Il millenarismo di Tremonti e lo stato della stampa

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Lo sappiamo, è antipatico dirlo. Per questo abbiamo il "sangue che gronda dal cuore". Ma lo stesso non ce la facciamo a non ripeterlo: l'avevamo detto noi, l'avevamo detto noi, l'avevamo detto noi, l'avevamo detto noi,...

Nel nostro libro su Voltremont, alias Giulio Tremonti, abbiamo chiamato ''mangiamorte'' quei giornalisti e quegli intellettuali che, per ragioni a volte confessabili a volte no, hanno preso sul serio le bislacche teorie dell'Oscuro Signore e ne hanno propagato le menzogne relative alla situazione economica del paese.

Ma il vento sembra essere cambiato. La (prima di tante, è poi risultato) manovra di questa estate, brillante sintesi della folle arroganza e dell'incompetenza che caratterizzano Giulio Tremonti e il governo a cui egli degnamente porta la fiaccola, aveva appena finito di raccogliere i soliti encomi, da parte dei soliti noti, che la crisi finaziaria e la crisi etico-giudiziaria hanno fatto precipitare Tremonti nel borsino della politica. Berlusconi certo, ma ad un certo punto anche Bossi, sembravano decisi a liberarsene.

All'improvviso è cambiato anche il clima sulla stampa. Lord Voltremont si è ritrovato con molti meno servi ossequianti di quelli a cui era abituato. Si è segnalato in particolare il Corriere, che sembra aver completamente perso il timore reverenziale per lungo tempo mantenuto nei confronti del ministro. Ha cominciato Sergio Romano sulla vicenda dell'affitto in nero a Milanese. Ma perfino in quel pezzo così critico si possono trovare perle come ''Giulio Tremonti è stato in questi anni il custode dei conti pubblici, il cane mastino della finanza nazionale. Ha esercitato le sue funzioni con un rigore e una tenacia che hanno suscitato l'approvazione di Bruxelles e contribuito alla credibilità dell'Italia nelle maggiori istituzioni internazionali.'' Sì, come no. Ma più passava il tempo, più si chiariva la gravità della crisi, meno chiari diventavano i meriti di Tremonti.

Un paio di settimana dopo l'articolo di Romano, è il direttore De Bortoli a intervenire con un puntuto editoriale in cui definisce "millenariste'' le analisi di Tremonti. Di quell'editoriale vogliamo riportare la parte finale, su cui poi torneremo.

 

Occorre dare un segnale forte, il più possibile condiviso. Con un supplemento di responsabilità nazionale. A cominciare dal governo che per troppo tempo, anche nelle analisi millenariste del suo immaginifico ministro dell'Economia o nella pervicace e colpevole sottovalutazione dei problemi da parte del premier, ha dato prova di averne assai poca. Il mondo non è cambiato cinque giorni fa, come ha detto ieri Tremonti. È cambiato molto prima. Avessero ascoltato di più le voci critiche e fossero stati meno intolleranti...

 

L'intervento di De Bortoli faceva seguito a un intervento di Mario Monti in cui si plaude all'intervento internazionale, ironicamente definito ''mercatista'',  che ha imposto il rigore ai riottosi politici italiani e si irride al "colbertismo de noantri''. Parole di Monti. Sono toni inusuali per Monti, che ha sempre coltivato una immagine di centrista pacato, e il bersaglio è fin troppo chiaro. Anche qui, è utile riportare un paragrafo del pezzo:

 

Nella diagnosi sull'economia italiana e nelle terapie, ciò che l'Europa e i mercati hanno imposto non comprende nulla che non fosse già stato proposto da tempo dal dibattito politico, dalle parti sociali, dalla Banca d'Italia, da molti economisti. La perseveranza con la quale si è preferito ascoltare solo poche voci, rassicuranti sulla solidità della nostra economia e anzi su una certa superiorità del modello italiano, è stata una delle cause del molto tempo perduto e dei conseguenti maggiori costi per la nostra economia e società, dei quali lo spread sui tassi è visibile manifestazione.

 

Bene, anzi molto bene. Speriamo che la glasnost continui sino alla cacciata finale di Tremonti, Berlusconi, Bossi e resto della banda; noi restiamo a osservare dubbiosi.

Ma questa improvvisa scoperta dei gravi limiti dell'immaginifico ministro dell'economia e delle sue analisi millenariste, per usare le parole di De Bortoli, impone anche una serie di domande scomode. Che poniamo a De Bortoli e a Monti, naturalmente, ma anche al resto della stampa italiana, dato che, tanto per dire, non è che il Sole 24 Ore abbia seguito in questa vicenda una traiettoria molto diversa da quella del Corriere.

Partiamo da una premessa. Tremonti ha scritto almeno due libri pieni di analisi millenariste e di colbertismo. I libri hanno avuto un enorme successo di pubblico e di critica. O meglio, di critica non se ne è vista. Nel nostro libro abbiamo messo in evidenza proprio questo, che le analisi di Tremonti tali non fossero, ma baggianate pseudo-colte, parole in libertà nel peggior stile post-moderno. Che la sua cupa visione del futuro (la paura in "La paura e la speranza") e le terrificanti minacce esterne da lui evocate non fossero che capri espiatori per la sua incompetente azione di governo. Che il suo colbertismo non fosse che falso e intellettualmente assai rozzo fondamento a un primato della politica corrotta e - ancora una volta - incompetente.

E non è stata solo l'analisi. Quando il ministro il colbertismo, oltre a predicarlo, lo ha praticato concretamente, sul caso Alitalia, sulla Banca del Sud, fino allla recentissima creazione della Società per le partecipazioni strategiche alla Cassa Depositi e Prestiti, le voci critiche che si sono levate insieme alla nostra sono state pochissime.

A partire da questa premessa alcune domande sorgono spontanee. La prima è di carattere generale.

Cari amici della stampa, cari intellettuali di corte: non è il momento di una dura e serrata autocritica? Perché quello che è successo, il favore accordato per anni ad un ridicolo ciarlatano che - mentre affermava d'aver tutto compreso e tutto previsto, emettendo frasi incoerenti - stava portando alla malora il paese, è molto grave. E deve far riflettere. Sul vostro ruolo, sull'informazione economica italiana e su come il potere politico (e l'aspirazione ad ottenerlo) manipola l'opinione pubblica in terra italiana. Come è stato possibile che importanti direttori di giornali, come Paolo Mieli e Gianni Riotta, abbiano scambiato le assurde analisi millenariste dell'immaginifico ministro per raffinata analisi intellettuale? È stata dabbennaggine, è stato servilismo, è stata paura del potente, o qualcos'altro ancora?

Ma oltre alla domanda di carattere generale ne vogliamo porre un paio più dettagliate.

Prima domanda. Se c'è una cosa che la crisi attuale dovrebbe aver seppellito per sempre è il mito di Tremonti severo guardiano del bilancio. Ma quando mai? L'Italia era e resta un paese con alto debito e conti disastrati, un sorvegliato speciale dei mercati. Lo era nel 2008 e lo è oggi. Tremonti ha mantenuto il deficit a ''solo'' il 4-5% del PIL (principalmente grazie a tasse e trucchetti da magliaro come lo scudo fiscale, con una spruzzatina di demenziali tagli lineari) solo perché qualunque cosa diversa avrebbe scatenato la violenta reazione dei mercati. Questa è la ragione per cui il governo non ha mai abbassato le tasse. Esercitare rigore sul serio significava intervenire con tagli strutturali alla spesa e avviare riforme liberalizzatrici per promuovere la crescita. Nulla di questo è stato fatto. In altre parole, se al posto di Tremonti ci fosse stato qualcun altro le cose non sarebbero cambiate. Il rigore è stao imposto dai mercati, non da Tremonti. Se lui non ci fosse stato ci sarebbe stato qualcun altro che avrebbe fatto più o meno lo stesso. In effetti, data l'incompetenza mostrata dal ministro, non era difficile fare almeno un po' meglio.

Il fatto che, nel teatrino della politica, a Tremonti sia stato assegnato il ruolo di quello che dice ''no'' mentre ad altri è stato assegnato il ruolo di chiedere cose impossibili non avrebbe certo dovuto ingannare gli osservatori minimamente attenti. Tutte queste cose, lo ripetiamo sono sempre state chiarissime a chiunque le volesse vedere. Quindi, professor Monti, ci vuole spiegare perché, nel suo editoriale del 14 agosto, insiste nell'affermare che Tremonti ha avuto ''il merito di aver saputo mantenere un certo rigore di bilancio con un governo e una maggioranza poco inclini a tale virtù''? Non c'è alcuna evidenza di questo fatto. Al contrario, c'è ormai ampia evidenza che il rigore vero, quello che riforma in modo strutturale i conti dello Stato e non mette pezze momentanee sperando che i mercati si distraggano, non c'è stato per nulla. Ci sono state solo le menzogne che il governo, e Tremonti in particolare, hanno raccontato per tre anni. C'è stato solo un ministro che, a parte le sceneggiate propagate dalle televisioni e dalla stampa di regime, ha fatto esattamente quello che la maggioranza di governo gli ha fatto fare, come non può che essere. Non è arrivato il momento di dirlo forte e chiaro? E non era il caso di dirlo forte e chiaro anche prima? Magari se tra le ''voci critiche'', come le chiama De Bortoli, ci fosse stato qualche editorialista in più del Corriere si sarebbe perso meno tempo.

Seconda domanda. Non è solo questione di editoriali e opinioni. Le menzogne del ministro e del governo hanno ripetutamente riguardato i fatti e i numeri nudi e crudi. Ricordiamo, tra i tantissimi, solo un episodio (e per una altro leggetevi questo articolo di Michele su Il Fatto dello scorso 17 marzo; gli esempi, ripetiamo, sono abbondantissimi). Nell'aprile del 2010 Tremonti, ai margini di una riunione del Fondo Monetario Internazionale, rilasciò una serie di trionfali dichiarazioni. Il Corriere, in un articolo del 24 aprile, titolava: ''Debito pubblico, Tremonti: «L'Italia come la Germania e meglio degli Usa»''. Tutto merito del governo Berlusconi, naturalmente, e del suo immaginifico ministro. Dichiarava infatti Lord Voltremont:

 

«I dati ci dicono che dobbiamo fare almeno come i tedeschi e magari un po' di più, ma sicuramente le manovre che andranno fatte dagli altri Paesi sono molto più grandi e più pesanti per la gente di quelle che dovremmo fare anche noi i prossimi anni. Alla fine quello che conta sono i numeri e dicono che le difficoltà non sono finite e che dobbiamo fare di più», ha concluso Tremonti.

 

Già, gli altri sì che faranno manovre grandi e pesanti, noi invece ... A leggerle oggi queste dichiarazioni generano, a seconda dell'umore, rabbia o ilarità. Di certo, questa estate la loro natura menzognera è diventata ovvia anche a chi è stato finora cieco. Ma, e questo è il punto che vogliamo sottolineare, il fatto che si trattasse di ridicole enormità era assolutamente chiaro anche nell'aprile del 2010. Bastava fare due conti, come si prese la briga di fare il nostro Giulio Zanella, per sbugiardare le improbabili affermazioni del ministro. Giulio concluse il suo pezzo con la seguente domanda: ''Perché questi dubbi non sono venuti anche ai giornalisti italiani che intervistavano Voltremont ed hanno poi redatto gli articoli? Loro che erano lì hanno dato un'occhiata alle tabelle o hanno creduto a Voltremont sulla parola?''. Queste domande vennero allora serenamente ignorate dalla stampa. Caro De Bortoli, non è arrivato il momento di rispondere? I giornalisti economici italiani sono così scadenti da non riuscire ad accorgersi neppure di rodomontate così ridicole come quelle profferite in quell'occasione dal ministro? Oppure c'è qualcosa di più sinistro, l'ossequio istintivo verso il potente, la paura di esser tagliati fuori dal ''giro buono'', di non essere più invitati alle conferenze stampa, o nei salotti giusti? E, sia come sia, le cose al Corriere continueranno come nel passato o ci sarà qualche cambiamento?

Chiudiamo il pezzo con un'ultima osservazione. Non vorremmo dare l'impressione che la pavidità di questi anni del Corriere sia stato un unicum nel panorama della stampa italiana. Al contrario, il comportamento del Corriere è stato tipico. In effetti, c'è stato chi ha fatto molto peggio, basta pensare al grottesco servilismo di Gianni Riotta. Ma il Corriere, piaccia o non piaccia, ha sempre occupato una posizione speciale nel panorama della stampa italiana. E questo conferisce a chi lo dirige speciali privilegi ma anche speciali doveri. Per questo, De Bortoli, la domanda la rivolgiamo a lei. Come è potuto succedere?

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Commenti

Ci sono 108 commenti

Sottoscrivo tutto, ma ricordate anche di dedicare un post a Marco Fortis, un fenomeno da narrare. Dico soprattutto a te, Michele!

ottimo post, da applausi

Grandi, grandissimi, sopratutto per me che non sono del mestiere!

Mi chiedo se rispetto al quesito finale  

"Per questo, De Bortoli, la domanda la rivolgiamo a lei. Come è potuto succedere?"

ci sarà mai una risposta!


 

Mi chiedo se rispetto al quesito finale  

"Per questo, De Bortoli, la domanda la rivolgiamo a lei. Come è potuto succedere?"

ci sarà mai una risposta!

 


 

secondo me, la domanda dei nostri autori non vuole essere retorica: f.de bortoli le virtù virili ce le ha, almeno dal famoso carteggio con ghedini, al culmine del potere berlusconiano  nel 2002.  io  rimasi terrorizzato da una incredibile violenza intimidatoria espressa in bellacopia e reiterata impunemente, e il nostro ci rimise poi anche la direzione.

E' dal 5 Agosto che sto cercando un pretesto, un commento o un articolo su Nfa dove scriverVi: "Bravi! Voi l'avevate detto! Chi vi legge, sapeva (e adesso fa anche un figurone con gli amici, avendo anticipato tutto).

Ecco l'occasione.

Ps

Per il resto: sarebbe bello che almeno uno, degli intellettuali da voi citati, non prendesse le vostre domande come retoriche, ma provasse a rispondere ed a spiegare il suo comportamento. Specialmente mi piacerebbe ascoltare Mario Monti.

 

Secondo noi la discussione sullo stato della stampa in Italia va fatta sul serio. Non so se ci saranno risposte a questo post, ma noi l'argomento cercheremo di portarlo anche sulla stampa cartacea, dove le domande è più difficile ignorarle. Vedremo.

Le domande non sono retoriche<em>

Claro! Però temo che il rischio che vengano prese come tali, quindi ignorate o aggirate, sia altissimo

Sulla carta stampata faranno certamente più fatica ad ignorarvi.

PS

Spero tanto che rispondano e seriamente (senza ricorrere a tecniche come queste

c'è già anche il titolo del dibattito. Press in Italy: is there an ignorance bias or a parakool bias?

La cosa peggiore è che non servivano grandi competenze (e neppure leggere nFA) per sospettare tutto ciò (ma leggere nFA permetteva di capire molti dettagli in più).

E Voltremont non è il solo personaggio ad aver avuto inspiegabili elogi da parte della stampa e (in alcuni casi) persino dell'opposizione.

Mi auguro che il post abbia un seguito ed ancor di più che un prosiego cartaceo sia più clamoroso impedendo a chi è stato interessato alle domande possa scansarle. Se accadrà, vorrà dire che per una volta anche qui il tempo è stato galantuomo.

Qualche mese fa scrissi un articolo sul mio blog dal titolo  "Diffidate da chi attacca il cavalier ferito" (o una cosa simile). 

Il cavaliere era Berlusconi, ma la stessa cosa vale per Tremonti. Mi riferivo ai giornalisti, sindacalisti. impreditori che fino a poco tempo fa andavano a braccetto con B&T e che, ora, li hanno scaricati. Meglio tardi che mai si potrebbe dire.

Assieme a B&T e alla classe politica, per fare davvero un bel lavoro, secondo me, bisognerebbe cacciare via tutti questi servi, servetti, ometti che, ci metto la mano sul fuoco, si venderanno a chiunque salirà al potere alle prossime elezioni. E saremo da capo. 

Certo!

Se oltre a tutta la classe politica italiana, e tutti quelli che l'hanno votata convinti, mandiamo via anche tutta la classe dirigente italiana: l'Italia cambierebbe...non essendoci più italiani :-)

PS

Non voglio essere troppo (auto) critico, ma non è per sfiga che da noi nascono e prosperano i Mussolini, i Craxi, i BS*** o che folle oceaniche pendono dalle labbra dei D'annunzio e dei Grillo o che siano compiute stragi vigliacche ed anonime, come in nessun altro paese occidentale.

I problemi chiamiamoli "di civiltà" c'erano prima di BS e non sparirano tutti con lui, perchè sono endemici nella società italiana (spero, ovviamente, curabili)

 

***li accomuno in quanto, tutti e tre, nascono "Uomini della provvidenza" e finiscono "causa di tutti i mali"

 

Ottimo, ancora ottimo articolo. Grazie per la chiarezza.

Il recente valzer delle poltrone direzionali del Sole 24 ore e Corriere della Sera con Riotta \ De Bortoli hanno finalmente chiarito che l'economia (Sole24 ore, si fa per dire) e tuttologia (Corriere della Sera) sono perfettamente intercambiabili, con buona pace del giornalismo economico italiano e degli scudieri.

Ne esce molto male la classe dei giornalisti del settore economico italiano. 

 

 

Riporto qu integralmente un articolo di Ostellino sul Corriere del Ticino (visibile solo agli abbonati) 


Sono tante crisi nazionali, tutte uguali e che hanno la stessa origine. Ma, in Italia, la cattiva politica e il cattivo giornalismo le spacciano per una crisi internazionale attri­buendola a una non meglio speci­ficata «speculazione», una sorta di Spectre spuntata dal nulla. Se ci si attiene ai fatti, si constata, però, facilmente che sono in crisi i Pae­si con un grosso debito pubblico alimentato da un deficit di bilan­cio annuale.

Di internazionale c'è solo che in quelle condizioni sono in molti, an­corché ciascuno per ragioni, sem­pre le stesse, strettamente di politi­ca interna. Ma, allora, perché la politica e il giornalismo racconta­no la balla della crisi internazio­nale? La politica, perché, altrimen­ti, dovrebbe ammettere il proprio fallimento e non potrebbe chiede­re «sacrifici» ai propri cittadini, massacrandoli di altre tasse, per uscirne e, quel che è peggio, rico­minciare da capo come se nulla fosse, salvo tenersi di riserva la pro­spettiva di una stangata successi­va ai poveri contribuenti.

È fallita la politica di eccessiva in­termediazione pubblica, di invasi­vità statale che da sempre anche il sociologo Luca Ricolfi - di certo non un liberista - denuncia come produttrice di inefficienze, sprechi, corruzione, clientelismi, spesa pub­blica debordante e pressione fisca­le oppressiva. Lo Stato è diventato un enorme parassita, una zecca che succhia il sangue alla società civile. Il paradosso è che gli italia­ni sono, ora, sulla tolda della na­ve che affonda a cantare «Fratelli d'Italia», truffati e contenti (?) di dare il sangue alla Patria con un «contributo di solidarietà» che al­tro non è che un'altra tassa com­minata loro da una classe politica fallimentare per salvarsi.

Se, dunque, la politica ha le sue (cattive, ma comprensibili) ragio­ni, chi glielo fa fare ai giornalisti di raccontare balle? Un marxista­leninista direbbe che sono gli edi­tori a volerlo. Non sarebbe un'ipo­tesi lontana dal vero tenuto conto che gli editori italiani sono quegli tessi banchieri, industriali, faccendieri, parassiti che, secondo Luigi Einaudi, hanno preso d'assalto la finanza pubblica a partire dalla caduta della Destra storica nel 1876 e che hanno via via accresciuto la loro avidità nel secondo dopoguerra.

Ma chi conosce come vanno le cose nei giornali sa che non vanno così. In tanti anni di professione non ho mai visto un editore telefonare al direttore non dico per dirgli che cosa deve fare, ma neppure che cosa si aspetta dal giornale di cui pure è proprietario. Gli editori si limitano a nominare direttore uno che non disturbi nessuno e poi lo lasciano fare fino a quando non lo cacciano per fare un favore a qualche loro protettore politico o perché il giornale fa proprio schifo e non vogliono perderci, con la faccia, troppi soldi. Poi ne nominano un altro della stessa specie e si ricomincia da capo. L'informazione è l'ultimo dei loro pensieri. A raccontare balle sono proprio i giornali sti. Molto per ignoranza e inadeguatezza al compito, un po' perché credono di assecondare gli editori nella (errata) convinzione che quelli la pensino come il marxista-leninista attribuisce loro di pensare.

In poche parole, per un eccesso di servilismo, prevale il conformismo, l'adeguamento alla corrente - tutti si comportano allo stesso modo per non sembrare la pecora nera e mettersi, così, al riparo da eventuali sorprese (leggi licenziamento, che, in ogni caso, arriverà comunque, e per le ragioni meno prevedibili) - in un'orgia di «politicamente corretto» che è, poi, un «culturalmente catastrofico».

Nessuno pensa al cittadino, dei cui interessi non ci si cura, e neppure al lettore che pure tutte le mattine spende qualche euro per comprare un giornale del tutto inutile. E, nel frattempo, non solo i giornali, ma il Paese vanno a catafascio senza che nessuno se ne preoccupi non fosse altro per dire come stanno real mente le cose. In tale contesto, per dirla con Marx, assume i contorni della farsa quella che era incominciata come una tragedia. Dice il presidente del Consiglio, cav. Silvio Berlusconi, che lui passerà alla storia come colui il quale ha salvato l'Italia dal disastro.

Ma si dà il caso che l'Italia non sarebbe finita sull'orlo del disastro solo se lui stesso avesse fatto le cose che aveva promesso di fare e non ha fatto: riduzione della spesa pubblica e della pressione fiscale, semplificazione normativa e amministrativa, liberalizzazione del mercato, compreso il diritto societario, e privatizzazioni dei servizi pubblici oggi gestiti dagli Enti locali e che sono un ricettacolo di clientelismi e di corruzione. La colpa della crisi è, quindi, oltre che dei suoi predecessori al governo, anche sua. Il guaio è che, di fronte a una battuta come quella, nessuno ha riso e tanto meno gli ha fatto notare che era francamente ridicola.


Piero Ostellino, sul Corriere del Ticino del 16 agosto 2011

Ma sta parlando di se Ostellino?

Piero Ostellino, sul Corriere del Ticino del 16 agosto 2011

Grazie per la segnalazione. Come mi sarebbe piaciuto che Ostellino fosse così attento, lucido e nitido nei suoi editoriali  sul Corriere della Sera. Spiace dover constatare che anche lui si sveglia con una decina d'anni di ritardo.

Ecco, bella e pronta, una seconda domanda per FdB: perchè il Corrierone non pubblica l'articolo di Ostellino apparso sul Corriere del Ticino (che così nessuno se lo fila) ? Dopo anni di pastoni pseudo liberal liberisti (e pro BS) Ostellino si sveglia dal letargo, che si era autoimposto (perchè come scrive nel suo articolo rivelatore l'editore c'entra nulla), e deve andare in Svizzera per liberarsi la coscienza. Un editoriale in prima pagina sul Corriere, ecco quello che dovrebbe fare FdB con l'articolo di Ostellino.

L'impressione è che, visto il punto a cui sono arrivate le cose, anche al Corriere si rendono conto che lo stile giornalistico domestico vada rivisto. Probabilmente intendono cambiare solo un po' per volta, senza dare troppo nell'occhio e senza dovere fare troppa autocritica, cercando anche di vedere le reazioni del "potere",perchè, come noto, anche al Corriere, "tengono famiglia". Ci sono sempre in ballo i contributi pubblici all'editoria, senza i quali, diversi giornalisti rischiano di perdere il posto e che sono sempre stati parte del problema della mancanza di indipendenza del giornalismo italiano. Perchè, se anche fosse vero, come dice Ostellino, che gli editori non telefonano in redazione, i politici invece lo fanno.

 

Patetico.

Questi liberalidelcazzo non hanno limiti.

(visibile solo agli abbonati) 

Ora è disponibile pubblicamente: http://www.cdt.ch/commenti-cdt/commento/49084/cause-della-crisi-perche-si-mente.html

Grazie per la segnalazione comunque ;)

www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/10/il-vero-deficit-e-di-classe-dirigente/150748/

I direttori dei giornali non sono anche loro classe dirigente?

Mi permetto una amichevole provocazione, appostando il seguente commento al post (che pur condivido nella sostanza): so what? Intendo dire, sono tutte cose che sappiamo: la stampa è mediocre, i personaggi illustri restano tali solo se mantengono un equilibrio "istituzionale e moderato", i lettori italici non cercano la verità ma vogliono solo riascoltare "la loro canzone preferita", etc... Ma queste domande, scusate, a chi le volete fare? e chi volete che vi risponda? e cosa? ed infine, chi se ne frega della risposta? giudicherà la storia (perchè dell'elettorato e del pubblico italico non ho stima).

Ciò detto, nel merito, vorrei qualificare il "sostanzialmente daccordo": è vero che Tremonti ha spesso distorto la realtà, ma essendo il Chief Financial Officer di una azienda in cui il CEO  è fuori di senno e gran parte della prima linea è costituita dalle di lui ex-amanti ed ex-maggiordomi io credo che Tremonti ci abbia oggettivamente messo del suo per portare in casa - ciò nonostante - il fabbisogno finanziario durante 3 anni difficilissimi, convincendo per un po' (non so come) gli investitori della solidità della storia italiana (ricchezza privata, banche solide, alto risparmio, basso debio delle famiglie, etc.) e tenendo così il Paese a galla. Ciò detto, ammetto che questa minima parte di buona fede - che secondo me gli si può riconoscere - non basta : il fatto che Fausto Tonna  (quello della Parmalat, NDR) abbia mentito per conseguire la propria missione professionale non lo assolve, ed è ovvio che uno statista davvero responsabile si sarebbe dovuto dimettere ben prima della crisi, denunciando la non-sostenibilità della traiettoria intrapresa dal suo dante causa. Dunque, mi associo senz'altro al pollice verso nei confronti di Voltremont. Consideriamo però anche che, pur se animati da buona fede massima ed abnegazione francescana, non è mai facile compiere gesti che comunque danno immediatamente fuoco alle polveri, lasciando il dubbio di essere stati nel torto e di aver portato il paese al macello finanziario... Consideriamo anche il peso della responsabilità di che deve assumere decisioni difficili!

Infine, credo che questo ragionamento di "ragion di stato" possa valere anche per molti "autorevoli commentatori": supponiamo di sapere che la nave è condannata quasi certamente ad affondare se non si cambia strategia togliendo risorse dal pompaggio e spostandole alla riparazione della falla; ma il comandante è incompetente e continua a tenere tutte le mani alle pompe, compresi i mastri d'ascia, e nessuno a riparare il fasciame; con questo sistema infatti la nave galleggia, ma noi (astuti ingegneri navali) sappiamo che la falla si sta allargando e presto supererà la portata delle pompe; e se la nave scende di un zic, la pressione dell'acqua aumenterà, e così il deficit delle pompe , e coleremo a picco nel giro di un'ora. Ma se si rende palese che la nave è condannata, tutti fuggiranno ed affonderemo in 10'. Meglio forse dire che il nostromo sta facendo bene a dirigere il pompaggio, e comprare tempo per far sì che il comandante capisca l'errore, oppure perchè prenda il comando un  guardiamarina ammutinato, competente in materia ?

Non voglio certo prendere le parti del governo nè dei suoi sodali volontari o prezzolati che siano (per carità!) ma esortare a considerare le cose con spirito obiettivo ed equanime: proprio perchè mi attendo che i lettori del Vostro sito (al contrario del pubblico a cui aspirano i giornali per vendere) non siano alla ricerca di conferme della propria opnione preconcetta, ma di analisi improntate alla verità fattuale.

 

 

convincendo per un po' (non so come) gli investitori della solidità della storia italiana (ricchezza privata, banche solide, alto risparmio, basso debio delle famiglie, etc.) e tenendo così il Paese a galla. 

Non condivido questa interpretazione. Io credo invece che raccontando balle e baggianate varie Tremonti e gli altri abbiano permesso alla situazione di aggravarsi. Non hanno tenuto il paese a galla, hanno ignorato il fatto che stava lentamente affondando (una barca che affonda lentamente pare che stia a galla, per un po') e ora devono correre in maniera scomposta e frettolosa a tappare il buco, facendo cosi' ancora piu' danni.

proprio perchè mi attendo che i lettori del Vostro sito (al contrario del pubblico a cui aspirano i giornali per vendere) non siano alla ricerca di conferme della propria opnione preconcetta, ma di analisi improntate alla verità fattuale.

Questo e' quello che abbiamo fatto. Che il paese stesse lentamente affondando mentre Voltremont e i mangiamorte rassicuravano il popolo l'abbiamo ripetutamente detto, documentato e commentato.

Il ragionamento che fai potrebbe avere una sua parte di verità se vi fosse evidenza che Tremonti, in questi anni ed in generale nella sua carriera, è persona che agisce in buona fede e per gli interessi del paese. Ma non abbiamo alcuna evidenza che così sia, anzi abbiamo quintali di evidenza che suggerisce l'opposto. Qui sta il problema.

È vero, a fronte di un patetico Brunetta (per non parlare degli altri pagliacci e ballerine che compongono il governo) che altro non ha chiesto per tre anni che spesa pubblica (perché lui ha non solo letto ma persino capito JMK), GT che questa volta l'ha negata potrebbe sembrare uomo saggio. Ma, da un lato tutti sembriamo saggi ed intelligenti se ci confrontiamo con Renato Brunetta e, dall'altro, il tremontiano rifiuto di aumentare la spesa è stato accompagnato da

- L'occupazione sistematica del potere economico dello stato, il suo allargamento ed una cinica e determinata azione tesa ad usare il potere statale per controllare il sistema economico nazionale. Marco Milanese è solo l'esempio più "scandaloso" di questo piano che Tremonti ha freddamente perseguito e persegue. La CDP, la Banca del Sud e le varie operazioni "dirette" sono molto più rilevanti. Nessuno si chiede perché mai, anche oggi, Tremonti non metta sul piatto le azioni delle varie aziende di stato, dall'ENEL alla, appunto, CDP. La risposta mi sembra chiara.

- L'elaborazione di un'ideologia che giustificava ed anzi promuoveva l'inazione dal lato della finanza pubblica e l'occupazione/controllo del potere economico reale dall'altro. I vari libri e discorsi che abbiamo ripreso e criticato non erano passatempi né errori. L'uomo ha dedicato una grande quantità di tempo a costruirsi un apparato ideologico, una "teoria" di cosa fosse il paese e di cosa avesse bisogno, una "visione" dell'Italia economica con lui al timone.

- Troppe sono le testimonianze e persino le esperienze dirette di un suo intervento (o diretto o mediato dai mangiamorte a lui più vicini) per gestire la stampa economica e per evitare il dibattito ed il confronto con chi lo criticava. Anche ignorando il trattamento censorio riservato a noi ed al nostro libro, vi ricordo l'episodio di Report, con puntata riparatrice, e la gestione delle conferenze stampa del ministro in cui i giornalisti "ostili" non hanno il diritto di far domande e vengono sistematicamente boicottati. 

- Eppoi vi sono le menzogne plateali ed intenzionali. Si può mentire per sbaglio o perché la situazione contingente lo richiede, per ragioni tattico/strategiche per così dire. Ma non si può mentire sistematicamente e continuamente per 18 anni. Diciotto, perché le prime esplicite menzogne politicamente rilevanti risalgono alla candidatura con il Patto Segni nel 1994 ed il successivo rapido salto della quaglia per entrare nel primo governo Berlusconi.

 

l'avevamo detto noi, l'avevamo detto noi, l'avevamo detto noi, l'avevamo detto noi,...

 

 

Ok, questo l'avevate detto pero' che statistica avete di previsioni giuste  :) ?

In economia si sente tutto ed il contrario di tutto e sicuramente qlc azzecca quello che succedera' pero' alla fine e' la probabilita' di fare una serie di previsioni esatte che importa.

 

Sono d'accordo. Tutto il male possibile di Tremonti ma, al di là del personaggio, in generale "l'avevamo detto noi" è un po' consolatorio ed è difficile sempre distringuere tra quando uno ci azzecca e quando invece ha il 'modello giusto' tra le mani. E poi mi sembra che qui tutti si concentrino sul problema del deficit pubblico. In fondo anche voi dite che Voltremort non l'ha abbassato in modo convincente né bene. Sulla idea che il deficit pubblico sia la causa degli spreads la vostra tesi mi sembra che coincida con quella di Monti e di altri. Vedo invece che il Sole 24 Ore sta proponendo da qualche tempo anche una lettura un po' diversa del problema. Non sono in grado di giudicare a fondo, e non capisco come si possa convincere i tedeschi a cambiare linea. Ma mi sembra interessante:

 

www.emilianobrancaccio.it/wp-content/uploads/2011/08/brancaccio-sole24-ore-190811.pdf

 

 

Igor, ti rispondo anche se ovviamente la domanda sembri rivolgerla agli autori del post e non certo a me, che peraltro rispondo quello che penso io.

Il problema qui non è che su questi schermi si siano proposte previsioni poi avveratesi o invece rivelatesi false: mi pare che qui nessuno legga tarocchi ma piuttosto ci si sforza di sbugiardare affermazioni taroccate.

Quello che si solleva, da quello che ho capito, è un problema di deontologia professionale, nel migliore dei casi, e di faccia-di-bronzo nel peggiore. Qui siamo davanti a gente che, come i giornalisti richiamati, cambia radicalmente toni e posizioni, con la stessa ottusa sicumera mostrata inizialmente nel sostenere posizioni contrarie o nell'avallare le tesi espresse da Tremonti.

La lettura quotidiana del Corriere, non solo nella ridicola edizione on line, ma anche in quella cartacea, mi fa pensare che siamo dinnanzi a una studiata e reitarata vicinanza del corriere, e di chi ci scrive, alle posizioni del potere economico in un certo momento prevalente. Un po' è servilismo, forse, un po' è una tradizione di compassata, e direi anche grigia e scialba moderazione, una moderazione che si traveste da ragionevolezza ma che finisce poi per portare acqua a posizioni che, come in questo caso, si rivelano irragionevoli e dannose per il paese. E su questa capacità di passare asciutto fra le gocce di pioggia durante il temporale, il Corriere ci ha costruito tutta la sua "autorevolezza", che consiste nel rimanere appunto sempre a galla e nel cambiare casacca a seconda delle convenienze, perché per un Scilipoti che cambia casacca politica in tempi sospetti abbiamo un De Bortoli che cambia toni e casacca "intellettuale" in tempi altrettanto sospetti. Sarà un caso, ma a parte gli editoriali di Rizzo e Stella, che usano fare nome e cognomi, mi pare che nel Corriere abbondino, o abbondassero, tutti quei personaggi che spaziano da Ostellino fino a Romano, passando per Bortoli e Mieli che ormai sono parte del mobilio del giornale stesso e che si caratterizzano tutti per una cifra stilistica fatta di sussurri e frasi limate in editoriali che non vanno mai al punto.

Comunque, al di là del tartufismo e dei silenzi calcolati del Corriere, rimane che se crisi del paese deve essere questa deve portare a ridiscutere anche la qualità, la preparazione e la decenza morale di tutta la classa dirigente, che non coincide solo con i parlamentari ma si estende appunto anche ai giornalisti, che hanno anch'essi la loro bella parte di responsabilità nel averci condotto dove siamo.

Concediamo dunque pure il beneficio del dubbio che i silenzi non fossero servilismo, non fossero scambio fra un editore che prende soldi pubblici e un ministro che li elargisce, diamo per buono tutto questo...rimane che non essere stati in grado di dare onestamente conto (dico onestamente perché sarebbe bastato anche dare voce a chi pubblicava libri polemici contro Tremonti, senza doverne sottoscrivere le tesi sostenute) di quanto accadeva negli anni passati è una colpa, una colpa che queste primedonne del giornalismo italiano, che galleggiano nella pozza italica da ormai troppi anni, e sempre con incarichi di rilievo, devono espiare lasciando il posto a persone più preparate e coraggiose di loro.

PS: mi permetto di notare che non è neanche la prima volta che al Corriere soffrono di strabismi di Venere adatti giusto ad apparire più seducenti al potere politico in carica. Ricordo perfettamente gli articoli dedicati ad Antonio Fazio e ai suoi studi tomisti e a come questi potessero diventare il contraltare etico del capitalismo, e di come la frequentazione di cappelle e altari ispirasse l'operato del governatore...salvo che poi anche al Corriere hanno messo via inginocchiatoi e turiboli e hanno finalmente parlato dei ben più profani altarini tra i quali si aggirava l'emulo di S. Tommaso. 

Commento non ricevibile: fa affermazioni inconsistenti con il contenuto del post.

Non l'hai chiaramente letto (I am taking the most benevolent of the two possible explanations).

Ne riparliamo dopo che l'hai letto, alpha, beta e gamma notwithstanding.

Gentili Professori,

forse un poco di responsabilità dovrebbe ricadere anche su alcuni illustri economisti che si dilettano con la stampa, regalando contributi fondamentali.

Questo, ad esempio, è il Prof. Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera il 02 agosto 2011:

" ...Silvio Berlusconi ha un'ultima chance per salvare se stesso, il suo governo, e non ultimo questo sfortunato Paese. Egli è stato un imprenditore che nella sua vita ha saputo cogliere grandi successi. Dia prova di saper affrontare questa nuova emergenza. È in grado, se lo vuole, di prendere in mano il timone della politica economica. Lasci perdere leggi e leggine ad personam. Pensi al Paese. È un'opera in cui l'intuizione è più importante delle scelte tecniche e Berlusconi, diversamente dai suoi ministri economici, non ha mai avuto dubbi che si dovesse lavorare per la crescita ..."

D'accordo su tutto il contenuto del vostro articolo, ma se dalla Bocconi arrivano al Corriere contributi di questo genere, siamo messi male.

 

 

Questo, ad esempio, è il Prof. Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera il 02 agosto 2011:

Dai, non mi pare che questo sia il vero Giavazzi-pensiero. Mi appare, più che altro, un tentativo di titillare l'orgoglio e la vanità di Berlusconi, al fine di convicerlo a opporsi ad una manovra (in particolare per come si prospettava in quei giorni) che l'economista, a ragione, riteneva idiota.

Un appunto. Le lodi del ministro Voltremont, ahimè, non le tessevano solo i giornalisti e commentatori nostrani, ma spesso si sentivano frasi di ammirazione per "l'oculata politica fiscale del Ministro delle Finanze" anche da parte delle autorità europee e di prestigiosi quotidiani esteri, anche molto critici con il Governo italiano. Un esempio per tutti:

Thanks to the tight fiscal policy of Mr Berlusconi’s finance minister, Giulio Tremonti, Italy has so far escaped the markets’ wrath.


tratto da, The man who screwed an entire country, dell'Economist. All'interno del reportage, se non ricordo male, si trovano ulterirori encomi.

 


Forse la posizione di appiattimento verso certi luoghi comuni è anche semplicemente sintomo di una sorta di pigrizia nell'analizzare certi fenomeni con più accuratezza

Difficile dire qualcosa di diverso da quanto già detto da chi mi ha preceduto, avrei una domanda per voi che avete molta più esperienza internazionale di me; personaggi come Romano/DeBortoli/Riotta cosa farebbero in un altro paese? Sarebbero nelle stesse posizioni o (credo) a spazzare le redazioni?

Dove sarebbe Mr. T in un altro paese riesco a immaginarlo da solo!

La risposta è secondo me meno ovvia di quel che può sembrare a prima vista. Tutti questi signori a me non paiono degli sciocchi, tutt'altro. Il loro comportamento è conseguenza del mondo in cui sono inseriti. Alcuni, De Bortoli in partcolare, qualche sforzo di salvaguardia della decenza lo hanno fatto.

Cosa farebbero in un altro sistema, in cui la carriera giornalistica si fa in base alla professionalità e alla competenza? Può anche darsi che tutti questi signori farebbero bene, come ho detto a me non paiono degli sciocchi. Ma certo non succederebbe che Riotta, che per sua ammissione (oltre che per ovvia e diretta osservazione di quello che dice) non sa nulla di economia possa essere nominato direttore del principale quotidiano economico del paese. Né a nessuno verrebbe in mente di proclamare unilateralmente Tremonti uomo dell'anno per l'economia, whatever that means.

 

Mi chiedo quanto influisca la stampa sui vari sondaggi a proposito della popolarità dei vari ministri.
Si nota un calo della popolarità di Tremonti. È frutto di una autonoma consapevolezza degli italiani oppure è perché è cambiato il clima sulla stampa? Oppure il clima sulla stampa è cambiato perché, leggendo i sondaggi gli stessi giornalisti hanno rettificato il tiro per continuare a seguire l'onda?

E che dire allora del fatto che da mesi il ministro più amato dagli italiani pare essere Renato Brunetta, altro personaggio sul cui operato NfA ha dedicato analisi accurate?

 

il ministro più amato dagli italiani pare essere Renato Brunetta

gli italiani vanno pazzi per la commedia dell'arte

Citarsi è brutto, ma mi pare che tutta la discussione sia riassumibile qui (2010) o addirittura qui (2007).

Il mercato dei media italiano è per certi versi simile ad un monopsonio: c'è un grande lettore, il Parlamento, che elargisce sussidi a destra e manca divenendo così il primo cliente di tutti i quotidiani.

Il risultato è un'offerta giornalistica piegata sugli interessi della politica, anzichè votata agli interessi dei lettori (e della qualità).

Non stupisce, pertanto, che le critiche a Tremonti siano andate di pari passo con il suo indebolimento politico.

Ciò serve per ricordare che, mentre tagliano le spese, potrebbero dare una bella sforbiciata a questa porcheria.

Vero che senza sussidi tanti giornali chiuderebbero e certi tromboni smetterebbero di fare aria, ma gli italiani in edicola a comprare certi giornali ci vanno senza che nessuno li obblighi.

Probabilmente perchè quel che dicono certi tromboni a loro piace, altrimenti non si spiega.

Io non credo che detti tromboni influenzino l'opinione pubblica, piuttosto ne sono l'espressione.

Fino a ieri Tremonti era un genio, adesso è un pirla. Se ci pensi sono esattamente le stesse cose che senti al bar sotto casa. Cose che evidentemente alla gente piace sentirsi ripetere.

Insomma: il corriere, Repubblica, il giornale sono, per gli italiani, una versione più evoluta di quello che Tuttosport è per gli Juventini. 

 

Il risultato è un'offerta giornalistica piegata sugli interessi della politica, anzichè votata agli interessi dei lettori (e della qualità).

ecco un pronto esempio dal tg1

A proposito dello stato del giornalismo italiano.

Cercate come viene data la notizia della corte olandese,  che ha condannato Samsung per aver infranto un brevetto Apple. Sui gionali inglesi viene riportata correttamente, su molti giornali italiani si parla di blocco UE alle vendite dei prodotti Samsung in tutta europa!?

Ricorda, oltre al fallimento del Minnesota, anche il caso del colpo di stato in Turchia che è esistito solo sui nostri giornali o la mediazione BS in, non ricordo più quante, crisi internazionali.

Qui è un casino.

Apple ha fatto causa sia in Germania che in Olanda, la prima avrebbe dovuto porre un bando per tutta l'europa (tranne l' Olanda) ma qualche tribunale ha deciso che no, era valida solo per la Germania.Poi qualche giorno dopo c'è stata la sentenza olandese.

Cosa abbiano capito i giornali italiani non ne ho idea.

Comunque trovo scandaloso che si rilascino brevetti per cazzate tipo sbloccare lo schermo trascinando un' icona.

Ottimo articolo anche secondo me, concordo dalla prima all'ultima parola. Tremonti era stato elevato a pensatore del secolo dalla stampa italiana

Solo Calderoli con la Patrimoniale sugli evasori riesce a fare meglio!

http://www.repubblica.it/politica/2011/08/26/news/lettera_veltroni-20884888/?ref=HREC1-1

due cose:

1) ma. cosa. vuole. ancora?

2) e soprattutto, perché a repubblica, invece di commentarla come meriterebbe, o di cestinarla direttamente, pubblicano con grande rilievo il vaniloquio inconcludente di una mezza tacca ampiamente screditata come WV? 

qui non siamo nemmeno all'"ossequio istintivo verso il potente, la paura di esser tagliati fuori dal giro buono", per usare le parole del post. qui la stampa, ampiamente finanziata dal contribuente, è semplicemente strumento di auto-perpetuazione di una elite (?) senza argomenti o credibilità, che si parla addosso da anni e anni.. 

(per ridere)

veltroni, o della coazione a ripetere:

http://www.freddynietzsche.com/2011/08/28/la-fatica-di-cambiare-le-cose/

 

Stiamo prendendo la situazione economica e della stampa italiana troppo seriamente. Ricordiamoci che in Italia la situazione può essere grave ma non può mai essere seria (cit.)

Quindi facciamoci quattro risate:

Così il Cav. mantiene lo spirito liberale del PDL

 

Vi segnalo (vedere link sotto) l'ennesimo editoriale del corriere della sera in cui Giovanni Sartori sproloquia di economia (con l'aggravante di chi pensa di dire Verità assolute!). So che in passato sono stati scritti post di risposta alle sciocchezze "sartoriare", ma ho pensato di segnalarvi questo articolo perché stavolta Sartori si è superato! Scrivere un editoriale in cui in ogni rigo ci sono imprecisioni, sciocchezze, luoghi comuni e castronerie che neanche al bar si sentono, è davvero difficile! Basta leggere questo articolo per capire come la stampa italiana contribuisca ad abbassare la qualità del dibattito economico (e non solo) in Italia!

 


http://www.corriere.it/editoriali/11_agosto_29/un-tracollo-ben-preparato-giovanni-sartori_d8446e96-d1fc-11e0-a205-8c1e98b416f7.shtml

 

 

 

 

L'ho letto anche io e sono rimasto attonito.

Attraversa tutto lo spettro delle sciocchezze insite al modello "superfisso", passando in maniera incoerente dagli attacchi latouchiani alla crescita, al luddismo, ad uno uno pseudo-marxismo, per giungere alla conclusione che "berlusconi è un'illusionista".

Che fine ha fatto l'autore delle "lezioni di democrazia?"

Ultimamente leggo vostre interviste sul maggiore quotidiano locale della mia città, da sempre di area catto-destrorsa. Ciò mi fa credere che Tremonti (e il governo) abbia le ore contate e che è solo questione di tempo. Si sta preparando il dopo Silvio e la sua demolizione?

Ossia?

scusate...se su Tremonti si possono dire molte cose...che dire delle contromanovre di sbilanciamoci.info o di quella presentata dalla CGIL in commissione bilancio al senato ?Quella di sbilanciamoci è proprio ridicola,già per il fatto che in realtà ridurrebbe i saldi solo di 11 miliardi nel 2012,5 milioni nel 2013 e 700 milioni per il 2014...quella della CGIL è tutta praticamente incentrata sulle entrate e nella tabella mi pare ci sia un po' di confusione...io trovo ancora la riduzione della agevolazioni che poi pero' non fanno tornare i conti....il tutto anche in riferimenti proprio ai giornalisti...possibile che nessuno se ne accorga?

www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/04/a-lamezia-va-in-scena-la-contro-cernobbioil-forum-dedicato-alleconomia-sostenibile/155265/comment-page-1/

www.sbilanciamoci.info/content/download/22253/118455/file/Contromanovra2011.pdf

www.parlamento.it/documenti/repository/commissioni/comm05/documenti_acquisiti/CGIL.pdf

 

e vogliamo poi parlare delle proposte del PD o di IDV?Tralasciando naturalmente quelle di Rifondaroli e comunisti italiani?Forse forse le uniche proposte un po' piu' sensate possono essere quelle di Baldassarri di FLI,ci metteri Nicola Rossi e pochi altri del PD dei piu' liberal (compreso Ichino)...il resto davvero...altro che Tremonti....

 

 

Dal Corriere del Ticino di oggi (leggibile solo agli abbonati, quindi copio ed incollo)

Speciale di due pagine (la 2 e la 3, con titolone in prima pagina) su Tremonti e Milanese.
La vicenda è ricostuita nei dettagli e c'è anche un intervista a Gian Antonio Stella.

Ta i redazionali di contorno ecco questo, che riguarda cio' di cui ci si occupa qui.

 


Tutto quello che i giornalisti non osano scrivere
Tremonti fa paura. I giornalisti da noi con­tattati per parlare del caso Milanese, so­prattutto di area romana e lombarda, han­no sempre risposto cortesemente alle nostre domande, chiedendo però di non essere citati. Strano? Forse non così tan­to. Questo dimostra come il ministro del­l’Economia italiano, pur in un momento di grande difficoltà personale e politica, riesca ancora ad intimorire il mondo dei media. Che, a microfoni spenti, si lancia in previsioni e abbozza prospettive, in un momento di forte crisi per il Paese. Le diverse posizioni si posso riassumere così.
«DOPO L’ARRESTO DI MILANESE, CADRÀ ANCHE IL GOVERNO» Se arrestano Milanese, e lui comincia a «cantare», si potrebbe scoprire che Giu­lio Tremonti fosse al corrente dei suoi lo­schi traffici. Così il ministro sarebbe co­stretto a dimettersi. E la possibilità non è poi così remota «essendo detestato al­l’interno del PdL, come lo è il suo ex brac­cio destro». Ma chi ci guadagnerebbe dal­l’uscita di scena di Tremonti? «Fino a ie­ri Silvio Berlusconi. Ma oggi il Cavaliere è davvero troppo debole per reggere il colpo: se Tremonti lascia, cadrà pure il Governo».
«TREMONTI? UN DEAD MAN WALKING, MENTRE BERLUSCONI LA SCAMPERÀ» «In alcuni ambienti giornalistici Tremon­ti è già definito un dead man walking: do­po il caso Milanese si può considerare un uomo politicamente defunto, anche la Lega lo sta abbandonando...». Ma se muore lui non è detto che muoia anche Berlusconi. «Negli ultimi tempi il Cavalie­re è riuscito a staccarsi dal ministro. At­tualmente il rapporto cruciale per il pre­mier è quello con Bossi».
«NESSUN ARRESTO IN VISTA»
L’idea dei leghisti, perché la differenza la faranno loro, è quella di salvare Mila­nese dall’arresto, anche se il partito, di­viso al suo interno, potrebbe votare in ordine sparso (come del resto aveva già fatto nel caso del deputato PdL Alfonso Papa). «Milanese verrà salvato, soprat­tutto per evitare la cascata di conseguen­ze negative che il suo arresto potrebbe provocare: dimissioni di Tremonti prima e fine di Berlusconi poi. A meno che la Lega voglia far saltare il governo, ma non credo che abbia la forza di volere che questo accada…».

 

 

modesto avviso del sottoscritto, sara' auspicabile che tremonti venga visto storicamente come beneduce. forget, if not forgive, maybe the only way