Sette pagine imbarazzanti: il programma economico di Giulio Tremonti

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Commenti alla mega-intervista dettata dal Ministro della Produzione nell'Italia peronista all'organo del più potente sindacato italiano.

A mezzo d'un mirabolante un-due-tre, l'incipit riassume tutta la politica economica tremontiana: socialismo populista + monopoli nazionali simbiotici al potere politico + rovesciamento della realtà:

1. Son anni che GT annuncia il “rientro della politica” senza che agli annunci seguano altro che condoni, o fallimenti. La lista di quest’ultimi è nota: Tremonti bonds, Banca del Sud, cartolarizzazione del patrimonio edilizio pubblico, richieste di dazi europei, vendita dell’oro della Banca d’Italia, social cards della miseria, riforme fiscali mai avvenute ...

2. Il barattolo di pelati Cirio: Tremonti rieccheggia la linea difensiva di Cragnotti. In realtà le frodi maggiori avvennero mentre Tremonti era ministro dell'economia, le tecniche finanziarie usate furono elementari e la legislazione che permise a Cragnotti di frodare e scamparla venne mantenuta in vigore (e in parte promulgata) mentre il nostro sedeva a quella medesima scrivania. La “finanza disinvolta” c’entra come i cavoli a merenda. C’entra, invece, la “politica disinvolta” che GT pratica sin da quando lavorava per Craxi, maestro della medesima.

3. La tassa di Obama: ennesimo attacco al libero mercato e ai piccoli risparmiatori. Tassa populista a suggello del patto mefistofelico fra Washington e Wall Street: il supporto della dirigenza bancaria (i cu ingiustificati redditi vennero e vengono preservati) a cambio della tosatura degli azionisti. A questo modello Tremonti s'ispira, il suo unico cruccio essendo quello che le banche italiane non hanno ancora ceduto alle sue, per niente timide ma senz'altro pelose, offerte d'aiuto.

Il resto dell'intervista si sviluppa quindi in una realtà parallela, farcendosi d'insensatezze (def: sequenza di parole prive di senso compiuto e/o riscontro nella realtà). Documentarle tutte richiederebbe un altro libro ... in fondo all'articolo elenco le peggiori, lasciando ai lettori il piacere di discuterle.

Nei meandri di questo mondo capovolto, ho comunque rinvenuto tre importanti messaggi al popolo.

A. L'ennesima promessa, con scadenza a tre anni e mezzo, di riforma fiscale. Poiché sulla medesima non dice nulla di preciso, nulla possiamo commentare. Alla promessa di riforma non si accompagna la promessa d’una riduzione della spesa pubblica, il che implica (visto il debito e lo squilibrio di bilancio esistenti) che Tremonti sta promettendo di non ridurre il carico fiscale aggregato ma, al più, di redistribuirlo. L’affermazione secondo cui la spesa si ridurrà spontaneamente per effetto del federalismo fiscale è priva d’alcuna sostanza. In sintesi: carico fiscale e spesa pubblica invariati.

B. Nessun’altra riforma viene promessa: “riforma della pubblica amministrazione, della scuola, dell'università e delle infrastrutture sono in atto”, afferma Tremonti. Si parva licet, mi ricorda Bob Lucas che, nel suo articolo del 1978 su Asset Prices in an Exchange Economy, affermava che sia il problema della dinamica dei prezzi (tâtonnement) che quello delle dinamiche di accumulazione (convergenza o meno alla crescita bilanciata) erano stati risolti. Bob fantasticava allora, Giulio Tremonti lo imita oggi nel suo piccolo. Il messaggio politico è chiarissimo: immobilismo totale. Guai a toccare i delicati equilibri che, sino ad ora, hanno permesso al suo capo ufficio d’essere eletto. Che il paese decada è poca cosa a fronte della rielezione del batka nostrano.

C. Il grande rientro della politica consiste nell'offrire sicurezze verbali, ossia fantasie. Il declino italiano non esiste, perché l'ha detto Tremonti. Non importa che i dati gli diano torto, lui continua a dichiarare che la crescita degli altri paesi, durante gli ultimi dieci-quindici anni, era falsa e drogata. Quindi non siamo rimasti indietro: abbiamo fatto solo a meno di drogarci ... Che il reddito pro-capite di Irlanda, Spagna e svariati altri sia tutt'ora superiore al nostro non va menzionato: essi devono affrontare squilibri non ben specificati e stanno quindi peggio di noi. Il loro essere andati avanti era apparente, come apparente era ed è il declino del reddito delle famiglie italiane. Chi lo nega è disfattista e anti-italiano, come la Banca d'Italia che non la smette di dire cose scarsamente coerenti con le fantasie che il ministro dell'economia ritiene necessario gli italiani credano. Se Giulio Tremonti dice che gli altri stanno peggio di noi, non importa che i dati dicano l'opposto: i dati sono probabilmente drogati da qualche economista determinista. La realtà non esiste, le statistiche non esistono, il declino italiano non esiste. Esistono solo le favole che raccontano le TV di stato e di Berlusconi. Favole che Giulio Tremonti sogna di notte e spiattella di giorno a giornalisti ossequiosi, perché le copino e le diffondano fra il popolo.

Ecco, la nuova e grande politica economica di Giulio Tremonti che "rientra" è tutta qua, va da A. a C.

P.S. L'elenco delle insensatezze (gli "NdR" sono miei, non della redazione del Sole!):

 

[...] ripristinare la fiducia separando nei bilanci il grano dal loglio, segregando dalla parte buona la parte cattiva, sullo schema del «Chapter 11»

Un'alternativa [al salvataggio delle banche con soldi pubblici, NdR] era certamente quella del «Chapter 11»

Lo stesso Welfare americano si fonda su Wall Street

[...] il governo ha fatto la sua parte. Prima con la Robin Hood tax e con il taglio alle commissioni

L’[...] autore della scritta estatica secondo cui il fallimento di una banca è «un bel giorno per il capitalismo» ha ignorato che la banca non svolge una comune attività capitalistica, ma un'attività che si esercita su beni pubblici fondamentali e per questo tutelati dalla Costituzione, come il risparmio e il credito.

Abbiamo proposto la "moratoria" sui debiti, uno strumento che si sta rivelando di grande efficacia.

Il Pil italiano è fatto al 95% da imprese con meno di 15 addetti

Abbiamo [poteri statali, NdR] solo soft power [sul sistema bancario nazionale, NdR]

Va comunque registrata oggi come molto positiva la tendenza delle grandi banche a riformarsi adottando modelli "territoriali" nuovi,

[...] lo strumento [Tremonti bonds, NdR] ha funzionato a 360 gradi per il solo fatto di essere disponibile. Quindi è stato utile. Infine molte banche lo hanno utilizzato. Solo due hanno detto di no

E poi consideri il fatto che a fronte del debito pubblico in Italia c'è un enorme stock di risparmio privato: queste due grandezze vanno sommate insieme e la somma per l'Italia, a differenza che in altri paesi, è positiva. [...] i numeri, pur critici, non manifestano i forti squilibri che invece caratterizzano altri paesi.

È cambiato il modello produttivo con il passaggio dalla grande fabbrica alle medie e piccole imprese. [...] È cambiato il modello tecnologico con l'informatica, i robot. [...] È cambiato il modello istituzionale nel 2001 con il federalismo [...] E, ancora di più, il centralismo fiscale impedisce di vedere dove vanno effettivamente i tuoi soldi.

[...] un conto sono le "rendite", e se vuole la speculazione finanziaria, un conto è il risparmio della gente comune.

[Giornalista:] [..] mentre la spesa [pubblica, NdR] in conto capitale soffre, quella corrente sembra continuare la sua corsa. Se il Pil scende tutti i rapporti peggiorano per questa causa. In ogni caso il contenimento della spesa corrente avrà la sua soluzione per effetto del federalismo fiscale.

[...] fare diversamente [dal mantenere invariata la spesa pubblica, NdR] avrebbe aggravato la crisi, stile Hoover

[...] sui 90 miliardi di ricchezza persa, 70 miliardi sono la perdita sul nostro super-export. Mentre gli uffici studi ci spiegavano che eravamo in declino, le nostre imprese conquistavano quote del mercato globale.

Ricorda Achille e la tartaruga? [...] Oggi si vede con chiarezza che la tartaruga era magari più lenta ma certamente più forte di Achille.

Il rimpatrio "giuridico" non esiste, [...] Aprire un conto in Italia [...] è rimpatriare ad ogni effetto.

Chieda un po' in giro agli italiani se preferiscono la "giustizia" al deserto.

 

Troppe? Me ne duole, ma non è colpa mia se il ministro italiano dell’economia profferisce insensatezze che il quotidiano del più potente sindacato italiano pubblica senza correzioni.

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Commenti

Ci sono 23 commenti

La mia convinzione è che le follie profferite da tremonti e da altri continuano e si propalano anche per l'imbarazzante piaggeria degli informatori i quali non obiettano di fronte a nulla copincollando lettralmente tutto.

Bellissimo articolo: si potrebbe tranquillamente buttare giù questa paginetta in pochi secondi evitando di rodersi progressivamente il fegato nella lettura della lunga intervista.

Nella visione tremontiana, che in un certo senso è un'evoluzione di quella berlusconiana, la retorica si identifica ormai con la politica.

Mi vien da dire.. ma che ne sai se non hai fatto il pianobar ?

L'ineffabile uomo dell'anno per il sole 24 ci regala un'altrettanto ineffabile intervista-monologo sulla situazione economica attuale(!). Per chi vive nella vita reale e al massimo si riserva di sperimentare quella parallela andando a vedere avatar, suggerisco di resistere, resistere resistere.

Oppure di prendere lezioni di pianoforte.. 

 

Stavo leggendo ieri mattina l'articolo sul sole24ore...poi ho visto che le pagine da leggere erano 7, quindi mi sono chiesto: "Vuoi sprecare altro tempo?", ovviamente la risposta è stata negativa. Ormai non faccio peso alle castronerie che sento, vedo e leggo da parte di questi personaggi, discepoli del BS.

il dramma è che se si confronta 3monti con il resto della compagine governativa, ne esce come un gigante...

Posso dire una cosa ? Michele sei stato anche troppo buono. L'intervista a Tremonti l'ho letta soltanto adesso, e definirla imbarazzante è poco.

Non c'è traccia di alcuna semplificazione fiscale, anzi. Il ragiunatt dice che le parole d'ordine sono: esperienza, trasparenza, penitenza. Sto ancora aspettando la sua.

Va comunque registrata oggi come molto positiva la tendenza delle grandi banche a riformarsi adottando modelli "territoriali" nuovi, anzi vecchi, ritornando alle agenzie, ai direttori di agenzia, recuperando anche verso il basso l'arte antica di fare banca.

Coglionata ! Tutte, e dico tutte, le banche si sono dotate di software che evidenziano gli sconfini e le situazioni al limite (quello sulle sofferenze lo avevano già), addirittura, in automatico, stornano, centralmente, tutti gli importi superiori a una percentuale prefissata dello sconfino su quel conto: il Direttore non lo vede nemmeno, altro che recupero del legame col territorio! Questi software (altro che territorio e direttore) analizzano anche l'andamento dei conti e, eventualemente, chiedono anche la chiusura (al direttore, che può solo eseguire..). L'arte "antica" è solo la sua, che redige il bilancio dello stato ancora tirandosi su le maniche, dotato di penne e righello...

Infine molte banche lo hanno utilizzato. Solo due hanno detto di no

Solo due banche hanno detto no ? Peccato che siano le due più grandi (Unicredit e Banca Intesa..). Come dire che tutte le banche hanno detto no... e poi anche chi ha detto sì, mica se ne è ingozzato, anzi...

 

A partire dagli anni 70 il debito pubblico è diventato la dominante non solo economica ma politica del nostro paese.

 

Peccato che il deficit esploda con l'amico e martire Bettino, correva l'anno 1984...

 

Il nostro bilancio pubblico, a differenza di altri paesi, è strutturato da decenni contenendo il debito e gli interessi sul debito. Abbiamo esperienza.

 

A questa affermazione mi sono concesso una pausa, avendo esaurito il maalox a disposizione.

 

Ma le 153 voci che abbiamo contato sopra per i cittadini restano misteriose ed odiose, e questo fa crescere la sfiducia verso lo Stato. E, ancora di più, il centralismo fiscale impedisce di vedere dove vanno effettivamente i tuoi soldi. In tutta Europa ci sono tasse locali che finanziano direttamente le spese locali, solo in Italia è diverso. In questa situazione non ha più senso procedere con la logica dei rattoppi, serve la grande riforma. Leggo che Enrico Letta propone 34 interventi cacciavite. Spero di convincerlo che il cacciavite va usato per montare una macchina nuova e non stringere le viti di una macchina vecchia per sempre.

 

Le 153 voci sono i modelli di tassazione IRPEF. In attesa della grande riforma (altri tre anni, dopo che è stato ministro per 7 anni..). Mi sono fermato a pagina 4, per il resto delle cavolate lascio la mano.

Il troppo è troppo...

P.s.

Michele hai ragione sulle sette pagine "imbarazzanti", ma il dubbio è che non sia imbarazzante solo GT, ma anche il giornale che propina simili interviste... Riotta al suo meglio ?

P.p.s.

Bella l'ironia su "l'organo del più potente sindacato italiano", chissà se un comune amico, ieri dedito al Chilometro lanciato sulle Dolomiti, l'apprezzerà.

 

Le 153 voci sono i modelli di tassazione IRPEF. In attesa della grande riforma (altri tre anni, dopo che è stato ministro per 7 anni..). Mi sono fermato a pagina 4, per il resto delle cavolate lascio la mano.

 

 

Guarda GT parlava della semplificazione delle tasse a 15 (mi pare) e della riforma in senso localista

nel suo libro bianco Anno Domini 1993 ossia 17 anni fa....

 

 

 

Reduce, appunto, dall'ennesima scorribanda dolomitica a tutta birra, senza alcuno stupore né risentimento per l'apprezzamento in arrivo da St.Louis: Confindustria, indubbiamente, è anche – o, forse, soprattutto - un sindacato, sebbene la definizione possa essere considerata incompleta. Il giudizio in merito alla sua validità è - naturalmente e legittimamente – soggettivo, ed il mio personale rimane positivo, pur con tutti i difetti che si vogliano evidenziare, in particolare guardando a quanto utile potrebbe essere al Paese se si riuscisse a riportarne all'origine la compagine, oggi inquinata da soggetti che non dovrebbero aver titolo per farne parte: il sistema valoriale centrato su merito, efficienza e responsabilità risulterebbe più credibile e la spinta al cambiamento generale avrebbe – chissà - maggiori possibilità di esssere incisiva. In ogni caso, questa è una brevissima e certamente tutt'altro che esaustiva divagazione rispetto al tema del post, legata alla provocazione di Michele - colta da te, Marco – che mi pare motivata dal fastidio per la posizione prona dell'intervistatore, anche per me alquanto sgradevole. Anzi, probabilmente la mia insoddisfazione è più intensa, dal momento che mi sento anche un po' tradito dalla mollezza di un giornale che vorrei rappresentasse le posizioni critiche dei piccoli imprenditori come il sottoscritto. Evidentemente, ma non sorprendentemente, la malattia denominabile “Riottite” fa sempre più danni.

Tornando “a bomba”, mi sono stoicamente imposto la fatica di leggere tutto il pippone che – senza alcuna sorpresa – non mi pare presenti elementi di novità. Nemmeno credo si possa dire - con una certa categorizzazione in bianco e nero - che vi si trovino solo sciocchezze e fantasie, pur se queste e quelle davvero non mancano: fanno bella mostra di sé anche alcune ovvietà, in compagnia pure di osservazioni condivisibili. La nota fondamentale, peraltro, è proprio la consueta mancanza di reale tensione verso il necessario cambiamento, continuamente procrastinato in una sorta di gattopardismo delle promesse. Non mi sembra rilevante, invece, il fatto che, nell'intervista, Julius Decimosettimo sia autocelebrativo. Nulla di strano, né di nuovo: abbiamo lunga consuetudine con tale atteggiamento dei politici, e l'uomo è indubbiamente caratterizzato da un'altissima opinione di sé, dunque non può che accentuare la cosa.

Qualche osservazione puntuale, anyway.

Una presuntuosa - e peraltro consueta - sciocchezza mi pare l'affermazione che i governi italiani sarebbero più bravi a gestire il debito pubblico ed i relativi interessi, avendone antica esperienza, a confronto di chi non saprebbe come affrontare le difficoltà che ciò comporta nei riguardi dell'opinione pubblica e dei parlamenti. Si sfora nel ridicolo, così come con l'altra abituale considerazione riguardo il fatto che

 

a fronte del debito pubblico in Italia c'è un enorme stock di risparmio privato: queste due grandezze vanno sommate insieme e la somma per l'Italia, a differenza che in altri paesi, è positiva.

 

Come qualcuno ha già detto, ciò sarebbe rassicurante solo se fossimo tutti ben lieti di cedere “l'oro alla patria”, cioè di sopperire con la confisca dei personali risparmi agli sperperi della spesa pubblica che producono il deficit e, dunque, l'aumento del debito.

Mi soffermerò, poi, solo sul sistema creditizio, riguardo al quale un problema a me pare ci sia, nel momento in cui l'attribuzione del merito di credito alle aziende è timorosamente e poco professionalmente affidato solo a numeri di bilancio che fotografano il passato, in un frangente che avrebbe, invece, particolarmente bisogno di capaci valutatori delle potenzialità di idee e programmi. Non sono convinto, però, che le cosiddette nuove banche del territorio saranno qualcosa di diverso da un puro slogan di marketing, atto a pubblicizzare un'attenzione al vastissimo mondo delle piccole imprese che, in realtà, è frenata dall'obbiettivo aumento di rischiosità del credito. Giova, a questo punto, ricordare che l'utilizzo – peraltro modesto - della Cassa Depositi e Prestiti per fornire garanzie, la cosiddetta “moratoria” sui debiti, ed il fondo d'investimento per le Pmi, non sono farina del sacco governativo, sebbene il nostro eroe se ne attribuisca la genesi - mentre è tutta sua la straordinaria invenzione chiamata "Banca del Sud" ..... :-) - ma, soprattutto, che l'unica vera azione non palliativa e temporanea risiederebbe nell'eliminazione del prelievo fiscale sulle risorse che rimangono in azienda, anziché essere distribuite, al fine di rafforzare le spalle finanziarie e tranquillizzare le banche in merito alle garanzie sui prestiti. Il che ci porta alla vera, eterna, questione, sulla quale il ministro non apre veramente, preferendo parlare di equità (cioé, in fondo, di redistribuzione): la spesa pubblica va ridotta, senza illudere alcuno che la cosa conseguirà automaticamente dal federalismo. Sono d'accordo sull'utilità di una futura riorganizzazione dello Stato in senso federale, sulla redistribuzione del carico (da spostare più sul versante delle imposte indirette) e sulla necessità inderogabile di una drastica semplificazione, ma temo che la prima sarà lontana nel tempo e troppo annacquata da eccessive “perequazioni”, son certo che la seconda sarebbe un passo quasi ininfluente perché non libererebbe risorse per i consumi privati,  e mi pare che dell'ultima si discuta da talmente tanto tempo, senza alcun risultato, da far ritenere che non si voglia davvero per lucrare i vantaggi della complicazione.

Altro vi sarebbe da dire, ma lo scoramento è tale ….....

 

CARO MINISTRO TREMONTI PERCHE NON RACCONTI QUESTA BELLA FAVOLA A TUTTI I DISTRETTI PRODUTTIVI ITALIANI? PROVA A CERCARE LAVORO IN QUALSIASI CAMPO VEDI SE TROVI QUALCOSA,MA NON ESISTE LA CRISI TUTTI FANNO LA FILA PER COMPRARE NEI CENTRI COMMERCIALI LO DICONO TUTTI I TG. 

Per chi non lo avesse visto su Facebook, la copertina del libro si trova qui, e l'indice qui.

io l'avrei visto più cosi, non so ma mi sa da persona un pelo... come da foto...

http://www.stockphotopro.com/photo-thumbs-2/stockphotopro_16617252fnk_media_inmhd010.jpg

Qui costa 14,5 euro. Qui invece 12,5. Lo fate apposta e vi viene naturale?

Meraviglioso!

Lo pubblicate per davvero?

Sono sostanzialmente d'accordo con l'articolo. Però, tenendo conto dell'alto volume di nero e soprattutto di ciò che Alesina e Ichino affermano nel loro ultimo libro, il punto C potrebbe anche non dare tutti i torti a Tremonti? Non parlo della crescita economica la cui debacle è netta, ma del fatto che le statistiche macro non fotografino appropriatamente la situazione della reale ricchezza degli italiani (però, forse, Tremonti non è così sottile).

Stefano, tutto è possibile. Ma il nostro dovrebbe portare dell'evidenza solida per sostenere questa tesi, evidenza che non porta (e che il libro che menzioni di certo non contiene ...).

Occorre, ogni volta che si cita l'economia sommersa, ricordarsi di due cose fondamentali:

1) In Italia l'ISTAT aggiusta i propri dati (di reddito, occupazione e tutto il resto) per l'economia sommersa. Notoriamente lo fa anche in modo generoso. Quindi, se i dati ISTAT indicano cali di occupazione e reddito questi cali INCLUDONO l'economia sommersa.

2) L'evidenza quotidiana non suggerisce un paese rigoglioso ed in grande crescita. Gli indicatori di qualità della vita, dai consumi delle famiglie al funzionamento dei trasporti, dalle performance degli studenti nei tests al tasso di partecipazione universitaria, dalla produttività del lavoro alla partecipazione femminile al mercato del lavoro stesso ... indicano TUTTI un paese in declino. Ora, magari vi è un meraviglioso paese sommerso ... però andrebbe indicato dove si trova se davvero pensiamo esista.