Gli incentivi proposti estendono e ampliano la possibilità di usufruire di consistenti sconti fiscali (diluiti però nell'arco di dieci anni) per chi effettua entro sei mesi (un anno per i condomini) una ristrutturazione edilizia seguendo particolari norme di efficienza energetica, introducendo la possibilità di detrarre anche spese per l'arredamento. In Italia questi sussidi temporanei sembrano piacere un sacco ai politici, che si è dilettano a trovare sempre nuove categorie a cui applicarli (memorabile il decreto tremontiano per l'acquisto dei motori fuoribordo).
Costruire seguendo norme di efficienza energetica implica esternalità positive che beneficiano l'intera collettività e sussidiarle può essere buona cosa, ma se così fosse gli incentivi dovrebbero essere permanenti, non limitati nel tempo. Non è questo dunque l'obiettivo del governo. Il governo crede, suppongo, che queste siano misure che possano in qualche modo stimolare la ripresa dell'economia. Cioé pretende di sapere che sia meglio acquistare una nuova cucina piuttosto che una nuova auto, rifare il bagno piuttosto che concedersi una vacanza al mare, cambiare la caldaia invece di mandare i figli a ripetizione di inglese.
A parte l'iniquità intrinseca di una misura che discrimina contro chi le ristrutturazioni le ha appena fatte, o l'inefficienza nell'incentivare a farle adesso piuttosto che quando ce n'è bisogno, è probabile che i benefici di queste misure siano effimeri o quanto meno di breve durata. L'idea sottostante queste misure è quella di anticipare una domanda di beni e servizi futura (quando, si spera, il sistema opererà a piena capacità produttiva) ad oggi (periodo in cui i muratori e gli imbianchini giocano a carte, e i negozi di mobili sono vuoti).
Due tipi di obiezioni esistono a questa argomentazione: uno è che questi vantaggi fiscali, non essendo accompagnati da una corrispondente riduzione della spesa statale, si tradurranno in aumenti di imposte future. I consumatori, prevedendo questo aumento di imposizione, devono cominciare sin d'ora a risparmiare, vanificando i vantaggi conseguiti perché questo risparmio riduce la domanda di beni in altri settori (un effetto che gli economisti chiamano Ricardian equivalence).
Non occorrerà aspettare tanto perché questo avvenga. ll Sole 24 Ore riporta le seguenti informazioni sull'entità delle spese previste e sulla loro copertura:
La proroga degli incentivi ha un impatto di 200 milioni all'anno per dieci anni. È la stima fornita dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni che ha anche spiegato come verranno coperte le spese. Una parte dei fondi verrà trovata innalzando l'Iva dal 4% al 21% sui prodotti non editoriali veicolati insieme ai prodotti editoriali, a partire dal 2014. «Da qui arriverranno circa 125 milioni all'anno», ha detto Saccomanni. «Altri 104 milioni all'anno - ha aggiunto il ministro - arriveranno dall'aumento dell'Iva, dal 4% al 10%, sulla vendita di cibi e bevande tramite distributori automatici».
Insomma, anche senza Ricardian equivalence al consumatore-contribuente viene lasciato ben poco spazio all'immaginazione. L'aumento fiscale è quasi immediato, e permanente, non temporaneo come gli incentivi, quindi la misura si traduce, da subito, in un trasferimento da chi acquista la coca cola alle macchinette agli imbianchini. Berremo meno in giro, e quando tornremo a casa vedremo una bella cucina rinnovata e dipinta di fresco. Effetti sull'economia aggregata? Mah.
La seconda obiezione è che la misura ha scarsi effetti anche per stimolare la domanda anche nel settore di riferimento. Per questo vale la pena dare un'occhiata a cosa è successo negli Stati Uniti agli incentivi al settore automobilistico adottati dal governo Obama nel 2009, denominati "cash for clunkers", che si può tradurre un po' liberamente come ''soldi per carrette''. La misura prevedeva un trasferimento da 3.500 a 4.500 dollari per chi sostituisse nel luglio e agosto del 2009 una vecchia carretta (un clunker) acquistando al suo posto una nuova auto energy-efficient.
Gli effetti di questo provvedimento, non molto diverso dalla misura adottata dal nostro governo, sono stati analizzati da varistudiosi, che ne hanno trovato un impatto scarso o nullo. La seguente figura mostra l'aggregato delle vendite di nuove automobili nel corso di quei mesi. Come si può notare, al picco corrispondente ai mesi in cui il beneficio fiscale era in vigore, seguì un importante diminuizione di vendite rispetto al trend, segno che molti hanno anticipato ad agosto acquisti programmati per ottobre. In ogni caso, è evidente che il picco poco può aver fatto per risollevare il settore automobilistico dalla crisi.
Difficile farsi un'idea degli effetti complessivi degli incentivi solo da questa figura. Atif Mian e Amir Sufi, in un paper pubblicato recentemente sul Quarterly Journal of Economics, si sono spulciati i dati di vendita mensili in 957 città, e li hanno confrontati con i dati sullo numero di carrette (o clunkers) in circolazione in ciascuna città, che misura l'esposizione del mercato automobilistico cittadino al possibile impatto degli incentivi fiscali. L'idea è che in città senza clunkers gli incentivi non dovrebbero avere alcun effetto, mentre in città in cui lo stock di clunkers è maggiore, a parità di altre condizioni, l'aumento delle vendite dovrebbe essere maggiore.
I risultati sono piuttosto netti. Le vendite sono aumentate nettamente nei due mesi in cui la misura è rimasta in vigore nelle città con una maggiore disponibilità di clunkers, pur non essendoci alcuna differenza nel trend di vendite in precedenza fra città con alto e basso stock di clunkers. Tecnicamente, una aumento di una deviazine standard nello stock di clunkers è corrisposto ad un aumento di 2/3 di deviazione standard nelle vendite di auto nel luglio e agosto del 2009. Assumendo che nelle città con basso numero di clunkers non vi sia stato alcun effetto, la stima è che in luglio e agosto del 2009 siano state acquistate 360.000 auto che non sarebbero state comprate in assenza degli incentivi.
Tali incentivi però hanno avuto vita breve. Nei mesi immediatamente successivi, nelle città con alta disponibilità di clunkers si sono effettuati meno acquisti rispetto alle altre città. Entro il marzo del 2010, il numero di acquisti complessivi di auto non era diverso fra città con alto e basso numero di clunkers.
Ovviamente città con un alto numero di vecchie carrette hanno in media caratteristiche diverse dalle altre città (maggiore disoccupazione, valori delle proprietà più bassi, etc...) ed è possibile che i risultati siano influenzati da queste diverse caratteristiche. Tuttavia, anche tenendo conto di queste differenze, i risultati sono gli stessi.
Gli autori inoltre hanno cercato di vedere se questi effetti differenziali sugli acquisti, sia pure di breve durata, abbiano avuto un qualche impatto su altre variabili economiche: pignoramenti, occupazione, valore delle case. I risultati mostrano che città con un alto numero di vechie carrette non hanno avuto miglioramenti significativi in nessuna variabile economica esaminata rispetto alle altre città.
In sintesi, l'anticipazione della domanda aggregata può essere un effetto desiderato, ma la vita breve di tale effetto dovrebbe far riflettere sull'opportunità di tali misure rispetto a misure di incentivo permanenti, che non possono che venire da una riduzione generalizzata dell'imposizione fiscale accompagnata ad una riduzione della spesa pubblica.
Se qualcuno si aspetta un effetto miracolistico di questo provvedimento sull'economia italiana evidentemente si sbaglia, tuttavia credo che il prof. Moro sia stato troppo severo, per le seguenti ragioni.
- un miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici permette un risparmio di lungo periodo sui consumi energetici, e questo ci permetterebbe di adempiere agli impegni assunti sulla riduzione delle emissioni di CO2 ad un costo minore di quello, ad esempio, dell'installazione di costosi pannelli fotovoltaici. Vero è che per questi motivi gli incentivi dovrebbero essere permanenti, ma alcuni nel governo vorrebbero stabilizzarli, anche se finora non hanno avuto successo.
- in termini di effetti sull'economia nazionale l'incentivo è più efficare rispetto a "cash for clonkers" perchè le automobili vendute in Italia sono in gran parte costruite all'estero, mente le ristrutturazioni devono essere per forza di cose effettuate in Italia, seppure con una quota si spera non troppo elevata di prodotti importati. Per questo motivo anche la ricardian equivalence sarà attenuata.
- la vita economica di un immobile è significativamente più lunga di quella di un'automobile; pertanto anche la prevedibile riduzione dei lavori di ristrutturazione una volta esauriti gli incentivi sarà meno accentuata che nel caso "cash for clunkers". In altre parole: se ho un'auto di 12 anni posso decidere di tenerla per altri 2, 3 o 4 anni ma poi dovró comunqua cambiarla perchè cadrà a pezzi; mentre se ho un edificio poco efficiente dal punto di vista energetico posso anche lasciarlo così per decenni.
Sul primo punto: il modo più efficiente per ridurre le emissioni di CO2 è una tassa pigouviana (http://it.wikipedia.org/wiki/Imposta_Pigouviana) , non un sussidio. Ma se si decidesse ugualmente per il sussidio gli obiettivi sono per il 2020 (http://en.wikipedia.org/wiki/European_Union_climate_and_energy_package), quindi conviene sussidiare le riqualificazioni energetiche tra qualche anno e non subito.
Sul secondo punto: Moro ha paragonato gli effetti degli incentivi in Italia con l'effetto dei cash for clunkers in USA, la quota di auto importate sul mercato italiano non c'entra nulla. Moro non sta consigliando gli incentivi alla rottamazione di cui l'Italia ha una lunga tradizione.
Sul terzo punto: in parte hai ragione, alcune ristrutturazioni (ma solo una minoranza di quelle incentivate) verranno anticipate di anni e non mesi, ma mi lascia comunque perplesso dover allocare reddito disponibile ( per usufruire dell'agevolazione finché dura ) su quello che la politica ritiene una priorità, e non su quello di cui si sente il bisogno al momento.