1. Perché esistiamo?
L'appello Fermare il Declino e l'associazione che lo promuove (ALI, Alleanza Lavoro e Impresa) nascono dalla convergenza di alcune iniziative personali che si incontrano sul terreno delle cose da fare. Alcuni dei promotori si trovarono a discutere di questi temi in occasione del convegno "Non importa il colore del gatto", organizzato da noiseFromAmerika nel febbraio di quest'anno. In quel frangente abbiamo condiviso l'esigenza, da un lato, di perseguire obiettivi concreti su cui è possibile aggregare un ampio consenso, dall'altro di dare una risposta al fatto che queste persone, di estrazione e orientamenti ideali differenti, sono oggi non rappresentate. Nessuna forza politica esistente accetta quegli obiettivi o intende adottare gli strumenti necessari a raggiungerli. Qualcuna, qua e là, vagamente pretende di raggiungere uno degli obiettivi da noi enunciati ma, che noi si sappia, mai nessuno ha articolato come raggiungerli e men che meno come raggiungerli tutti!
L’idea di fondo della nostra scommessa politica è semplice: oggi in Italia almeno un terzo dell’elettorato non si riconosce in alcuno dei partiti che siedono in parlamento e almeno un altro terzo ha serissimi dubbi sia sulle politiche perseguite che sulla qualità umana e intellettuale dei politici che le perseguono. Tutti i sondaggi, le esperienze individuali e le rilevazioni statistiche suggeriscono che questi due terzi dell’elettorato son composti, in gran parte, dall’Italia più giovane e da quella che lavora e produce il reddito che poi tutti consumano. Essa è consapevole d’essere vittima d’un meccanismo politico-economico che la sta stritolando a vantaggio di una minoranza (ampia, ben organizzata, ma pur sempre minoranza) parassitaria o comunque non produttiva. In assenza di un referente politico su cui far leva per uscire da questa situazione di declino i “produttori” italiani si dibattono fra il ribellismo, comprensibile ma velleitario e a volte pericoloso, l’abbandono e l’indifferenza cinici e fatalisti, le esplosioni di rabbia anti-statalista o financo anti-sistema e il ritorno ai porti ideologici del passato i quali, pur non offrendo alcuna alternativa concreta, rassicurano con falsa retorica. Insomma: c'è chi s'indigna, chi si arrende, chi si rassegna a votare quello che, ai suoi occhi, è il "meno peggio", senza nutrire alcuna fiducia ma provando un senso di sfiducia ancora maggiore nei confronti delle formazioni alternative.
Per questo è maturata l’idea di lanciare un appello e verificare quante migliaia di italiani condividano questi giudizi e i dieci punti programmatici che articoleremo ulteriormente nelle settimane a venire. Crediamo sia possibile lavorare perché venga alla luce, come scriviamo nel manifesto, questo “soggetto politico che 151 anni di storia unitaria ci hanno sinora negato e di cui abbiamo urgente bisogno”.
2. Cosa vogliamo?
I nostri obiettivi concreti sono le 10 telegrafiche proposte che abbiamo presentato come base del progetto. Se le si legge attentamente (le parole non son scelte a caso anche se, magari, non sono quelle perfette) si noterà che i dieci gruppi di proposte non sono né vaghi né banali. Sono dirompenti: se applicati cambierebbero la situazione per il meglio; infatti, ribadiamo, nessun partito politico è oggi disposto a farle proprie tutte quante. Non diciamo che siano sufficienti né che siano complete: siamo però fermamente convinti che (a) siano al di là del "politicamente possibile" per i partiti "tradizionali" e (b) siano un significativo passo nella direzione giusta. Possono esserci passi successivi e c'è grande spazio per un adeguato affinamento degli obiettivi, ma se non si parte da qui, non si arriverà da nessuna parte.
Questa, dunque, la motivazione principale: se si vuole cercare di realizzare quelle riforme essenziali a fermare il declino e ritornare a crescere occorre che si aggreghi una forza politica o, almeno, un’area politica che persegua tali riforme. Poiché tale forza non esiste e non è in vista, dobbiamo impegnarci perché emerga.
Ci spinge la convinzione che esista e sia praticabile una politica economica diversa da, e alternativa a, quella perseguita rovinosamente negli ultimi trent’anni. Questa ha condotto ad aumentare il debito, la spesa pubblica e le imposte, senza dare quasi nulla in cambio ai cittadini. Senza dare, cioè, migliori servizi pubblici, migliore assicurazione sociale e, soprattutto, senza creare mobilità economica individuale e di gruppo, senza offrire un futuro per i giovani, senza generare – anzi, impedendo – crescita sostenuta e diffusa di produttività e reddito.
Durante gli ultimi trent’anni i fondamenti di questa politica economica fallimentare sono stati condivisi a destra e a sinistra. Su questi fondamenti vi è assoluta coincidenza all’interno del parlamento italiano attuale, con scarsissime eccezioni individuali. Per questo affermiamo che occorre cambiare quasi in toto la classe politica: perché essa condivide in toto e in solido la responsabilità per le politiche che ci stanno portando alla rovina. La rovina che vogliamo evitare. A partire dal fallimento più visibile del ceto politico che noi contestiamo: la scelta di finanziare le spese correnti del passato e presente attraverso la tassazione futura. Cioè la decisione, intenzionale e irresponsabile, di lasciar lievitare a dismisura il debito pubblico per farlo poi pagare alle generazioni giovani o future che, inermi, lo dovranno subire. Come sta cominciando ad accadere durante gli anni più recenti.
Il debito va quindi abbattuto cedendo patrimonio pubblico, in modo credibile agli occhi dei mercati e sistematico nel tempo, per mano di persone competenti che operino per il bene comune e non di quello dei soliti noti. Solo così i tagli alla spesa corrente, ingenti e da individuare in modo non lineare ma discriminante, potranno e dovranno essere restituiti in meno imposte su lavoro e impresa, per tornare a crescere.
Solo mettendo merito e concorrenza, lavoro e professionalità al centro dell’agenda nazionale, risolvendo i conflitti d’interesse con una legge severa e organica, restituendo a scuola e università il ruolo di ascensore sociale che hanno perso, sostenendo il reddito di chi ha perso il lavoro, facilitando la creazione di nuove imprese, crediamo sia possibile, con anni d’impegno, riscalare le posizioni che l’Italia ha perso.
3. Quale è il nostro obiettivo politico?
Dalla nostra analisi deriva una conseguenza immediata e di vasto respiro. Se la situazione italiana attuale è conseguenza per lo più di errori politici, e se questi errori sono stati condivisi dalla quasi totalità della classe politica esistente, allora occorre definire obiettivi corretti, scegliere strumenti adeguati per raggiungerli, individuare un personale politico che sia all'altezza del compito e che sia esente da responsabilità dirette per la condizione in cui ci troviamo. Occorre, cioè, un’aggregazione politica completamente diversa dai partiti esistenti, un’aggregazione che sia espressione di forze sociali produttive e pragmatiche e che esca dalla riproposizione dello schema tribale destra-sinistra che ha caratterizzato l’infausta storia della Seconda Repubblica.
Non un soggetto fondato su un leader, ma su scelte concrete, condivise e sostenute dal basso. Una squadra o, meglio una collezione di squadre, di saperi e specialismi, di gente che ha alle spalle anni di lavoro nel privato, in azienda e in fabbrica, nei mercati italiani e mondiali, nelle scuole, nei campi, negli uffici, nelle organizzazioni internazionali. Gente prestata davvero alla politica per cambiarla, non funzionari di partito o miliardari alla ricerca di sconti e prebende a fronte d’immani conflitti d’interesse.
Il declino non si ferma con uomini della provvidenza o salvatori della patria. E nemmeno riproponendo a oltranza la logica di tecnici svincolati dal consenso politico. Vogliamo un movimento di professionisti esperti e competenti: dall’artigiano all’imprenditore, dallo scienziato al medico, dal giornalista all’avvocato, dall’agricoltore all’insegnante. E vogliamo che le loro proposte siano vagliate dall’elettorato, approvate e votate esplicitamente. Per essere poi legittimamente attuate e messe in pratica, non abbandonate e scordate come tutti i programmi elettorali. Idealmente, nella forza politica che vorremmo veder nascere, tutti i candidati e non solo il/la candidato/a a Primo Ministro, dovrebbero essere scelti attraverso elezioni primarie o altri meccanismi di selezione competitivi e trasparenti. Di certo lo devono essere i candidati a posizioni di rilievo nazionale e questo è l’obiettivo che vorremmo raggiungere nelle prossime elezioni.
4. Chi sono i promotori?
Negli ultimi mesi queste riflessioni sono state condivise da un gruppo di accademici, professionisti, imprenditori, manager ed esponenti dell’associazionismo e della società civile.
Nelle ultime settimane, nella crisi aggravata dell’euroarea e di fronte ai tentativi dei vecchi partiti e leader di riappropriarsi della scena, un gruppo ristretto ha deciso di serrare le fila.
Tra essi alcuni animatori del sito noiseFromAmerika, gli economisti Michele Boldrin, Sandro Brusco ed Andrea Moro; Alessandro De Nicola dell’Adam Smith Society; Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni; Oscar Giannino di Chicago-Blog; Luigi Zingales della University of Chicago.
5. Quali saranno i prossimi passi?
L’associazione Ali e il suo sito www.fermareildeclino.it sono un incubatore. Il nome stesso dell’associazione, pur indicativo, non ha nulla di definitivo. Vogliamo agire come il lievito nella pasta e saremmo felicissimi di sparire una volta che la pasta lieviti e una organizzazione popolare e di massa venga a crearsi.
Il manifesto, le 10 proposte e le iniziative che verranno nelle prossime settimane servono a misurare la risposta degli italiani e a facilitare condivisione ed elaborazione dal basso delle proposte programmatiche. Nelle prime settimane di attività, a partire dalla fine di agosto, organizzeremo dei forum tematici per approfondire i dieci punti del programma e valutare la necessità di aggiungerne altri, e per strutturare in modo più preciso le nostre proposte.
Per vivere e crescere, Ali ha bisogno di risorse. Queste risorse le chiede ai propri sostenitori, simpatizzanti, amici e lettori. I criteri dell’autofinanziamento sono ispirati alla massima trasparenza: non vogliamo dipendere da nessun singolo individuo o impresa e vogliamo che tutti sappiano chi ci finanzia.
Fare un salto di qualità? Diventare noi stessi non solo un catalizzatore ma una forza politica? Le prime settimane di attività servono a verificare se ciò sia necessario e possibile. L'orizzonte che ci siamo dati è da qui all'autunno.
6. E le alleanze?
Il manifesto, il programma, l’associazione e quel che ne scaturirà dopo avranno una sola regola:
Nessuna convergenza se non sull’esplicita e ferma condivisione del programma. Nessuna convergenza con chi non può vantare un curriculum cristallino, con chi ha giocato un ruolo nello sfascio del paese, con chi crede che basti un abito nuovo per continuare la vecchia politica. Non siamo rivenditori di false patenti di onestà, coraggio, visione e determinazione: speriamo di saper essere un polo di aggregazione per chi onesto, coraggioso, visionario e determinato lo è e fino a oggi, proprio per questo, non ha avuto modo di partecipare alla definizioni di politiche più responsabili ed efficaci di quelle che ci hanno trascinato in un declino apparentemente inarrestabile.
Gli italiani ne hanno le tasche piene di chi incolpa a destra e sinistra i propri alleati per non fare ciò che si è per vent’anni ha promesso, invano, di fare.
7. Chi è il leader?
Se e quando verrà il momento, chiunque abbia aderito sulla base di un’esplicita condivisione del programma e soddisfi precisi criteri sia di morale personale che di trasparenza che di assenza d’ogni conflitto d’interessi, non potrà evitare di essere sottoposto a primarie o altri meccanismi competitivi. E chi vince le primarie diventa il leader.
8. Cosa pensiamo di Monti?
A questo punto della riflessione, diventa necessario un chiarimento relativo al nostro rapporto con la politica: molti, infatti, ci chiedono se siamo pro o contro Monti.
A molti italiani, e noi tra essi, è chiaro che Monti non ha i difetti, le incompetenze e le (ir)responsabilità su cui si è consumata negativamente la parabola del berlusconismo. Ed è anche chiaro che, al contrario dell’arcipelago della sinistra ufficiale che chiede tutto ed il contrario di tutto, saprebbe forse cosa fare ed è perfettamente in grado di distinguere ciò che è desiderabile da quello che non lo è. Ma lo fa molto, molto parzialmente e troppo, troppo lentamente. È altrettanto vero che tecnici, senza un patto esplicito con l’elettorato, perdono rapidamente forza operativa, e finiscono limitati e prigionieri delle resistenze a riforme e cambiamento da parte della macchina pubblica come degli interessi corporativi. Torniamo al centro della nostra diagnosi: Monti, anche al di là delle sue competenze e del suo impegno, è prigioniero dei partiti. Di questi partiti. Ogni suo provvedimento deve superare, in qualche modo, il vaglio delle forze politiche che hanno prodotto il declino. Il problema non è essere con o contro Monti; il problema è liberare l'inquilino di Palazzo Chigi, chiunque sia, dall'abbraccio soffocante dell'attuale classe politica
Dal voto delle prossime elezioni politiche deve quindi partire una rilegittimazione della politica. Per questo lanciamo la nostra iniziativa. Un’Italia che si rassegnasse a governi privi di legittimazione popolare resterebbe un’Italia debole, e questo prescinde dai giudizi sulla persona di Monti. La verità di questa osservazione è già da mesi sotto gli occhi degli italiani e del mondo. Monti è il medico che l'Italia ha chiamato al capezzale: di questo lo ringraziamo, pur non convidendo necessariamente ogni singola misura presa dal governo. Tuttavia, un paese - come un individuo - non può sopravvivere a lungo se continuamente il medico è costretto a misurargli la pressione o somministrargli una medicina. Crediamo che l'Italia abbia bisogna di tornare alla normale fisiologia del dibattito democratico. E che questa fisiologia richieda l'emergere di una forza che sia davvero alternativa – non alternativa a Monti per se ma alla vecchia politica e alle sue ricette, che rendono destra, centro e sinistra indistinguibili e correponsabili degli errori che, con incredibile coerenza, hanno comunemente imposto al paese.
La legge elettorale non la scriveremo noi e ci influenzerà, ma non possiamo aspettare che si capisca quando e come si voterà per decidere. Perché l’offerta politica va cambiata da subito.
9. Più amici della sinistra o della destra?
Non siamo amici di nessuno che abbia governato il paese negli ultimi vent'anni e che, con le sue azioni e omissioni, ci ha portati dove siamo. Vogliamo essere al di sopra o avanti, non costretti nelle scatolette ideologiche che nemmeno comprendiamo. Parliamo a tutti, sia a destra che a sinistra. Ma sui contenuti concreti e sulla moralità personale non transigiamo.
Tentiamo di nascere per essere alternativi a entrambe. Siamo alternativi agli errori del passato e vogliamo proporre soluzioni possibili per il futuro. Perché, tra dieci anni, l'Italia possa guardarsi indietro e rileggere la storia di un paese che è tornato a crescere e che ha saputo fermare il declino.
Fra i possibili alleati, se non ci avete già pensato, considerate ACTA (Associazione Consulenti Terziario Avanzato), sono abbastanza attivi, influenti e non ideologici: http://www.actainrete.it/
Immagino avrete una lista di associazioni e gruppi cui rivolgervi. I lettori di nFa potrebbero contribuire, magari sulla base di un vostro post al riguardo.
http://www.impresecheresistono.org/