Electrolux e la tassazione del lavoro

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Il caso Electrolux mette a nudo le conseguenze dell'elevata pressione fiscale sui bassi redditi da lavoro in Italia e suggerisce la migliore politica industriale per il paese.

Il caso in breve: come riporta il Corriere della Sera, la produzione di Electrolux in Italia è fuori mercato a causa dell'elevato costo del lavoro. Sempre secondo la stessa fonte, per sopravvivere e mantenere tutti gli attuali 6.500 posti di lavoro sarebbe necessario ridurre il costo medio orario del lavoro di circa il 20%, da 24 euro a circa 19-20 euro, e la giornata lavorativa da 8 a 6 ore. Per far notizia, il Corriere titola che gli stipendi passerebbero da 1400 euro a 700 euro, riferendosi probabilmente allo stipendio netto di un operaio. È ovvio che nessuno in Italia può vivere decentemente con un reddito di 700 euro al mese (anche se l'orario di lavoro venisse ridotto di 1/4 come riportato nell'articolo), per cui la notizia è di quelle che indignano.

Per qualche misteriosa ragione, però, in Italia i conti sui redditi da lavoro si fanno sempre al netto delle imposte dirette, il che impedisce di puntare l'indignazione dalla parte giusta, ovvero dalla parte dell'eccessiva tassazione del lavoro in questo paese. In Italia il cuneo fiscale (la frazione di costo del lavoro che finisce nelle casse dello stato) che grava sui bassi salari è, secondo Eurostat, di circa il 45%. Ora facciamo il seguente esercizio (domanda per lo studente undergraduate di economia del lavoro): quale livello del cuneo fiscale permetterebbe all'operaio di mantenere il suo posto a 1400 euro e ad Electrolux di restare competitiva?

Facciamo due conti, molto approssimativi, senza alcuna pretesa, giusto per rendere l'idea. Prendiamo il "Caso 3: Operaio" della seconda tabella di questa simulazione (che non so quanto sia affidabile, ma a occhio e croce suona non lontana dalla realtà). Questo operaio assomiglia molto all'operaio Electrolux di cui parla il Corriere. Ignorando la tassazione indiretta sul lavoratore (che non rileva in questo caso, se non per altre vie che ignoriamo per semplicità), l'operaio nella tabella porta a casa 16.200 euro all'anno (pari a 1350 euro al mese per 12 mensilità). Ma il costo per il datore di lavoro è pari a circa 36.000 euro all'anno, pari ad un cuneo fiscale del (1-16200/36100) = 55%, superiore al dato medio Eurostat riportato sopra. Ci fidiamo più di Eurostat che di questa simulazione, ma andiamo avanti.

Ora, per restare competitiva Electrolux deve ridurre del 20% il costo orario e del 25% le ore lavorate, ovvero deve ridurre il costo del lavoro al 0,80*0,75 = 60% di quello attuale, cioè 21.600 euro all'anno. Se teniamo fermi i 1.350 euro mensili dell'operaio, si salvano capra e cavoli con un cuneo fiscale pari a (1-16200/21600) = 25%. Questo, tornando ai dati Eurostat sopra riportati, è di pochissimo inferiore al livello del Regno Unito, dove pure i percettori di bassi redditi come l'operaio di cui stiamo parlando non scontano la minore pressione fiscale con assenza di servizi sociali (i lettori che vivono in UK possono dirci come funzionano sanità pubblica e scuola pubblica in quel paese). Evidentemente, si può fare.

Mi sarebbe piaciuto se Debora Serracchiani, che oltre a essere Presidente del Friuli-Venezia Giulia fa parte della nuova Segreteria nazionale del PD, avesse provato a ragionare lungo queste semplicissime linee, invece di sbrodolarsi in questo modo:

 

ci convochino immediatamente per valutare assieme le proposte da rilanciare alla multinazionale: il Governo non faccia il notaio della volontà svedese. È inaccettabile che il Governo assista inerte mentre accade quello che si temeva e che abbiamo denunciato. Per il Friuli-Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione

 

Non ha bisogno di essere convocata, signora Serracchiani. Lei fa parte dell'alta dirigenza di un partito che ha le redini del governo e che si candida a governare presto il paese. Un moderno partito di sinistra, per giunta. Si metta quindi assieme ai suoi colleghi a progettare una drastica detassazione dei redditi da lavoro, a partire da quelli più bassi. Vedrà che in questo modo Electrolux resterà competitiva in Italia, e lei imparerà che davvero ridurre le tasse (anche e primariamente quelle sul lavoro) è la migliore politica industriale che si possa fare oggi in questo paese.

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Commenti

Ci sono 83 commenti

Se il cuneo fiscale è "la frazione di costo del lavoro che finisce nelle casse dello stato", allora uno stipendio netto di 16200 euro a fronte di un lordo di 36100 significa che il cuneo fiscale è del 55%, non del 45%. Allo stato rimane infatti più della metà (19900 euro).

 

Quindi si tratta di portare il cuneo fiscale dal 55% al 25%. Idee su dove trovare i soldi? (Non che la cosa non mi renderebbe molto felice, essendo un operaio che guadagna 1200 netti al mese e non ha nessun servizio funzionante).

Ma non cambia il punto. A parte il fidarsi piu' di Eurostat che della simulazione citata, le risorse in questo caso non sono un problema perche' stiamo parlando di bassi redditi di lavoro, non di tutti i redditi.

Davvero pensate di riuscire a vendere facilmente le premesse dell'articolo?

Anche se mala tempora currunt, ritengo che un buon 80% dei cittadini pensi soprattutto che il caso Electrolux mette a nudo le conseguenze del libero mercato in aree economiche disomogenee - e non serve porgere simulazioni varie sul "cuneo fiscale" per obnubilare quelle circostanze più generali che anche un non-undergraduate può ben vedere.

RR

Tipo libero mercato tra aree economiche disomogenee come Veneto e Basilicata? Mettiamo una bella dogana ad Ancona?

Perché per la Germania, che tra l'altro ricava circa 65‰ gettito complessivo da tassazione su lavoro (tanto) , non sembra essere un problema alto cuneo fiscale?

Perche' la produttivita' tedesca e' sostanzialmente superiore alla nostra.

Sono d'accordo sull'idea di ridurre il costo del lavoro (agendo sulla pressione fiscale). Pero' se guardo ai dati eurostat, la pressione fiscale in Italia non e' molto diversa rispetto alla maggior parte dei paesi europei tra cui Germania, Francia, Svezia ecc.ecc. (che pero' sembra forniscano piu' servizi o almeno servizi piu' efficienti)

 

epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Wages_and_labour_costs/it

 

Solo Regno Unito, Lussemburgo e Irlanda hanno costi molto piu' bassi (anche se ad onor del vero hanno tassazioni molto alte in altri contesti, come ad esempio successioni) ma in realta' sono Paesi che dal punto di vista industriale non sembrano paragonabili a quelli dell'europa continentale.

 

Mi viene quindi da pensare che non sia questo il problema vero, ma che ci sia qualcos'altro.

Costo del lavoro a parte, mi sembra che questo sia l'equivalente in chiave globalizzazione del "re e' nudo". Sono anni che le aziende spostano posti di lavoro in Est Europa. Electrolux sta solo facendosi i conti a voce alta, niente di nuovo - eppure c'e' il can can mediatico.

Se anche per miracolo le tasse sul lavoro scendessero rimarremmo sempre e comunque non-competitivi per certi tipi di lavori con i paesi emergenti.

Abbassare le tasse non e' che un cerottino: ci vuole una secchiata d'acqua fredda in faccia, altroche'.

Quello che penso anch'io, ormai certi tipi di produzione, in grande serie soprattutto, in occidente non sono più convenienti, la di là del livello di tassazione.

Però si continua a tenere vive queste realtà bollite attraverso la cassa integrazione fino a 7 anni (assurdo un periodo così lungo) o contributi a fondo perduto, facendo spesso pagare il conto alle aziende potenzialmente sane e in crescita.

Sicuramente il peso della tassazione in Italia e' eccessivo, pero' e' anche vero che il cuneo fiscale su un lavoratore medio e' simile a quello di Francia, Germania, Belgio, in alcuni casi perfino leggermente inferiore. Quello che accade da quanto capisco in Inghilterra e Germania e' che la tassazione (inclusi i contributi almeno in UK) si abbassano fino ad azzerarsi per redditi molto bassi. In Italia l"IRPEF si abbassa molto per redditi bassi, l'aliquota marginale comprensiva anche della truffa delle detrazioni decrescenti anche per redditi bassi e' 40-45%, ma rimane il macigno dei contributi proporzionali al 30% circa, che almeno in UK si azzera invece per redditi che vanno a zero.
Tenendo conto dei redditi medi e non di quelli all'estremo inferiore della gamma comunque a me sembra che non ci siano margini realistici macroscopici per riguadagnare competitivita' solo con un calo delle tasse. Secondo me come scrive anche Manasse (contando i cambiamenti dal 2000 al 2010 se ricordo bene) in prima approssimazione l'Italia ha perso il 32% di CLUP rispetto alla Germania, il 14% perche' i tedeschi hanno migliorato la produttivita' oraria, il 18% perche' i salari nominali per ora lavorata sono aumentati del 18% di piu' in Italia. Non vedo altra possibilita' ri ristabilire equilibrio che (molto approssimatamente) ridurre i salari nominali lordi del ~32%. Questo dovrebbe essere fatto non solo per gli operai dell'Elettrolux ma per tutti gli italiani, a partire dai dirigenti pubblici e dai politici iperpagati. In termini reali il potere d'acquisto rimarrebbe approssimatamente uguale per tutti gli italiani (ci sarebbe comunque minore potere d'acquisto per beni d'importazione), ma sarebbe riequilibrata la competitivita' nell'interscambio con l'estero.
Riguardo la tassazione in Italia, le tasse riscosse sono simili a quelle degli altri Paesi (tra Francia e Germania), quello che e' significativamente superiore sono le tasse imposte sulle attivita' legali non sommerse (siamo arrivati al 58% complessivo nel 2013) perche' c'e' una maggiore percentuale di PIL sommerso (il Nord e' simile a Francia e Germania, il Centro evade di piu', e il Sud molto di piu').  L'imposizione fiscale italiana e' eccessiva secondo me quando si tiene conto delle caratteristiche della sua economia, in particolare la piccola dimensione media delle imprese, la percentuale degli autonomi, il sottosviluppo del Sud, ma non sarebbe eccessiva come tasse effettivamente riscosse se l'economia avesse le stesse caratteristiche di Francia e Germania. L'Italia per questo dovrebbe ridurre la sua tassazione ai livelli spagnoli secondo me. La differenza macroscopica tra Italia e Francia-Germania e' che a parita' approssimativa di tasse riscosse diviso PIL, i servizi pubblici italiani sono relativamente a quelli franco-tedeschi di qualita' miserabili, e i soldi pubblici sono in percentuale significativa sprecati in corruzione e spesa improduttiva per comperare consenso. Aumentando l'efficienza e riducendo la corruzione l'Italia potrebbe fornire gli stessi servizi pubblici, di qualita' miserabile, ma non inferiore ad oggi, riducendo la tassazione ai livelli spagnoli. Questo andrebbe fatto, sarebbe necessario e utile, ma secondo me da solo non sarebbe sufficiente a recuperare il 32% circa di deficit di CLUP accumulato con la Germania. Per recuperarlo interamente c'e' bisogno di una disinflazione salariale generalizzata oppure di uscire dall'Euro di modo che il mercato provveda svalutazione fino ad equilibrare domanda e offerta di valuta italiana per l'import-export.

 

Questo andrebbe fatto, sarebbe necessario e utile, ma secondo me da solo non sarebbe sufficiente a recuperare il 32% circa di deficit di CLUP accumulato con la Germania. Per recuperarlo interamente c'e' bisogno di una disinflazione salariale generalizzata oppure di uscire dall'Euro di modo che il mercato provveda svalutazione fino ad equilibrare domanda e offerta di valuta italiana per l'import-export.

 

Scusa Alberto condivido le premesse del ragionamento ma non questa "opzione". Se uscire dall'euro per svalutare non è la soluzione al problema "Italia", allora non può esserlo nemmeno attuare una "svalutazione salariale" pur rimanendo nell'euro. Se ne era già discusso e rimando a quell'articolo.

Se costi meno la "logica bruta" dice che hai maggiori possibilità di vendere e qualcosa in questa direzione va assolutamente fatto ma all'interno di una strategia per recuperare competitività. Non ha senso mettersi a battagliare con slavi, cinesi e turchi su chi costa meno. E' una battaglia persa in partenza. La logica "meno bruta" vede che gli italiani che esportano non esportano per il prezzo basso ma per la qualità del prodotto. Infatti il più grande esportatore europeo è la Germania. Quindi, secondo me, bisogna fuggire la seduzione di soluzioni drastiche, solo apparentemente efficaci. Bisognerebbe invece intraprendere una strada decisa e graduale di riduzione degli sprechi sociali e statali, riorganizzazione delle risorse (federalismo dove sei finito?), il tutto reinvestito nel mondo produttivo, che andrà in tutti i modi supportato invece che usato come mucca da mungere (e qualcuno pensa anche di farne bistecche finita la mungitura) con chiari in mente gli obiettivi da raggiungere. Possibile è possibile, lo hanno fatto all'estero. Penso alla Germania ed ai paesi scandinavi.

 

Riguardo la tassazione in Italia, le tasse riscosse sono simili a quelle degli altri Paesi (tra Francia e Germania), quello che e' significativamente superiore sono le tasse imposte sulle attivita' legali non sommerse (siamo arrivati al 58% complessivo nel 2013) perche' c'e' una maggiore percentuale di PIL sommerso (il Nord e' simile a Francia e Germania, il Centro evade di piu', e il Sud molto di piu').

 

Non sarebbe quindi opportuno gettare in galera gli evasori fiscali, che fanno concorrenza sleale alle aziende legali che pagano le tasse anche per loro?

Si parla di "cuneo fiscale" ma il termine è improprio e fa pensare che il problema siano le imposte, dette volgarmente tasse. Invece la parte principale di quel cuneo (la differenza tra il lordo azienda ed il netto dipendente) è dovuta ai contributi previdenziali e da vari altre prelievi contributivi (infortuni, invalidità ... un elenco completo di tipologie e aliquote è sparpagliato in 400 tipologie contrattuali diverse).

Qui un grafico comparativo (non aggiornato ma tanto in Italia non cambia mai nulla)

Per ridurre il cuneo quindi occorre ridurre la spesa previdenziale.

Corporations: - 1% GDP  - 16bn
employees: - 1% GDP      - 16 bn
financial assets: + 1% GDP  = +10bn

Sintesi: meno 2% GDP su imprese/lavoratori e rimanenti 10-15 bn recuperati da lotta ad evasione fiscale/riduzione della spesa pubblica e maggiori tasse su financial income.

La spesa previdenziale e' sicuramente la nota dolente, senza dimenticare la chicca dei pensionati a 55 anni (1983); 2050: retirement @70. equita' intergenerazionale..)

total tax rate (%profit): 68.3 vs. OECD high income: 40  (world bank 2012)

di cui

labor tax and contributions 43.4 vs. OECD high income: 22.8

Ho recuperato qualche dato al volo. Secondo dati Istat  2011, il montante aggregato dei contributi sociali si aggira intorno ai 216 miliardi, pari al 13,6 per cento del Pil.

il costo del lavoro in Italia per un lavoratore non sposato e' circa due volte lo stipendio netto contro un rapporto pari a 1,7 per la media dell’area euro e a circa 1,5 per la media dei Paesi Ocse. Punterei sui lavoratori piu' giovani per una serie di ragioni (fino a 40 anni)

Una riduzione di 5 punti percentuali per i lavoratori con meno di 40 anni richiederebbe circa 13.7 miliardi (0.9 per cento del Pil). Una 'terapia d’urto' di una riduzione di 10 punti percentuali (1.7 per cento del Pil), che avvicinerebbe l’Italia alla media Ocse per i lavoratori più giovani, costerebbe ca. 27.5 miliardi.

Soldi in busta paga (ed R&D lato imprese) a favore di consumatori con tendenzialmente alta propensione marginale al consumo, per rilanciare la domanda interna. 

Non bastano operazioni di maquillage. Salvo errori/omissioni, non vedo nulla. quella la priorita'. i dati da Lei pubblicati su Fiat sono ...imbarazzanti.

Errore nel post precedente. Ma ho problemi con l'editor del sito.

Prima ci avete spiegato che alla Fiat il costo del lavoro sul prodotto finito incide per il 10, 12% quando parlavamo di Pomiliano. Quanto incide il costo del lavoro sulla lavatrice di Electrolux? 50, 70%? Ci venite a spiegare che la libera concorrenza e il mercato è il bene assoluto, e va bene. Ora la Electrolux vuole andare in Polonia perché li il costo del lavoro è inferiore. Vi chiedo: quando rimarranno in Polonia? C'è sicuramente la Cina dove il lavoro costa meno e offre un mercato d'assorbimento sicuramente maggiore dell'Europa. E poi ci sarà un nuovo paese dove il lavoro costerà meno sicuramente della Cina. Quindi, in prima battuta, non dobbiamo fare i conti con la Polonia per il costo del lavoro, è meglio che ci portiamo avanti e incominciamo a parificare gli stipendi italiani con i Cinesi e offriamo il risparmio di un trasferimento dalla Polonia alla Cina delle linee di produzione alla Electrolux. Mi rimane da capire come compariamo il potere d'acquisto? Sono tutto occhi per leggere la lezione tra stipendio e potere d'acquisto con salari cinesi e costo vita italiano. Rimane impregiudicato il cuneo fiscale, che centra, ma anche gli oneri fiscali e contribuitivi esistono in Germania e formano il costo del lavoro. A pancia, veramente a pancia, non mi sembrano molto distanti.

In effetti è la produttività tedesca che cambia il confronto. Un'alta produttività rende possibile anche un costo del lavoro piu' alto. Idee sulla produttività polacca? Cerco e riferisco.

In attesa di qualche dato polacco, trovo interessante il rendiconto finanziario FIAT 2012 che a pagina 16 presenta i dati suddivisi per area geografica (dipendenti e ricavi per aree di destinazione).  È possibile stimare una sommaria redditività locale.  Ora è chiaro che per esempio è costoso spedire macchine dall'europa al Nord America. Conviene produrle là. Ed  i ricavi nel nord america sono 5 volte quelli ITA.  Molto probabilmente molte macchine prodotte in Italia vengono vendute in Europa (aumentando i ricavi procapite imputabili all'europa senza l'Italia) ma quindi per ogni produttore si pone la domanda: dove mi conviene produrre? Produrre in Polonia infatti non solo ha il pregio di avere un costo del lavoro piu' basso, una produttività piu' alta (meno addetti per fare piu' vetture) ed una manodopera molto piu' preparata tecnicamente, ma abbatte i costi di trasporto, se la destinazione del venduto è principalmente nel nord-europa. La Cina credo sia fuori discussione, perché i costi del trasporto (ed i tempi, importanti nel Just-In-Time) annullano i vantaggi del costo del lavoro. Ora problemi simili (dove produrre per ottimizzare costi di produzione e consegne) sono complessi (ricerca operativa, se non erro) e bastano poche variazioni nei parametri per produrre esiti diversi. Probabilmente quindi Electrolux avrà stimato che solo con una riduzione di TOT del costo del lavoro si puo' mantenere una produzione nel nord-est italiano.

 

 

Località

Ricavi procapite
Italia117'608
Europa esclusa Italia485'635
Nord America
615'197
America Latina
251'443
Altre aree
117'679
Totale
390'796

 

Ma infatti in Germania ElectroLux ha chiuso e portato quelle produzioni da noi. I germanici puntano a fare lavoro di QUALITA'. Non è la stessa cosa. NON E' LA STESSA COSA.

Per questo a parità di prelievo (che parità non è poi) loro vanno meglio

Quello che manca in Italia nel mondo del lavoro è un sistema del welfare che tuteli davvero il lavoratore, non il posto di lavoro e le aziende obsolete. Con la globalizzazione, in settori a basso valore aggiunto qualunque Paese può essere competitivo. L'Occidente offre salari ancora alti per quanto riguarda invece quelli ad alto valore aggiunto, perché per il momento i Paesi in via di sviluppo non hanno ancora sufficienti risorse per colmare questo divario. Tuttavia, chi ha reddito basso dovrebbe ricevere un sussidio dallo Stato e venire quasi azzerate le imposte, come avviene nei maggiori Paesi avanzati. Quindi, puoi anche prendere 700€ al mese ma se comunque puoi ottenere ulteriore reddito non è un problema. Cosa che in Italia non avviene. In primis, abolizione della Cassa Integrazione.

Certo, e si evince che, se dobbiamo tagliare cuneo fiscale così pesantemente, costruire ammortizzatori decenti (in periodo di disoccupazione alta, tra l'altro, ie costi notevoli davvero, vedi esperienza danese), etc.... la stima delle risorse che abbisognano diventa mind-boggling, rapidamente. Se pensiamo che per trovare 4 miliardi per imu (in buona parte senza successo) son stati a scannarsi per mesi.... Qui parliamo di decine di miliardi. Non si riuscirà mai, in my view.

Ad essere precisi, se non sbaglio, ai 16200 euro dati al lavoratore, L'azienda versa altri 14.000 euro circa. Di fatto il "Cuneo" e' del 45% ed è dato da, vado a memoria:

-  circa 3.600 euro in tasse (26% totale)

- circa 8.500 euro in contributi (di cui circa 2.000 vanno allo Stato ed il resto al lavoratore): (60%)

- circa 1.700 euro al TFR  (14 %)

quindi a mio parere più che di tassazione sul lavoro, un ragionamento andrebbe fatto sull'onere contributivo

In realtà il cuneo varia per tipologia di azienda. Per un'industria manufatturiera come Elettrolux per esempio ci sono piu' rischi di infortuni e quindi il costo assicurativo obbligatorio (INAIL) è piu' elevato. Per le grandi aziende poi c'è la cassa integrazione. Si parte dal 33% della previdenza ed aggiungendo gli altri contributi obbligatori si arriva al 50%. Poi ci sono le imposte.

Quelle che noi vediamo negli studi OECD sono medie nazionali, magari fatte sulla base di uno stipendio mediano, ma la media è il risultato di un 24 % di  secondario con prelievi piu' elevati e di un 74% di terziario, con prelievi un po' piu' bassi.

 

quindi a mio parere più che di tassazione sul lavoro, un ragionamento andrebbe fatto sull'onere contributivo

 

Si tratta della stessa cosa. La "tassazione del lavoro" include tutto: IRPEF e contributi a carico del lavoratore, e contributi a carico del datore di lavoro. Per esempio, dal punto di vista economico non fa alcuna differenza (per l'equilibrio del mercato del lavoro) se i contributi sono a carico del datore di lavoro o del lavoratore.

La riduzione dei volumi di produzione del 25% non é meglio associarla 1) ad una presumibile riduzione della fetta di mercato o 2) ad una riduzione del volume generale del mercato? In entrambi i casi (soprattutto nel caso 1) ha senso assorbire il problema con la riduzione da 8 a 6 ore in via temporanea, fino a quando i 2 problemi non saranno rientrati. 

La riduzione del cuneo fiscale sui redditi bassi è sacrosanta, ma può essere associata al costo unitario di produzione, i volumi (purtroppo) dipendono da quanto i prodotti sono più appetibili rispetto alla concorrenza (quindi dalla fetta di mercato) e dal volume totale del mercato, intendendoo il mercato in cui è conveniente spedire i prodotti Electrolux degli stabilimenti italiani, e cioè a occhio e croce l'Italia. 

Domanda: ma non è che per giunta si sta confondendo la produttività del lavoro con la produttività totale dei fattori TFP?

Un gentile lettore, Tino Gianelle, mi invia il seguente commento, che metto qui insieme alla mia risposta.

Il commento:

 

Gent.mo

Mi consenta di mandarle una mail perché ho poca dimestichezza con i commenti da postare direttamente sul sito. Faccio riferimento al suo intervento  “Electrolux e la tassazione del lavoro” su nFA del 28 gennaio.Ho qualche osservazione da farle :

1)      Che senso ha considerare la richiesta dell’azienda di una riduzione di orario da otto a sei ore (-25%) alla stregua di una richiesta di riduzione del costo del lavoro? Non penso che l’azienda immagini di produrre le stesse quantità con un orario così ridotto. Al massimo potrebbe esserci un piccolo guadagno di produttività. Potrebbe invece essere una proposta per salvaguardare gli attuali posti di lavoro a fronte di una necessaria riduzione della produzione. In ogni caso è una questione da affrontare a parte, diversa dalla questione del costo del lavoro (che di solito si misura in costo per ora lavorata).

2)      Che senso ha fare riferimento alle tabelle del sito “ Scenarieconomici”, di cui si afferma di non conoscere l’attendibilità (ma basta leggere la parte iniziale della tabella citata per considerare un po’  imbroglioncelli quei signori, nel momento in cui inseriscono nel cuneo fiscale anche i costi  per il pagamento di ferie e assenze dal lavoro), se si ritiene che il dato Eurostat del 45% di cuneo fiscale sia più attendibile (e anche a me risulta molto attendibile)? Se si parte dal salario netto di 16.200 euro annui, basta considerare questo pari al 55% del costo del lavoro per ottenere un costo annuo per l’azienda di 29.454 euro.

3)      Avere un cuneo fiscale del 25% sarebbe bello, ma significherebbe azzerare ogni prelievo fiscale su quel reddito, visto che quel 25 corrisponde sostanzialmente all’attuale prelievo contributivo (33% sulla retribuzione lorda). Prelievo che equivale ad accantonamenti forzosi per una pensione contributiva che corrisponderà esattamente al totale dei versamenti fatti, opportunamente rivalutati. E’ possibile immaginare di poter azzerare ogni prelievo fiscale sui redditi di questo livello? Oppure immaginare di poter finanziare le future pensioni con la fiscalità generale? Forse la Gran Bretagna fa proprio una di queste due cose, o un mix delle due. Proviamo a capire come e ragioniamoci sopra.

 

E la mia risposta:

 

Caro Tino,

Grazie per queste ottime osservazioni -- dovresti provare a metterle
sul blog, a beneficio di tutti i lettori, purtroppo anche i buoni
commenti questo sono sempre piu' rari sul blog. Anzi, magari adesso lo
metto io, assieme a questa risposta.

Brevemente:

(1) La mia presunzione e' che ridurre le ore da 8 a 6 sia un modo per
ridurre il costo del lavoro per unita' di prodotto, cioe' per
aumentare la produttivita'. In altre parole, forse si rendono conto
che gli operai possono fare in 6 ore quello che per contratto fanno in
8. Certo, e' un trucco sporco da parte di Electrolux, ma certamente
meglio che far pagare la differenza ai contribuenti mediante cassa
integrazione, per esempio.

(2) Vero, potevo semplicemente partire dal lordo e applicare il cuneo
stimato da Eurostat. Tieni presente che il post e' un rapido
"passaparola" (commenti brevi a notizie del giorno) e non un piu'
corsposo "ex-kathedra" (categoria di articoli piu' elaborati). Non
avevo notato che contanto anche ferie e assenze come cuneo, questo e'
certamente sbagliato e spiega l'inflazione del cuneo calcolato su quei
numeri.

(3) E' vero che i contributi pensionistici sono remunerazione
differita, e che quindi vanno trattati in modo diverso (ma i
contributi pensionistici non sono il 33% del lordo, sono molto meno).
Comunque, un cuneo del 25% si puo' ottenere riducendo la spesa (un
calcolo a spanne ci dice che coi 10 miliardi di euro che ogni anno il
governo trasferisce direttamente a imprese private operanti sul
mercato si puo' finanziare una riduzione di questa entita' per 1
milione di operai come quello della simulazione), preferibilmente con
schemi tipo negative income tax, che in parte si autofinanziano
perche' creano incentivi al lavoro. Il caso inglese, quantomeno,
dimostra che e' possibile senza "macelleria sociale".

Il ogni caso, il punto che volevo fare e' il ruolo della pressione
fiscale nel contribuire alla poca competitivita' della nostra
economia. Chiaramente si puo' ottenere lo stesso risultato operando
sul versante della produttivita', come in Germania. Li' il cuneo e'
come il nostro eppure l'industria e' competitiva.

 

 

Un punto importante é che il cuneo fiscale nel Regno Unito é progressivo.

Parte da 0% di chi porta a casa 7000-7500 Euro all'anno, e sale progressivamente.

Per me ad esempio l'anno scorso é stato del 42%, quest'anno di circa il 37% (parte perché ho guadagnato meno, parte perché ho messo di piú da parte per la pensione).

Nel caso sopra di Pinco Pallo sarebbe stato il 29%, mentre per il ragazzo italiano che da 1 anno serve il caffé a Clapham Junction é il 16%.

Credo che gli aspetti siano tanti. Sicuramente produrre in Polonia non è solo conveniente per il costo del lavoro e dell'energia elettrica ma ha anche una rilevanza logistica. Dove vende i suoi eletrodomestici Electrolux? Sicuramente in tutta Europa ed il trasporto dall'Italia verso l'Europa incide anch'esso sui costi di trasporto. La Polonia è piu' centrale e vicina ai mercati di riferimento e già dal 2005 li' si producono lavastoviglie, lavatrici ed asciuga biancheria mentre in ungheria si producono fregoriferi e congelatori.

Tra gli aspetti logistici lo stato pietoso della viabilità stradale e ferroviaria nel nord-est. Da considerare che il costo del lavoro incide per il 14% sui costi del prodotto finale ed anche la materia prima va trasportata e quindi una cosa è averla in Polonia ed altro è portarla fino in Italia per poi riportare il prodotto finito, per esempio, in Germania.

Quello che sta avvenendo oggi quindi non è un "fulmine a ciel sereno" ma come sempre la dimostrazione di una classe politica distratta che si muove all'ultimo momento.

Puo' essere interessante leggere il rapporto di sostenibilità electrolux del 2004 (quindi 10 anni fa) in cui era chiarissima la direzione che infine è arrivata anche da noi: "Una concorrenza sempre più agguerrita ci sta portando a trasferire molta della nostra produzione in altre aree geografiche".

Perché i politici ed i sindacati si svegliano solo ora?