Due argomenti fallaci riguardo alla politica fiscale in Italia oggi. II: Vendite e ricapitalizzazioni

/ Articolo / Due argomenti fallaci riguardo alla politica fiscale in Italia oggi. II: Vendite e ricapitalizzazioni
  • Condividi

Riprendo il tentativo di scardinare argomenti economici tanto comuni di questi tempi quanto fallaci iniziato la settimana scorsa. Dopo austerita' e recessione passiamo a vendite e ricapitalizzazioni. L'argomento che ritorna costantemente e che voglio analizzare e' il seguente: 

vendite del capitale dello stato e ricapitalizzazioni delle sue imprese (incluse le banche) nel mezzo di una recessione non sono desiderabili, perche' essere avverrebbero a prezzi troppo bassi, a prezzi di liquidazione. 

Non v'e' alcun dubbio che durante una recessione i prezzi di varie attivita' mobiliari ed immobiliari scendono. In queste situazioni, chi puo' evitare di vendere e prevede che tornino tempi migliori fa bene a non vendere. Non occorrono analisi economiche sofisticate, ancora una volta, basta il buon senso. Ma l'argomento resta fallace. La fallacia e' essenzialmente di forma identica a quella che ho evidenziato su austerita' e recessione: che vendere e ricapitalizzare in una recessione sia cosa brutta non vuol dire che un'altra politica sia possibile e maggiormente desiderabile.  L'errore logico sta nell'assumere l'esistenza di alternative che e' possibile non esistano.

In questo caso e' utile distinguere i due tipici esempi cui l'argomento fallace e' applicato: la vendita' di attivita' mobiliari e immobiliari dello stato e la ricapitalizzazione delle banche. 

Nel caso della vendita di attivita' dello stato la questione e' esattamente identica a quella del post sull'austerita' e la recessione: sarebbe meglio aspettare la fine della recessione a vendere, per farlo a prezzi piu' elevati, ma i) la fine della recessione in parte dipende dalla vendita delle attivita' (dalle prospettive di solvibilita' del paese), ii) il sistema politico istituzionale italiano oggi e' tale che se non si vende ora non lo si fara' mai. 

La questione della ricapitalizzazione delle banche e' molto piu' interessante. Le banche infatti  non sono direttamente possedute dallo stato: ci sono degli azionisti, alcuni piccoli e altri di controllo. Loro e' il capitale di rischio con cui le banche operano, e a loro in principio spetta la decisione di ricapitalizzare o meno in caso di crisi di liquidita' o di insolvenza. Il trade-off e' chiaro: ricapitalizzando il capitale degli azionisti e' diluito ma la banca puo' tornare piu' rapidamente a produrre credito e (possibilmente) profitti. In un mondo concorrenziale perfetto senza frizioni di sorta, uno di quei mondi che non esistono ma sono utilissimi agli economisti per testare la correttezza logica dei propri ragionamenti, una eventuale domanda di credito da parte delle imprese non soddisfatta da banche illiquide o insolvibili che resistono la ricapitalizzazione, viene soddisfatta da banche in buone condizioni di bilancio o anche da nuove banche che entrano nel mercato per questa ragione. E tutto procede a meraviglia. Ma questo mondo non esiste, nuove banche non crescono rapidamente come funghi e quindi mancate ricapitalizzazioni hanno l'effetto di ridurre l'offerta di credito. Di conseguenza il tasso di interesse a cui le imprese e ele famiglie si indebitano cresce. Questo e' un problema enorme, perche' credito a basso prezzo e' esattamente quello di cui una economia in recessione ha disperato bisogno. 

Per questa ragione una politica monetaria espansiva e' considerata desiderabile in una recessione: pompa liquidita' che le banche trasformano possibilmente in credito. Ma questo meccanismo di trasmissione della politica monetaria funziona con banche in buone condizioni di salute. Mancate ricapitalizzazioni rallentano anche questo meccanismo  Fortunatamente la politica monetaria non e' l'unico strumento della politica economica. Le banche infatti sono istituzioni particolari: sono private si', ma fino a un certo punto. In Italia questo e' ovvio: molte banche sono controllate fa Fondazioni che, al di la' della forma legale, nessuno si sogna di considerare soggetti privati. Ma anche in un paese come gli Stati Uniti le banche, pur private, operano in regime di assicurazione sui depositi, assicurazione sulla quale alla fin fine c'e' sempre una garanzia pubblica, a spese in larga parte dei contribuenti. 

Una politica economica quindi che aiuti (solitamente con interventi a spesa pubblica) le banche ad aspettare a ricapitalizzare quindi significa fare gli interessi degli azionisti, non del paese. L'interesse del paese, specie in una recessione,  consiste esclusivamente in un mercato del credito il piu' attivo ed efficiente possibile, mercato che non esiste con  banche poco capitalizzate.  Aspettando anch'esse tempi migliori, le banche,  rendono i tempi migliori piu' difficili da raggiungere. Come si vede la questione e' fondamentalmente redistributiva: ricapitalizzare fa bene al paese al costo degli azionisti delle  banche. Chi sostiene che non si puo' ricapitalizzare le banche a questi prezzi (in Italia, oggi) semplicemente fa gli interessi degli azionisti delle banche. Qualcuno chiami Occupy Wall Street, presto. 

Ma le cose stanno peggio di cosi' quando si guardi al problema in modo dinamico. A nessuno sfugge che le banche (la finanza in generale) hanno contribuito alla crisi finanziaria, almeno nella versione USA 2008. Esse hanno creato rischio aggregato, termine tecnico per dire che si sono infilate tutte assieme nello stesso tipo di investimenti (essenzialmente sul mercato immobiliare): rendimenti negativi per una implicavano rendimenti negativi per tutte e anche per l'economia nel suo complesso. Queste sono decisioni di investimento che devono essere disincentivate dallo stato (specie se lo stato provvede assicurazione). E c'e' un solo modo efficiente per disincentivarle: richiedere che in caso di crisi di liquidita' e/o di insolvibilita' le banche ricapitalizzino a prezzi di liquidazione, altro che aiutare le banche ad evitarlo. E' solo cosi' che gli azionisti ci staranno attenti ex-ante. 

In altre parole, quando si dice vendere capitale dello stato e ricapitalizzare le sue imprese (incluse le banche) nel mezzo di una recessione non e' desiderabile perche' cio' avverrebbe a prezzi troppo bassi, si sta implicitamente dalla parte del venditore, senza considerare il compratore per cui i prezzi bassi sono un guadagno. Il compratore e' colui che, prima della recessione ha risparmiato, entrando nella recessione con liquidita' che ora puo' mettere a buon frutto comprando a prezzi bassi. Costui ha operato una saggia politica  di investimento e sagge politiche di investimento sono proprio quello che i sistemi capitalistici dovrebbero remunerare. Aiutare le banche facendo in modo che possano evitare di ricapitalizzare non solo aiuta gli azionisti a spese del paese, ma danneggia anche chi avrebbe potuto acquistare azioni della banca a basso prezzo. E' giusto quindi non farlo. Non per questioni etiche, ma perche' e' cosi' che gli stati, le banche, e gli investitori hanno gli incentivi individuali che nell'aggregato portano al funzionamento efficiente del sistema economico.

Le banche (i loro azionisti) devono temere come la peste l'illiquidita' e/o l'insolvibilita'  in una recessione; gli stati devono temere come la peste di essere cosi' sovraesposti da essere costretti a svendere in una recessione.

Indietro

Commenti

Ci sono 58 commenti

non mia, circola in ambienti intellettuali di ultra-sinistra: lo stato che vene i propri assets vende in realtà beni comuni a tutti i cittadini, impoverendoli perché tiene per sé i ricavi; in tempi di spending review, si aggiungerebbe un ulteriore fattore d'impoverimento consistente nella riduzione dei servizi. Mi sembra abbastanza palese che si tratti di un ragionamento inconsistente, che coglie un fenomeno reale ma in un'ottica puramente rivendicativa e particolare.

Invece non mi è chiaro cosa intenda dire con ricapitalizzazione a prezzi di liquidazione: qui non c'è nessuna vendita di assets, ma una richiesta agli azionisti di ulteriori apporti di capitale. Ne seguirà, verosimilmente, una diluizione del valore delle azioni per chi non partecipa alla ricapitalizzazione, ma in prospettiva dovrebbe esservi addirittura un recupero di valore, se l'operazione è ben fatta: o mi sbaglio?

penso si intenda una probabile forma di cessione del controllo di un'azienda bancaria, cioè tramite un aumento di capitale che i vecchi azionisti, più o meno un sindacato di fondazioni, già stremati non potrebbero più sottoscrivere. un recupero di valore ci sarebbe di sicuro in quanto l'azienda diventerebbe almeno contendibile e il prezzo dei diritti sul mercato  sarebbe alto.

,la ricapitalizzazione consente alle banche di essere maggiormente liquide e quindi poter riprendere il loro sostegno alle imprese,aumentando la redditività. Ciò si traduce in un aumento del tasso di dividendo e quindi del valore delle azioni .Questo processo credo comunque che avvenga più sul lungo termine

... ambienti intellettuali di ultra-sinistra ...

Un palese ossimoro, non trovi :-)

 

Per l'altro aseptto, la richiesta non è rivolta solo agli azionisti attuali ma a quelli nuovi, che vogliano entrare. E qui chi prima si accomoda, meglio sta. Altre banche di rilevante spessore internazionale (UBS e CS per quelle che conosco qui) hanno provveduto già anni fa a ricapitalizzarsi ed ora stanno meglio. Chi invece ha aspettato a lungo farà oggi fatica a trovare nuovi capitali di prestigio. Il rischio è che si trovi solo la fuffa.

sottostante alla vendita dovrebbe essere quella di ridurre il debito.Vendere RAI, per esempio,a tutt'oggi in perdita nonostante il pagamento del canone e la pubblicità,non capisco come possa risolversi in un impoverimento.

Comunque,agli ambienti intellettuali di ultra sinisistra non va mai bene niente.se c'è disoccupazione è male,se ci sono nuovi investimenti stranieri è male perchè stiamo svendendo o ci stanno colonizzando.

la conclusione che ne ho tratto è che bisogna andare oltre quando s'incontrano

 

 

Invece non mi è chiaro cosa intenda dire con ricapitalizzazione a prezzi di liquidazione: qui non c'è nessuna vendita di assets, ma una richiesta agli azionisti di ulteriori apporti di capitale. Ne seguirà, verosimilmente, una diluizione del valore delle azioni per chi non partecipa alla ricapitalizzazione, ma in prospettiva dovrebbe esservi addirittura un recupero di valore, se l'operazione è ben fatta: o mi sbaglio?

 

Ma se comprano nuovi azionisti (magari perche' i vecchi non hanno capitali)? I vecchi sono diluiti e ...

"Credito a basso prezzo è ciò di cui un'economia in recessione ha disperato bisogno".

Certamente si, sarebbe bello, ma poichè  la recessione provoca una diminuzione del merito di credito delle controparti, siamo sicuri che le ricapitalizzazioni potrebbero garantire crediti a bassi prezzi?

La liquidità ottenuta con i LTRO non avrebbe potuto svolgere (come non ha fatto) questa funzione?

Mi sembra che le ricapitalizzazioni possano avere lo scopo di aumentare la solidità delle banche, ma non vedo come potrebbero ridurre il costo del credito, visto che anche il nuovo capitale dovrà essere remunerato, e se il contesto di mercato è più rischioso la remunerazione attesa dovrebbe essere maggiore.

Secondo le informazioni più recenti, relative al primo semestre 2012, il saldo tra le imprese che hanno dichiarato un incremento della domanda di finanziamenti bancari e quelle che invece hanno ridotto le loro esigenze di impieghi è stato pari al +13,2 per cento (+13,6 per cento nelle imprese industriali in senso stretto). La domanda di finanziamenti, quindi, è tutt’altro che scomparsa.

Grafico 2. Condizioni di offerta del credito alle Pmi
                                             
(percentuale netta delle risposte*)

Penso ,quindi ,che la domanda sia aumentata  (le imprese hanno una redditività positiva ma hanno bisogno di liquidità per finananziare i propri impieghi),ma la restrizione dell'offerta ha aumentato il costo del denaro.Una ricapitalizzazione penso genererebbe una maggiore capacità di credito e un abbassamento dei tassi

 

 

siamo sicuri che le ricapitalizzazioni potrebbero garantire crediti a bassi prezzi

 

certamente no. ma non ricapitalizzazare va certamente nel senso opposto e peggiorta le cose. questo si

in linea di principio quello che lei sostiene è condivisibile. dove non sono d'accordo è quando si cala questo ragionamento teorico nella realtà italiana. chi possiede oggi in italia i capitali per comprare patrimonio pubblico o per ricapitalizzare le banche? non mi sembra che ci siano le condizioni reali perché questa ricapitalizzazione pubblica e privata avvenga attingendo a capitali nascosti sotto il materasso delle formichine italiche. quello che lei sostiene dovrebbe avvenire attingendo a capitali esteri. in questo momento forse tedeschi e arabi, cosa che in parte sta già avvenendo. oggi attingiamo a capitali esteri. domani diventiamo esportatori di profitti. con aggravio della bilancia delle partite correnti.

i capitali importati si pagano con l'esportazione di profitti. non ci sono pasti gratis.

Il profitto è la remunerazione dell'investimento di capitale, è naturale che spetti all'investitore.

L'eventualità che questo lo esporti non deve essere drammatizzata: se c'è un profitto, vuol dire che l'attività dell'impresa ha prodotto utili, vale a dire che i ricavi hanno permesso di coprire tutti i costi della produzione, comprese le imposte sul reddito della società, e c'è un avanzo (non è detto che sia integralmente distribuito, una parte rimane nelle sue casse a titolo di riserva).

Se l'investitore rinuncia ai dividendi, e realizza un profitto vendendo le azioni, significa che l'investimento ha permesso di accrescere il valore della società e questo resta a chi le acquista. 

Non mi è chiaro perchè sia utile vendere attività immmobiliari per uno stato. Quale è la convenienza nel vendere un immobile che si sta utilizzando per poi dover pagare per sempre un affitto? Non sarebbe più conveninete utilizzare al meglio le risorse immobiliari in possesso dello stato, affittando a privati gli immobili non strettamente necessari alle attività pubbliche?

Gli immobili da cedere sarebbero prima di tutto quelli inutilizzati o sottoutilizzati. E comunque non vedo perché lo Stato debba anche fare il mestiere dell'affitta camere. Se si pensa che l'immobile possa un domani ragionevolmente e strategicamente (e onestamente) avere un'utilità pubblica, se ne può parlare. Altrimenti vendere, vendere, vendere!

 

Non mi è chiaro perchè sia utile vendere attività immmobiliari per uno stato

 

Si vende per lo stesso motivo per cui deve vendere un privato. Quando si ha bisogno di soldi, per fare altri investimenti o per alleviare una gestione corrente deficitaria ed anche ripianare debiti al limite della sostenibilità.  Nel caso siamo di fronte ad uno Stato che fa fatica a trovare i soldi per pagare le cure dei malati di SLA e nel frattempo paga un'ottantina di miliardi di interessi sul debito.

- VENDITE

Non si tratta di vendere il Colosseo.

A ragionare se è meglio venderlo in recessione od in espansione.

Si tratta di disfarsi di tutte quelle attività economiche in perdita che lo Stato porta avanti impropriamente e sostituire il monopolio statale (in perdita) con mercato privati concorrenziali.

E' tutta un'altra questione.

Poiché siamo nati e cresciuti in uno stato socialista senza neanche rendercene conto, diamo per scontato che lo Stato debba organizzare festival di san remo, praticare operazioni a cuore aperto, insegnarci la storia (direi la propaganda), dirigere zuccherifici, guidare gli autobus ed i treni, installare piattaforme di estrazione in Adriatico etc.

Proviamo un attimo ad allontanarci da questa ottica insensata?

 

- BANCHE:

1] I fallimenti bancari non sarebbero pericolosi, se ci si convincesse che i depositi vanno garantiti dalla banca centrale.

Se si capisse quanto è ovvio, nonché provato dalla storia economica (tipo crisi del '29 etc): la valuta dei depositi bancari esisteva nel mercato un attimo prima che la banca fallisse.

E se la banca centrale non la rimpiazzasse immediatamente sarebbe rea di causare deflazione. Chiuso.

Ma quale fondo salva-banche?

Ma quale garanzie "a spese dei contribuenti"?

2] Le banche, purtroppo, sono ormai poco coinvolte nel sistema economico reale, in quanto poco propense a finanziare il capitalismo.

Il finanziamento delle imprese risulta troppo rischioso rispetto a quello degli Stati, che gli permette ritorni sicuri pari a 50 volte il tasso di sconto con cui si sono procurate valuta (magari poi moltiplicata al limite del moltiplicatore monetario).

Probabilmente, alle banche dovrebbe essere vietato prestare agli stati.

Se ci si pensa bene, non ha senso che lo facciano.

Pensiamo solo al fatto che l'avanzo primario, in Italia, è positivo da molto tempo.

L'aumento del debito, dovuto solo ad interessi bancari, è assolutamente perverso.

Qui : vonmises.it/2012/01/27/la-spirale-del-debito-pubblico/  ci sono un paio di grafici che mostrano come l'avanzo primario NON è positivo da molto tempo, è stato negativo nel 2009, ( anche nel 2010 e quasi zero nel 2011 ) ma il debito fatto per manterene la spesa pubblica non ci è stato imposto da nessuno, è l'Italia che ha emesso titoli di debito, sarebbe perverso pretendere di non pagare nessun interesse su prestiti fatti a persone che hanno dato fiducia all'Italia. Mi sembra il solito discorso, chi ci ha prestato i soldi pensava di essere furbo e di rivederli indietro con gli interessi, ma noi siamo più furbi e siamo in grado di fregarli, non gli diamo più indietro nè soldi nè interessi.

esiste già, sia pure limitata a € 100.000,00 ed è fornita da fondi interbancari, alle quali le banche sono obbligate e partecipare e versare una modesta percentuale dei fondi raccolti.

 

Si tratta di disfarsi di tutte quelle attività economiche in perdita che lo Stato ...

Perché quelli in perdita? Anche quelle in attivo, se uno ha bisogno di soldi!

L'aumento del debito, dovuto solo ad interessi bancari, è assolutamente perverso

Eppure è il risultato evidente delle politiche passate e dell'attuale credibilità. Mi pare che te la prendi con il termometro perché segna una temperatura troppo alta!

Egregi, non so perché il mio commento ne abbia suscitato così tanti sulla convenienza o meno di ripagare i debiti.

Il problema da discutere è un altro. Ovvero: ha senso fare debiti? Sulle spalle dei cittadini (anche quelli che non sono ancora nati)?

Perché la risposta alla grande inflazione degli anni '70 è stata : sì, è molto meglio che stampare denaro (come se fosse l'unica alternativa).

Ma la mia obiezione è: guardate che la valuta viene stampata allo stesso modo, solo che arriva allo Stato passando per il mercato della valuta creando, oltre alla stessa inflazione, anche debito (ad alto interesse).

L'altra grande motivazione è che la paura degli alti interessi disincentiverebbe la spesa pubblica.

Lascio a voi discutere quest'ultima "boutade". Magari tenendo sott'occhio la progressione del ns. debito pubblico e quella dell'avanzo primario.

Insomma: si è preferito il tasso di interesse all'applicazione dell'art. '81 della Costituzione con condimento di sanzioni penali.

Le vere domande quindi sono:

- Vi è sembrata una mossa proficua per la nazione?

- E' ciò che dobbiamo continuare a fare?

"La sanità è il primo dei settori del nostro assistenzialismo che deve essere riformato per ragioni che sono sotto gli occhi di tutti. Il suo costo astronomico è costituito da quanto è contabilizzato come “spesa sanitaria” più quanto i privati spendono per ottenere ciò che il servizio sanitario non fornisce per nulla o non adeguatamente o tempestivamente. A queste somme va aggiunto l’ottanta per cento del costo delle regioni: governo e parlamento regionali, burocrazia regionale, consulenti regionali, aziende regionali in perdita e così via. L’ottanta per cento del bilancio delle regioni, infatti, è spesa sanitaria; le regioni esistono per i quattro quinti per la gestione di spesa sanitaria: i quattro quinti del loro costo, quindi, costituiscono spesa sanitaria. Chiamarla altrimenti non ne cambia la natura. A occhio e croce, quindi, direi che la sanità pubblica grava il bilancio dello Stato di non meno di 200 miliardi l’anno. Se anche solo la metà potesse essere risparmiata, grazie a una radicale riforma, i problemi del bilancio sarebbero risolti. Se a questo si aggiunge che il sistema trasferisce reddito dai meno abbienti ai ricchi e che gli episodi di malasanita' sono all'ordine del giorno, non possiamo non concludere che questo mostro non merita di essere difeso"

Antonio Martino, 18 luglio 2012

Io credo che il calo di valore degli immobili di stato sia ininfluente, ai fini del risanamento: se ogni giorno ci tediano con lo spread,vuol dire che il nostro debito di stato rende molto, e quindi vale poco: per cui potrò pur ricavare poco vendendo la caserma "X", ma se uso il gettito per riacquistare dei CCT, ce ne compro tanti. SE poi li annullo, vedrò pure risalire il valore delle altre caserme e degli altri CCT in circolazione. Ma, alla fine, il valore "reale" della caserma cedenda (cioè misurato in controvalore di CCT acquistabili con la cessione) dovrebbe essere simile a quello dei tempi "d'oro". Che ne pensate ?

perchè nessuna risposta? mi sembra molto interessante.

Buongiorno, a mio parere il suo intervento coglie veramente nel segno riguardo alla ricapitalizzazione delle banche.

L'unica cosa che non capisco è che bisogno ci sia di aspettare la creazione di nuove banche per far funzionare il mercato nel risolvere il problema della scarsa liquidità bancaria, quando è evidente che in una situazione di deleveraggio finanziario come l'attuale di banche ce ne sono caso mai di gran lunga troppe .

Qual'è il problema tecnico o economico che impedisce di chiedere un finanziamento ad una banca, ad esempio, cinese, aprendo nel contempo un conto corrente online?

Tra avere pochi spiccioli al 14% di interesse ed ottenere quello che serve al 4 o 5% non ci sarebbe spazio per l'intervento di servizi di consulenza per raccogliere la domanda e prestare consulenza e know-how tecnico per rivolgersi a mercati anche i più distanti?

Perché la globalizzazione deve devastare le piccole manifatture italiane e lasciare intatte banche illiquide, inefficienti e legate a doppio filo al potere politico, ammesso che tali banche esistano?

Perché mi sembra che persone con responsabilità politiche che vengono da un background di sinistra se non addirittura comunista quando decidono di applicare le leggi di mercato lo fanno in modo molto più coerente e "democratico" di persone che vengono da tutt'altro background e che dovrebbero essere i paladini naturali del mercato stesso?

Giannicola Bonora

si faccia un giro, di argomenti a favore dell'apertura a banche straniere e riforma delle fondazioni bancarie ne trova a iosa.