Flat tax, ovvero: la destra che né può né vuole governare

/ Articolo / Flat tax, ovvero: la destra che né può né vuole governare
  • Condividi

Ricomincia a girare la "proposta" (si fa per dire) dell'aliquota unica. Ha iniziato Salvini facendone, assieme al ritorno alla lira, l'altra colonna sulla quale edificare la nuova Lega Nazional-Socialista. BS, non potendo essere da meno, ha detto che la vuole anche lui e con un'aliquota ancor minore ... o forse è l'opposto? Non fa gran differenza e nei sommari a volte si scherza ... Il fatto è ch'è tutto un fremere di rilanci e promesse improbabili a conferma che la cultura politico-economica che permea i partiti della destra italiana attuale li rende incapaci di governare il paese. E questo è il male grave di cui val la pena occuparsi.

Matteo Salvini, a cui indubbiamente non manca fiuto per attrarre voti, dopo aver cavalcato la tigre antieuropea integra la sua proposta politica lanciando l'idea della flat tax. Affascinante e suadente riforma per un Paese allo stremo a causa (anche) della feroce pressione fiscale. A lui si accoda il vecchio leader del centrodestra che, da vent'anni, raccoglie consenso con promesse, mai realizzate, di riduzione delle imposte. Il segretario della LN ipotizza un'imposta unica sui redditi al 15%, Berlusconi al 20%. Per i (pochi) dettagli disponibili dell'una e dell'altra "riforma" rinviamo a questo articolo di Daveri e Danielli con relativi allegati.

Poiché i conti son già stati ragionevolmente fatti, e son abbastanza semplici, meglio occuparsi del disegno generale della proposta, degli effetti (altri da quelli puramente meccanici relativi al gettito) che potrebbe avere e, finalmente, delle sue implicazioni politiche. Però stabiliamo un punto fisso: sia con la proposta BS che con quella LN il gettito dell'IRPEF (e dell'IRAP, nel caso LN) calerebbe drammaticamente e questo, di per sé, non è un male ma un bene. È plateale che condizione necessaria, seppur non sufficiente, per invertire il declino sia una riduzione drastica della pressione fiscale e una radicale semplificazione delle modalità attraverso cui i tributi vengono raccolti. Questa non è una novità, tutt'altro: proposte di questo tipo sono state avanzate anche da noi, fra i molti altri, negli ultimi anni. Allora, perché siamo così critici? Perché il valore di una proposta politica dipende dalla sua coerenza interna, dalla sua fattibilità e dalla credibilità di chi la propone. Nel caso in questione il fallimento è praticamente totale lungo tutti e tre i criteri.

La credibilità, anzitutto. Sin dal primo governo BS del 1994, la parte politica chiamata "centrodestra" (che includeva e include la LN) ha promesso fantasmagoriche riforme fiscali che avrebbero semplificato il sistema e ridotto le aliquote a una o due al massimo. L'uomo che per un decennio e mezzo ha incarnato la linea economica del centrodestra, Giulio Tremonti, lanciò persino un libro bianco sulle tasse in cui prometteva 2 aliquote: 23 e 33%. Non se ne fece nulla e, al tempo, il signore era Ministro del Tesoro e godeva di una maggioranza parlamentare solida e schiacchiante. La LN, a sua volta, fonda la propria esistenza su una promessa pluriventennale di riduzione delle tasse che gravano sugli abitanti delle regioni del centro-nord. Nonostante abbia governato sia a livello nazionale che a Torino, Milano e Venezia (dove tutt'ora controlla la lion-share del potere locale) l'unica cosa che ha saputo realizzare è un aumento delle imposte pagate dai cittadini sia del centro-nord che del centro-sud. Anzi, vi sono abbondanti motivi per argomentare che la LN è uno dei maggiori responsabili della trasformazione delle regioni in voraci centri di spesa e relativa tassazione. In altre parole: la "proposta di riforma" arriva da soggetti che, sul tema, hanno raccontato bugie invereconde per più di vent'anni ed hanno, quindi, credibilità zero. Ma questo era un punto scontato, abbiamo solo colto l'occasione per ricordarlo. Ah, visto che ci siamo, vale la pena ricordare che Alvin Rabushka, a cui la LN ha evidentemente regalato un viaggio premio nel bel paese, non è "professore ordinario a Stanford" come recita falsamente il sito della Lega Nord ma semplicemente un fellow (emeritus) della Hoover Institution, ossia un signore che ha passato la vita a lavorare per il partito repubblicano degli Stati Uniti e a far polemica politica per la parte che lo pagava. Legittimissimo, ma nulla a che vedere con la ricerca vera su temi fiscali. Credibilità, appunto ...

Veniamo alla fattibilità, che nel caso di una riforma fiscale si traduce nel poter finanziare quel che si intende spendere. Qui il problema è banalissimo: quali spese si dovrebbero tagliare per compensare il sostanziale minor gettito? Non lo dice nessuno, Salvini e BS men che meno: ha promesso più tagli alla spesa pubblica Matteo Renzi che i due messi assieme, il che è tutto dire. Peccato che non si tratti di bruscolini: come i calcoli di Daveri e Danielli suggeriscono viaggiamo fra i 50 ed i 100 miliardi di euro all'anno. Non che a noi dispiaccia l'idea di tagliare la spesa pubblica italiana di, diciamo, una settantina di miliardi annui. Anzi: ai tempi di Fare per Fermare il Declino si era pure dettagliato come farlo. Peccato che né la LN né FI si siano scomodati di dirci quali tagli intendano introdurre per rendere fattibile l'adozione dell'aliquota unica in una delle due versioni proposte.E qui casca l'asino perché senza tagli alla spesa come si fa a tagliare le tasse? Ci torniamo alla fine. 

L'altra soluzione di fattibilità, come sosteneva una volta il nuovo consulente di Salvini, è che un qualche miracolo risolva il tutto aumentando il gettito grazie all'enorme crescita del PIL che la riduzione d'imposte comporterebbe. Ora, cerchiamo di capirci: tagliare tasse e spesa in modo adeguato genera crescita economica, su questo non ci piove. Ma questo NON implica che la crescita del PIL indotta da tali riforme sia tale da aumentare, nello spazio di qualche anno, il gettito fiscale. Men che meno a fronte di un taglio di tasse non accompagnato da un taglio della spesa. Non vi è alcuna ragione per sostenere che l'elasticità del PIL sia tale da generare maggiori entrate con una tassazione media, per dire, del 30% che con una del 40%. Questo non è vero in generale e nei rarissimi casi in cui è accaduto era dovuto a situazioni estreme ed assolutamente contingenti. Sia chiaro: nessuno è in grado di escludere che, teoricamente, possa accadere; semplicemente l'esperienza storica e l'analisi statistica suggeriscono sia altamente improbabile e non vi è ragione alcuna d'aspettarsi che il nostro paese possa fare eccezione (i lettori ricorderanno che l'argomento va sotto il nome di "curva di Laffer", la quale appunto è una possibilità teoricamente ineccepibile ma empiricamente poco probabile ai pur elevati livelli di tassazione italiana). Per quanto riguarda l'Italia, poi, vi sono ulteriori ragioni per credere che una riduzione del gettito fiscale, in assenza di una parallela riduzione e riforma della spesa pubblica, potrebbe condurre al disastro. Ma su questo punto ritorneremo dopo aver completato un breve esame dell'analisi economica (si fa per dire) che sottostà alla proposta leghista. Quella forzitaliota al momento sembra consistere solo in dichiarazioni generiche, ma anche questo non sorprende ...

Qui trovate le slides che Rabushka dovrebbe aver utilizzato per la sua presentazione al convegno di "lancio" della proposta LN: dateci un'occhiata, parlano da sole. In particolare, il lettore potrà apprezzare già dalla slide numero 4 quanto aggiornati e attentamente ricercati siano i dati che il consulente della LN utilizza: ha fatto uno studio veramente accurato! Notate anche che l'elenco dei paesi nei quali vigerebbe la flat tax è alquanto improbabile, ma lasciamo ai lettori il piacere di trovare i trucchi visto che il capitolo "credibilità" l'abbiamo chiuso. Il punto è che nemmeno Rabushka si sogna più di riproporre improbabili "curve di Laffer", ragione per cui tagliare radicalmente la spesa è conditio sine qua non di QUALSIASI riduzione della pressione fiscale, aliquota unica o aliquota multipla che poi si voglia adottare. E David Cameron (che invece di sparar cazzate prova a governare per davvero) ne sa bene qualcosa.

Quali sono le ragioni specifiche all'Italia che rendono, ancor più che altrove, assolutamente prioritario tagliar le spese se si vogliono tagliare le tasse? Eccole rapidamente dette. 

(1) Abbiamo un debito pubblico più alto della media e crescente; a causa del peso degli interessi saremmo in deficit strutturale anche se dovessimo riprendere a crescere. Un taglio radicale delle imposte che generasse altri 5 punti circa di deficit per qualche anno renderebbe estremamente difficile la gestione del nostro debito. Dovremmo finanziare debito addizionale per 8-9 punti % di PIL all'anno per qualche anno almeno e questo porterebbe a serie conseguenze. Concretamente, o ben a conflitti e tensioni con la BCE (ricattata a monetizzare il nostro debito per impedire che i tassi schizzino) o a un'uscita dall'euro con conseguenti svalutazione, esplosione tassi d'interesse e caos finanziario. La ricetta perfetta per un'ulteriore riduzione del PIL, non una crescita: qualcuno dia un'occhiata a cosa sta succedendo in Russia in seguito alla svalutazione del rublo.

(2) Abbiamo l'apparato dello stato più follemente inefficiente d'Europa e, quasi certamente, di tutti i paesi con un reddito per-capita superiore ai $30mila circa. Ed è questo stato folle che sta causando il declino. L'unica speranza per riformarlo è tagliarne radicalmente le dimensioni forzando l'enorme grasso parassitario che lo alimenta a uscire assieme agli euro risparmiati. In un certo senso, tagliare tasse e spesa serve anzitutto a questo: liberare la società e l'economia italiana dalla mortale stretta dell'apparato pubblico e dal potere della politica. Mantenere inalterata la spesa significa creare, oltre al debito addizionale discusso sopra, ulteriore parassitismo, strangolamento, inefficienza e, soprattutto, corruzione burocratico-politica.

Veniamo infine alla coerenza interna del progetto, che è debole assai. La parte "cosa tagliamo" l'abbiamo già discussa: la vecchia fantasia di "starve the beast" non ha mai funzionato, è stata solo una scusa che Reagan, preoccupato dalle elezioni, s'inventò. L'unico effetto è stato maggior debito, maggiori tasse, maggiore instabilità finanziaria. In secondo luogo, per evitare di ridurre troppo il gettito un'aliquota unica, specialmente se molto bassa, dovrebbe per forza di cose accompagnarsi a una eliminazione di tutte le deduzioni, esenzioni, detrazioni e così via. Soprattutto deve far sparire o quasi la no-tax area, ossia deve tassare anche persone con un reddito particolarmente basso. L'articolo di Daveri e Danielli ha già fatto i relativi conti e questo ha pessime implicazioni sia per la progressività del sistema fiscale che per l'offerta di lavoro.

La questione progressività è già stata discussa da D&D, quindi la tralasciamo. Ma l'impatto sull'offerta di lavoro non è irrilevante e si collega strettamente con l'effetto dell'aliquota unica sul sommerso. Ecco il ragionamento, in soldoni. Piaccia o meno gran parte dell'evasione fiscale in Italia è concentrato in redditi medio bassi: l'evasione dei redditi medio-alti è offensiva e, se volete, socialmente forse più dannosa. Ma il grosso di soldi "persi" sta nei mille lavori del sommerso: per ogni "padroncino" che evade 500K ci sono 50 lavoratori sommersi che evadono 30K all'uno. Un'aliquota unica che aumenti la pressione fiscale sui redditi bassi creerebbe, da un lato, maggiore incentivo a sommergersi per quei lavoratori a basso reddito che possono farlo e, dall'altro, ridurrebbe l'offerta del medesimo tipo di lavoro sul mercato ufficiale. Si noti che una buona parte di questi lavoratori a bassa produttività/reddito sono donne e che l'offerta di lavoro femminile, in Italia, è ai minimi europei. Tassare ulteriorimente i redditi medio-bassi aggraverebbe quell'evasione e ridurrebbe quella già scarsa offerta di lavoro. 

Morale: le proposte di aliquota unica avanzate da FI e LN sono sia incoerenti che impraticabili. Se attuate sarebbero molto probabilmente dannose sia a livello macro che per i comparti più deboli della forza lavoro. Vengono inoltre avanzate da forze politiche prive di ogni credibilità proprio su questo terreno, terreno sul quale vanno allegramente mentendo da più di due decenni. Eppure, come abbiamo detto all'inizio, ridurre fortemente la tassazione del reddito da lavoro ed impresa è essenziale come altrettanto essenziale è semplificare il sistema fiscale. Allora perché mai le due forze politiche che ancora dominano il centrodestra italiano hanno deciso di "sputtanare" una volta ancora il tema della riforma fiscale, come hanno già fatto con il federalismo, le liberalizzazioni e così via?

A nostro avviso la risposta è semplice: perché non vogliono governare il paese né tantomeno riformarlo. Vogliono semplicemente raccogliere voti "incazzatI" per poter "stare nel gioco", governare a livello locale (dove possono spendere e spandere senza dover mai render conto, alimentando clientelismo), accumulare potere di ricatto in base al quale ottenere status, prebende, favori molto concreti per il proprio personale politico. Questo è stato, per vent'anni, il ruolo della LN nella politica italiana e, in un certo senso, anche quello di Berlusconi il quale ha governato solo pro-domo propria e non per riformare il paese. Tanto era preoccupato dai propri affari privati tra il 2008 ed il 2011 che stava per condurre il paese al tracollo finanziario. Populismo elettorale veramente fine a se stesso perché nemmeno teso alla conquista vera del potere ma solo al monopolio dell'opposizione al fine di ricavarne rendite personali.

Questa è oggi la vera dannazione italiana, contro la quale sembriamo essere tutti impotenti. Da un lato un governo d'incapaci, privo di ogni seria strategia riformatrice, guidato da un equilibrista della politica con un'enorme capacità d'imbonire l'opinione pubblica a botte di promesse vuote, arguzie, battute, paraculismi assortiti e nessuna sostanza. Dall'altro un'opposizione che non vuole governare ma solo raccogliere la rabbia sociale con proposte populiste e intenzionalmente irrealizzabili, al solo scopo di mantenere il proprio status e le prebende personali che esso garantisce. Che questo fosse il caso del M5S era chiaro da tempo, ora è palese che tale strategia è stata adottata anche da ciò che rimane del centrodestra italiano. A questo dramma porzioni sempre più ampie, e oramai maggioritarie, dell'elettorato rispondono con l'astensione la quale, purtroppo, altro non sortisce che maggior malgoverno, maggior populismo e ulteriore declino.

Indietro

Commenti

Ci sono 69 commenti

Molto apprezzata l'onestà intellettuale rispetto alla curva di Laffer che, temo, somiglia alla versione "di destra" del keynesiano "spendi e fai debiti che tanto poi tutto s'aggiusta da solo e scorreranno fiumi di latte e miele".

Dedicata al tema, peraltro, c'è una delle ultime puntate di Planet Money intitolata "The Texas Experiment", in cui il governatore Brownback prova grosso modo a fare quello che suggerisce la Lega. I risultati li lascio alla vostra immaginazione.

ma per il resto you're right on the bullseye!

 

per ogni "padroncino" che evade 500K ci sono 50 lavoratori sommersi che evadono 30K all'uno

 

In Sicilia questa andrebbe corretta in:

 

per ogni "padroncino" che evade 50K ci sono 50 lavoratori sommersi che evadono 3K all'uno

 

I lavoratori in nero in Sicilia (ma anche in Calabria, Puglia, Sardegna, Campania, ...) € 30K in nero se li sognano tutte le notti. Molti lavorarenno per €100 a settimana, la maggioranza per €200-€250 la settimana.

Il grosso dell'evasione per quel livello di redditi sta nei contributi INPS, non nell'IRPEF (ovviamente il discorso continua a reggere, se gli togliamo pure la no tax area, quelle 4 commesse a cittá che lavorano in regola smetteranno di farlo il giorno dopo).

Ho infatti esagerato, hai ragione. Diciamo che e' 70K per l'uno e 10K per gli altri, a spanne :)

Giusto anche per INPS, condivido.

 

 

 Dall'altro un'opposizione che non vuole governare ma solo raccogliere la rabbia sociale con proposte populiste e intenzionalmente irrealizzabili, al solo scopo di mantenere il proprio status e le prebende personali che esso garantisce. Che questo fosse il caso del M5S era chiaro da tempo,

 

Sono in disaccordo con il testo citato. Non riesco a capire quale status e prebende personali si starebbero garantendo Grillo e Casaleggio, per non parlare degli altri. Se avessero detto sí a Bersani o Renzi oggi ci sarebbero M5S oltre che nel governo, in tutte le fondazioni bancarie, le ASL, le partecipate, e via di questo passo.

La proposta di democrazia diretta del M5S mi sembra poi piú necessaria per invertire il declino che irrealizzabile.

i) la democrazia diretta è tecnicamente irrealizzabile - nella società moderna le leggi sono necessariamente troppo complesse per essere comprensibili e valutabili dai non specialisti. Le person normali possono decidere solo previa drastica semplificazione, che darebbe un enorme potere ai gestori del web (è noto che i risultati dei sondaggi cambiano a seconda della formulazione della domanda)

ii) la democrazia diretta via web è ingiusta. Esclude dal processo decisionale i cittadini non digitali (ca il 40% della popolazione italiana) e, fra i cittadini digitali, quelli non interessati alla politica - alla fine le decisioni sarebbero prese da una piccola minoranza con accesso alle risorse digitali e molto tempo libero.

iii) se fosse giusta e realizzabile, la democrazia diretta NON invertirebbe il declino. Infatti la stragrande maggioranza degli italiani non ha nessun desiderio che vengano approvate le riforme necessarie per fermare il declino.  Una consistente e crescente minoranza vorrebbe provvedimenti che accellererebbero il declino, tipo uscita dall'euro

Soprattutto alla prima parte. Tralascio le considerazioni sugli (esperimenti di) democrazia diretta dei 5S, su cui si può discutere.

La mia sensazione è che MB e gli altri autori di nFA abbiano per Grillo e compagnia una idiosincrasia di fondo, motivata dalla non condivisione delle posizioni di questi sull'euro, su altri temi affini come il reddito di cittadinanza, e in generale sulle politiche economiche.
Più che legittime, queste, e secondo me anche giustificate. Aggiungo che è naturale che la non condivisione delle politiche economiche si assimili alla non-condivisione di nulla, trattandosi di economisti che tendono quindi, forse un poco per deformazione professionale, a identificare "politica" con "politica economica".

Tuttavia mi pare che l'onestà intellettuale dimostrata dovrebbe estendersi fino a riconoscere al M5S uno status morale differente. Si pensi quel che si vuole di euro, di democrazia diretta, eccetera, e si pensi pure che il M5S è composto da dilettanti allo sbaraglio, incompetenti o visionari. Ma non si può scrivere in buona fede che questi varino proposte "intenzionalmente irrealizzabili,al solo scopo di mantenere il proprio status e le prebende personali che esso garantisce". 
I 5S possono sparar cazzate, magari, ma se avessero voluto il potere, le prebende, i vantaggi personali, sarebbero scesi a compromessi e li avrebbero avuti (Il riquadro che Lei cita - e giustamente corregge -  è emblematico).

Per questo suggerirei di guardare ai 5S, o ai loro elettori magari, con occhio un poco differente. Diffidente, sì, ma in misura meno draconiana. La necessità di rimuovere questa classe politica, e il sistema di clientele che l'ha prodotta e che essa riproduce, è qui abbondantemente e chiaramente riconosciuto.
Si aggiunga l'informazione, che questa classe dirigente impresentabile ha occupato e occupa in maniera stabile e che impedisce i veri cambiamenti per i normali canali democratici elettivi (giovanni federico: il web escluderà forse il 40% dei "cittadini non digitali", ma per il rimanente 60% è paritario. La Televisione invece esclude dai processi politici che contano, i processi di formazione del consenso, TUTTI i cittadini, tranne quei DUE o UNO e MEZZO che hanno il controllo delle televisioni).
Si tende a dimenticare questa parte del problema. Il M5S ha usato il web perché altro non c'era. Anziché criticarlo per questo, si punti il dito contro lo stato di cose che rende necessari questi metodi da resistenza iraniana per attaccare un sistema di potere che si dice "democratico".

 

Anche io ritengo non ci siano elementi decisivi per catalogare il M5S come primariamente orientato alla prebenda statale. Ad oggi il M5S appare invece il partito nettamente meno colluso col finanziamento pubblico alla politica e a tutte le forme truffaldine, indirette ed accessorie con cui il personale politico attinge alle risorse controllate dallo Stato.
La democrazia diretta non e' una soluzione magica ma un suo uso maggiore secondo me puo' essere utile. In Svizzera c'e' piu' democrazia diretta che in Francia, Germania e nord-Europa in generale, e lo Stato costa meno, e' piu' efficiente, ci sono meno scandali e corruzione. Certamente non basta la democrazia diretta  far migliorare l'Italia ai livelli svizzeri, perche' la Svizzera ha classi dirigenti incomparabilmente piu' sane, istruite e competenti di quelle italiane, e anche la popolazione ha livelli complessivi di coscienza democratica e istruzione sedimentate e diffuse nettamente superiore a quella italiana. 

Su i due ducetti prova un po' a riflettere sullo status attuale di entrambi ora e 10 anni fa ... e sui proventi che via blog, spettacoli e paraggi arrivano, oggi ed in futuro.

Per quanto riguarda parlamentari ed eletti ... confronta reddito e status attuali con quelli precedenti alla discesa in politica.

Sulla democrazia diretta, fantasia eterna d'una cosa mai esistita, vedo che ha gia' detto Giovanni Federico. 

come sempre. Chissà che Renzi non prenda spunto.
Un vero peccato che articoli del genere alla fine li leggano i soliti pochi interessati.
Dopotutto anche questa è democrazia, però peccato davvero. 

Verso la fine dell'articolo si legge questo:

"L'unica speranza per riformarlo è tagliarne radicalmente le dimensioni forzando l'enorme grasso parassitario che lo alimenta a uscire assieme agli euro risparmiati."

Mi domando se questo passaggio possa essere così immediato. Siamo sicuri che semplicemente tagliando la spesa pubblica sarà il grasso parassitario a sparire? I centri di potere non taglieranno per prime le persone o le attività che effettivamente sono funzionanti, e quindi producono il minor deflusso di risorse pubbliche verso interessi di singoli? Non adotterebbero dei criteri di selezione che promuovono l'accesso di persone non interessate all'efficienza, mantenendo una facciata di aderenza a procedure e quant'altro? Ho l'impressione che il tentativo di forzare la riduzione dell'inefficienza con un semplice taglio a monte si produrrebbe solo l'effetto di scaricare il costo sull'utente finale, che vedrebbe semplicemente meno servizi (già gli attuali hanno i loro acciacchi) ed inefficienti come prima. Non converrebbe investire energie invece nello sviluppo di criteri e procedure sempre meno strumentalizzabili o aggirabili per gesire la spesa pubblica? L'esempio a cui penso è quello dei costi standard nella sanità, ma immagino che in ogni settore ci si possa inventare qualcosa. A seguito di questo sarebbe più facile evitare che i tagli al personale non siano frutto del tentativo di preservare un clima di parassitismo.

ma tagliare e' condizione necessaria. Se non parti da li', e non lo fai seriamente, e' ancora peggio. Le "razionalizzazioni" senza costo non esistono e creano incentivi distorti se non controproducenti.

Gli esempi che abbiamo sono o i) tagli lineari, i cui costi in qualche modo ricadono poi sul contribuente o ii) tagli fittizzi e poco significativi. L'esempio plastico di i) è proprio la spesa sanitaria che è aumentata in valore assoluto perché è cresciuta la componente di spesa privata. L'ideale sarebbe rifondare complessivamente la macchina della PA ma le resistenze politiche sono fortissime

Brevemente, che m'attendono. 

Ma in che mondo vivete? Son nati da qualche anno, al parlamento da neanche due. Son divisi e spaccati su tutto, pieni di personaggi improbabili e tronfi che godono all'essere "onorevoli", i due  capetti stanno guadagnando in tutti i sensi dal loro nuovo status di capi popolo.

Davvero, in che mondo vivete?

Anche il PCI, quando non governava, si riempiva la bocca sulla propria moralita' o addirittura differenza antropologica, poi abbiamo scoperto tutti che di fantasia da eccesso di vodka si trattava.

Ma cosa diavolo vi fa sognare che dirigenti ed eletti del M5S siano d'una natura altra da quella umana?

Il problema non e' il singolo soggetto, ma il sistema, gli incentivi, le regole! Benedetto paese infettato di moralismo religioso per cui tutto si decide in base a buoni/cattivi, redenti e non!

INSTITUTIONS, RULES, INCENTIVES! 

Se uno considera le regole formali del M5S, queste appaiono incentivare chi e' capace di raccogliere consenso democratico senza con questo arricchirsi sul mare di soldi che alimenta la politica italiana. C'e' anche il vincolo di 2 mandati, oltre alla autoriduzione dei compensi a 2500 euro al mese. Ovviamente va visto come in concreto queste regole imposte dittatorialmente poi funzionano, ma le regole appaiono incentivanti a selezionare chi si interessa di politica piu' che di arricchirsi, per quanto possono esserlo regole di partito. Vero che nel contesto di corruzione diffusa e bassi livelli civici che caratterizza l'Italia la presenza di regole formali puo' non disincentivare i soliti cialtroni che infestano lapolitica italiana, abituati ad applicare le regole ai nemici e a interpretarle per gli amici. Tuttavia esempi aneddotici dei tre che oggi oltre a lasciare il gruppo M5S si sono anche dimessi dal Parlamento puo' indicare un certo livello di moralita' in almeno parte degli eletti M5S. Si tratta di vedere ora se manterranno il proposito di dimettersi, col quale in Italia ci si puo' barcamenare per lungo tempo senza portarlo a compimento.

Io vedo il M5S come un tentativo di far funzionare la democrazia diretta entro un sistema di regole incentivanti che riducono al massimo gli interessi individuali egoistici estranei all'azione politica. E' possibile comunque che nel contesto italiano poco istruito, idealistico, antiscientifico, imbevuto di nozioni e idee ridicole e nocive ogni soluzione democratica porti comunque al fallimento e l'unica soluzione ipotizzabile sia una dittatura illuminata.

Mi scuso per l'ingerenza. Ci farei un 'quadro'.

 

Il problema non e' il singolo soggetto, ma il sistema, gli incentivi, le regole! Benedetto paese infettato di moralismo religioso per cui tutto si decide in base a buoni/cattivi, redenti e non!

INSTITUTIONS, RULES, INCENTIVES!

 

Da appendere ovunque. Scuole (si pronuncia  sqkwuole, ormai) incluse.

Insieme al seguente, se posso: DO NOT FEED THE ANIMALS!

www.google.co.uk/search

Deve rinascere. Approccio completamente sbagliato. Testa della gente da rivoltare come un calzino:

en.wikipedia.org/wiki/Galileo_Galilei

"iii) se fosse giusta e realizzabile, la democrazia diretta NON invertirebbe il declino. Infatti la stragrande maggioranza degli italiani non ha nessun desiderio che vengano approvate le riforme necessarie per fermare il declino.  Una consistente e crescente minoranza vorrebbe provvedimenti che accellererebbero il declino, tipo uscita dall'euro"


Sono, ahimè, d' accordissimo, basti riflettere sugli ultimi referenda economici e sulle elezioni politiche del 2013; ma se l' elettorato italiano si divide tra chi le riforme non le vuole, e chi le vuole sbagliate, allora sono solo 2 le alternative: 1) i "liberisti" (per semplificare, lo so che Boldrin aborre) prendono il potere con golpe; 2) veniamo occupati da un esercito "liberista" che ci faccia dimenticare libere elezioni per almeno  anni 40. Preferisco la seconda: e lei ?

 

se l' elettorato italiano si divide tra chi le riforme non le vuole, e chi le vuole sbagliate

 

L'elettorato italiano non imparerá mai se non inizia un processo che lo coinvolga nel governo del paese tramite l'introduzione di forme frequenti di democrazia diretta. Direi che i 4 appuntamenti referendari annuali svizzeri sono il minimo sindacale. I votanti sbaglieranno, e ne pagheranno le conseguenze, ma alla fine, tra 25, 50, 100 anni, quelli che ci vogliono, si otterrá una popolazione ed una classe politica migliore.

I parlamentari 5S sostengono cose manifestamente inverosimili (per chi abbia quel minimo di informazione socio-economica che un parlamentare dovrebbe avere), che però contribuiscono ad assicurargli quel seguito popolare che a sua volta gli dà un posto in Parlamento e un enorme aumento di status sociale, e Grillo stesso grazie al suo movimento ha aumentato di molto il suo status -- come notato da MB.

Ora, se propaghi nocive fandonie e ci guadagni, come avviene ai rappresentanti 5S, sei disonesto o stupido, molto probabilmente un mix delle due cose.

E' umano credere a ciò che ci porta un vantaggio, e un po' capita a tutti. Ma nel caso dei 5S (non solo loro ovviamente) è troppo e fa troppo danno.

Non credo sia il caso di discutere se sia più disonestà o stupidità, dato che la dose degli ingredienti può variare molto da persona a persona. Forse 'cialtroneria' suggerisce utilmente  un generico e variabile mix di questi ingredienti.

Cè una categoria di beni a cui gioverebbe la Flat Tax: gli immobili.

La tassazione comunale è diventata un ginepraio: esenzioni, addizionali, prime case, seconde case, residenziali, commerciali... Un ginepraio che tartassa alcuni, al limite dell'esproprio, e risparmia altri, con una casualità degna delle lotterie.

Una casa di duecento metri quadri paga meno di due di ottanta metri ciascuna. Non c'è alcun motivo, se non fosse che quelle di duecento sono possedute dalle varie caste, mentre due di ottanta sono tipiche degli immigrati che ne hanno una nel paese di origine.

Anche dal punto di vista del comune la tassazione odierna è casuale: un comune dormitorio di prime case ha pochissime risorse, uno turistico di seconde non sa letteralmente come spendere i soldi.

Un'aliquota comunale fissa, uguale per tutti gli immobili, in base alle rendite catastali (da aggiornare, naturalmente), rapportata alle spese comunali che possono riferirsi agli immobili, è semplice e equa.

 

Un'aliquota comunale fissa, uguale per tutti gli immobili, in base alle rendite catastali (da aggiornare, naturalmente), rapportata alle spese comunali che possono riferirsi agli immobili, è semplice e equa.

 

Concordo. Per perfezionare la proposta, si può prevedere che venga tassato il valore del terreno ad un'aliquota superiore a quello della costruzione soprastante (se non addirittura in modo esclusivo), e inoltre che questi assessment siano aggiornati con una certa frequenza. Le tasse sugli immobili sono poi una fonte da prendere in esame non solo per i comuni ma anche, in misura minore, per gli altri livelli locali (provincia e regione).

Direi che di Flat (proporzionali) abbiamo già un'IVA al 22% e soprattutto contributi previdenziali (33%) e sociali obbligatori (decine) che portano il prelievo in busta contributivo tra il 40 ed il 50% del salario lordo-azienda. Se oltre a questo avessimo una flat tax sui redditi del 15-20% mi chiedo cosa rimarrebbe del salario netto, considerato che su quello che compriamo si paga un IVA, oggi al 22 e forse domani al 25%.

Insomma a furia di "flat", come da titolo, si puo' anche morire, se complessivamente le aliquote superano una certa soglia.

Ma se non è solo un'impressione la vena d'amarezza che s'intravede in questa analisi, potrebbe soccorrere allora un poco di cinismo. La destra sempre questo è stato nel nostro paese: populismo e conservazione. Dove il populismo è solo un mezzo per rendere più effettiva la conservazione. Ma la conservazione non è la difesa della proprietà privata, che avrebbe una sua dignità origine dell'amarezza, almeno qui in Italia essa rappresenta la volontà di preservare ciò che è sentito come condizione generante la proprietà privata, e cioè il privilegio illegittimo. Quando si dice: stato fascio-borbonico-papalino, se questa espressione ha qualche senso, uno di essi è proprio questo: economia paternalistica. E l'era fascista per lo stato italiano non ha messo apposto proprio un bel nulla, ha invece interrotto quel pur contorto ma intanto cammino “savoiardo”, se piace il termine, di costruzione di uno stato borghese laico emancipato.

 

Data invece quest'altra situazione incancrenita dell'intreccio di favori reciproci, si vota a destra per via che essa rappresenta meglio il tuo interesse spicciolo attuale, non per grandi prospettive o esigenze razionali. E i politici di destra che qui devono pescare, sono costretti a sparare slogan altisonanti che servono solo a solleticare le pie intenzioni di chi, in sostanza, si riconosce e raccoglie sotto la bandiera e qui concede il suo consenso, ma un consenso che essi sanno bene in quale direzione viene concesso: mantenere le prebende, cioè la conservazione nella sua espressione più insulsa e disarmante.

 

 

 

Una analisi economica razionale non può concedersi nostalgie o amarezze di parte per via che uno dei suoi presupposti è la libera iniziativa, anche perché altrettanto a suo agio si troverebbe nell'analizzare ad esempio una seria pianificazione. E anche qui naturalmente, se si spendesse su quest'altro fronte, non sarebbero concesse altre simmetriche amarezze e nostalgie, ad esempio rimarcando che i secolari ideali d'emancipazione e uguaglianza si sono convertiti a reclamare solo la spartizione della roba d'altri. Il tutto per via che è piuttosto inutile e tempo perso rincorrere sia i sogni di chi vuole mantenere quello che ha, sia i sogni di chi vuole prendersi quello che non ha.

 

 

 

 

 

Non funziona il collegamento alle slide di Rabushka.

Forse dopo 3 anni la lega nord ha tolto la pagina.