Letture per il fine settimana 23-4-2011

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Questa settimana: guerra e tassazione progressiva; effetti collaterali del referendum sui servizi idrici; la grande recessione e i trasferimenti intragenerazionali; sul programma economico del PD; qualcosa di riformista sul precariato.

Buona lettura e buon fine settimana.

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Commenti

Ci sono 44 commenti

Il link per Andrea Boitani e Marco Ponti non funziona.

Scusassero! Ho messo a posto, grazie per la segnalazione.

Quando ho visto l'articolo di Alberto su il Fatto, a me e' subito venuto in mente questa scena.

Non e' che ci si potesse aspettare una reazione molto diversa, vista la tipologia dei commentatori di quel giornale.

 

Che bella (e divertente) la risposta di Bisin ai commenti.

C'è un passaggio, nell'articolo di Nannicini, che mi ricorda un dibattito già visto in nFA:

 

Negli ultimi quindici anni, la frazione di lavoro temporaneo è aumentata, ma non esplosa. Questo può voler dire solo una cosa: visto che gran parte dei nuovi contratti è di natura temporanea, una parte di questi conduce alla stabilizzazione (in caso contrario, la frazione di lavoro temporaneo dovrebbe crescere esponenzialmente nel tempo).

 

Ricordo che un interlocutore non voleva accettare questa conseguenza logica dei dati, che Michele - mi pare - si sforzava di spiegargli. Fa piacere leggerne ora anche in un sito che direi - interpretando Sandro - non essere sospettabile di collateralità con i "biechi liberisti nemici del popolo" ..... :-)

"Negli ultimi quindici anni, la frazione di lavoro temporaneo è aumentata, ma non esplosa." -> sarebbe utile spiegare perchè è utile o inutile (e a chi ) poichè  cambiano solo i contraenti mentre i contratti (posti di lavoro) sono sempre gli stessi ... alimentati solo da quelli che per i pensionamenti diventano temporanei ... oltre a quei pochi "posti" veramente nuovi di nuove società e di quelli dovuti a sempre più numerose cessioni di ramo d'azienda (che poi spariscono) ... ogni riferimento al caso Fiat è puramente voluto :-)

I link riportati nell'articolo di Nannicini fanno veramente impressione. Un partito veramente conservatore sul mercato del lavoro.

Purtroppo, il regalo non sarà solo per Alemanno: infatti è ormai esplicita e dichiarata la volontà di buona parte degli amministratori locali di non fare gare per diminuire il costo dei servizi locali, anche in caso di sprechi vistosi o gestioni dissennate: sono certi che le loro imprese non potranno fallire e che i contribuenti (e gli utenti) alla fine saranno chiamati a pagare.

Dall'articolo di Boitani. Per la serie: non solo gli elettori pagano per gli sprechi vistosi ma si sobbarcano i costi di quegli sprechi manifestando consenso. Peggio di così?

Tra l'altro, se la gestione pubblica, per esempio, delle condutture ha prodotto sprechi del prezioso liquido in forme che sono, da un punto di vista ambientale, oltraggiose, come si può ancora difendere la pubblicità dell'acqua senza se e senza ma? 

Ricollegandomi all'articolo del prof Bisin sul Fatto, segnalo questo articolo interessante (credo) apparso su voxeu che parla della Danimarca e degli effetti del "precariato".

 

 

Non ho ancora letto il paper, ma ho dei dubbi:

1) il paper mi pare teorico e calibrato coi dati della grande recessione, quindi '29: saranno state buone notizie per i ragazzi del '99, ma a quelli odierni credo interessi poco;

2) da teorico però tendo a considerare il modello buono per spiegare anche la crisi odierna. Ora, se parliamo dei prezzi delle case, però, non mi è chiaro però perchè un crollo dei prezzi (se di crollo davvero si tratta) dovrebbe penalizzare gli anziani. Il crollo penalizza in caso di vendita: ma l'anziano non vende la casa, se la tiene fino all fine. O no? Al limite ci smenano gli eredi (toh: i giovani, manco a farlo apposta).

3) Poi a me il problema oggi pare che sia il crollo dell'occupazione più che la diminuzione dei salari.

4) Mi riservo comunque di rivedere le mie impressioni a caldo dopo aver letto il paper linkato.

 

''Great recession'' si riferisce alla recessione del 2008-2009. Quella del 1929 è comunemente chiamata ''great depression''. Il paper riguarda gli Stati Uniti. Qua vendere la casa al raggiungimento della pensione e andarsene in affitto in qualche villaggio della Florida non è così strano. La ricchezza è molto più concentrata che in Italia, quindi una grossa fetta della popolazione non eredita. Per cui sì, per i giovani il crollo dei prezzi delle case è stato un indubbio vantaggio. L'effetto netto è questione empirica, e per questo gli autori calibrano il modello. Poi, come sempre, le stime possono solo essere as good as the model is.

 

mi è chiaro però perchè un crollo dei prezzi (se di crollo davvero si tratta) dovrebbe penalizzare gli anziani. Il crollo penalizza in caso di vendita: ma l'anziano non vende la casa, se la tiene fino all fine. O no?

 

<em>Equity Release<em>

<em>Home Reversion Plan<em>

 

Simply explained

 

<em>The benefits to you<em>

  • You receive a cash lump sum to spend on whatever you want.
  • You can continue to live in your home rent free until you die or go into long term care.
  • A Home Reversion Plan is portable so you can still move if you want to, as long as your new home meets the eligibility conditions at the time.
  • The 'inheritance protection' guarantees a minimum payment to you or your estate if you die or need to move into long term care within the first four years of the plan.
  • If you sell less than 100%, you may be able to guarantee an inheritance for your family from the sale of the property.
  • The 'house price inflation' guarantee means you may receive a payment when you die or move into long term care, if your property value increases above a certain level over the term of your plan.
  • We encourage you to involve your family in the decision process and they can attend any of the appointments you have with one of our advisers.

Gli svantaggi sono lasciati come esercizio per il lettore.

    Salve,

    vorrei , per quello che conta , dare un consiglio a chi si "avventura" nella discussione del precariato in Italia. Paese nel quale si scivola dal merito all'ideologico in poco tempo.

    Secondo me bisognerebbe insistere su un punto poco reclamizzato ( non mi veniva altro termine ). E cioè questo : "E poi perché la protezione è del posto di lavoro, non del lavoratore".

    Spesso si confonde la difesa della "scrivania" con la tutela delle competenze che un lavoratore vuole siano riconosciute nella società. Cioè il discorso ( lo metto giù grezzamente ) deve essere : "io lavoratore perdo il posto di lavoro ma non voglio che sia perso con esso tutto quello che ho fatto e imparato; non voglio , in altre parole, che le mie competenze siano disperse"

    Vorrei anche dire che spesso ( non voi che' ho gia' visto questa divisione ) non si separano i lavori di "concetto" con quelli a basso valore aggiunto. Non voglio con questo dire che esistono lavori di serie a e di serie b ; tutti i lavori hanno uguale dignita' ma hanno pero' diverse debolezze ed esigenze.

    La precarietà ,per un lavoro come il mio e per come la vedo io, non esiste ( lavoro come consulente per i servizi IT ) ed anzi spesso è l'azienda che mette i bastoni fra le ruote se voglio cambiare lavoro ( i preavvisi , la non concorrenza ... ). Mentre mi rendo conto che alcuni lavori hanno bisogno di maggiore protezione perchè le persone conivolte ( vuoi per la bassa istruzione , vuoi per il basso tasso di competenze richieste ) avrebbero maggiori difficoltà a ricollocarsi.

    Anche qui secondo me andrebbe chiarito che il dualismo al limite dovrebbe essere non tra protetto/non protetto ma tra skill/no skill.

    Voglio dire : va bene io posso anche fare un lavoro diverso da quello che faccio ora. Magari imparo a fare altro ma per la società ha senso che una persona che ha competenze verticali su una tecnologia venga "rimossa" dal lavoro che sa fare meglio ? Ovviamente la risposta "se il mercato del lavoro è saturo per quel settore è giusto che faccia dell'altro" non va bene in Italia appunto perchè ( e qui entra in gioco la mia esperienza personale che non fa statistica ma nel mio campo si verifica spesso ) il mercato è saturo perchè molti incompetenti "galleggiano" al posti dei meritevoli.

    Allora , e qui torno al punto , siccome c'è un incompetente si prendono 3 precari che fanno il suo lavoro e mettono le pezze ai casini che combina ( anche qui parlo per esperienza in prima persona ). Non so , secondo me dovreste riuscire a far capire che la sicurezza nel futuro non la da' il badge aziendale ma saperlo programmare. 

     

    "Lo sapevamo già" diranno i nostri lettori, leggendo l'editoriale di Bill Emmott (ex direttore di The Economist) che ho linkato da La Stampa.

    Verissimo: lo sapevamo già e lo andiamo ripetendo da quando abbiamo iniziato il blog che i fatti quelli sono.

    Allora, perché mettere in evidenza un articolo che ripete ovvietà? Perché se ne sono accorti anche all'estero? No, all'estero (che alla fine è dove stiamo anche 6/7 di noi redattori) le sanno da anni queste cose. Anche per esse il flusso di FDI verso l'Italia s'è ridotto ad un rivoletto minuscolo.

    No, la notizia è che, per poter scrivere su un grande giornale italiano che tutti mentono: ministri, politici, alti funzionari, giornalisti, banchieri, industriali, accademici al soldo dell'uno e dell'altro, tutti insomma, occorre chiamare Emmott. Ed è già tanto che a La Stampa abbiano avuto il coraggio di chiederlo, ad Emmott, di scrivergli l'editoriale.

    Però avrebbero potuto chiederlo ad Alberto Bisin, gli sarebbe pure costato (un po') meno :-) O avrebbero potuto pubblicare in buona evidenza la stessa notizia su il Sole 24Ore e chiedere ad uno qualsiasi di noi di commentarla. Non preoccupatevi, non sto cercando lavoro editoriale: ne ho fin troppo e non trovo nemmeno il tempo per scrivere i due o tre editoriali mensili che Il Fatto mi chiede. Non è lì il punto, anzi ...

    Il punto è che c'è la censura in Italia.La censura volontaria, anzitutto: tutti quelli del giro - con le solite isolatissime eccezioni, che poi sono ai margini o fuori dal giro come Oscar Giannino o Mario Seminerio o ... non me ne viene un altro ma son certo che c'e' ... aiutate la mia stanca memoria please - mentono. Come ha notato Emmott, appunto, mentono giornalisti, accademici, dirigenti del tesoro, banchieri, eccetera. Lo fanno volontariamente. Perché? Lascio a voi la risposta, a me sembra ovvia.

    Ma c'è anche la censura involontaria e forzosa su quelli come noi (non solo noi, ma anche noi e, devo tristemente riconoscerlo, in primis noi) che hanno la sfacciataggine di ripetere che il re è nudo e la situazione pietosa. Cosa che, by the way, quel 50-60% della popolazione che la situazione di declino la paga quotidianamente sulla propria pelle, conosce benissimo; solo che da un lato non sa come articolarla in un quadro globale e, dall'altro, non ha maniera di esprimerlo nei luoghi deputati del dibattito politico che sono poi, alla fine, cinque o sei programmi televisivi e tre o quattro quotidiani. E questo italico "silenzio degli agnelli" si deve anche al fatto che quelle poche decine di "tecnici" che, come i redattori di questo blog, documentano che da tre anni a questa parte Tremonti mente in compagnia di BS, di Brunetta, di Sacconi ...  e che prima di loro mentivano Padoa Schioppa e Prodi ... e che ora Fassina, Bersani e compagnia dicono follie e promettono soluzoni tanto impossibili quanto ridicole ... e che anche la sciura Emma dice spesso cose che non dovrebbe dire mentre non dice quelle che dovrebbe dire e, soprattutto, non compie gli atti ed i gesti che dovrebbe invece compiere ... ecco, quelli che rompono le palle ripetendo e documentando queste banalita' (nel senso di cose ovviamente vere) vengono silenziosamente censurati. Non esistono sui media che gli "agnelli" (con la "a" minuscola) leggono e guardano, ossia nei media che contano sul piano politico.

    Questo nostro martellante e sempre più sguaiato ripetere che il re, la regina, i principini e persino i valletti sono in mutande, ci ha fatto diventare assolutamente indesiderati e non benvenuti non solo nei salotti buoni, che lì non c'è mai stato posto per gente come noi, ma praticamente ovunque. Puzziamo, insomma.

    Non è un'esperienza nuova, ci sono abituato e non mi preoccupo. Idem, ne son certo, per gli altri. Ma è bene si sappia: in Italia oramai c'è la censura della casta su coloro che la sbugiardano provando che racconta balle al popolo mentre continua a truffarlo. Sto parlando di tutta la casta, sia chiaro: di Bersani e D'Alema oltre che di Tremonti e Berlusconi.

    Ci vuole Bill Emmott per dirlo, in un articolo che purtroppo noteranno in 214, forse 217. E poi si ritorna alla chiacchera ed alla menzogna generalizzata. Tanto, quelli che raccontano le cose come sono e magari mettono il dito sulla piaga e poi lo puntano sui responsabili sono dei cafoni intolleranti e maleducati. Dire ai bugiardi che mentono è intolleranza, nel Bel Paese.

    Meno male che almeno Bill Emmott ancora può dirlo. Attendo con timore il giorno che censureranno pure lui.

     

     

    Meno male che almeno Bill Emmott ancora può dirlo.

     

    E lo dice perché è invidioso.

     

    "Posso capire gli stranieri, invidia, interessi, odio, stiamo sui coglioni ecc..,non capisco i miei conterranei, sopratutto pennivendoli che in patria o all'estero sputtanano peggio degli stranieri. Infine una domanda, perchè ti incazzi? Verranno tempi migliori, abbi fede."

     

    http://www.nowitaly.com/giornale/politica/120457/silvio-berlusconi-luomo-delle-pubblicit-italia-allestero-esalta-cultura-germania-esempio-poca-democrazia.htm

    Tra la gente comune che discute, l'invidia compare spesso come causa delle opinioni straniere sull'Italia:

    http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20110303123725AAWTTm0

    Ma non è neanche  una peculiarità italiana. Anche chi, qualche anno fa, notava l'insiostenibilità finanziaria della crescita irlandese era "invidioso".

     

    L'articolo di Bill Emmott è benvenuto, ottimo etc etc etc. Tutti lo amiamo e leggiamo avidamente l'Economist. Ma anche lui trucca i dati (o, in una versione più benevola non ci staattento). Le esportazioni olandesi non possono essere superiori a quelle italiane, visto che il PIl olandese è meno del 30% di quello italiano. E' molto probabile che il dato comprenda anche merci transitate attraverso Rotterdam. Le statistiche storiche del commercio escludevano il transito, ma  non so come siano fatte ora

     

    quel 50-60% della popolazione che la situazione di declino la paga quotidianamente sulla propria pelle,

     

    Michele, ti posso chiedere a chi ti riferisci?

    Io trovo che le pensioni erogate sono circa 23.3 milioni nel 2005.

    Mi risulta anche che i dipendenti pubblici siano circa 3.4 milioni (memoria da un vecchio articolo su nFA che non riesco a ritrovare).

    Ti riferisci anche a queste due categorie qui sopra? Penso di no, visto che per ora gli hanno solo bloccato qualche aumento, ma non hanno sospeso alcuna pensione, nè licenziato alcun dipendente pubblico.

    Mi risulta che nel 2006 erano 47.258.305 gli aventi diritto al voto in Italia.

    Pensionati + dipendenti pubblici = 26.7 milioni / 47.3 milioni = 56.5%

    Secondo me dovremmo limitarci agli aventi diritto al voto. Concordi?

    E immagino la pensiamo allo stesso modo su tutti quei dipendenti di ex monopoli di stato come Poste, Ferrovie, municipalizzate varie: non hanno ancora avuto modo di "sentire" alcun declino sulla propria pelle. Quanti saranno? E non vogliamo metterci proprietari, amministratori e, perché no?, dipendenti di tutte quelle imprese private che godono di concessioni favorevolissime e conseguenti rendite pagate dalla collettività?

    In conclusione, se escludiamo pensionati e dipendenti pubblici in senso stretto, gli altri, "quelli che la situazione di declino la pagano quotidianamente sulla propria pelle" a me sembra che siano meno del 44% del corpo elettorale e se ci mettiamo dentro tutta una serie di categorie "ambigue" andiamo molto probabilmente ben al di sotto del 40%.

    Dov'è che sbaglio?

    Non avevo notato questo articolo (QED...)

    Veramente impressionante, non per il contenuto che a noi pare ovvio ma esattamente per l'abisso (di stile e contenuto) tra questo e un qualunque editoriale economico di un editorialista (italiano) economico di professione.

    Assomiglia a certi post che appaiono su nFA :-)

    Ti ringrazio e concordo sulla complicazione.

    Giuseppe credo che fai delle assunzioni un pò ardite, troppo schematiche e stabilisci delle correlazioni e dei nessi di causalità piuttosto opinabili. Il punto, ovviamente, non è negare la divisione che esiste tra chi è in posizione meno esposta alla crisi o l'esistenza di categorie che vivono del danaro pagato dai contrinuenti. Pagatori e percettori è la tua ipotesi.  Non è così e la categoria dei percettori è assai più variegata e trasversale di quanto si pensi o di quanto ipotizzi. Torno a condividere qui la mia convinzione che molti dei 'percettori' non si rendano neppure conto di esserlo ovvero non capiscono che continuare ad esserlo è deleterio per loro stessi. Questa è un'altra delle conseguenze indotte dall'assenza di un pubblico dibattito serio e decente sull'Italia, sulla crisi e su come fare ad uscirne. E sono sempre persuaso che se si costruisse il forte messaggio che serve per assicurare un futuro accettabile a tutti, nessuno se non pochi, si tirerebbe indietro. Sarò ottimista, ma credo ostinatamente nella massima che se neppure chiedi (di fare sacrifici spiegandone la ragione) la risposta sarà sempre NO!

    "Il formidabile riassorbimento della disoccupazione (prima della crisi degli ultimi anni), soprattutto quella di lunga durata e anche in presenza di una crescita vicina allo zero, è stato favorito dalle riforme del lavoro. Ed è meglio essere precari (con una ragionevole speranza di stabilizzazione) che disoccupati. Certo, alcune fasce di lavoratori deboli restano incastrate in una trappola di precarietà permanente. Ma vanno aiutati con strumenti di welfare e investimento in capitale umano, non vendendo loro illusioni o cavalcandone le (legittime) frustrazioni."

    Così recita l'attacco che il Prof. lanca ai "conservatori di sinistra" (così vengono chiamati i socialdemocratici dai conservatori, quelli veri). 

    Le domande sono poche e semplici.

    1) Perchè molti studi recenti indicano una mancanza di correlazione tra l'indice EPL (employement protection legislation) ed il tasso di disoccupazione e tra la variazione dell'uno e dell'altro? Da cosa dipende la disoccupazione involontaria?

    2) Siamo sicuri che il tasso di disoccupazione sia sceso per effetto dei contratti "flessibili" (utilizzando la terminologia dei conservatori veri) e non per il combinato disposto della moderazione salariale degli accordi del '92 e dell'aumento della domanda estera in deficit da parte soprattutto degli Usa (attraverso le bolle di Greenspan ed il deficit estero corrente e quello pubblico)? Infatti quando questa è finita nonostante l'esistenza della legge 30 il risultato è stato un aumento della disoccupazione sia tra i lavoratori "flessibili" che tra quelli "privilegiati" (con aumento del ricorso alla cassa integrazione guadagni per questi ultimi). Tutto ciò mi fa propendere per l'idea che non sia l'EPL a decidere il tasso di disoccupazione ma la struttura merceologica delle sportazioni ed il rapporto tra qualità dei prodotti esportati e salario reale interno, quindi le esportazioni nette di merci, ciò su cui ha sempe puntato l'economia tedesca.

    3) Siamo sicuri che con gli "scalini" che dovrebbero portare pian piano maggiori e progressive tutele nel nuovo contratto unico di lavoro si arrivi alla stabilizzazione? Nessuno ha mai risposto chiaramente alla questione posta qualche anno fa da Epifani: perchè un imprenditore non dovrebbe licenziare liberamente un dipendente prima del periodo in cui si perfezionano le tutele progressive? Ogni meccanismo rigido in tal senso porta al licenziamento ed alla reiterazione del contratto, non si scappa.

    Quindi perchè, nonostante ci siano queste 3 questioni che pongono grossi problemi sul tavolo, ogni volta che sento parlare o scrivere questi esperti di mercato del lavoro ho l'impressione che loro si autodefiniscano gli unici ragionevoli e tutti gli altri sarebbero dei "conservatori di sinistra" che non vogliono mai cambiare nulla.

    Qualcuno può rispondere a queste 3 obiezioni in modo chiaro? Mi sembra che fino ad oggi non ci siano grandi risposte a queste problematiche conseguenze che deriverebbero dal contratto unico.

     

    Solo due commenti sulla domanda 3, l'unica su cui forse ho qualcosa di significativo da dire:

     

    perchè un imprenditore non dovrebbe licenziare liberamente un dipendente prima del periodo in cui si perfezionano le tutele progressive? Ogni meccanismo rigido in tal senso porta al licenziamento ed alla reiterazione del contratto, non si scappa.

     

    Se capisco il ragionamento, un datore di lavoro >15 dipendenti OGGI con lo Statuto dei Lavoratori in piedi dovrebbe licenziare sistematicamente ogni dipendente il giorno prima della fine del periodo di prova...a me non risulta che questo accada in maniera diffusa e quindi non c'è questa volontà da parte del "padrone" tipo di liberarsi fin quando possibile dei "sottoposti".

    Il fatto è che in economie normali, l'esperienza è generalmente premiale rispetto al costo (ovvero: meglio avere un bravo Tizio con 5 anni di esperienza a 1200€, rispetto ad un qualsiasi Caio senza esperienza a 700€)

    Purtroppo, oggi in Italia molti (non mi chiedete di quantificarlo, per carità!) dei nuovi posti di lavoro sono per posizioni nelle quali tale relazione è debole, se non inversa (meglio tanti Caio uno dopo l'altro rispetto ad un solo Tizio).

    Se questo accade è anche (non solo, ovviamente) per colpa delle rigidità dei contratti di lavoro: un imprenditore che vuole puntare su un Caio di oggi nella speranza che si trasformi nel Tizio di domani viene dissuaso se non può liberarsene qualora risulti essere il meno capace Sempronio.

    Può non piacere (a me, istintivamente, piace poco) ma la realtà del mondo è quella che è e non si cambia con uno schiocco di dita.

    P.S.: se non sbaglio, le proposte attualmente in giro di contratto a tutele progressive, considerano le reiterazioni come continuazioni: 2 contratti da 2 anni equivalgono, come tutele, ad un singolo contratto di 4 anni