Trent'anni fa la frase "Forza Etna" potrei averla scritto anche io su qualche muro. Non lo feci, ma certamente simpatizzavo con la metafora politica che tale slogan (abbastanza demenziale: la comunicazione politica popolare spesso tale è) voleva inviare.
Erano i primi anni '80 e l'idea alla quale ero riluttantemente giunto - dopo anni spesi a tormentarmi attorno alle persistenti diseguaglianze italiane - era che, a causa delle politiche di "tassa e trasferisci" con cui la si era venuta affrontando dal secondo dopoguerra in poi, la "Questione Meridionale" (QM) era riuscita a generare una "Questione Settentrionale" (QS) ad essa speculare e altrettanto drammatica per chi veniva, sempre più sistematicamente, tassato senza vedere risultato alcuno. Più di un decennio dopo, decisi anche di dare una mano all'allora minoritaria Lega Nord (LN). Collaborai sino a quando Umberto Bossi (con una decisione che ne segnalava sia la bestialità politica che la pochezza umana) non fece cadere il primo governo Berlusconi.
Tralasciamo ulteriori e più recenti dettagli, altrimenti questo sembrerebbe il lamento d'uno sconfitto dilettante della politica - che è ciò che sono, ma non me ne lamento affatto. Voglio solo stabilire che chi scrive è convinto, non da ieri, della necessità d'un federalismo compiuto. Dirò di più: se questo non dovesse risultare possibile, allora la separazione dal resto del paese di quelle regioni che lo volessero fare (a grande maggioranza dei loro residenti) potrebbe essere il male minore. Fine dell'excusatio non petita e della dichiarazione d'essere di "parte".
In sostanza: considero un fatto positivo la nascita, nel Nord del paese durante gli anni '80 ed i primi anni '90, di movimenti di protesta "popolare" (confusa e primitiva) che rivendicavano un'organizzazione federale dello stato sulla base di identità locali, mentre si opponevano alla spoliazione fiscale in atto. [Aperta parentesi. A molti il potenziale riformatore di tali movimenti appare dubbio persino oggi ch'è già stato completamente sprecato. Costoro tendono ad essere la maggioranza fra i militanti dei partiti di "sinistra", mentre a "destra" la loro consistenza è incerta anche se sembrano ora trovare albergo nella neonata FLI. Non avere inteso la centralità storico-politica della QS nella decadenza nazionale - quindi, specularmente, il non saper come risolvere la QM - è la ragione fondamentale per cui, strategicamente, questi raggruppamenti sono dei perdenti, e dei perduti. Ma questo è tutto un altro discorso. Chiusa parentesi.]
Alla luce di quanto affermato sino ad ora, la mia opinione negativa della LN potrebbe apparire non ovvia. Provo quindi a fare un po' di chiarezza.
Nella parte in corsivo riassumo, brutalmente, ciò che a mio avviso andò storto con l'unificazione italiana generando (in sequenza) la QM prima, la QS poi e, infine, il loro essere i due bandi d'una medesima matassa. Argomento poi che la LN, a cui la storia aveva offerto l'opportunità di cominciare a snodare questa matassa, ha tradito tale compito accelerando la decadenza complessiva del paese.
Il vizio che affligge l'entità politica chiamata Italia - rendendola, assieme al Belgio, un'anomalia nel consesso degli stati europei - è di essere stata il frutto di un'operazione d'imperialismo militare, politico, economico e financo culturale. Tale atto d'imperialismo fu compiuto da una dinastia oscurantista e mediocre, i Savoia, con l'appoggio di una frazione forse non maggioritaria della borghesia nazionale la quale era ben lontana da essere sia una borghesia industriale e liberale che una "elites politica" nella quale il resto della popolazione si riconosceva ed a cui, in un certo senso, delegava la rappresentanza politica. Tutt'altro, infatti, come innumerevoli episodi della storia "risorgimentale" confermano. Tale imperialismo va contrapposto ad un non impossibile accorpamento confederale (ed eventualmente federalista) di entità politiche, culturali ed economiche che - essendo diverse, separate e non immediatamente compatibili nel 1860 - continuavano ad esserlo nel 1946 e lo sono, io credo, anche ora. Che una visione ed una corrente "confederale", minoritaria e sconfitta, fosse attiva nel risorgimento italiano non lo scopro di certo io. Questo controfattuale ha rilevanza solo per rendere chiaro che quella realizzatasi non era l'unica "unità possibile".
Il punto è che la vittoria politico-militare dei Savoia e la conseguente allenza di costoro - e di quel sottoinsieme delle elites economiche del Nord Ovest che ad esse facevano riferimento - con l'aristocrazia latifondista e la "borghesia burocratica" meridionale (a partire dal 1860) e con quella papalina (a partire dal 1870 e poi più compiutamente a partire dai Patti Lateranensi) definì il blocco sociale attorno ai cui interessi il paese venne costruito, le sue istituzioni definite, il suo sviluppo economico e sociale diretto e, spesso, costretto. Il fascismo non costituisce alcuna "rottura" con nulla del passato ma, piuttosto, la "decisione" di quei gruppi sociali d'assegnare la gestione dello stato ad una classe politica che sapesse compiere quel lavoro che gli imbelli "liberali giolittiani" ed i "socialisti turatiani" si erano rivelati incapaci di compiere. Post 1946 fu la dinastia dei Savoia ad essere dismessa, perché il discredito in cui era caduta ne aveva eliminato la funzione di collante ideologico, mentre quel medesimo blocco sociale si ridefinì attorno alla DC ed ai suoi satelliti. Questa continuità socio-politica (e culturale) della storia dell'Italia post-risorgimentale si regge su alcuni pilastri. Non è certo il caso io cerchi di riassumere qui il maledetto libro di storia socio-economica italiana che vorrei tanto scrivere e per il quale non trovo mai il tempo (andrò ben in pensione, un giorno o l'altro!) quindi menziono solo quel pilastro che m'interessa ora (ce ne sono altri 3, a mio avviso).
Esso è definito dallo sfruttamento "politico" - quindi non solo, anche se soprattutto, fiscale: pensate alle politiche commerciali immediatamente dopo l'unità - dell'economia privata non "monopolistica" e/o non "connessa" gli apparati dello stato, dalla quale vengono estratte le risorse necessarie a foraggiare le due altre classi sociali che compongono il blocco storico menzionato poc'anzi. La burocrazia statale, ed in particolare le elites centrali dello stato savoiardo-borbonico-fascista (tale è rimasto). Una piccola borghesia "lumpen", oscillante fra la botteghetta, l'ufficio pubblico, la sacrestia e l'arrangiarsi miserabile. L'attività economica privata "non monopolistico-connessa" era fiscalmente sfruttabile perché ideologicamente o ben "prigioniera" (via chiesa cattolica) o ben "nemica irreparabile" (via socialisti e comunisti) della coalizione dominante. Le classi sociali che andavano invece sussidiate non erano ideologicamente schierate o, se lo erano, costituivano la base sociale di supporto della monarchia la quale non poteva certo tradirle.
Che questo meccanismo politico di spoliazione e trasferimento si sia poi progressivamente - progressivamente è importante: sino al 1900-1920 circa così non fu, infatti! - trasformato in un meccanismo a base territoriale e si sia cristalizzato come tale durante l'ultimo secolo, è una conseguenza, in un certo senso secondaria, dell'unificazione italiana sotto la guida dei Savoia e dei loro soci. Il trasferimento divenne Nord=>Sud (passando per Roma, dove una grande fetta del lardo andava lasciata) perché così erano territorialmente distribuite le classi sociali in questione. Tale processo generò poi incentivi perché questa distribuzione territoriale si accentuasse ed ingessasse nel corso del secondo dopoguerra. L'ingessamento socio-territoriale, è facile da intendere oltre che da verificare nei fatti: rendeva molto più semplice ed intertemporalmente consistente la gestione politica del consenso e delle alleanze qui illustrate. Questo va capito. Va capito per spiegare in che senso QS&QM siano al centro dell'eccezionalità italiana, e va capito per spiegare che NON si tratta di questioni geografiche o di razza, ma economiche e culturali. Politiche, insomma. Il conflitto sociale fra "produttori" e "parassiti", fra "privato" e "pubblico", fra "non garantiti" e "protetti", fra "competitivi" e "sussidiati" è diventato, per le particolarità storiche dell'unificazione italiana, un conflitto territoriale mediando il quale la "casta politico-amministrativa" che controlla l'apparato centrale dello stato si legittima, si perpetua, ed ingrassa. Li' vive il germe della nostra decadenza.
OGGI tale conflitto si materializza nella spoliazione fiscale di gran parte dell'economia privata del Nord (persino Fiat, il capolista dei "protetti-sussidiati" inizia a lamentarsi ...), d'una parte crescente di quella del Centro, e d'una parte piccola di quella del Sud. Tale spoliazione viene operata a favore dell'economia pubblico-parassitaria del Sud, d'una parte del Centro (concentrata a Roma e paraggi) e d'una parte molto piccola del Nord (Val d'Aosta, Liguria, parte delle regioni autonome ...). Questa spoliazione, accentuatasi a fine anni '80, portò alla nascita della LN. Il suo progressivo incancrenirsi da allora, ha portato alla LN l'enorme massa di voti che essa oggi controlla.
Cosa ha conseguito su questo terreno la Lega Nord in vent'anni? NULLA! Assolutamente NULLA!
Non solo nulla ha conseguito ma QUALSIASI indicatore che misuri l'entità di tale spoliazione e del conseguente trasferimento è venuto peggiorando da quando la LN è arrivata al governo (1994) ad oggi. In questo sito abbiamo documentato tali fatti svariate volte: riduzione del carico fiscale, riduzione di trasferimenti e sussidi, lotta all'evasione fiscale, corruzione nella vita pubblica, criminalità organizzata, dualismo del mercato del lavoro e sue rigidità normative e salariali, inefficienza della PA, assenza di concorrenza ... Su NESSUNA di queste emergenze abbiamo osservato progresso alcuno, zero assoluto. TUTTO è peggiorato da quanto Bossi&Co governano, TUTTO!
Era inevitabile questo fallimento? No, ecco un contro-esempio: CiU, in Catalunya.
Questo fallimento, anche se sufficiente per augurarsene sconfitta e sparizione, non rende ancora la LN il nemico pubblico numero uno.
La vera colpa storica della LN consiste nell'aver permesso che si ricreasse (attorno a BS ed ai suoi svariati partiti e governi) quel blocco sociale che costituisce il filo nero della storia italiana e che ne controlla, da sempre, gli apparati dello stato.
La LN, non solo ha permesso che tale coalizione si ricostruisse (dopo che lo shock del 1992-93 l'aveva fatta traballare) ma ha financo incoraggiato la sua degenerazione para-criminale. Perché, come l'evidenza di questi ultimi anni dimostra, oramai parti sostanziali dello stato italiano, dei partiti che lo governano oggi ed anche dei partiti che, dall'opposizione, si preparano a governarlo dopodomani, opera ai margini della legalità e dei principi liberal-democratici. La parola "casta", un termine post-leghista, sintetizza questo stato di cose. Il problema non sono, di per se, né le "intemperanze verbali" dei leghisti, né la loro deriva razzista, né il loro sfacciato appropriarsi di soldi e potere, né il loro essere sempre di più, rapidamente e profondamente casta (spero un esempio basti per rinfrescare la memoria: abbondano). Il problema non è nemmeno che, nella degenerazione nord-coreana che la caratterizza, la LN sia arrivata ad accettare che un "capo", ridotto ad una larva politica, possa cercare di far "ereditare" ad un figlio imbelle il proprio ruolo.
Il crimine politico grave ed imperdonabile della LN consiste nell'aver permesso il riagglutinarsi di una versione degenerata dell'antico blocco storico, all'interno del quale ha cercato di entrare (qua gruppo politico) senza riuscirci, mentre raccontava al proprio elettorato di operare per il federalismo e per lo smantellamento dell'assetto esistente. Questo inganno storico il Nord d'Italia (e con esso il resto del paese) lo pagherà per decenni a venire.
1) Perché, avendo la LN impostato il problema come puramente razzial-culturale invece che economico-sociale, essa ha determinato un'ostilità profonda, lungo l'asse Nord-Sud, anche fra membri delle classi sociali "fiscalmente spoliate", ossia fra potenziali alleati. Così facendo ha indebolito la possibile coalizione riformista attraverso una spaccatura tanto ideologica quanto artificiale.
2) Perché, avendo coinvolto la propria base elettorale in un processo di costruzione d'una identità etnica inventata (la Padania) invece di valorizzare e sviluppare quelle storicamente esistenti, ha dato all'intero progetto una dimensione velleitariamente secessionista che ne ha svuotato l'efficacia concreta. Tale costruzione d'una identità artificiale viaggia oramai verso una forma di "fascismo folklorico", tanto incoerente quanto remoto sia dalla liberal-democrazia contemporanea che dalle tradizioni civili del Nord e Centro Italia. Così facendo la LN ha determinato una seconda spaccatura, anch'essa tutta ideologica ed artificiale, fra chi accetta il progetto folkloriko chiamato "Padania" e chi considera irrinunciabili i valori politici della liberal-democrazia.
3) Perché, infine, non avendo affrontato QS&QM per quello che sono ma avendo spacciato, al proprio elettorato, questa riforma federale - uno scambio di favori all'interno del blocco sociale dominante, alla cui "elite" il personale politico leghista ambisce accedere - quale punto di partenza d'una grande trasformazione, ha vanificato, per l'ennesima volta in un secolo e mezzo, ogni speranza di cambiamento. I gruppi sociali "politicamente spoliati" del Nord sembrano credere che la soluzione alle difficoltà storiche che affrontano consista nel mandare a casa gli immigrati, fare i trasferimenti di competenze alle regioni e poi praticare il peronismo economico che Giulio Tremonti predica. Nessuna follia potrebbe essere più dannosa per il sistema socio-economico del Nord e, nella misura in cui su di esso si regge tutto, per quello dell'intero paese.
Per queste ragioni, oggi, la Lega Nord è il cancro politico che va sconfitto. Nell'interesse di quel "Nord socio-economico" che vive soprattutto al Nord, ma anche al Centro ed un po' al Sud, e che costituisce la residua speranza di quella cosa chiamata Italia.
P.S. Dichiarazioni di questo tipo fanno ricordare un altro elemento di giudizio: la LN sembra selezionare il proprio personale politico fra i falliti della società civile del Nord Italia.
V'erano, nella LN di fine anni '80 ed inizi anni '90, persone professionalmente di successo prima d'entrare nella politica. Oggi come oggi, non ne vedo mezzo. Vedo solo gente professionalmente mediocre e/o politicanti a tempo pieno. Poiché sono abbastanza convinto che la qualità delle persone gioca un ruolo e poiché ritengo che un partito che seleziona sistematicamente dei personaggi come Calderoli o come il figlio di Bossi quali leader abbia qualcosa di malato dentro, anche questo aspetto va tenuto in conto.
L'idea di vivere in un paese governato da gente come Bossi, Calderoli, Castelli e Bossi Jr. mi genera un profondo senso d'angoscia. Personalmente, sarebbe ragione sufficiente per non tornare mai in Italia.
la tua lontanzna dall'Italia ti evita amenita' del tipo: "la Lega e' l'unico partito che ha selezionato una classe dirigente giovane e preparata"