Prima di entrare nei dettagli dell'analisi, è importante premettere che le conclusioni che seguono si riferiscono alla proposta di sottoporre anche i BOT alle imposte sostitutive che vigono per gli altri redditi da capitale. Che per questi ultimi l’imposta in Italia (e altrove) sia sostitutiva dell’imposta sul reddito, e che quindi l’aliquota sia la stessa per tutti i contribuenti, è un aspetto non trascurabile su cui si basano le conclusioni di questo post (le cose si fanno più complicate nel caso di sistemi fiscali in cui l’aliquota di tassazione sul debito pubblico sia invece l’aliquota marginale sul reddito individuale; si veda per esempio Diamond [1965]).
La cattiva comprensione dei princìpi economici
Cominciamo da uno dei due motivi, citati nel sommario, che possono aver portato alla proposta di tassazione sui BOT: cattiva comprensione di alcuni principi economici. Qui ci sono due miti da sfatare. Il primo è che l’esenzione dei BOT dall’imposta sostitutiva implichi la presenza di una distorsione volta a privilegiare l’investimento in titoli pubblici rispetto all’investimento in altri titoli. Il secondo è che l’esenzione dei BOT implichi una perdita di gettito fiscale per lo Stato. Sfatare questi due miti porta alle seguenti conclusioni.
Innanzitutto, non appare sensato mettersi a fare i conti di quante risorse di bilancio si liberino, tramite questa nuova tassazione, al fine di ridurre in modo permanente le tasse altrove. La manovra infatti non libererebbe alcuna risorsa. Inoltre, non ha alcuna utilità fare rilievi sul fatto che i BOT siano più o meno tassati di altri titoli finanziari. Il livello della tassazione sostitutiva sui BOT è infatti irrilevante. Perche'? Guardiamo al semplice esempio in cui il governo decide di aumentare dell'1% l’imposta sostitutiva che colpisce le nuove obbligazioni emesse sul mercato e detenute in portafoglio dagli investitori. Per semplicità, assumiamo qui che l’imposta sostitutiva colpisca, come farebbe una patrimoniale, il valore dell’investimento, piuttosto che il reddito da esso derivato (questa semplificazione è irrilevante ai fini del nostro ragionamento). Qui dobbiamo distinguere il caso in cui le nuove obbligazioni siano emesse da un soggetto privato oppure dal governo (BOT).
Nel caso di emissione privata, l’aumento della tassazione avrà i seguenti effetti a cascata. Innanzi tutto la domanda di obbligazioni private scenderà, in quanto il rendimento netto, che è quello che interessa agli investitori, è ora sceso dell’1%. Di conseguenza, al fine di continuare a piazzare le proprie obbligazioni, l’emittente privato dovrà compensare gli investitori offrendo loro un rendimento lordo più alto. Di fatto è come se ora l’emittente privato dovesse coprire di tasca propria la differenza dell’1% che si è creata fra il rendimento lordo, da lui sborsato, e quello netto, percepito dagli investitori. Allo stesso tempo, tuttavia, siccome emettere obbligazioni è diventato più costoso, il soggetto privato ne emetterà di meno. In questa minore emissione risiede la distorsione dovuta all’aumento della tassazione. Una minore emissione si tradurrà necessariamente in un minore peso delle obbligazioni private nel portafoglio degli investitori. [Nota tecnica: in questo caso la funzione di offerta di obbligazioni da parte dell’emittente è elastica rispetto al rendimento lordo. Essendoci quindi distorsione nell’ammontare emesso, l’aumento del rendimento lordo di equilibrio sarà inferiore all’1%, pur rimanendo vero che il cuneo fra il rendimento lordo e quello netto è aumentato esattamente dell’1%.]
Nel caso di emissione di BOT, l’aumento della tassazione avrà i seguenti effetti a cascata. Anche qui la domanda di BOT inizialmente scenderà. Di conseguenza, al fine di continuare a piazzare le proprie obbligazioni, l’emittente pubblico dovrà compensare gli investitori offrendo loro un rendimento lordo più alto. Tuttavia, per quanto a prima vista ciò possa sembrare contro-intuitivo, l’aumento del rendimento lordo non si traduce in maggiori costi effettivi di emissione da parte del governo. Questo lo dimostriamo tra un attimo, ma il motivo, naturalmente, e' che la tassa e' per il governo una partita di giro. Non essendo quindi cambiato il costo di emissione, il governo emetterà tanto debito quanto prima. Non vi sarà dunque alcuna distorsione. Ma se l’ammontare emesso non varia, allora, affinché gli investitori siano disposti a continuare ad acquistare lo stesso ammontare di BOT nonostante la nuova tassa, deve accadere che il rendimento netto per gli investitori in BOT non cambi. In altre parole, il rendimento lordo dovrà salire esattamente dell’1% [Nota tecnica: l’offerta di titoli è quindi, in questo caso, completamente inelastica rispetto al rendimento lordo. La tassa sui titoli di Stato si trasla perciò completamente sull’emittente, cioè lo Stato stesso]. E veniamo al nocciolo della questione: perché in questo caso, a differenza del caso in cui era il privato ad emettere titoli, la tassazione non cambia il costo di emissione dell’obbligazione? La ragione è che è vero che a seguito dell’introduzione della tassa il governo deve garantire un rendimento lordo che è ora salito dell’1%. Ma è anche vero che ora il governo incassa, sotto forma di tasse, l’1% in più per ogni titolo che emette. Il governo di fatto sta pagando a se stesso, sotto forma di maggiore rendimento lordo, la tassa. L’effetto netto sul bilancio è perciò nullo. L’esenzione dei BOT dalla tassazione sostitutiva non causa quindi né distorsioni nelle decisioni di emissioni di debito pubblico (l’ammontare emesso, e quindi in portafoglio, non è variato), né causa una modifica di gettito per lo Stato. L'eliminazione dell'esenzione sui BOT di nuova emissione non sarebbe quindi né una misura buona né una misura cattiva. Sarebbe semplicemente irrilevante.
Far cassa in modo pericoloso
Veniamo ora alla possibilità che la proposta di tassare i BOT sia figlia della voglia di fare cassa velocemente, ma in modo pericoloso. Come visto sopra, un cambiamento nella tassazione sostitutiva sui BOT di nuova emissione non ha alcun effetto sul bilancio pubblico. Tuttavia, tale tassazione porterebbe ad un aumento temporaneo di gettito fiscale se applicata alle vecchie emissioni non ancora scadute. In questo caso il maggiore gettito deriverebbe dal fatto che gli investitori in BOT sarebbero presi di sorpresa dal governo. Si tratterebbe dello stesso meccanismo di una tassa, quale quella notturna di Giuliano Amato, venti e passa anni orsono, sui depositi bancari, che va a colpire in modo inaspettato assets accumulati in passato. Tuttavia, colpire con una tassa inattesa i detentori di debito pubblico ha una natura un po’ diversa dal colpire con una tassa inattesa i detentori di un conto corrente. Nel secondo caso il governo sta raschiando il fondo del barile al fine di raccogliere risorse da spendere per onorare il proprio debito. Nel primo caso, invece, il governo sta raccogliendo risorse direttamente dai propri creditori. Attraverso la tassa inattesa sui BOT già emessi, il governo riduce temporaneamente i pagamenti netti (una parte dei pagamenti viene ora trattenuta sotto forma di tassa) sui propri debiti pregressi. Si tratta, di fatto, di un piccolo default (Alesina, De Broeck, Prati, Tabellini [1992]). Credo che, vista l’aria che tira, l’ultima cosa che sia consigliabile per il nostro governo sia di creare ulteriori dubbi negli investitori riguardo alla volontà del Paese di onorare il proprio debito pubblico.
Bibliografia
Diamond P.A. (1965), On the Cost of Tax-exempt Bonds, Journal of Political Economy, vol. 73, 399-403.
Alesina A., De Broeck M., Prati A., Tabellini G. (1992), Default risk on government debt in OECD countries, Economic Policy, vol. 7, 427-463.
che sino ad alcuni anni or sono (non ricordo con precisione) i titoli di stato erano esenti da qualsiasi imposta, presente o futura.
Adesso si profila addirittura un incremento retroattivo dell'imposizione sui titoli già emessi, in radicale contrasto con lo statuto del contribuente: non sarebbe più dignitoso abrogarlo, visto che l'ottimo Delrio è convinto di poter legittimamente tosare le vecchiette ?