(Non Steve) Jobs Act: i Decreti Delegati. Atto 1

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Il 24 Dicembre l'esecutivo ha reso pubblico il testo dei primi Decreti Delegati, utilizzando la delega ottenuta con il cd. Job's Act o Jobs Act, stasera qualcuno lo ha chiamato Job Act, insomma parliamo della legge delega al governo in materia di contratti di lavoro, 183/14.

Il testo dei decreti delegati si può leggere qui. Mi soffermerò brevemente sulla questione che a me sembra, in un periodo di crisi e ristrutturazione come questo, quella piu' rilevante sul piano macroeconomico: la regolazione dei licenziamenti collettivi. Non ritengo invece interessante la diatriba sull'applicabilità o meno al settore pubblico. Ammesso e non concesso il governo rendesse le norme della 183/14 applicabili anche al settore pubblico, vorrei proprio vedere quale amministrazione pubblica licenzierebbe e chi! Non licenziano i condannati per corruzione in via definitiva e gli assenteisti, per non parlare delle maestre assunte mentre sono sotto processo per percosse, figuriamoci i lavativi semplici. 

I punti che vale la pena sottolineare sono, a mio parere, due: da un lato le condizioni sotto le quali il licenziamento collettivo e' possibile e, dall'altro, la curiosa mancanza di una clausola “ponte” o di salvaguardia. Il decreto dice:

 

Art. 10 – Licenziamento collettivo.
In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto [due mensilità per ogni anno, NdR]. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all’articolo 3, comma 1 [mensilità riconosciute per ogni anno di servizio].

L'aspetto innovativo è che ora il giudice può al massimo stabilire il numero di mensilità “risarcitorie”, ma se c'è un accordo precedente, o se l'azienda si attiene alla lettera della legge, il licenziamento è legittimo, si paga e tutto finisce lì. In questo meccanismo automatico manca qualcosa (o meglio qualcuno): i sindacati. Fino ad oggi quando si voleva chiudere un'azienda o un ramo di attività, in perdita o meno che fossero, cominciava per forza di cose un lungo tira e molla con i sindacalisti. Questi erano controparte obbligata per legge e questo dava loro un potere sia enorme che abnorme.

Con questi decreti attuativi spariscono sindacati e sindacalisti, anzi nemmeno vengono nominati. Ben si capisce, quindi, l'astio di Camusso & Co. nei confronti di una legge che semplicemente li ignora e ne ridimensiona quindi il potere interdittivo e di veto che aveva loro dato, nei quasi 50 anni precedenti, l'enorme ruolo che hanno nell'economia italiana. Vedremo se questo atteggiamento del governo continuerà o assisteremo a una qualche retromarcia.

Qui sorge la curiosità, per cosi' dire: manca completamente una norma che disciplini sia “la furbata" (ovvero: la finta chiusura di uno stabilimento/attività/azienda/whatever e la riapertura con una newco che riassuma i dipendenti con un nuovo contratto) che il semplice e regolare riassorbimento a fronte di crisi effettive, ristrutturazione stile "Chapter 11 negli USA" e riapertura di una nuova societa' che riesce ad occupare, a condizioni diverse, almeno una parte dei dipendenti di quella decotta. Chi lavora con il gruppo FIAT, ad esempio, ben sa che più di una volta la FIAT ha cambiato ragione sociale ad uno stabilimento per i motivi piu' svariati, spesso interni (lo stabilimento di Pomigliano è una newco, ad esempio, e a breve lo dovrebbe diventare anche Melfi). Lo ha fatto licenziando e riassumendo (riassorbendo, in gergo sindacale) i lavoratori i quali, quindi, si trovavano a firmare un nuovo contratto a fronte di una semplice riorganizzazione societaria di natura del tutto finanziaria ed aliena all'attivita' industriale vera e propria. Un caso tipico di "riassorbimento da vera ristrutturazione" e' quello delle fusioni in campo bancario, con sportelli della banca assorbita ceduti dalla sera alla mattina. In tutti questi casi normalmente i lavoratori sono "riassorbiti" con stipendi e mansioni uguali a prima e nulla cambia. Ecco, questo era vero sino ad ora ma ora  una domanda sorge ovvia: l'art.18 che fine fa ? Si mantiene, come un diritto acquisito, o essendo i dipendenti entrati in un "nuovo rapporto di lavoro" con una nuova azienda, cessa di applicarsi?

Molti paventano licenziamenti in massa nel prossimo futuro per trarre vantaggio di questa "dimenticanza", io lo dubito per ovvie ragioni politiche e di governo dell'azienda, ma non e' questo il punto. Il punto che m'interessa e' notare che di una sorprendente dimenticanza si tratta perche' vi sono "riassorbimenti-furbata" e vi sono "riassorbimenti-veri" ... e la differenza conta! Nel secondo caso chi è svantaggiato è l'azienda, che si potrebbe trovare di fronte a contenziosi e proteste pur avendo compiuto una ristrutturazione e creazione di newco del tutto legittime senza le quali l'impresa precedente avrebbe semplicemente chiuso mandando tutti a casa. 

Ecco, manca una norma che disciplini quello che già avviene costantemente, magari una norma in via transitoria, ma manca. Dimenticata per sbadatezza, incompetenza, o volutamente? Ah, saperlo...

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Commenti

Ci sono 47 commenti

Il regime introdotto sui licenziamenti è di tipo "risarcitorio", il giudice può al massimo stabilire su che base calcolare il risarcimento, quello che ho mancato di esplicitare (la fretta e i troppi roccocò...) è che se l'azienda paga subito il massimo che un giudice può infliggere (24 mensilità di stipendio) il giudizio non si pone proprio.

Rimangono fuori solo i licenziamenti "discriminatori", difficilmente dimostrabili in caso di licenziamenti collettivi, a meno di clamorose fesserie (ad es.: sono licenziate solo le operaie incinte, oppure solo gli iscritti a un determinato sindacato).

Non sarei così sicuro circa il fatto che il pubblico non applicherebbe mai una simile norma. Il pubblico non sono solo Ministeri e Regioni, ci sono per esempio le Aziende sanitarie, i piccoli Comuni, etc. etc., tutti soggetti ai quali in determinate circostanze una simile norma potrebbe far comodo. Non sottovaluterei poi neppure la componente, come dire, psicologica, perchè avere anche una remota possibilità di essere licenziati potrebbe indurre a comportamenti meno strafottenti una serie di dipendenti pubblici. Infine è una questione di equità. Certo, se ho capito bene, i tempi di applicabilità nel pubblico sono epocali, visto che si applica solo ai nuovi assunti...

Non ho idea se il potere "ricattatorio" esista nell'ambito del pubblico, teoricamente gli strumenti esisterebbero già (anche nel pubblico, ad esempio  si può licenziare per motivi disciplinari), ma sono inapplicati, non vedo perchè uno strumento diverso possa avere un qualsiasi effetto.

Per chiarire: il potere di licenziamento nella PA risede in funzioni apicali, talvolta politiche (il dipendente comunale può essere licenziato solo dal Sindaco con atto di giunta), talvolta talmente alte che la richiesta di un licenziamento può essere alla fine di una lunga serie di pratiche, nel frattempo il dirigente che ha fatto richiesta si trova nello stesso ufficio la stessa persona di cui ha chiesto il licenziamento, con tutte le problematiche del caso, anche sgradevoli, per cui in massima parte si preferisce richiedere il trasferimento, più facile da ottenere e più rapido, anche per evitare responsabilità e ritorsioni, oltrettutto essendo deresponsabilizzati (Chi me lo fa fare ?).

Diverso il caso se il licenziamento fosse demandato al funzionario responsabile dell'Ufficio, in quel caso una norma potrebbe aver senso, dopo aver responsabilizzato i titolari deggli uffici. Per questo lo ritengo poco interessante il dibattito, si scontra con la realtà.

La "dimenticanza" è una scelta ben precisa.

Renzi ha bisogno, per motivi elettorali, che la riforma abbia effetti visibili il prima possibile: quale modo migliore che consentire la applicazione al maggior numero possibile di contratti già in essere delle "tutele (a.k.a. monetizzazioni) crescenti"?

nel caso degli statali se l'eventuale risarcimento è in capo al dirigente, non verrà licnziato nessuno, se in capo alla P.A. il dirigente che firma il licenziamento dovrebbe esser soggetto al rischio di danno erariale. Insomma faccenda ingarbugliata.

per evitare che il rischio di danno erariale scoraggi ogni licenziamento nel pubblico, anche quelli sacrosanti, si dovrebbe disgiungere la responsabilità erariale da chi attiva il processo, ma anche avere ben chiare le procedure per attivarlo. 

 

Fino ad oggi quando si voleva chiudere un'azienda o un ramo di attività, in perdita o meno che fossero, cominciava per forza di cose un lungo tira e molla con i sindacalisti. Questi erano controparte obbligata per legge e questo dava loro un potere sia enorme che abnorme.

 

Stai sopravalutando il potere interdittivo e di veto dei sindacati nel caso di licenziamenti collettivi. Gli obblighi dell'impresa che licenzia più di un certo numero di dipendenti verso i sindacati è di informativa, consultazione e comunicazione. Nel caso di licenziamenti collettivi i sindacati oltre a proporre soluzioni alternative e a monitorare la regolarità delle procedure, magari utilizzando tutto il tempo a disposizione per arrivare a un eventuale accordo alternativo, hanno poco altro su cui esercitare un proprio potere sull'impresa. Cioé l'impresa trascorso il tempo per le consultazioni può dare attuazione al proprio piano iniziale senza tener conto delle proposte sindacali.

Si legge che il governo prevede di costituire una newco a cui conferire gli  impianti dell'ILVA per  risanarla, gestirla e poi rivenderla ai privati. Presumo che si applicheranno le nuove norme - non ci sarebbe tempo di licenziare e riassumere tutti col vecchio ordinamente. Vediamo cosa dicono i sindacati, che spingono per questa soluzione al problema di Taranto

Interessante la newco, vediamo cosa diranno i sindacati, ci sarà da divertirsi.

Attenzione che se il trasferimento degli impianti dalla ILVA alla newco è realizzato tramite cessione di ramo d'azienda per i lavoratori non c'è nessun nuovo contratto in essere da firmare, ma il precedente continua invariato col nuovo titolare.

Nella mia esperienza personale, mi venne solo comunicato che dal giorno X la busta paga cambiava intestazione.

 

Si, interessante. Anche perché si tratta di un "esperimento" verso il quale Governo, parti sociali e lavoratori guarderanno con molta attenzione. E l'attenzione sarà tanto maggiore perché se da un lato, forse, il jobs act "forgerà" una nuova struttura industriale che nascerà probabilmente già vecchia e occuperà "vecchi" lavoratori targati come "nuovi", dall'altro si assisterà alla creazione di un Golem industriale pseudotecnologico in grado di garantire poco o nulla.

 

Quello su cui nutro forti, fortissimi dubbi, è la reale possibilità o fattibilità della messa a norma degli impianti che riguardano quell'aerea a caldo così prossima ai centri abitati.

 

È economicamente sostenibile e tecnicamente praticabile? Direi che a Taranto si consumerà l'attrito tra tre differenti falde sociali: la legittima richiesta di lavoro, l'inalienabile diritto alla salute e la reindustrializzazione a tappe forzate.