La rimpatriata degli espatriati

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Stefano Fassina, responsabile economico del PD, ha risposto su Il Riformista alle osservazioni critiche di Sandro. Ci ritorniamo sopra, a modo nostro, visto che solleva alcune questioni serie, e altre meno.

Executive summary: xe pezo el tacon del buso. Ovvero: a volte le discussioni vanno prese seriamente, oppure si lascia stare.

Le questioni personali, anzitutto.

Dice Fassina

 

Gli amici di NFA, sempre molto ispirati nei loro commenti dai toni simpaticamente saccenti propri degli expatriate upper class,

 

Oh bella, da quando si fa il blog son tutti amici nostri! Alberto andò a Matrix un paio d'anni fa e Renato Brunetta (che nella sua vita ha incontrato solo Boldrin e l'ultima volta tanti anni fa) dichiarò ch'eravamo tutti amici suoi. Michele va a Ballarò e Renato Soru ne parla come d'un vecchio conoscente, anche se non s'erano mai visti prima. Ora, e ce ne rallegriamo, siamo diventati anche amici di Stefano Fassina. Oh well dev'essere il bon ton italiano, di cui c'eravamo scordati. Vuoi vedere che appena ne ha l'occasione anche Voltremont ci tratta da vecchi compari?

Eppoi la perla: siamo degli espatriati upper class! E noi che pensavamo d'essere degli emigrati morti di fame. Brutta abitudine tutta italiana: sminuire l'argomento non gradito appiccicando un'etichetta "negativa" all'argomentatore. Stile il "ma dove l'ha preso quello, che ha l'orecchino?" di Roberto Castelli a Ballarò. I lettori più antichi si ricorderanno che anche Francesco Magris (a proposito, che fine ha fatto?) aveva usato un trucco simile sul Sole 24 Ore di un paio d'anni fa. Ora è Stefano Fassina che usa questa tecnica molto in voga, evidentemente, tra politici e intellettuali nostrani.

Noi non riusciamo bene a capire che differenza faccia, per la qualità dei nostri argomenti, il fatto di essere upper, middle o lower class; siamo irrimediabilmenti prigionieri di modelli rigidi e astratti, quindi tendiamo a valutare la forza di un argomento in base all'aderenza alla logica e ai fatti. Comunque, dato che Fassina, che evidentemente valuta gli argomenti in modo più flessibile, sembra pensare che l'origine sociale degli interlocutori sia rilevante, faremo outing. Allora:

- Alberto è figlio di un impiegato di banca ed una casalinga (diploma di ragioneria e terza media).

- Aldo è figlio di un impiegato delle poste ed una casalinga (terza media ed elementare)

- Andrea è figlio di un operaio e di una casalinga (terza media ed elementare)

- Giorgio è figlio di un ingegnere e di una maestra (laurea e diploma).

- Giulio (che nemmeno è emigrato) è figlio di un impiegato di banca ed una casalinga (diploma di ragioneria e maturità classica).

- Michele è figlio di un contadino/operaio ed una casalinga (terza media, per corrispondenza quella del padre)

- Sandro è figlio di operai metalmeccanici (quinta elementare entrambi).

Poiché siam certi che il compagno Fassina ci confermerà ben presto che anche lui appartiene allo stesso tipo di "upper class" a cui apparteniamo noi sette, veniamo all'economia.

Come visto, il nostro dice che siamo vittime di schemi rigidi e modellini astratti. Se per lui usare la logica (che è quello che ha fatto Sandro nel post) vuol dire esserne vittime, si accomodi pure nell'affollato salone dei blablabla che amano gli schemi altamente flessibili, tanto flessibili da permettere di dire tutto e -- alla bisogna -- il contrario di tutto. Noi preferiamo interagire nell'altro reparto, anche'esso abbastanza ben frequentato, per fortuna.

Da uomo di mondo quale è, Fassina ci invita a sollevar coperchi (di pentole sul paiolo, supponiamo) e guardar dentro alle norme concrete. Bene, invece di rilevare che tali affermazioni sono solo vuota retorica (che però c'è scappato detto) diamo bando alle ciance e veniamo al dunque.

Continuiamo con le questioni di dottrina.

 

il crollo di Wall Street a settembre 2008 aveva travolto il paradigma economico dominante nell'ultimo quarto di secolo, ossia l'antico «individualismo metodologico» di matrice austriaca, riproposto in forme estreme come legge di natura, in base alla quale la massimizzazione della propria utilità da parte di un homo economicus standard, esclusivamente auto-interessato, porta naturalmente al benessere collettivo

 

Questa ce la deve proprio spiegare, perché da soli noi non ci si arriviamo.

a) Intende dire che, a partire da un qualche momento dell'anno 2009 (facciamo il 20 gennaio, data dell'insediamento di Obama, tanto per capirci) gli esseri umani hanno smesso di massimizzare la propria utilità e si dedicano ora ad altri obiettivi? E, in tal caso, quali?

b) Intende dire che tale era il sistema in essere sino al settembre 2008 ed ora questo sistema non c'è più? Dove? Negli USA? Nell'UE? Lo chiediamo perché la crisi finanziaria c'è stata apparentemente ovunque ed in Europa sembra essere ancora in corso ... Insomma, il mondo era pieno di individualisti e ora non più?

c) Oppure è solo l'ideologia secondo cui gli uomini sono scarsamente generosi e tendono a farsi gli affari propri che è rimasta travolta dalla crisi? Qui ci interessa capire in che senso la caduta dei prezzi delle case ed il fallimento di svariate banche possano travolgere un'ideologia. Come succede? È forse una cosa del tipo: finché c'era l'URSS la gente credeva nel socialismo realizzato, poi cadde e smisero di crederci? Va bene come analogia?

 

d) Se la risposta corretta è c), possiamo sapere nella mente di CHI vivesse tale ideologia? Lo chiediamo perché (a parte il fatto che attribuire l'individualismo metodologico agli austriaci è una cosa intellettualmente stiracchiata) tale ideologia, o anche teoria, non ci risulta proprio esistere. Da nessuna parte, ma proprio nessuna, abbiamo letto qualcuno sostenere che basta massimizzare la propria utilità per raggiungere il benessere collettivo. Non vorremmo sembrare saccenti (oltre che espatriati), ma l'espressione "dilemma del prigioniero" ricorda niente?

Andiamo avanti con la dottrina.

 

dicevo che le cause di fondo della crisi sono [...] l'ideologia del mercato auto-regolato e, quindi, della politica come intralcio al dispiegamento delle forze propulsive del mercato, la disuguaglianza nella distribuzione del reddito e la flessibilità/precarietà del lavoro. Citavo la Caritas in veritate di Benedetto XVI, nella sua radicale e lucida critica all'economia politica egemone, come la più convincente e sistematica interpretazione della crisi in corso.

 

Di nuovo, potrebbe spiegarci il meccanismo? In particolare:

i) In che modo l'ideologia del mercato auto-regolato (avrebbe una citazione?) ha causato la politica dei tassi d'interesse praticata dalla Federal Reserve Bank e dalla Banca Centrale Europea, l'eccessivo indebitamento delle famiglie USA, UK, Spagna, Irlanda e quello dei governi di Grecia, Portogallo e ... Italia?

ii) In che modo la disuguaglianza nella distribuzione del reddito avrebbe causato le cose elencate in i)?

iii) Idem per la flessibilità/precarietà del lavoro (e sorvoliamo sul fatto che si tratta di due cose profondamente diverse). Quale, poi? Negli USA la legislazione lavorativa non cambia da svariati decenni. O intende dire che è stata l'italiana riforma Biagi (e la sua antenata, la riforma Treu) a causare la crisi mondiale? O la riforma che Felipe Gonzalez fece approvare in Spagna nel 1994? Insomma, in che forma la flessibilità/precarietà del lavoro ha causato le cose elencate in i)?

iv) Davvero, ma davvero davvero, Stefano Fassina pensa che l'enciclica del Signor Ratzinger contenga una "lucida critica" della "economia politica egemone"? Ossia, tanto per essere chiari, dei modelli DSGE neo-keynesiani basati sul lavoro di Mike Woodford e coautori e dei modelli di "financial accelerator" di Ben Bernanke, Mark Gertler e compagnia? No, perché QUELLA è l'economia politica egemone, mica altra. Davvero, ma davvero davvero davvero, Stefano Fassina pensa che il pamphlet del signor Ratzinger contenga la "spiegazione più convincente e sistematica della crisi in corso"?

 

Infine, le questioni di politica economica italiana.

Fa piacere vedere che anche il PD (o, forse, solo Stefano Fassina) ha deciso che tagliar imposte e ridurre spesa pubblica è ottima idea. Meglio tardi che mai: quelli come noi (che son cresciuti vedendo i papà che pagavano le tasse per lorsignori) battono su questo chiodo da svariati decenni. Suggerisce però il nostro che, per recuperare la perdita di gettito che potrebbe far seguito ad una riduzione dell'imposta sul reddito da lavoro e d'impresa (questo in cosa consiste, esattamente?), vanno usati altri cespiti. Questi:

 

indicavo, in ordine di rilevanza quantitativa ai fini della copertura , il recupero di evasione, la tassazione dei redditi da capitale e la riduzione e riqualificazione della spesa pubblica.

 

Scendendo dai cieli della dottrina, o risalendo dalle bassezze del personale, in direzione delle cose concrete ritornano gli antichi vizi e riappaiono gli errori logici ed aritmetici. Nell'ordine:

1) Il reddito da lavoro è tassato troppo ma quello da capitale troppo poco? Davvero davvero davvero? E se alzassimo la tassazione sul reddito da capitale, per esempio, Stefano Fassina pensa che anche i rendimenti sul debito pubblico andrebbero inclusi in tale categoria? Ha riflettuto sulle implicazioni di finanza pubblica di tale provvedimento? Oppure si riferisce solo al reddito proveniente dal possesso di azioni? Ha mai sentito parlare dei capitali che vanno laddove li tassano meno? Insomma, QUALI redditi da capitale ritiene buona idea tosare e di quanto?

2) Se l'ammontare di tasse sul lavoro risparmiate deve corrispondere al gettito addizionale ottenuto via recupero dell'evasione, quanto stima si possa ottenere? In particolare, è cosciente il nostro della distribuzione territoriale del fenomeno evasivo e, quindi, del fatto che un recupero di base imponibile richiederebbe una particolare attenzione al Sud d'Italia? Ma, soprattutto, alla luce di quanto già "recuperato" da Visco prima e da Tremonti poi, quanti miliardi di gettito sarebbero realisticamente recuperabili?

3) Dato che 1) e 2) sono, se si parla sul serio, aria frittissima, a noi sembra rimangano solo i tagli di spesa per poter finanziare la riduzione d'imposte. Sia chiaro, a noi pare un'idea stupenda e ci siamo dilettati svariate volte a compilare la lista della spesa a rovescio, ossia dei tagli alla spesa. Potrebbe dirci Stefano Fassina COSA pensa di voler tagliare? Perché "riqualificare" non taglia la spesa, al più la rende più efficace. Quando si tagliano le tasse il vincolo di bilancio si soddisfa solo tagliando le spese. Bene: QUALI?

Un inciso qua è opportuno. Le domande che stiamo ponendo a Fassina si pongono in maniera assolutamente identica a chi parla di taglio delle tasse nel centrodestra. Data la situazione del debito pubblico, non c'è taglio di tasse se prima non si taglia la spesa. Quindi, finché non dite quali spese volete tagliare (anzi, visto che siete al governo, finché non le tagliate sul serio) per favore evitate di prendere per i fondelli la gente parlando di tagli delle tasse.

In conclusione

Sul resto, ossia sul fatto che il sistema fiscale italiano sia regressivo e rubi a chi produce per dare ai parassiti e alla casta, possiamo solo dire: era ora vi svegliaste! Ve lo andiamo dicendo, letteralmente, da decenni. Idem sul fatto che la spesa pubblica italiana sia, in una parte sostanziale, spreco, trasferimento a gruppi privilegiati, incentivo al non lavoro, sussidio al parassitismo. Basta leggere a caso in questo sito per capire che si sfondano porte aperte! Quando Roberto Perotti dichiara (e documenta - non ci vuole molto) che l'università gratuita (o quasi) è un trasferimento regressivo come reagisce il suo partito, dottor Fassina? Si vada a vedere le dichiarazioni del (allora) ministro Mussi. Sì, lo sappiamo che Mussi nel PD non c'è più, ma se n'è andato da solo; mica l'avete cacciato per quelle dichiarazioni!

Ma il fatto che Stefano Fassina - non sappiamo se a nome proprio o del suo partito - ripeta ora in forma generica le affermazioni che quelli come noi fanno, in forma articolata, da decenni, non dissipa i dubbi, anzi. Ripetiamo quindi le domande:

I. Di quanto tagliare le tasse e come? Di quanto tagliare le spese, quali, come e quando?

II. Come si riconcilia tale proposta fiscale non tanto con le affermazioni passate di Fassina (che quelle le ha già discusse Sandro) ma con le parole ed i fatti di Vincenzo Visco, Tommaso Padoa Schioppa, Romano Prodi e, più in generale, di una tradizione politica ed intellettuale che ha prodotto QUESTO regime fiscale regressivo e truffaldino, QUESTA spesa pubblica improduttiva e parassitica?

Perché va anche bene cambiare idea, ci mancherebbe, specialmente quando le idee si cambiano nella direzione giusta. Però serietà intellettuale richiede che si spieghi perché le idee son cambiate e che giudizio si dà su quelle del passato. E sulle opere che ne son seguite.

Saremo anche upper class e simpaticamente saccenti, ma a noi le discussioni di politica fiscale senza numeri sembrano il prodotto poco utile di modelli ideologici rigidi ed astratti. Insomma, ci piacciono i coperchi scoperchiati e le norme concrete assai.

Bene, ora ci siamo sfogati e abbiamo pareggiato il conto. Ringraziamo anche noi sinceramente Stefano Fassina e saremo più che lieti se vorrà continuare a discutere, senza più buttarla sul personale, di politica economica. Con i numeri e gli esempi concreti, però. Non con rigidi ed astratti modelli.

 

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Commenti

Ci sono 89 commenti

Rispetto a me siete tutti upper class. Solo Sandro mi si avvicina.

Beh, Fassina rispondeva proprio a un mio articolo che era stato ripubblicato sul Riformista. Chissà come gli è venuto in mente di mettere questa ridicola menata sull'upper class. Comunque, speriamo sia chiusa qua e che si parli d'ora in poi di contenuti.

Cos'e', uno sketch dei MonthyPython ?

non sono econometrico, ma le risposte del sig/dott fassina mi sembrano spannometriche, magari Boldrin farà un mega intervento con esempi e dati, io dal piccolo mi limito a dire: risposta spannometrica e assolutamente senza basi, o quantomeno senza riferiment che servano a mettere il punto (si chiede, anche in questo commento: cosa si tassa come rendita finanziaria? le azioni solo perchè sono al 12,5 % -se non si è proprietari di quota qualficata- ? il 12% sarà basso ma, variando cio che un irlandese che si occupa di finanze in irlanda ha detto a Report " il 12,% di una quota microsoft son tantissimi soldi"). Sembrano risposte e ricette, quelle del Fassina, esattamente come quelle che si vedono ogni sera in tv in italia: ricette per il gusto di dire che "io si che saprei come fare!" ma che con un audience diversa dal pubblico che batte le mani solo perchè parla il politico affine, e -sopratutto- con un pubblico piu "fine" e preparato sulla materia, lasciano non solo il tempo che trovano, ma non hanno neanche modo di passare.

 

Io pero', vista situazione attuale, mi accontenterei anche di un po' di "riqualificazione della spesa pubblica". Insomma, non dovessi pagare 1000 euri di asilo nido al mese dopo aver avuto il mio reddito tassato al 50%, sarei un po' piu' contento.

 

1000 euro per il nido comunale?! per quanti bambini?

Non vorrei sembrare il solito Boldrin che fa domande imbarazzanti ma ...  mi spieghi come?

Ossia, mi spieghi come "riqualificando" la spesa pubblica potrebbero evitarti di pagare 1000 euri al mese di asilo nido e/o di pagare il 50% d'imposte sul reddito? Davvero, COME si fa?

P.S. Devi essere ricco sfondato per avere una tassa media del 50% ... quindi ben ti sta! Piangi, che te lo meriti!

P.S.S. Scherzo, neh ...

 

 

 

Prima outing. Sono schifosamente upper class - padre pediatra di provincia madre farmacista (poi casalinga). Quindi farò una proposta reazionaria

a) bloccare lo stanziamento per gli incrementi degli stipendi per gli  statali già previsto nella finanziaria (leggo 3 miliardi a regime) e trasferirlo al fondo per gli ammortizzatori sociali. Sarebbero sufficienti per d primo fondo per un vero sussidio di disoccupazione per i giovani

 

 

c) seguendo l'esempio dello stato della California*, istituire un contributo di solidarietà a carico dei dipendenti statali per un anno -  diciamo il 10% dello stipendio per coloro che guadagnano più di  3000 euro netti, il 5% per quelli che guadagnano fra 1500 e 2000 e l'1-2% per coloro che guadagnano meno di 1500 euro. Si potrebbero usare per creare un fondo di emergenza per interventi straordinari - sopratutto  rimborso tasse e pagamento di fatture della PA (eliminando quindi debito implicito) ed in subordine ri-finanziamento della CIG.

*Taglio secco degli stipendi del 10%, almeno per i professori della UC

 

 

E il dimezzamento del budget di un ente inutile come l'IUE? :=)

Ho dei commenti da fare.

1) mi piace leggervi perche' ritengo che posso imparare, non essendomi mai interessato piu' di tanto ne' alla politica ne' all'economia. Pertanto, chiedo venia se quello che scrivo a volte e' banale.

2) vorrei far notare che gli stipendi degli statali e dei dipendenti (statali e non) sono stati letteralmente dimezzati nel  2002 con l'entrata in vigore dell'euro. Mentre nel resto d'europa c'e' stato un certo controllo sui prezzi, da noi non c'e' stato. Un esempio? il costo delle abitazioni: e' letteralmente raddoppiato in meno di un anno. Ovviamente chi aveva un lavoro in proprio ha rimediato raddoppiando (o quasi) il prezzo al consumo. Io me ne sono accorto di brutto perche' sono rientrato in italia dagli USA dopo l'estate del 2002. Un mio collega (ed amico) americano, che ogni anno negli ultimi 20 anni viene in Italia, se n'e' accorto pure lui del raddoppio dei prezzi...

3) Universita': ma invece di tagliare i contributi del FFO alle universita' (si sta parlando di un ulteriore taglio di 1.2 miliardi di euro, insostenibile per le universita'), perche' non si tagliano direttamente le universita'? In Italia ci sono ben 95 Universita' (alcune strane -per me- sono "UKE di Enna", "SS. Pio V", ecc... basta guardare qui) e a me risulta che chi piu' chi meno, anche le Universita' private ricevono sussidi dello stato (magari in maniera indiretta sotto forma di sussidi alle famiglie). E' vero? Se cosi' fosse, non sarebbe saggio tagliare i fondi a TUTTE le universita' private e dimezzare quelle pubbliche? (due per regione sarebbero piu' che sufficienti).

Ovviamente non ho preso in considerazione l'impopolarita' della cosa, ma e' una cretinata?

Gli autori, da ben nati quali sono, hanno avuto il bon ton di sorvolare, ma segnalo che l'individualismo metodologico non c'entra comunque proprio niente, in quanto non e' una dottrina economica positiva, ma una teoria -appunto- metodologica sulla spiegazione dei fenomeni sociali in termini di motivazioni individuali (invece che di entita' collettive). Nella famosa frase di Max Weber, si puo', anzi si deve (secondo lui) usare l' individualismo metodologico anche per studiare una societa' comunista. O una societa' di altruisti.

Non che tutto questo abbia rilevanza pratica. Se non che riempirisi la bocca di paroloni astratti il cui significato non si capisce e' un vizio che mi da molto fastidio, notably in un politico.

E' un vizio molto diffuso però, nella risposta di Fassina a Sandro, la ricerca di questi "paroloni" mi è sembrata molto accentuata . Probabilmente voleva darsi un "tono" intelletuale, l'effetto è stato quello di ricordarmi le interviste del Trap.

 

Davvero, ma davvero davvero davvero, Stefano Fassina pensa che il pamphlet del signor Ratzinger contenga la "spiegazione più convincente e sistematica della crisi in corso"?

Non so cosa pensi Stefano Fassina - che immagino come tanti altri cerchi di stiracchiare le parole del Papa per portare acqua al vecchio mulino della critica al liberismo (quello "selvaggio" ovviamente) - ma l'enciclica citata contiene spunti molto interessanti, di natura filosofica, sul tema dell'economia. Per l'esattezza è interessante quando propone agli economisti di lavorare sul concetto di gratuità applicato ad un modello economico basato sulla libertà d'impresa e non sulla proprietà pubblica, dicendo: "il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica".

Già Giovanni Paolo II aveva aperto la strada ad una visione critica dei paradigmi economici, ma Benedetto XVI supera quell'idea di "terza via" che un po' irrealisticamente pareva essere divenuta la marca del pensiero economico cattolico.

Quanto alla spiegazione della crisi condivido che "il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la sua funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare".

Molto interessante anche il concetto "che è causa di gravi scompensi separare l'agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la redistribuzione".

 

 

 

Per l'esattezza è interessante quando propone agli economisti di lavorare sul concetto di gratuità applicato ad un modello economico basato sulla libertà d'impresa e non sulla proprietà pubblica, dicendo: "il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica".

 

A me pare una pessima idea: la beneficenza spetta agli individui, non alle imprese, il cui unico compito e' di cercare di massimizzare gli utili per i proprietari (entro i limiti legali stabiliti per via politica). Anche da un punto di vista religioso, sono gli individui ad avere un'anima, mica le imprese!

 

Molto interessante anche il concetto "che è causa di gravi scompensi separare l'agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la redistribuzione".

 

Vedi sopra: B-XVI sembra non aver digerito il concetto di "societa' di capitale" come persona giuridica diversa dalle persone fisiche. Con le sue uscite, sta condannando il cattolicesimo a restare nell'angolo pre-moderno in cui lo aveva lasciato la riforma protestante, e da cui stava tentando faticosamente di uscire grazie agli forzi di cattolici liberali nel dopoguerra. Non c'e' da meravigliarsi se ormai i seminari riescono a reclutare solo nel terzo mondo.

 

Già Giovanni Paolo II aveva aperto la strada ad una visione critica dei paradigmi economici, ma Benedetto XVI supera quell'idea di "terza via" che un po' irrealisticamente pareva essere divenuta la marca del pensiero economico cattolico.

 

Vedi, c'è una grande confusione dietro a questa ed altre frasi sia del tuo commento che di altri che scrivono su questo argomento.

La teoria economica non cerca di predicare come sia giusto vivere. Nemmeno cerca di insegnare alla gente come organizzare la propria attività economica. Non è una morale, né un'ideologia, né un programma politico. È solo un insieme di strumenti ed ipotesi che usiamo per cercare di capire perché le persone fanno certe cose e non altre. Noi non sappiamo quale sia il "giusto" sistema di valori. Noi diciamo solo che, dato un certo sistema di valori e certi obiettivi, allora vi saranno certe conseguenze se si creano regole/istituzioni di questo o quell'altro tipo.

Quindi, il "paradigma economico" non ha alcuna opinione sul dono o la carità. Sono fenomeni che studiamo, esattamente come il furto e la prostituzione. Nè ci predichiamo a favore né contro.

La nostra spiegazione, del dono, del furto, della carità, dello scambio di beni, del matrimonio è del tipo positivo: ci chiediamo perché e come la gente fa questi atti, compie queste scelte. Al fondo usiamo delle ipotesi sulla natura umana, che sono più o meno quelle dei filosofi morali scozzesi del secolo XVIII aggiornate da quanto la psicologia moderna, specialmente le scienze neurologiche, ci hanno insegnato sulla natura delle preferenze umane, desideri, sistemi "innati" di preferenze e decisioni.

Il dono, o la mancanza del medesimo, non è né contro né a favore del "paradigma economico" se, con quest'ultimo, si intendono le ipotesi usate per studiare il comportamento umano in ambito socio-economico e politico. Se Ratzinger vuole convincere le persone a fare più doni, ben venga. Sono dell'opinione che non avrà molto successo (Test: sono più generosi i cattolici o i protestanti? I religiosi o gli atei? I musulmani o i cristiani?) ma che ce l'abbia o meno non inficia la teoria economica. Al più insegna ai neuro-scienziati qualcosa sulla capacità di convinzione morale delle autorità religiose.

L'unica cosa che potrei dire è che, se il signor Ratzinger pensa di poter organizzare un sistema economico vasto (diciamo composto da più di qualche migliaio di persone) sul dono rischia di essere deluso. A meno che non cambi la natura umana, svariate migliaia di anni di storia delle civiltà suggeriscono che non sia possibile.

Buona fortuna, comunque. Se ci riesce, studierò con interesse il fenomeno. Per quanto mi riguarda è tanto interessante quanto il mercato delle opzioni over the counter.

Sul resto non commento, lasciando ad altri il compito di chiarire che anche le altre affermazioni sono o confuse o, senza offesa, "insensate", nel senso di prive di coerenza logica e utilizzabilità empirica.


"il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica"

Se veramente questa citazione vuole spronare gli economisti a lavorare sul concetto di gratuita', allora mi sembra di piu' che il papa non sappia molto di economia... Nessuno vieta ad un economista di scrivere un modello in cui l'agente vuole regalare le cose. Il problema e' capire a cosa serve a descrivere questo modello e se da' migliore potere descrittivo/predittivo rispetto ad altri...

"il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la sua funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare"

Riguardo alla fiducia, non mi sembra che il papa dica nulla di nuovo rispetto a quello che dicono gli economisti da quanto hanno iniziato ad analizzare i fallimenti del mercato. Un mercato ha bisogno di tante cose per funzionare, una di queste e' la fiducia nella persona con cui scambio i prodotti (una dei libri che mi e' piaciuto di piu' su quali sono tutte le cose che fanno funzionare un mercato e' Reinventing the bazaar, di John McMillan).

Riguardo alla solidarieta',non ci siamo. Il mercato funziona benissimo anche senza solidarieta', ed e' proprio questa, per me, la sua bellezza. E' troppo semplice dire che staremmo tutti meglio se fossimo solidali, il bello e' che, se i mercati funzionano, stiamo bene pur non dovendo sperare nella solidarieta' di tutti gli altri... Siccome a me sembra che abbiamo molti piu' esempi di gente che non e' solidale rispetto a gente che lo e', allora preferisco avere una teoria che mi spiega come stare bene quando tutti non sono cattivi, ed il fatto che non lo siano puo' migliorare le cose, piuttosto che avere una teoria che mi dice come stare bene quando tutti sono buoni, ma se non sono buoni allora tutto va allo sfascio.

 

 

Ti consiglio la lettura dei due links contenuti nel passaggio che hai citato

Mi chiedo cosa sia questo "principio di equivalenza": qui il Papa, o Zamagni, inciampa su un concetto-base: se io e l'Esselunga ci scambiamo un pacco di Garofalo per un euro, dov'è scritto che l'Esselunga valuta l'euro come il pacco di pasta? E sopratutto, perché io dovrei valutare il pacco di pasta come un euro? 

.."il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per funzionare....

Una cosa del tutto collaterale: credo che l'enciclica del papa l'abbia scritta Stefano Zamagni. Consiglio questo libro, per riferimento.

Su Zamagni noi invece consigliamo la lettura del memorabile saggio di Federico Varese ''Economia di idee presso il profesor Zamagni'', pubblicato su Belfagor nel 1996, che documenta due spudorati casi di plagio del nostro. Un resoconto giornalistico dell'accaduto è qui (in fondo al pezzo, notate il divertente e originale spelling del proverbio veneto riportato anche all'inizio del nostro post). Una discussione più approfondita è qui. Certo che se è da questi personaggi che Fassina trae ispirazione stiamo freschi.

 

documenta due spudorati casi di plagio del nostro.

 

Sandro e se il nostro fosse il Molière dell'economia? Il quale a chi lo accusava di plagio rispondeva seraficamente

 

Je prends mon bien où je le trouve

 

Scusate, ma visto che Fassina è un vostro vecchio amico (e ce lo avevate anche taciuto..) perchè non lo invitate a Firenze ? Così , magari, ci spiega per bene il Fassina-pensiero una volta per tutte.

Tanto un vecchio amico non può dire di no...

 

Così , magari, ci spiega per bene il Fassina-pensiero

 

Non sapevo che avessi una così marcata propensione autolesionismo.

Cari espatriati, quanta pazienza avete a rispondere al Dott. Fassina! Vi ringrazio perché mi sto divertendo. Il picco massimo dell'articolo sul Foglio è stata la frase contro le 5 aliquote. Decisamente troppe! (tralasciando il piccolo particolare che fu lui insieme a Visco ad aumentarle). 

A parte questo esilarante intermezzo ho un problema economico da sottoporvi. Riguarda la tassazione delle rendite finanziarie. Ora, capisco benissimo che aumentare dal 12,5% al 20-30% le tasse sui BTP e similari é improponibile. Però il mio animo libertario, si trova in qualche modo a disagio a vedere tassato il capital gain sui cambi o su un fondo azionario a poco più del 10%. Domanda: non si potrebbe iniziare da lì? Se no, quali sono gli argomenti contrari?

Credo, ma non ne sono sicuro, che l'attuale regime fiscale incentiva gli imprenditori ad investire il capitale in attività puramente finanziarie, piuttosto che in capitale produttivo. Esiste un trade-off del genere, oppure gli investimenti finanziari fungono da liquidità per le operazioni/investimenti dell'impresa? Potrebbe essere buona cosa tassare il capital gain e ridurre IRES/IRAP?    

Domanda difficile.

La risposta istintiva: il capitale è mobile, qualsiasi forma prenda. Inutile tassarlo troppo, va tassato uniformemente però perché quando non lo si fa si creano strani incentivi/disincentivi che poi non controlli. Ma il concetto di rendita finanziaria, cosa vuoi, io non lo capisco. Esistono le rendite, punto. Alla fine della fiera assumono tutte una forma finanziaria, perché se esistono si possono "monetizzare".

Bottom line: tassazione uniforme del reddito da capitale, in tutte le sue forme, ad un tasso non diverso da quello a cui si tassa il reddito da lavoro (che poi, al 95%, è reddito da capitale ... umano). As a starting point, quello è il mio punto di vista. Poi, in casi concreti, son disposto a ricredermi.

Grandissimo post. Un quadro di dinamismo sociale dentro un pensiero chiaro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alcune domande a chi conosce la materia:

- Alcuni anni fa la tassazione dei vari bot,cct e altro era pari a 0,non ricordo l'anno ma dovrebbe essere nei novanta la tassazione fu portata al 12.5 che è l'attuale,come reagi la finanza e il mercato?

- Qualcuno conosce le varie tassazioni in Europa e america sulle cedolari e il capital-gain?

- In che senso la tassazione in italia è regressiva?