professionali, quando un problema cocciutamente rifiuta di esser trattabile, se il problema non sia l'errore, piu' che i difetti delle risposte a creare disagi.

Si supponga che esista la conoscenza, in che modo esattamente viene danneggiata lo stato nazione Γ dal fatto che le onde gravitazionali vengano rivelate nello stato nazione Θ? Il caso che viene discusso a proposito dello studioso dei grandi cardinali e' rivelatore. Tutto quel che si sa dei grandi cardinali e' praticamente in dominio pubblico, nulla e' invisibile quanto il teorema del crivello di Eratostene lo si puo' usare a Vibo Valentia quanto a Pasadena.

L'astio, spessissimo giustificato, di chi si trova escluso da concorsi e selezioni varie, non implica che l'Italia, nel caso in questione, e' danneggiata dalla ricerca fatta, da nativi italiani che non vivono in Italia (per i conflitti di interessi, lavorai in italia per sei mesi, e mai piu', anche se nacqui in Italia.) 

L'Italia che e' uno stato nazione in declino demografico e sociale ha priorita' diverse dallo sviluppo della conoscenza e della ricerca scientifica. Mi appello agli storici: non e' questo cio' che la storia ripete ad abundantiam? Quando le dinastie cinesi decaddero (vedasi J. Neeham) le scienze cinesi decaddero, quando gli Stati Uniti abbero una crescita strepitosa, dopo il secondo conflitto mondiale, nacquero i laboratori, MIT passo' da una scuola di ingegneria a una specie di orto dei saperi, dalla linguistica alla robotica, ebbero l'improntitudine di assumere un assistente di Brecht. Ebbero la fortuna di una classe dirigente liberista che lascio' sviluppare le universita'

Nel caso italiano (si rammenti che la popolazione italiana sta diminuendo assai rapidamente, vedasi http://185.71.8.127/archivio-news/documenti/itemlist/tag/morti) ho l'impressione, a volte triste, di tanto rumore per nulla.

 

 

non implica che l'Italia, nel caso in questione, e' danneggiata dalla ricerca fatta, da nativi italiani che non vivono in Italia

 

forse si. Questi scienziati potrebbero  formare nuove generazioni di cittadini, medici,  imprenditori,  amministratori pubblici, creare nuovi prodotti e nuove aziende, invece lo faranno fuori dal mio paese. Che infatti e' povero di tutto cio.  A livello della grande storia del mondo cio con conta nulla, ok, ma per chi vive in questa parte di mondo e' un cattivo uso delle  

 

 

 

Quando le dinastie cinesi decaddero (vedasi J. Neeham) le scienze cinesi decaddero, quando gli Stati Uniti abbero una crescita strepitosa, dopo il secondo conflitto mondiale, nacquero i laboratori, MIT passo' da una scuola di ingegneria a una specie di orto dei saperi,

 

quale la causa e quale l'effetto?   sembra suggerire che sia la crescita strepitosa post bellica a portare i laboratori.  Io direi il contrario, sopratutto sulle frequenze secolari.  (stessa osservazione sulla dinamica demografica).

A quanto pare l'Italia è un esportatore netto di capitale umano qualificato, tutti i dati citati mostrano che i ricercatori nostrani trovano posto all'estero mentre i nostri atenei e centri di ricerca non sono altrettanto attraenti per gli stranieri.

Secondo l'ISTAT, anche al di fuori dell'ambito accademico e più in generale, l'Italia sta perdendo attrattività con flussi migratori in entrata che si vanno contraendo. Gli italiani stanno invecchiando, perdendo risorse qualificate, la natalità cala drammaticamente e - novità del 2015 - aumenta persino la mortatilità...

Se non è declino questo?

Per fortuna che almeno il ddl Boschi ha quasi riformato il Senato, l'Italicum è finalmente la nuova legge elettorale e adesso si affronta il problema delle unioni civili...

(ovviamente scherzavo!).

I mille garbugli burocratici, in questo come in altri casi, sono una risposta, possibilmente inadeguata, al livello di corruzione molto superiore in Italia rispetto agli altri paesi menzionati. Se il rettore in questione potesse assumere chi vuole senza i mille garbugli burocratici assumerebbe il brillante studioso estero o il nipote (accademico o familiare) del collega influente in grado di assicurargli, poniamo, un cospicuo numero di voti alla propria rielezione, o magari il proprio stesso nipote? C' è poi un altro aspetto: la totale mancanza di disciplina. In altri paesi chi fa poco o niente e se ne sta lontano dalla sede universitaria viene licenziato, da noi assolutamente no. Per cui promuovere il locale può essere giustificato coll' evitare di sprecare risorse in un esterno assenteista. Vi ricordate il famoso americanista Bonetto della Donna della domenica, che, "dato che aveva la cattedra ad Ancona abitava a Napoli"?

 

Se il rettore in questione potesse assumere chi vuole senza i mille garbugli burocratici assumerebbe il brillante studioso estero o il nipote (accademico o familiare) del collega influente in grado di assicurargli, poniamo, un cospicuo numero di voti alla propria rielezione, o magari il proprio stesso nipote?

 

prima il rettore dovrebbe far vincere al nipote (amante etc)  una borsa ERC. Cosa quasi impossibile. Anche per un rettore.

La Giannini commentando i dati dei Grant ERC sosteneva che si trattasse di “Un'altra ottima notizia per la ricerca italiana.” L'importante in questa frase non sta nella “ricerca italiana” ma nell' “Un'altra ottima notizia”. Viene infatti subito la curiosità di sapere quali altre ottime notizie precedessero questa. Se ci si ferma a questa ultima, pare legittima l'indignazione della ricercatrice che, pur essendo italiana, deve lavorare all'estero perché all'estero sono stati riconosciuti i suoi meriti e ha vinto il concorso proprio perché infine all'estero lavora. Ma questo non è ciò a cui pensava la Giannini proferendo questa frase, e dunque la ricercatrice all'estero si è inalberata senza colpire nel segno. La Giannini si riferiva principalmente all'altra ottima notizia, quella che discende dai suoi meriti, ovvero che lei accredita come suo merito; all'essere lei riuscita a far approvare l'assunzione di 1000 ricercatori per il 2016, per la quale sarebbe però meglio dire: regolarizzazione giuridica.

Potrebbe anche essere, ma questa è solo un'ipotesi, che la Giannini gioisse anche del fatto che dopo 25 anni di tagli indiscriminati e continuativi alla formazione scolastica e universitaria, pure italiani ancora riescono a mettersi in luce, in Italia o all'estero che ora risiedano. Sarebbe come dire che tuttavia furono tagli alla formazione ma non omicidio della formazione. Se è così il dato che i vincitori dei Grant ERC hanno tra i 35 e i 40 anni e oltre, dovrebbe raffreddare l'euforia. Perché significa che questi vincitori sono nati alla fine degli anni settanta e dunque sono stati presso i banchi scolastici prima dell'inizio dei grandi e continuativi tagli alla scuola e poi all'università prima dei grandi e continuativi tagli alla ricerca. Dunque, presumibilmente, negli anni a venire i numeri dei Grant ERC italiani, dovunque residenti, sono destinati a calare drasticamente.

Il declino è solo nella sua fase iniziale.

la spesa per l'università è aumentata in termini nominali e reali molto negli anni Novanta e comunque fino al 2009 - poi è calata in proporzione al numero di professori.

per ERC starting si applica dai 2 ai 7 anni post phd. Quindi i suddetti ricercatori sono nella fascia d'eta' 30-35, non 35-40. 35-40 anni e' ragionevolemente la fascia delle ERC consolidator. 

I Consolidator grant sono stati introdotti nel 2013.  Fino ad allora c'erano solo starting e advanced.  La moda dei vincitori di questo gruppo (starting + consolidator)  e'  stata 38 anni  nel periodo considerato.    Insomma tra i 35 ed i 40 mi pare un range ragionevole,  anche per il futuro  considerando che chi applica, e sopratutto chi vince, sara'  vicino alla fine  dei 7 anni .   Cmq, credo siano considerazioni piuttosto marginali rispetto al punto di fondo.

Il declino del paese è certamente la causa principale dell'eccessivo declino demografico, ma è un drago che si morde la coda: il declino demografico da effetto è da tempo diventato una delle principali cause del declino del paese. Personalmente ritengo improbabile che un paese possa sopravvivere ad una tempesta demografica dell'intensità di quella a cui stiamo assistendo, e non vedo nocchieri o capitani in grado di tagliare la dragonara.

P.S.: era una riposta a 

alcuni dubbi

 • francesco lippi  20/2/2016 - 13:27

Cos'è la dragonara? E cosa significherebbe letteralmente "tagliare la dragonara"?

 

Il significato metaforico mi è chiaro: non vedo nocchieri o capitani in grado di guidare l'Italia fuori da questo declino demografico sempre più intenso.

Questo articolo della Cattaneo  fa esattamente il quadro della situazione attuale.

Si è tenuto a Roma pochi giorni fa, nella sede del CNR, un interessante convegno sullo stato della ricerca in Italia. Segnalo quelli che a mio parere sono due importanti interventi:

1) una analisi dei rapporti tra ricerca ed economia, che tenta di spiegare le ragioni del declino italiano

2) un aggiornamento della situazione della nostra università ed alcune proposte per il suo rilancio.

A mio parere due miletones che dovrebbero essere considerate da chi si vuole occupare seriamente di Università e ricerca.

Mi ero chiesto se il limitarsi al piano economico di analisi fosse fonte di una eccessiva limitazione d'orizzonte. E se, ad esempio, al di sotto di una certa soglia di disponibilità, i fenomeni venissero risucchiati nella fascia di un “rumore di fondo” generato dalle più disparate motivazioni.

Ma se si prende quella economica come via maestra, le analisi dovrebbero essere più spregiudicate. Ad esempio ci si potrebbe chiedere:

E se fosse tutto a rovescio? Se fosse la crescita economica che induce la necessità della ricerca …..?!

L'osservazione d'una correlazione non decide chi è causa e chi è effetto, né se vi sia un rapporto di causa ed effetto.

E, ammettendo pure che la relazione fosse quella indicata in queste riflessioni, per l'Italia necessiterebbe di doversi rispondere anche alle altre seguenti domande:

Il tutto sarebbe accaduto per cattiveria dei governanti?

Per meritata punizione a causa della bassezza morale degli italiani?

Per senile stupidità? E di chi?

 

Alla fine si ha l'impressione che si tratti solo di predicozzi ispirati da disposizioni giuste ma generiche, come nel caso della senatrice, o da limitati interessi specifici. E in queste condizioni, la proposta guerra tra gruppi di ricerca o addirittura tra università pare essere proprio un'idea pericolosa, che ignora quali siano le forze reali in campo, ovvero prepara solo il bagliore degli ultimi fuochi. Del resto, l'assenza di una parallela analisi sul corrispondente declino della formazione di base apre già di per se una schisi fatale con la società civile, ovvero con quelli che vengono detti oltreoceano: i contribuenti, generando il sospetto, appunto, che l'attrattore nascosto sia la sola salvezza del privilegio di alcuni e non un progetto comune. 

finanziare i gruppi di ricerca indipendentemente dall'università di appartenenza con fondi aggiuntivi al FFO. Però bisogna essere chiari sulle implicazioni.  I fondi di ricerca, se distribuiti in maniera competitiva, creano un divario nella qualità della ricerca fra i destinatari e gli altri. Se si mantiene l'attuale distribuzione premiale,  nel medio-lungo periodo, porterà alla differenziazione delle università. Le università migliori avranno più fondi di ricerca, produrranno di più avranno risultati migliori alla VQR etc. Se si abolisce la distribuzione premiale,  la differenzia sarà all'interno dell'università fra dipartimenti ricchi e poveri. Comunque la giri, una distribuzione di fondi sulla base della qualità della ricerca crea differenziazione. 

La situazione dei ricercatori e' preoccupante ma ancora più gravi, secondo me, è il piazzamento dell'Italia all'interno di questa classifica.