La scomparsa di Israele

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All'inizio di ottobre è uscito nelle librerie “La scomparsa di Israele” di Alessandro Schwed. Una avvertenza. Sono amico di Sandro da una vita. Ci siamo conosciuti che eravamo ragazzi, e di tempo ne è passato, più di quarant'anni. Come talvolta capita alle amicizie, per un periodo ci si frequenta molto, poi ci pensa la vita a dividere le strade e le persone si perdono di vista. Qualche volta ci si rincontra. Questa segnalazione nasce anche, ma non solo, da questo ritrovamento. Non so quanto la conoscenza personale di un autore influenzi il giudizio, non sono un critico letterario di professione. A me il libro è piaciuto molto.

La

storia degli ebrei è stata per due millenni la storia di

persone senza un luogo. Schwed capovolge la situazione. Adesso che il

luogo lo hanno, immagina che decidano di farne a meno. Questo è

l'antefatto del libro: la decisione improvvisa e sorprendente del

parlamento di Israele di votare lo scioglimento dello stato (la

Decisione). Di conseguenza i suoi abitanti fanno fagotto ed emigrano

verso altri paesi. Chi narra gli eventi è un giornalista

italiano che, a varie riprese, viaggia per quella terra che via via

si spopola, fino a contare uno solo abitante, un metronotte. Questa Yerida

generalizzata - Yerida è il termine ebraico che designa

l'emigrazione degli israeliani dal loro paese per andare a vivere

altrove – risolve il conflitto e fa cessare le ostilità. Ma

Schwed non si dilunga sulle ragioni e le cause della Decisione.

Preferisce guardare all'effetto, al nuovo esilio del popolo ebraico.

E lo fa attraverso i racconti privati e singolari, a tratti dolenti,

a volte bizzarri, mai banali, dei suoi personaggi. In questo modo dà

voce a Noemi nel capitolo “Il trasloco di Tel Aviv”; ad Ilana

Sara nel capitolo “Il viaggio della Persefones”, forse il

più bello; a Ruben, l'ultimo abitante di Israele, nel capitolo

“L'ultimo chiuda la porta”. Ma il libro è anche un

racconto del luogo, di Israele senza più ebrei; delle città,

Haifa in particolare, che rimangono vuote di persone e piene di

oggetti oramai inservibili. Così, nell'alternarsi di

personaggi senza più luogo, e di luoghi senza più

personaggi, Schwed trova il senso più profondo della

condizione dell'esilio. Condizione difficile, provvisoria, che non

consente radicamenti perché come dice un personaggio del libro

“Se il problema fosse emigrare dove gli ebrei non sono stati mai

perseguitati, ha detto, noi dovremmo scegliere la Luna. E per

prudenza, ha aggiunto, sarebbe meglio scegliere il lato che non si

vede”.

 

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