Gherardo Colombo ha fatto il giudice per più di trent'anni. È soprattutto noto per le inchieste sulla P2 e per Mani Pulite. Ma il suo nome è associato anche alle inchieste sul delitto Ambrosoli, Imi-Sir, Lodo Mondadori-Sme, e tante altre. È il prototipo della toga rossa e per questo, in un paese in cui spesso si ragiona per parti acquisite, osannato da alcuni e odiato da altri.
Io ho grande rispetto per Gherardo Colombo. Mi piace pensare che ciò non sia perché, se costretto a scegliere, sto dalla sua di parte. Mi piace pensare che sia perché sono convinto che l'ideologia non dovrebbe contare in certi giudizi. Non mi interessa cosa ha motivato il suo lavoro, non mi interessa che lo abbia fatto perché toga rossa, mi interessa di aver saputo grazie a lui della P2 e di avere avuto Mani Pulite. E poi chissà quanti errori ha fatto e quanti di essi dovuti proprio al suo essere toga rossa. Ma dopo le inchieste P2 e Mani Pulite il paese non è stato più lo stesso. E se anche fosse cambiato in peggio, come alcuni sostengono, il paese dopo le inchieste, non è certo colpa sua. Avrebbe potuto essere meglio, il paese, dopo le inchieste, ha avuto questa opzione: a lui (e ai collaboratori) questo merito.
E veniamo al libro (Sulle regole, Feltrinelli Editore, 2008): la lunga introduzione serve ad argomentare che io non sono affatto mal disposto verso Gherardo Colombo, anzi. È proprio il libro che è tremendo, nonostante la bella presentazione. Ma andiamo con ordine, iniziamo da un breve riassuntino.
Riassuntino. A parte un breve capitolo quasi lirico su quanto la società italiana sia marcia sin nel midollo (Capitolo 1), il libro inizia con una breve rassegna semplice semplice di filosofia del diritto (Capitoli 2-8). Che cos'è la giustizia? Quando è una legge giusta? Da dove proviene la giustizia e la sua codificazione nel diritto? Domande classiche, risposte classiche: dal diritto divino (è giusto ciò che l'autorità divina ha comunicato a noi uomini essere giusto, e così via con le altre risposte, secondo derivata logica argomentativa) al diritto naturale (è giusto ciò che ogni essere umano, nel suo intimo, sa che è giusto, e così via...), al diritto positivo (è giusto ciò che lo stato sovrano ha codificato in legge, e così via.....). Questa parte del libro finisce (Capitolo 8) con una discussione di Montesquieu e del diritto positivo in uno stato sovrano democratico/liberale con annessa discussione della separazione dei poteri.
I successivi dieci capitoli (Capitoli 9-19) rappresentano il cuore del libro. Qui Gherardo Colombo sviluppa una filosofia politica le cui categorie fondamentali sono quelle di Società verticale e Società orizzontale. La società verticale è fondata sulla selezione: i forti, in qualunque dimensione rilevante, comandano i deboli; i diritti umani sono subordinati all'evoluzione della specie; la struttura organizzativa della società è gerarchica. Esempi di società verticale citati nel libro sono l'Apartheid in Sud Africa, la Germania nazista, la Russia bolscevica. La società orizzontale è invece fondata sulla cooperazione: lo sviluppo della società è impossibile senza l'emancipazione di ogni singolo individuo; i diritti umani sono fondamentali; la struttura organizzativa della società è gerarchica, ma tutti gli individui possono aspirare alla dirigenza della società che opera al servizio della collettività. La società orizzontale è una forma concettuale astratta, e quindi mancano esempi di società reali realmente orizzontali (la società ateniese nell'età di Pericle è esplicitamente rigettata come esempio, a causa della sua economia schiavistica).
Ai diritti umani che la società verticale non garantisce appartengono il diritto alla vita (la pena di morte è il classico esempio), e altri diritti sociali, quali il diritto all'istruzione (si fa esplicito riferimento alla limitazione dell'istruzione pubblica), alla sanità (si fa esplicito riferimento ai paesi in cui "il ricovero in ospedale è subordinato alla titolarità di una carta di credito"). Inoltre la società verticale tende ad ammettere e a giustificare la pratica della guerra per dirimere controversie internazionali (si fa esplicito riferimento alle guerre "preventive" - tra virgolette nel testo). Ancora, segregazione, strumentalizzazione della persona, e similia sono spesso parte della organizzazione della società verticale.
La società orizzontale è l'opposto di quella verticale in tutti questi elementi: il diritto alla vita è sempre garantito (si fa esplicito riferimento al fatto che questo non implichi il divieto all'aborto), così come i diritti all'istruzione e alla salute, non solo in termini di libero accesso ma anche in termini di qualità. Inoltre, naturalmente, il ricorso alla guerra è inaccettabile nella società orizzontale e fenomeni come la segregazione sono inconcepibili. Infine, le due tipologie di società sono anche distinte da come la società si comporta con coloro che trasgrediscono alle leggi. L'autore considera questa una dimensione fondamentale per distinguere tra le due società. In breve, mentre la società verticale utilizza la pena come deterrente, la società orizzontale al contrario non ha pena, tranne in casi davvero particolari, ma mira invece al recupero dell'individuo che trasgredisce.
La terza parte del libro (Capitoli 20-29) è una rapida storia di vari tentativi, dopo la fine della seconda guerra mondiale, di stabilire principi di convivenza sociale coerenti con la definizione della società orizzontale: dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo alla Costituzione italiana. Le difficoltà di attuazione di tali principi e le loro limitazioni agli occhi dell'autore sono discussi in un certo dettaglio.
Il libro finisce con due capitoli (Capitoli 29-30) e con una Conclusione che presentano una visione relativamente ottimistica della dinamica storica delle società e propongono alcuni commenti di ispirazione al superamento degli elementi della società verticale che l'autore ritiene ancora preponderanti nelle società occidentali (e in particolare in Italia) e al raggiungimento di una organizzazione più simile al modello astratto della società orizzontale.
Critica. Cercherò di essere sistematico, nella critica, perché se mi lascio andare a considerazioni libere non so dove potrei finire. Vado quindi in ordine. Il libro è ambizioso, direi pretenzioso, nel suo definire concetti di filosofia politica "nuovi" e astratti come società orizzontale e verticale. [Il "nuovi" è virgolettato perché nuova è la denominazione, ma i concetti vecchi e confusi, come argomenterò. Società orizzontale è usato già nella letteratura di scienze politiche ma in modo indipendente e con significato diverso - se Gherardo Colombo non ha letto J. Rawls e R. Nozick sui temi su cui scrive, vedi sotto, figurarsi se ha letto L. Friedman.]
1. La mancanza di citazioni. In tutto il libro si citano vari brani della Bibbia, in riferimento al diritto divino, e si cita Montesquieu riguardo al diritto positivo e alla separazione dei poteri. Nella seconda parte del libro, quella sulla filosofia politica, la società verticale e la società orizzontale, non si cita nessuno. Nessuno! Quelle presentate in questa parte del libro, sono questioni classiche, trattate e discusse dai filosofi della politica e dell'etica da tempo immemorabile. La presentazione della società verticale non può prescindere da Hobbes e homo homini lupus, dal contratto sociale, da Locke, Hume, Rousseau, e dal dibattito filosofico inglese dell'ottocento. Non sto facendo il solito accademico, quello che se un libro non ha metà di ogni pagina dedicata alle note nemmono ci prova a leggerlo. Qui è: i) una questione di onestà intellettuale, perché il libro è scritto come se queste idee fossero farina del sacco dell'autore, e soprattutto è ii) una questione di chiarezza mentale, perché se l'autore avesse presentato le proprie idee sullo sfondo della filosofia politica dell'ottocento, avrebbe capito da quale confusione profonda esse siano caratterizzate (come argomenterò in seguito); infine, iii) è una questione di idee, perché se fosse partito da Hobbes, probabilmente non si sarebbe fermato all'ottocento inglese, ma avrebbe cercato e scoperto idee moderne e interessanti sull'argomento, da John Rawls a Robert Nozick - o addirittura a Ronald Dworkin (le piacerebbe Dworkin, signor giudice, le assicuro). Se Stefano Zamagni ha potuto plagiare Nozick, Gherardo Colombo avrebbe potuto almeno leggerlo. La pagina di wikipedia su political philosophy è chiara e succinta. Bastava leggere questa e seguire i riferimenti agli autori.
Tutta questa mancanza di citazioni o, peggio, questa mancanza di letture, porta l'autore a fare una gran confusione. Ad esempio, Gherardo Colombo non sembra comprendere la differenza concettuale tra dirittiindividuali, come il diritto alla vita, il diritto alla libertà di pensiero,... e diritti sociali, alla istruzione, alla sanità, alla casa, e quant'altro. Mi spiace, ma: Scrivere un libro di filosofia politica con tanto di categorie concettuali "nuove", come società verticale e orizzontale, senza capire la differenza tra diritti individuali e diritti sociali significa non avere idea di che cosa si scrive. Il dibattito fondamentale tra filosofie politiche di matrice liberista e di matrice socialista, ad esempio, è basato su questa distinzione.
2. Il trucco retorico. L'intero libro è basato su un trucco retorico francamente un po' banale. Il trucco è il seguente. 1) Definire due categorie concettuali astratte addossando per definizione ogni possibile carattere positivo a una e ogni carattere negativo all'altra. 2) Confrontare poi le categorie come se esse si presentassero storicamente nella forma astratta scelta, e non in forme intermedie.
È chiaro che, per definizione/tautologicamente, la categoria astratta cui sono associati i caratteri positivi, nel libro la società orizzontale, è migliore di quella cui sono associati i caratteri negativi, la società verticale. C'è qualcuno che ha voglia di sostenere che la Germania Nazista era società migliore di una società come l'Atene di Pericle? Ma non l'Atene di Pericle reale, che quella era basata su una economia schiavistica; un'Atene di Pericle astratta, senza schiavi! E magari anche senza pedofili! Ma nononostante questo confronto sia l'unico esercizio logico possibile sulla base dell'analisi delle categorie concettuali del libro, naturalmente il trucco retorico consiste nel porre sì la questione come confronto tra categorie astratte, ma poi spostarla tacitamente senza parere sul confronto tra società reali. Nel caso del libro, in realtà si finisce per usare la categoria di società verticale per criticare alcune società reali tipiche, come gli Stati Uniti (stigmatizzate per la supposta mancanza dei diritti sociali, per il ricorso alla guerra, per il sistema penale, e così via) o come l'Italia in alcuni suoi aspetti.
3. L'argomento fallace. Se Gherardo Colombo avesse avuto modo di provare a comprendere anche solo sommariamente la filosofia politica avrebbe realizzato che l'intero argomento su cui il libro si fonda è fallace. La questione fondamentale della filosofia politica non è (come Gherardo Colombo sembra credere): È una società astratta in cui i diritti individuali e sociali sono garantiti per ogni individuo migliore di una in cui non lo sono? Niente affatto. Questa non è la questione fondamentale della filosofia politica per due ragioni: 1) perché la definizione di "migliore" (un ordinamento logico che permetta di dire che una società è "migliore" di un'altra) è arbitraria - e quindi la questione logicamente mal posta; 2) perché anche se scegliessimo arbitrariamente tra le definizioni di "migliore" proposte nella letteratura, la risposta alla questione sarebbe essenzialmente sempre positiva - e quindi, pure aggirando i problemi di ordine logico, la questione è ovvia e banale. La questione fondamentale posta dalla filosofia politica (oltre a quella della definizione assiomatica di "migliore") è invece la seguente: Quale è la struttura organizzativa che meglio supporta gli obiettivi di una società "ottima" (dove "ottima" naturalmente dipende dal particolare concetto di "migliore" adottato; "ottima"= che non ha "migliore")?
Questa è la questione fondamentale. La risposta dipende, come almeno da Hobbes in poi è divenuto chiaro, da quella che si considera essere la natura umana. Accettiamo pure la definizione di "migliore/ottima" proposta da Gherardo Colombo: la società "ottima" è quella orizzontale. Se si ammette che la natura umana contenga, anche in minima parte, degli elementi di egoismo (o razionalità economica, come a noi economisti piace definirla), allora la questione diventa: come si disegnano gli incentivi per far sì che gli obiettivi della società orizzontale basata sulla cooperazione siano raggiunti, nonostante la natura umana? Certo che è bello che a ogni individuo sia data una educazione di qualità, una sanità efficiente, e una abitazione dignitosa, e.... Ma se a ogni individuo spetta tutto ciò indipendentemente dal suo lavoro, dal suo comportamento, dalla sua abilità, come garantiamo che gli individui abili lavorino per supportare quelli meno abili? Se non puniamo chi ruba, come garantiamo che non tutti rubino? Non è necessaria una mente fina per capire che queste sono le domande. Alcuni rispondono che, in queste condizioni lo stato debba semplicemente garantire i diritti individuali e il diritto di proprietà (Nozick), altri che lo stato debba intervenire molto più direttamente nella organizzazione della società. Queste sono le questioni su cui si può discutere, e su cui può valere la pena di scrivere un libro se si ritiene di avere qualcosa di nuovo da dire (o se si ritiene di potere almeno riassumere le questioni in modo chiaro). Altrimenti, si finisce a dire che la società nazista era peggio della forma astratta dell'Atene di Pericle, senza schiavi né pedofili. Nulla di più. Ma poteva fare a meno degli schiavi (e dei pedofili) Pericle?
L'argomento del libro di Gherardo Colombo in una riga è il seguente: la società orizzontale è "ottima" e quindi la società orizzontale è la società reale che dobbiamo cercare di costruire. Questo argomento è fallace, proprio perché tralascia di considerare i vincoli posti dalla natura umana. È logicamente possibile che una qualche manifestazione della società verticale (magari non proprio la Germania nazista, ma che so, l'Amerika di Obama, o la Francia di Mitterand) sia la società che più si avvicina alla società orizzontale, che sia cioè la società "ottima" ("ottima vincolata" direbbero gli economisti). Ed è anche logicamente possibile che una società organizzata come lo sarebbe una società orizzontale abitata da uomini buoni senza nemmeno un'oncia di egoismo, qualora fosse abitata invece da uomini anche minimamente egoisti, sia invece una società "pessima" (o almeno molto "peggiore" di quella verticale di Mitterand).
Infatti non occorre aver letto di filosofia politica per capire tutto questo. Magari lo si capisce in modo confuso, ma lo si capisce lo stesso. Basterebbe almeno aver letto qualcosa della letteratura sull'economia collettivista (Lenin lo ha letto, signor giudice?). Cos'è l'uomo nuovo se non una via d'uscita logica alla questione della natura umana? Certo, senza incentivi gli uomini non lavorano, ma l'uomo nella società comunista non è un uomo storico, è un uomo nuovo, senza un'oncia di egoismo, che supporterà l'economia collettivistica annullando gli incentivi individuali.
Ma a pensarci bene Gherardo Colombo questo argomento lo ha ben capito. Nei capitoli in cui discute di pena e deterrenza, in cui argomenta che una società orizzontale debba essere basata sul reinserimento e non sulla pena e la deterrenza, l'autore risponde a varie possibili obiezioni. Tra queste, che la mancanza di deterrenza aumenti gli atti criminali. E naturalmente la risposta è che nella società orizzontale, l'uomo, ispirato dalla cooperazione orizzontale, sarà moralmente distratto dall'attività criminale.
E qui mi fermo, non ho più forza, sono intellettualmente spossato. L'uomo nuovo no, per favore, l'uomo nuovo no!
P.S. Dedico questo post al nostro giudice in-house, Axel: lo vedi dove porta dimenticarsi degli incentivi? Che fortuna hai avuto a imbatterti in noi!
Alberto, non sono un esperto di filosofia politica, ma come dici "queste cose le capisco in modo confuso ma le capisco". Di Colombo purtroppo ho una opinione diversa dalla tua. Ho sempre ritenuto che il suo essere "toga rossa" lo abbia sì spinto a fare le - meritorie - indagini che ha fatto, ma sempre con primo scopo quello dell'uomo nuovo. Se questo libro è così terribile come dici a me pare che non rappresenti un erorre isolato, bensì sia lo specchio del suo modo di pensare.
Colombo a me ha sempre dato l'impressione di non essere un giudice che vuole applicare la legge (per quanto sbagliata, imperfetta, imprecisa), ma di un giudice che vuole fare Giustizia. E questo atteggiamento a me fa sempre rabbrividire, soprattutto quando fa scuola.
Capisco. Ma le indagini restano, indipendentemente da cosa fossero motivate. Il libro, invece no, quello spero sara' presto dimenticato.