Perchè voterò SI

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Il post di Michele non mi ha convinto affatto

Iniziamo dal merito della riforma (ebbene si, si vota su una riforma). In ordine di importanza

i) riduce i poteri delle regioni. Michele sostiene che un vero federalismo fiscale sia necessario per la, se non LA, soluzione dei problemi italiani. Io non sono d’accordo, e magari ne discuteremo prima o poi, ma questo non è rilevante in queste circostanza. Qui si propone di cambiare il federalismo all’italiana (Titolo V), creato dalla sciagurata riforma costituzionale del 2001. E' un mostro. Non c’è un vero federalismo fiscale, perchè lo stato continua a controllare il grosso delle risorse regionali (ogni anno lo stanziamento per la sanità è nella legge di stabilità) e concede loro la possibilità di imporre addizionali entro certi limiti che stabilisce ogni anno. In compenso le regioni hanno competenze su alcune materie e una sorta di diritto di veto su una lunga serie di norme, . La riforma riduce questo potere di veto e riordina le competenze. A quanto ne so, molte regioni hanno usato le loro competenze ed il loro diritto di veto male. Hanno usato i poteri concorrenti per raccogliere consenso a buon mercato, spesso solleticando gli istinti NIMBY della popolazione e sono divenute ulteriori centri di potere e clientelismo. La differenza di efficienza dei sistemi sanitari è sotto gli occhi di tutti.  Ridurne le competenze (starve the clientelist beast) è un primo, utile, passo.

ii) riduce i poteri del Senato e lo trasforma in assemblea di secondo livello (formata da sindaci e consiglieri regionali). Ufficialmente lo trasforma in camera delle regioni, alla tedesca – ma questo è a mio avviso un window dressing. Una camera delle regioni ha senso se queste sono fiscalmente autonome e potenti – se le si depotenzia (cf i), non serve. Due camere con lo stesso sistema elettorale come nelle prima repubblica sono un inutile doppione – fanno solo perdere tempo. Due camere con diverso sistema elettorale, come ora, sono una ricetta per l’ingovernabilità. Sarebbe stato meglio abolire del tutto il Senato e magari imporre due letture per le leggi eticamente sensibili, ma si è rivelato politicamente impossibile. PS due argomenti dell’attuale campagna sono ridicoli. Pro: si risparmiano soldi. Il costo delle camere è una piccola frazione del bilancio pubblico (ca 1 miliardo su 600-700) e comunque il grosso sono stipendi dei dipendenti  che non si possono licenziare. Contro: i senatori sono nominati e non eletti. Non è tecnicamente vero – visto che sono tutti eletti (come sindaci o consiglieri regionali) e la procedura di selezione è ancora da determinare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della costituzione. E poi so what? Dovranno fare poco, e comunque gl italiani votarono contro le preferenze nel 1991, dopo decenni di pessime esperienze (io me le ricordo bene)

iii) abolisce CNEL e province. Il primo è un provvedimento utile ma di impatto tendente a zero. Il secondo è di facciata: si aboliscono un po’ di poltrone, ma i dipendenti rimangono e devono essere ricollocati (cf. i)

iv) modifica le procedure di elezione del presidente della repubblica. Stabilisce che dopo il quarto scrutinio siano necessari 3/5 degli aventi diritto=438 votanti (630 deputati, 100 senatori). I parlamentari del partito di maggioranza alla camera con l’Italicum sono 347 e quindi appare improbabile che il partito vincente elegga il presidente. Anche perchè l’esperienza passata ha dimostrato che le maggioranze blindate sulla carta si squagliano allo scrutinio segreto (chiedere Sforza, Malagodi, Andreotti, Fanfani etc.)

v) disposizioni minori – sulle firme dei referendum, parere della Consulta sulle leggi elettorali, nomima dei giudici della Consulta etc. Sono in complesso ragionevoli, ma di impatto modesto

Nel complesso, non certo una riforma ideale, ma comunque positiva. Meglio un uovo oggi che nulla (o magari un pennuto mostruoso) domani.

Ma non prendiamoci in giro. Ormai il referendum è divenuto un referendum sul governo. In parte è inevitabile in parte è dovuto alla presuzione di Renzi (e forse anche al suo errore di rompere con SB su Mattarella per rincorrere la sinistra PD). Ed infatti il ragionamento di Michele è prevalentemente politico. Se ho capito bene, lui voterà NO per costringere il parlamento a fare una nuova legge elettorale e quindi impedire che la versione italiana del populismo, il Movimento Cinque Stelle, vinca al ballottaggio (Salvini è più populista in senso 'proprio' ma non ha chances, almeno finchè il mercato è occupato dal M5S). L’argomento in se non mi convince.

E’ altamente probabile che la vittoria del NO imponga una revisione dell’Italicum, che comunque ora è chiesta da tutti ed accettata da Renzi (che teme di perdere). Inoltre è possibile che la Corte Costituzionali  dichiari incostituzionale parte dell'Italicum. L’esperienza però insegna che è praticamente impossibile approvare una legge elettorale condivisa: tutti i partiti, partitini e correnti vogliono la legge che massimizzi le loro possibilità di vittoria/sopravvivenza. Porcellum ed Italicum furono approvati a colpi di maggioranza più o meno coesa (per l’Italicum molto forzatamente coesa). Ma se vince il NO non ci sarà maggioranza (vedi sotto). L’esito meno improbabile sarà un ritorno al proporzionale con soglia di sbarramento bassissima. Cioè il ritorno alla prima repubblica. Forse è il destino del paese, ma è anche la fine di ogni speranza di riforma.

E qui veniamo al punto cruciale.  La vittoria del NO segnerebbe la fine politica di Renzi – che al massimo potrebbe rimanere come re travicello di una coalizione ampia. Michele ha ragione: la dicotomia destra/sinistra sta scomparendo, ma non per questo è scomparsa la divisione in due campi. Ora nel mondo occidentale è fra modernizzatori (che accettano la globalizzazione e sono disposti a pagarne il prezzo in temini di riforme) e populisti (che sperano nell'impossibile - i benefici della globalizzazione senza i suoi prezzi). E' ovvio che la maggioranza degli italiani sta con i populisti. Personalmente, non amo molto Renzi. Ha fatto cose buone (la legge sulle unioni civili, il Jobs Act, la legge sulle popolari), cose mediocri (la riforma della PA e della scuola) ed una politica economica da mediocre a pessima. Sono però convinto che ha fatto quasi il massimo possibile data la situazione politica generale e l’ostilità degli elettori alle riforme.  Credo sia evidente che è l'unico leader possibile di uno schieramento modernizzatore. Chi ci mettiamo? D'Alema? Bersani? Parisi? Berlusconi? 

 In caso di vittoria del NO, la soluzione quasi obbligata  è un governo di larghe intese in attesa dell’approvazione della nuova legge elettorale. Lo abbiamo già avuto con Letta. Personalmente, preferisco Letta a Renzi – è più competente, colto, parla le lingue (e poi è pisano e non fiorentino). Solo che, paralizzato dai veti della sua ampia maggioranza, non ha fatto nulla per un anno e mezzo. Se vincesse il NO, si avrebbe una totale paralisi, colla prospettiva di ritorno al proporzionale.  I grillini andrebbero a nozze sparando sulla casta e gli inciuci. Ed anche se il proporzionale impedisse loro di fare un governo, sarebbe necessaria un'altra bella ammucchiata  dal 2018 al 2023.. Non ha funzionato negli anni Ottanta quando era possibile comprarsi gli elettori aumentando il deficit, come potrebbe funzionare ora con i vincoli EU? O dovremmo uscire dall’euro?

E se vincesse il SI? E’ possibile che l’Italicum venga riformato (e sarebbe obbligatorio in caso di sentenza di incostituzionalità), ottenendo lo stesso risultato (ipotizzato) della vittoria del NO. Se rimanesse,  si andrebbe al ballottaggio PD-M5S. Magari potrebbe vincere il PD con un minimo di miglioramento della situazione economica (nel 2018....) e sopratutto grazie alla palese incapacità dei grillini di governare (cf. Roma). E se vincessero i grillini? Sarebbe una catastrofe, ma gli italiani se la sarebbero meritata (magari gli altri no..). E' la democrazia bellezza..

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Commenti

Ci sono 98 commenti

nell'articolo si è ampiamente dimostrato che il progetto è quanto di più fasullo ci possa essere.

Si continua ad insistere di concentrare sempre più su Roma , come se Roma avesse dimostrato di essere più onesta e più tecnicamente capace.

Grazie ! Voterò NO con maggiore convinzione.

ma mi adeguo. Si scrive per stimolare la riflessione ed il dibattito poi ciascuno fa le sue scelte

...dietro l'angolo ci sono bande di pezzenti (%S, Salvini, ...)

Diciamo che c'è sempre stato uno spauracchio da sbandierare per convincere le persone a votare in un certo modo, magari turandosi anchze il naso. Il fatto che l'Italia sia diventata come è oggi, grazie anche a argomenti da "ultima spiaggia" stile i cosacchi che si sarebbero abbeverati alle fontane di Roma mi fa ritenere che tutto sommato non è che seguire questi consigli ci abbia portato in una situazione sana ed invidiabile.

Io, dopo quasi 30 anni di vita, anche politica, in Svizzera, ho adottato in tema referendario un atteggiamento puramente pragmatico. Il testo proposto è buono, utile al paese, convincente? Lo accetto in votazione. Il testo è pessimo oppure anche solo modesto ma migliorabile, contiene parti buona ma alcune inaccettabili: voto NO.

Il concetto è che popolo, che quando vota un referendum è di fatto una terza camera, deve "educare" le prime due. Se hanno fatto un lavoro mediocre, si boccia il testo, chiaro invito a riprovarci con un testo migliore, magari dopo due altri anni di lavoro che si spera siano piu' proficui dei precedenti. In CH una buona metà dei testi in votazione (e sono decine l'anno) vengono rigettati, senza che questo sia considerato un segnale per bocciare un governo . E sono in gran parte referendum costituzionali. Vero che in Italia invece i referendum sono stati usati spesso come arma politica (impropria) ma anche qui devo dire che sta cosa non è che ci abba piu fatto così tanto bene.

Nel merito io considero questa riforma in votazione una riforma non soddisfacente (per alcuni versi anche pessima) e quindi voterò NO. Naturalmente visto che la decisione finale è là da venire, se nel frattempo qualcuno mi convince diversamente, ben venga.

Ma non sono certo gli argomenti "ad cosaccorum" a farmi cambiare opinione.

E' vero che Roma significa clintelismo e inefficienza, ma adesso abbiamo moltiplicato per 20 lo spreco e aumentato la confusione. Parlo per il mio settore, l'agricoltura. Anni (decenni) fa fu ablito il Ministero dell'Agricoltura con soddisfazione generale. Adesso abbiamo le Regoni: ognuna va per conto suo. A Bruxelles la delegazione Italiana sembra l'armata brancaleone: rappresentanti di regioni, di organizzazioni sindacali e di categoria che portano interessi diversi tra loro. Gli altri stati mandano un rappresentante con idee chiare. Risultato: noi siamo l'ultima ruota del carro e gli altri decidono per noi.

la parentesi in realtà dovrebbe essere sul regionalismo, perché quello in vigore ben poco ha a che fare col federalismo. Il federalismo non sovrappone competenze. Naturalmente a saperlo fare (come tutte le cose).

riguardo all'elezione del Presidente della Repubblica: gli elettori sono 730, i 3/5 di 730 sono 438 e i 3/5 di 630 sono 378; non capisco da dove escano i 348. Quindi che il partito maggiore riesca a far eleggere Presidente il suo candidato è ancora meno facile di quanto dica Federico. (Se non mi sfugge qualcosa.)

Articolo chiaro e convincente.

corretto

Sono molto indeciso sul voto e sono grato a questi interventi di NfA che stimolano la riflessione. Ciò detto: non dovremmo cominciare già a prepararci alle conseguenze del No? Non vedo come il referendum possa andare diversamente. Gli elettori di sinistra (sinistra PD, SEL e dintorni) voteranno in buona parte no. Lega e 5 stelle voteranno no in massa. Chi votava FI/AN molto probabilmente no (l'alleanza di deputati forzitalioti con Renzi difficilmente si rifletterà nella base elettorale). Le persone intellettualmente indipendenti (come diciamo l'autore del presente articolo e del precedente sull'argomento) probabilmente si divideranno tra Sì e No in base a considerazioni tanto legittime quanto contrastanti. Chi rimane? Lo zoccolo duro ('trinariciuto') del PD, un certo numero di elettori moderati e centristi (si è visto quanto contino numericamente in passato).

La vittoria del NO è una molto concreta possibilità, ma che potremmo mai fare per prepararci alle conseguenze? A parte emigrare, voglio dire. 

Ogni riforma ha dei pro e dei contro, alcune sono semplici, altre complesse, soprattutto quando gli equilibri sono multipli, l'esempio in questa riforma è il Senato, ove la necessità di fornire risposte a molteplici esigenze ha partorito un lunghissimo articolo (il 70).

Ma questa riforma ha un grande pregio: elimina quella riforma killer del titolo V che ha prodotto aberrazioni senza fine, una delle peggiori riforme che io abbia mai visto, assieme al Porcellum, che riformò la legge elettorale Mattarellum.

Al di là di cose di poca sostanza (CNEL,province) questa riforma porrà fine al continuo contenzioso con le Regioni, che sono diventati dei centri di spesa senza che ne avessero la capacità, e si sono tutte date al ben più sostanzioso clientelismo, accusando Roma di "non darci i soldi", quando anche i sassi sanno che se potessero tassare e tartassare non avremmo un aumento dell'efficienza, ma solo un aumento delle tasse a fini clientelari.

Quindi bene, tagliare le unghie al ceto politico regionale può fare solo bene, quindi voterò SI', un SI' entusiasta al solo pensiero di cosa succederebbe se vincesse il NO, non una catastrofe, ma la vittoria della conservazione sui (timidi, molto timidi) tentativi di andare oltre.

P.s.
Il bicameralismo perfetto è diventato un problema solo a causa delle diverse norme elettive, ma quando le maggioranze sono state coese non c'è stato alcun bicameralismo imperfetto, si andava avanti a velocità supersonica.

P.p.s.
Il danno è l'Italicum, inutile girarci intorno, è una legge elettorale scellerata, ritagliata sul Renzi degli 80 € , e adesso si capisce il rischio del "sindaco d'Italia" alla voce "M5S-Roma".

Ammesso che ci sia qualcuno a cui interessi la cosa, io voterò Si.

Condivido molte delle critiche alla riforma (che comunque non è disastrosa) tuttavia la decisione è sostanzialmente politica: se vince il No, a causa di un effetto valanga abbastanza prevedibile, la possibilità di una Italia governata dai 5stelle diventa concreta.

Vivessi all'estero o avessi 80 anni potrei pure godermi l'esperimento all'opera, ma vivo qui e non posso permettermi di andarmene in pensione a Tenerife.

Siamo su una barca che rischia di affondare e l'alternativa è tra affidare la guida ad uno a cui la rotta viene  indicata da delle voci che sente nella sua testa ed è convinto che aprendo delle falle nello scafo la barca potrà andare più veloce, oppure continuare con l'attuale, che è un noto cazzaro, racconta barzellette invece  di tenere il timone, non rema con sufficiente forza, ma quanto meno un'idea, vaga, molto vaga, di quale sia la rotta ce  l'ha.

Purtroppo, tertium non datur

Il discorso del votiamo SI e ci evitiamo il rischio Grillo è assolutamente plausibile, ma secondo  me solo (forse) nel breve periodo: cercare di bipolarizzare il sistema quando non esistono i presupposti porta semplicemente a governare con meno consenso, significa meno compromessi,  il populista di turno è meno avezzo al compromesso e ho la sensazione che rischiamo di aprire una prateria a Grillo domani... E' meglio un faragginoso larghe intese o Grillo solo al comando ?

ma non convincenti appieno. Sta bene la riduzione dei poteri delle regioni, ma permane la loro capacità di spesa senza responsabilità fiscale: è, su questo piano, una riforma dimezzata.

Per altro verso, la struttura del parlamento e la disciplina del processo legislativo è sconvolta da disposizioni incoerenti, imprecise, addirittura da rinvii a norme ordinarie da approvare in un futuro incerto: tutto col pretesto che il processo legislativo attuale è lento: ma nessun governo ha mai fatto fatica a far approvare provvedimenti che riteneva essenziali alle sue politiche, sia pure ricorrendo ai decreti legge o facendosi delegare la facoltà di legiferare.

Non capisco, poi, la coerenza tra la volontà di svuotare i poteri delle regioni e la trasformazione del senato eletto dal popolo in una camera che dovrebbe rappresentarle, da eleggersi secondo criteri proporzionali non meglio definiti - in qualche caso addirittura inapplicabili - e composta proprio da persone estratte da quel ceto politico locale di cui si dice peste e corna.

P.S. - che ci faranno in questo pseudo-senato i senatori nominati dal CdS? ed i presidenti emeriti?

intanto se non passa questa riforma, la nostra costituzione non si riformerà mai più.

Vengono abolite le Provincie. Tutti considerano questo aspetto secondario. A me sembra molto importante. Sono un centro di sottogoverno della peggior specie, assolutamente inutili. I dipendenti non verranno licenziati, ma potranno essere utilizzati per altre funzioni e con un pò di buona volontà ci saranno (nell'arco di 4/5 anni) delle razionalizzazioni.

Il titolo V è aberrante. Ne so qualcosa io in sanità. Il controllo dìferreo delle Regioni sui DG delle ASL è una delle cause prime dei problemi del SSN, per non parlare delle irrazionalità derivanti dall'avere 21 sistemi sanitari diversi governati da 21 burocrazie spesso di infimo livello

Se vince il NO si torna ad una legge proporzionale. Torneremmo indietro di trenta anni, coalizioni ingovernabili, Ghino di Tacco a profusione.

Voterò Sì ma trovo aria fritta basare un intervento di sostegno su considerazioni politiche che possono dire tutto e il suo contrario, soprattutto nel momento in cui il presidente del consiglio stesso ha deciso restare sui contenuti.

più sopra.

Da un articolo sul direttore del IMF, Christine Lagarde. E' chiaro che e' preoccupata per l'Italia e che prefersice il Si:

 

The real concern, though, is Italy. The government of Prime Minister Matteo Renzi has failed to calm fears of a possible banking crisis stemming from the system’s €360 billion of nonperforming loans, in part because officials fear falling afoul of ?EU rules against state subsidies. The impasse frustrates Lagarde, who notes that the union’s rules against bank bailouts contain exceptions for cases of systemic risk. “They have the rules,” she says. “All they need is to use them intelligently at the moment.” Meanwhile, officials are nervously watching to see if Renzi can win a crucial October referendum on a proposal to trim the size and powers of the upper house of Parliament to make Italian governments more stable. Defeat could bring down his government and precipitate a wider crisis. As one senior IMF official puts it: “Renzi is undertaking reforms. People think he is the best shot they have had in many, many years.”

 

Maybe. Ma la temuta crisi bancaria ha ben poco a che fare con la riforma della costituzione.

 

Mi chiedo se farebbero più danni 5 anni di M5S al governo (che poi verosimilmente sarebbero uno o due, già tre sarebbero un mezzo miracolo) e la successiva ed inevitabile socomparsa, o 20 all'opposizione a fare barricate, gettare fumo negli occhi, avvelenare e trasformare la discussione politica in tifo da stadio e circuire un terzo o più dell'elettorato millantando che con loro al governo staremmo già tutti navigando nell'oro

Un ragionamento fatto spesso anche da me, ma, ad una seconda riflessione, chi ci assicura scomparirebbero? Certo sono pieni di contraddizioni interne e divergenze insanabili, aka stanno assieme con la colla come movimento di protesta e negazione, ma, con un'esperienza di governo e relativo fallimento, tali divisioni potrebbero benissimo tradursi in scissione e creazione di 1+ nuovi partiti piuttosto che assorbimento nei partiti della 2^ Rep (praticamente impossibile, visto che dalla loro negazione sono nati) o scomparsa dalla scena politica (e poi che vanno a fare?). E a quel punto partirebbe il giochino dei puristi da manuale storico delle sinistre (nonché dei libberisti ;) e starebbero ad avvelenare la politica come se non più di prima, rendere il quadro politico ancor più affollato da partitini populisti rissosi, e il paese ancor meno governabile dalle elezioni successive.

A me pare che queste considerazioni sul futuro siano terreno shaky su cui basarsi, prima su tutte il nodo cruciale del federalismo toccato da questi due post su nfa: come possiamo dire se la riforma renderà o meno un decentemente fatto futuro federalismo impossibile o più improbabile rispetto ad ora? Non credo esistano elementi a sufficienza per poterlo determinare. Ma, invece, mi pare vi siano degli elementi per determinare se la riforma risolverà X pastrocchi, dove X>0, attualmente esistenti.

Votate sì, che cosi il bomba vi fa il ponte. 

milano.corriere.it/notizie/cronaca/16_settembre_27/tour-renzi-milano-san-raffaele-human-technopole-c56cb8ce-8489-11e6-b7a9-74dcfa8f2989.shtml

Scusatemi ma, dopo 50 anni, io comincio a domandarmi se sia l'acqua dei comuni italiani che contiene delle sostanze allucinogene. Voi volete votare si per tenere al potere questa faccia da culo? Non protestate mai più quando vi diranno che il paese è in rovina, ve lo siete scelto.  

è sicuramente una faccia di bronzo, e negli ultimi periodi si è accentuata. Ma in Italia non c'è nulla di più falso delle affermaioni dei leader sotto elezioni. Secondo me il Ponte non si farà mai, come la Salerno-RC (inaugurata n volte).

se voglio il Ponte, devo votare SI anche se il testo fa + o - schifo? ahimè, tra Scilla e Cariddi!

Si avvicina una scadenza elettorale e puntuali arrivano promesse da libro dei sogni. In questo periodo ha iniziato a battere anche sulla battaglia contro l' austerità e l' Europa cattiva. Il perché non credo ci sia bisogno nemmeno di spiegarlo: gli italiani ( in maggioranza ) questo vogliono sentirsi dire, e visto lo svantaggio del SÌ nei sondaggi le strade da percorrere non sono molte. Nello specifico la storia del ponte ( così come il confronto con Travaglio a la7 ) credo sia diretta a riaccreditarsi nel popolo che ha votato BS negli anni.

Faccia da culo o no, gli altri restano ( purtroppo ) una spanna o due sotto. In ogni caso l' azione politica del cittadino non inizia e finisce nel seggio elettorale.

perchè così vuole la ggente.  L'unica possibilità è ingannarla con promesse vuote e gesti teatrali e nel frattempo limitare i danni sperando che prima o poi la ggente rinsavisca e smetta di pretendere botte piena, moglie ubriaca, amici alticci e per se la presidenza della Alcoolisti anonimi con auto di servizio con autista

Da persona razionale e pragmatica scelgo sempre il meno peggio, tenuto conto delle probabilità degli esiti prevedibili.

Non capisco che altro potrei scegliere essendo persona razionale e pragmatica. Stento a rendermi conto che esistano persone che scelgano diversamente. So che alcuni si dicono idealisti, non capisco che cosa voglia dire, ma alzo le mani in segno di resa. Altri, come credo Boldrin, rifiuterebbero l'etichetta di idealisti, almeno così immagino. Tocca a loro dire quale sia il meglio realisticamente perseguibile, anche con probabilità basse, ma non troppo prossime allo zero

Ovviamente conta adottare una prospettiva di medio o lungo termine, piuttosto che solo breve. Personalmente sono prontissimo a votare NO se mi si persuade che gli effetti almeno a lungo termine abbiano una ragionevole probabilità di essere migliori, o meno cattivi, rispetto a quelli del votare SI'.

Nell'articolo di Boldrin sulle ragioni per il NO non ho trovato questa argomentazione, nonostante tutta la mia simpatia e stima per il modo di ragionare di Boldrin, di solito. Incazzature incluse. O almeno la sua argomentazione non mi sembra abbastanza esplicita nel sostenere che le conseguenze del SI', a breve, medio e lungo termine, siano complessivamente peggiori di quelle del NO.

Mia ottusità? Può darsi, non sarebbe la prima volta. Però allora aiutatemi, spiegatemi meglio, lo dico senza ironia.

Michele, spero tu possa tollerare il mio pressapochismo. Non ho né il tempo per informarmi a fondo né la lucidità mentale per farlo, ma intendo provarci comunque. Dunque, di fronte al rischio alto di spaccarsi la testa l'opzione della terza via in parete non trova un riscontro nella realtà politica attuale. Sfido chiunque a denigrare la politica del meno peggio di fronte a problemi urgenti. In questo caso: immigrazione, autarchia, collasso culturale e sociale, educazione, informazione. Tanto più si vive nella merda e tanto più ci si accontenta di piccoli escamotage, che da ipotesi terribili in situazioni di benessere, diventano improvvisamente vere e proprie benedizioni. Questo non per contraddirti NECESSARIAMENTE, anzi, ma per spostare la discussione su un livello secondo me più sostanziale: in che cosa Renzi è meglio, se è meglio, rispetto all'urgenza di questi temi. Alternative a Renzi non ci sono, eccetto una: accellerare deliberatamente il declino. E' un'opzione, che diviene opzione terribile di fronte alla visualizzazione nitida delle emergenze di cui sopra. Se l'offerta politica fosse quantomeno sufficiente non avremmo paura, come tu stesso sostieni, di garantire incondizionata capacità di governo ad una larga maggioranza. E se Renzi è il male, la sua opposizione al m5s, ad esempio, non limerebbe alcunché. O forse si (è forse questa la tua terza via?), ma allora, non è il male. Proprio perché il punto fondamentale è l'offerta politica mi chiedo: se il rischio paventato è che una pessima maggioranza (eterogenea) abbia potere illimitato allora chiediamoci se Renzi e con lui le parti più moderate di questo paese sono il male, perché in tal caso lo sono in ogni caso, anche stando all'opposizione, mentre se non sono IL male allora è bene che siano messe in condizione di agire il più in fretta possibile. E visto che la domanda è provocatoria, avendo già in mente una vaga risposta (Renzi non è il male, ma è prossimo ad esserlo), allora ciò con cui bisogna fare i conti non è la legge elettorale di per sé, ma bensì quanto può essere utile, concretamente, sui singoli temi, continuare a tollerare questo governo e quanta speranza siamo disposti a dedicare ad una qualche redenzione futura. Perché se la terza via è il collasso immediato io - a parte quando occasionalmente raggiungo il limite - non credo di sentirmela.

aggiungiamo quale altro "ismo", spero non Keynes che in questa materia non c'entra nulla. Di cosa stiamo parlando? di quali élites? possiamo ancora pensare all'esistenza di una classe dirigente espressione di una cultura unitaria o, invece, ci dobbiamo confrontare con diverse classi dirigenti (élites) non solo in competizione tra loro, ma incapaci di interdersi l'una con l'altra perché portatrici di "culture" (o inculture) incomunicabili?

Nell'articolo precedente Michele aveva proposto degli spunti in proposito, adesso sembra tornare ad una visione monolitica. Mi auguro di sbagliarmi, attendo il rejoinder annunciato: forza Michele! 

invece il problema e' serio, esiste una formazione di elites (adesso)?

gramsci buonanima (un secolo fa pensava di si', viz. L'Avanti, 11241917, e.g." 


La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologie più che di fatti. (perciò, in fondo, poco ci importa sapere più di quanto sappiamo). Essa è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx."



Ora, e alcune esperienze mi indicano che cosi' non e', le elites dietro Trump, Berlusconi, Renzi, forse anche altri, siano un effetto aggregativo di interessi, veri, percepiti, temuti, e cosi' via. Appunto una forma di legittimazione politica come i poteri dati al demos, tende a annullare i poteri di elites, e questo e' indipendente dal fatto che le elites siano o meno quelle forze che evitano stagnazioni e spronano la corsa al futuro (il vocabolo e' di Gramsci, non mio.)


varra' la pena di tornarci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.fabriziobarca.it/fabrizio-barca-referendum-costituzionale/

 

 

 

 

www.huffingtonpost.it/fabrizio-barca/elefante-cavaliere-referendum-_b_12245140.html

 

 

 

alla signora barca dei terribili momenti che deve avere passato all'altare. con tutta la chiesa che scommetteva su cosa avrebbe poi deciso fabrizio.

Creo un nuovo thread per facilitare commenti e discussione.

Giovanni Federico, scherzando mi dice ora :), sostiene che quando menziono il ruolo delle elite verso quello del "popolo" o "ggente" io abbia un approccio "leninista" alla politica, in contrapposizione a quello "marxista" che a lui sembra piu' appropriato.

Battute a parte, secondo il primo approccio sono le elite a guidare le masse ed a educarle, indicando linee politiche a cui poi le masse, bene o male, si accodano, a volte dividendosi fra una elite e l'altra, fra loro contrapposte. Secondo il secondo approccio le masse hanno, hellerianamente (as in Agnes Heller, una signora di cui nei circoli culturali italiani tutt'ora si dibatte) un loro insieme di bisogni e teorie del mondo, per confuse che siano. Da questi bisogni/teorie nascono richieste politiche che questa o quell'altra elite, politica in questo caso, si affretta ad interpretare e razionalizzare, vendendole come fattibili e facendosi cosi' eleggere ed ottenendo il potere.

Se devo scegliere fra i due corni della dicotomia cosi' impostata son costretto a fare il leninista ma non e' detto che questa sia la dicotomia (ossia il modello) appropriato per leggere quanto accade. Ora in Italia e, in generale, sempre nella storia del mondo da quando stato e' stato, ossia da quando esiste un qualche sistema di elezione dei "capi politici", siano essi re o altro.

Il problema, credo, sia di linguaggio come, credo, Adriano a colto con il suo commento piu' recente. Le elite, qui, non sono i partiti politici ed i loro dirigenti. Le elite sono, anzitutto, le elite sociali, economiche e culturali. Diciamo quel 5-10% della popolazione che ha in mano il grosso del potere economico e culturale, che definisce standard di comportamento, sistemi di valori, ambizioni, credenze, ideali persino. Non 10mila "politicanti" ma qualche milione (tre o quattro se consideriamo la popolazione italiana adulta in eta' elettorale) di "borghesi e paraggi" che sono, alla fine, i punti di riferimento del resto della popolazione. 

E' la "cultura" (intesa come sopra) e sono i "comportamenti visibili" di QUELLA elite i fattori a mio avviso determinanti della direzione che un paese prende, sia politicamente che economicamente che culturalmente.

Nessuna idea, quindi, di una qualche avanguardia leninista che guidi le masse all'assalto del palazzo d'inverno, anche perche' questo non esiste. Ma, invece, la precisa convinzione che e' quell'elite che sola puo' decidere e cambiare il corso delle cose, il resto, il 90-95% residuo puo' scegliere, adattarsi, forse influenzare nel senso di spingere con il proprio consenso o dissenso una parte delle elite in una direzione piuttosto che un'altra. Ma non certo indicare la direzione del cambiamento, qualsiasi esso sia, men che meno elaborare e cercare di diffondere sistemi valoriali e comportamentali altri da quelli in essere.

Mi sembra abbastanza banale che cosi' sia stato nella storia del mondo da sempre e senza dubbio negli ultimi secoli. If anything, gli ultimi decenni suggeriscono un restringersi di quelle elite nel senso che, per quelli che gli economisti chiamano "network effects", il sistema d'informazione e comunicazione favorisce una concentrazione del "potere mediatico" in un numero maggiormente ristretto di persone che nel passato. Il parroco non e' piu' un simbolo o modello, tanto tutti seguono cosa fa il papa. Il locale commercialista o notaio o avvocato e' meno rilevante, tanto tutti sanno le opinioni e gli atti di questo o quell'avvocato superstar, dell'economista di grido e via dicendo. Ma questo e' un altro discorso, ancor piu' complesso.

 Nella lettura della storia d'Italia dal '500 circa in avanti (e' allora, a mio avviso, che ci siamo "culturalmente e socialmente incastrati") io vedo una specificita' nazionale (condivisa in parte con la Spagna, ma le differenze sono sostanziali e contano) che ci "lascia indietro" rispetto al resto di quella cosa che chiamiamo "occidente". E questa specificita' sta nella cultura delle nostre elite (urbane, perche' anche nel sud del latifondo i padroni vivevano nei palazzi di citta', anzi ancor piu' li che in pianura padana), nella loro composizione sociale e, soprattutto, nella relazione che, da allora, queste hanno instaurato con il potere politico e con l'apparato dello stato. A questo mi riferisco, non ai bolscevichi. 

Ma questo commento e' gia' lungo come un post, anche se scritto di getto, quindi mi fermo. Se se ne vuole discutere seriamente, ben lieto d'apprendere.  

vedo con piacere che stiamo trovando un terreno comune di discussione. In particolare la domanda è: quanto sono in grado le élites di guidare la 'ggente' in Occidente nel 2016? Contrariamente a Michele io sono convinto che negli ultimi decenni il loro potere si sia (non vorrei aggiungere  'pericolosamente') ridotto per la combinazione di i) democrazia (fino gli anni Venti metà della popolazione non votava anche nei paesi più democratici) ii) fine delle ideologie (comunismo, anti-comunismo etc. che comuque creavano consenso a priori) e iii) boom dei social media che ha sviluppato canali di informazione/propaganda alternativi ai grandi giornali ed alla TV (cf. il fenomeno dell'Alt-right in USA*).

Su questi trend di lungo periodo si sono innestate la crisi economica e l'aumento dell'immigrazione che hanno acuito molto l'interesse della 'ggente' per la politica e l'economia. Che  in Occidente si manifesta con un mix di ricerca di capro espiatorio e di richieste assurde di ritornare alla mitica età dell'oro pre-globalizzazione (senza perdere i benefici della globalizzazione of course). E le élites tradizionali sono ovunque in grande affanno. In parte sono colpevoli del casino (si pensi alla decisione di Blair di ammettere i lavoratori EU senza limit nel 2004),  ma soprattutto non possono dire alla 'ggente' la verità per timore di non essere elette e/o di perdere il residuo potere

 

* nota a margine. oggi paginata sul Corriere che riprende lungo articolo dell'Economist, mi sembra senza citarlo

Mi pare ne sia scomparso almeno uno di Giuliana Allen. E' un problema di visualizzazione? Ne sto sperimentando un po' con nfA, devo sempre disattivare l'editor: qualcuno dei gestori ne sa qualcosa?

Le domande che vennero stimolate da battute e risposte (BoldrinLenin vs.FedericoMarx) hanno un fondo serio. Ho nessuna risposta e propongo due ipotesi, una, a mio avviso, ha relativamente piu' sostegno, sebben lungi da esser qualcosa di persuasivo.

ipotesi 1

le formazioni di elites generano un gruppo assai ristretto di individui (ristretto qui: dal 5% al 10% di una popolazione) che promana, egemonizza, a volte inventa, idee che si espandono come in epidemiologia si espandono i patogeni e parassiti vari di organismi. Tale gruppo ristretto non coincide con i gruppi politici dirigenti (governi, banche centrali, parlamenti, partiti, alcune aziende "IRI-RAI", ed altro) ma ne mette a punto lo spartito, nei casi estremi ne esegue lo spartito (viz. fininvest& berlusconi fini bossi SRL)

 

ipotesi 2

le elites sono un fenomeno di rispecchiamento inverso di gruppi monolatrici a dio variabile, vale a dire Jovanotti e Vacchi seguono i propri interiori istinti a volte di estremo narcisismo nell'esibire e seguire quel che tutti vogliono per ragioni ctonie. Aggiungo solo uno scherzo: lessi in qualche posto che la piu' grande aspirazione della maggioranza delle persone in italia tra i 16 e i 36 anni fu di essere Fulvio Briatore.

 

Ora le due ipotesi che qui vengono presentate grezze presentano una vera difficolta', su cui mi riprometto di tornare. Non vedo con alcuna chiarezza quale tipo di

a. argomento debba darsi a refutare una delle due o amebdue

b. evidenza debba darsi a refutare una delle due o ambedue

 

 

forse un emblema di come le scienze sociali siano piu' efficace retorica che costruzione di prove.

 

 

Il Gramscismo Leninismo su cui si discetto' e' una forma morale della ipotesi 1, vale a dire,  se si assume che vi siano elites, un sottoinsieme cella elite che marcia nel senso della storia (in molte di queste visioni sono incluse nozioni di progresso, nei casi quasi psicopatologici visioni di perfezionamento della specie, da ui persone prive di egotismo, zero criminalita', tutti a pesca al mattino, a usre supercomputer prima di pausa pranzo, a scriver sonetti e comporre quintetti d'archi al pomeriggio, la sera ad avere serenissime gioiose orgie con assortite compagnie)-

li, sta il leninismo vero. a giudizio di molti implica automaticamente forme di autoritarismo (e si contadini vogliono tenersi le capre e rifiutano il trattore progressivo, si spara alle capre e a tutti i padri dei contadini, la generazione successiva sara' collettivizzata col trattore in comune)

 

 

la seconda ipotesi e' assai piu' liquida e democratica, ha il peso non indifferente di aver fenomeni quali trump o forza italia alla sua acefala testa.

 

ci torno, se di interesse.

mi scuso se alcune cose vengono cancellate, ma non capisco i motivi, mi sembra che a parte razionale dissennso nessuno abbia abbassato i toni alla polemica individuale o alle ingiurie

non potrebbero darsi entrambi i fenomeni?

Vale a dire gruppi socio-culturali che diffondono la loro visione del mondo, di proposito o per imitazione, ma anche il disvelamento, da parte di una o più figure capaci di coglierle, di quelle che chiami ragioni ctonie? A loro volta, questi "portavoce" si propongono quali esponenti di una élite del primo tipo.

Forse, piuttosto che di due modelli distinti, si tratterebbe di due fasi di uno stesso processo: un gruppo emerge dalla massa, si costituisce in centro di potere, diffonde la sua cultura, finché non ne sorgono altri che si affiancano ad esso, lo contrastano e, talvolta, lo soppiantano.

Prendo spunto dall'ipotesi epidemiologica di Palma per segnalare le (pertinenti) tesi teoriche di Dan Sperber: www.edge.org/3rd_culture/sperber05/sperber05_index.html.

Dal lato empirico, i lavori di Gilens e Page: scholar.princeton.edu/sites/default/files/mgilens/files/gilens_and_page_2014_-testing_theories_of_american_politics.doc.pdf

D'accordo con Pontiroli, le due ipotesi di Palma sono compatibili, ma tendo a pensare che la prima abbia più peso, maggiore portata esplicativa. Analisi storiche e dati empirici possono dare sostegno, ma questo richiede un grosso lavoro. Più facile dire le proprie impressioni, fondate sulla propria esperienza delle vicende politiche -- che pure aiuta, specialmente se uno le segue, con qualche strumento analitico, da decenni.

Adriano, non ho capito, lo giuro, perche' le due ipotesi non siano perfettamente compatibili. 

Parti da 1. Se le elite (perdona l'italianismo della non pluralizzazione, dicono che la Crusca cosi' ordini) li' descritte sono totalmente statiche vale la contrapposizione. Ma solo sotto quella ancillary hypothesis le due modalita' operative descritte non sono fra loro compatibili. If not, then they are.

Sotto l'ipotesi di dinamica mobilita' e circolazione, nuovi individui entrano nelle elite e nuove elite si creano avendo ruoli e terreni di operazione distinti (i cantanti, appunto, che tu citi, essendo un perfetto esempio, ed il signor Toti un altro, e via enumerando sino alle molteplici signorine con tette e culi a caccia d'assegni di grassi signori).

Le elite in 1 sono il punto di arrivo. Quelle in 2 sono il punto di partenza. In ogni generazione alcuni salgono da 2 a 1 ed altri scendono. Nella misura in cui la % di coloro che salgono e piccola rispetto a quelli che stanno fermi dove sono (in 1) il processo di inglobamento avviene ed i moduli culturali e valoriali si evolvono molto lentamente. La mia ipotesi e' che i retaggi storici delle elite in 1 tendono a dominare su quel che sia di innovativo i novelli arrivati da 2 possano portare. Il signor Briatore e la sua graziosa signora mi sembrano perfettamente integrati in 1 anche se, 30 anni fa, lui era solo un bifolco arricchito.

Da qui al leninismo la strada e' lunghissima e per nulla utile, visto che nulla spiega del nostro paese, leninista per nulla.

Da qui al gramscismo la strada e' brevissima, visto che stiamo ripetendo, nel nostro linguaggio, osservazioni che nei Quaderni ricorrono ogni due per tre. E si pose (riflettendo su arditi e nuovi uomini che il PNF aveva portato al potere) come questi potessero integrarsi ed amalgamarsi con le elite precedenti, savoiarde, terriere, liberaliallimonciello e industriali protetti  ...

Ed infine, siamo un puro terreno Deirdre, questo lo sapevamo dal principio. No hard tests or laboratory experiments are possible here.  

P.S. Lessi (oramai mi esprimo come Palma) i commenti di Luciano, Fabrizio, Giovanni ed Adriano stesso solo dopo aver scritto il mio ... incredible dictum, we seem not to disagree. 

sassi (fusione di  si sa, ergo perfettamente cruscabile) che in nessun posto il sottoscritto sostenne che le due ipotesi presentate in 'off site' siano o debbano venir considerate incompatoiooibili.

il resto dell'astio con i remoti (i passati remoti) merita considerazioni di tale ed enorme peso ce e' meglio riservarlo per note specifiche che debbon esser scritte in aoristo, onde evitare le ambiguita' restanti.

l'aoristo e' intemporale  ed indica una stadio qualitativo non cronologico.

 

en passant in termini etiche..... veod che alcuni si scaldano molto a stabilire la compatibilita' tra ipotesi 1 & 2, rincorato dal problema osservo solo che mai dissi e men ancora pensai che le due cose siano incompatibili, il che dovra' dir molto sulla qualita' di tale sistema ipoteticio deduttivo

che nessuno si scaldasse, o scaldò, por una vez :)

Altra è la questione della perdita di "bite" delle due ipotesi una volta sintetizzate in una, dove le elite essendo dinamiche assorbono "dal basso" innovatori, se questi non sono disruptive degli equilibri (economici e di potere) che esse reggono e dalle quali profittano.

Vi è però, io credo chiarissima ed oggi di fatto esemplificata in Italia dall'ideologia grillina: che le elite non solo non servono né guidano e che è dal "popolo", altrimenti noto come "la ggente", che viene la cultura, la direzione politica e la guida del paese. E che i leader (tipicamente pochi ed isolati nel senso coppiano de "un uomo solo al comando") con la ggente stessa pura e coesa interagiscono, interpretandone fedelmente valori e desideri.  

Ecco quindi due ipotesi, di teoria positiva della storia e del ruolo della politica, che possiamo utilmente contrastare. Io, notoriamente e da sempre, credo molto più capace di spiegare ciò che accade la prima, quella delle elite dinamiche, che non la seconda, quella secondo cui i destini delle nazioni li determina la ggente. 

Onestamente, avevo già un orientamento verso il sì quando è andato in onda il confronto in TV Renzi vs. Zagrebelsky, ma dopo averlo visto il mio orientamento si è rafforzato. E’ stato veramente penoso vedere l’incapacità di portare argomenti da parte di un autorevole costituzionalista. In certi momenti sembrava quasi impreparato. Se il fronte del No avesse voluto imporsi avrebbe dovuto mandare qualcuno più capace di dibattere in televisione. E non che quello preparato da Mentana fosse un contesto in cui vince chi urla di più. C’era tutto il tempo per esporre le proprie idee. Però bisognava averle, poche e chiare. Non usare il proprio tempo per lavare l’offesa di essere stati chiamati "gufi" e "parrucconi". Dal mio punto di vista, il momento della trasmissione che ha rafforzato maggiormente il mio orientamento è stato quando Zag. ha accusato Renzi di volere una legge elettorale che decide il vincitore la sera delle elezioni, espressione, a suo dire, di una cultura di prevaricazione sull’avversario (sono parole mie di riassunto) anziché di servizio verso il paese. Mi è cascato tutto il cascabile. Se dietro il No ci sono questi argomenti, ha ragione Renzi a dire che una vittoria del No significa tornare nella palude. In sintesi le cose che mi sembrano buone della riforma, come sottolineato dai vari interventi qui e altrove, sono: fine del bicameralismo perfetto, ritorno in capo allo Stato di competenze che in capo alle Regioni hanno aumentato solo la spesa, aumento del quorum per l’elezione del presidente della repubblica, calcolato sui presenti anziché sui componenti dell’assemblea (altro grave vulnus per la democrazia secondo Zag.) Non saranno cambiamenti epocali che da soli porteranno l’Italia verso una ripresa economica e sociale, ma l’alternativa del lasciare tutto così com’è (perché questo succederebbe in caso di vittoria del No) mi pare di gran lunga peggiore. Temo anche che il No abbia concrete chance di vittoria. Forse molto dipenderà dall’attivismo dei sostenitori del Sì, oltre che dalle mosse del premier, il quale ci ha messo del suo per complicare la situazione, inanellando una serie di errori: dal personalizzare l’esito del referendum al ritirare in ballo l’assurdità del ponte sullo Stretto. Da qui al 4 dicembre comunque potranno cambiare molto le cose, dato che gli incerti sembrano essere tanti.

La mia impressione è diversa. Concedo che il prof. Zagrebelsky sia partito male e che qualche volta si sia dimostrato poco incisivo: ma mi è parso che ponesse questioni reali alle quali Renzi rispondeva con asserzioni apodittiche o con il ricatto implicito nell'affermazione che finalmente si può cambiare. 

Zagrebelski - argomentando in maiera più o meno efficace - ha indicato alcuni punti deboli della riforma, ma Renzi ha fatto finta di niente: ora, possiamo discutere se questi punti deboli siano tanto gravi da giustificare il NO, ma non possiamo accettare l'arroganza con la quale il PdC si è sottratto alla discussione.  

(citazione di Michele Boldrin, pochi commenti supra):

"Il problema, credo, sia di linguaggio come, credo, Adriano a colto con il suo commento piu' recente. Le elite, qui, non sono i partiti politici ed i loro dirigenti. Le elite sono, anzitutto, le elite sociali, economiche e culturali. Diciamo quel 5-10% della popolazione che ha in mano il grosso del potere economico e culturale, che definisce standard di comportamento, sistemi di valori, ambizioni, credenze, ideali persino. Non 10mila "politicanti" ma qualche milione (tre o quattro se consideriamo la popolazione italiana adulta in eta' elettorale) di "borghesi e paraggi" che sono, alla fine, i punti di riferimento del resto della popolazione. 

E' la "cultura" (intesa come sopra) e sono i "comportamenti visibili" di QUELLA elite i fattori a mio avviso determinanti della direzione che un paese prende, sia politicamente che economicamente che culturalmente.

 

(fine del paragrafo citato)

 

 

Una cosa assai interessante dell'elezione di D J Trump (a presidente della repubblica/capo del governo degli Usa) e' lo sfaldamento del gruppo di determinanti delle opinioni. Se Boldrin ha ragione, e non sono le (qualche decina di) migliaia di dirigenti politici a formare opinioni  e plasmare valori, ambizioni, idee, e ideali, chi sono i plasmatori dei milioni di votanti per Trump? non sono in nessuna forma visibile le elites, nel senso desiderato. Confesso che manco sapevo esistesse alt.right, e meno ancora chi fosse Bannon. La mia ignoranza e' di nessun interesse, di interesse e' invece che la quasi totalita' delle (boldriniane) elite' scolastiche, accademiche, giornalistiche (e non politiche, si noti) erano non solo erromeamente certe delle loro convinzioni ma beatamente incapaci con pochissime eccezioni di vedere cosa pensavano i membri dell'elettorato.

Le ipotesi di societa', cosidette fluide, liquide, confuse, o direttamente populiste, nel senso che ai poteri del demos ateniese si sostituiscono i poteri delle masse, appaiono rafforzate in questo periodo. E' probabile che persone cosi' distante come C. De Benedetti, N Chomsky, N,. Gingrich non abbiano mancato bersaglio nel veder i danni e gli asti che la cosidetta globalizzaione ha portato nei paesi globalizzati lor malgrado: viz. c'e' poco populismo contro la mondializzazion in Vietnam, molto in Francia o in Grecia, o in Italia, o in Arizona. La prima ipotesi e' che i cinesi ci guadagnano e meno e i francesi ci perdono.  

Si posson prender varie posizioni: rimane che io, almeno, non vedo le risposte delle elite cosi' dette a quel che succede, e che non ponendo risposte di alcun genere alle preoccupazioni delle non -elite, i brutti, sporchi e cattivi che son contro le unioni omosessuali, l'aborto, i vaccini e non so che, reagiscono, avendo opinioni formate.. da se stessi?

 

1) Quello della riforma del titolo V fatta nel 2001 fu un federalismo pasticciato. In più ci si è resi conto che le Regioni sono state anche luogo di malgoverno, spreco e ruberie. C'è quindi una diffusa avversione verso la classe politica regionale. Ma questo è sufficiente a giustificare un riaccentramento dei poteri nelle mani dello Stato? In quanto ai contenziosi Stato -Regioni, di dubbi ne restano sulla loro eliminazione anche con questa riforma. Volendo riformare significativamente l'assetto istituzionale circa il federalismo previsto dalla Costituzione, non è dando o togliendo potere alle Regioni ogni 15 anni in funzione della qualità dei suoi amministratori che si dovrebbe procedere.

2) Che i Senatori non sarebbero eletti direttamente nel caso di approvazione della riforma è secondo me meno rilevante. Anche se, per la verità, il referendum che passò nel '91 portò alla riduzione delle preferenze da tre ad una, non la loro eliminazione. E fu cosa buona e giusta, perché eliminò meccanismi di controllo del voto e l'elezione dei candidati 'trasportati'. E' il fatto che questo Senato avrebbe ben poca ragion d'essere. Volendo riformare significativamente l'assetto istituzionale, non è creando un luogo che solo per definizione e non nella sostanza è 'delle autonomie locali'. Per dire, il suo Presidente non dà parere né sullo scioglimento del Parlamento né sulla dichiarazione dello stato di guerra. Non mi pare cosa trascurabile.

3) L'abolizione del CNEL, proposta singolarmente, avrebbe ottenuto la maggioranza dei 2/3 che avrebbe consentito di non ricorrere all consultazione popolare. Non è stata una semplificazione accorparla ad altre riforme ma un errore voluto.

4) Nell'elezione del PdR dopo il sesto scrutinio la maggioranza dei votanti, e non degli aventi diritto, elimina il diritto di astensione che vale un 'no' e che la Costituzione riconosce.

Per cui la mia conclusione è diversa: è per il NO. Se così votano anche personaggi con cui non ho niente in comune, pazienza. Se così tutto rimane com'è, pazienza. Aspetto che un altro faccia di meglio; potrebbe anche venir fuori. E per quanto questo possa essere poco sensato, voto NO perché non mi pare sensata questa riforma soprattutto per l'assenza di effetti positivi diretti sul Paese. Altro che 'Italia che comincerà a correre' e propagande varie.

Auspico l'avvento di un governante che s'impegni in ciò che può dare un aiuto alla ripresa con altri mezzi e non quello della riforma costituzionale. Questa non credo che riduca i tempi dei processi, consenta più investimenti in ricerca, faccia diminuire il debito pubblico, ecc ecc. E aspetto anche un Parlamento autonomo che si occupi di fare una riforma della Costituzione migliore di questa. Il meglio è nemico del bene, a volte. Ma anche il 'cambiamento' che non sia 'miglioramento' lo è.

Le conseguenze politiche della vittoria del SI o del NO non credo che dovrebbero pesare nella scelta, perché la Costituzione non dovrebbe essere modificata in funzione della convenienza del partito di maggioranza o del governante di turno. E pure il collegamento della riforma con la legge elettorale dà luogo solo ad ipotesi, perché non si sa come questa sarà, dato che l'italicum verrà molto probabilmente cambiato, e non si sa come.

di farmi un sondaggio, di solito chi scrive di/su nFA ha opinioni mediamente milgiori delle mie.

ho una mezza idea di cosa faro' per il referendum, del mese di dicembre, ho alcune idee su come votano i colleghi co-commentatori etc.

 

 

(alcuni chiaramente per il NO, e alcuni per il si', con qualche distinguo e accezioni di sottigliezza

 

 

come votate?

se rispondete a questo commneto dite solo si o no, gli argomentari.... non hanno soverchia importanza

what else? :-)

Rompo il ghiaccio. La richiesta è inusuale, ma simpatica quanto il suo autore, con tutto il mio rispetto. Nessun problema a rispondere: SI'.

Però alla fine ci dirà per chi vota lei eh? ;-)

di Palma, che mi sembra interessante non solo per lui. Chi sì e chi no?

per quel che vale la posizione mia.