Virgolette, citazioni e plagio: alcuni chiarimenti in merito al caso Madia

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Il caso Madia, sollevato da uno scoop del Fatto Quotidiano, ha creato come prevedibile la solita caciara da stadio, dove gli ultras delle due curve gridano pro o contro. Ora sembra che il caso venga annacquato facendolo apparire come una lotta intestina al PD. Premetto che non ho preferenze fra le correnti del PD né ho particolari opinioni sulla qualità dell'operato della Madia come ministra, che non ritengo particolarmente migliore o peggiore dei ministri precedenti (curiosa la necessità di doverlo premettere, essendo le preferenze in merito irrilevanti nel caso in questione).

I fatti sono noti e facilmente riscontrabili. Gli articoli di Laura Margottini si limitano a descriverli senza eccessive coloriture: risibili sono le minacce di denuncia. Vorrei qui aiutare i non addetti ai lavori a capirne la gravità: l’omissione di virgolette è un peccato veniale o no? È sufficiente citare le fonti nella bibliografia, come sostengono la Madia e molti suoi sostenitori, a cominciare dal suo relatore Giorgio Rodano? È giusto minimizzare le responsabilità sia della candidata che della commissione, come ha fatto Pietro Pietrini (attuale direttore IMT) o non commentare lavandosene le mani, come ha fatto Fabio Pammolli (membro della commissione e già rettore dell'istituto)? E, soprattutto, è davvero solo una questione di virgolette?

Ho analizzato i documenti rilevanti, scoprendo che l’omissione delle virgolette non è il problema più grave della tesi. Ho riscontrato come minimo una notevole ingenuità da parte della studentessa, che sconfina in gravi violazioni delle norme in base a cui opera la comunità scientifica. Non posso commentare sugli aspetti legali: non sono un esperto e non noto plateali violazioni di copyright come nel caso Boccia (ci sono, seppur minori: quando copi un paio di pagine è obbligatoria la citazione esatta, anzi dovresti chiedere autorizzazione). Ma questo non è un tribunale ed esiste comunque sufficiente documentazione da rendere possibile un giudizio di merito: leggere e giudicare la rilevanza e l'originalità dei contributi di paper, tesi di dottorato, libri, eccetera, è parte del mio lavoro di ogni giorno e questo posso e intendo fare. 

Sicuramente c'è stata una grave mancanza di supervisione da parte dei relatori e, come minimo, una notevole ingenuità da parte della Madia che non ho mai riscontrato in nessun dottorando. Il sospetto che si tratti non di ingenuità ma di colpevole tentativo di mascherare il livello di originalità della tesi sorge naturale. Roberto Perotti sulla Repubblica di ieri, riportando valutazioni simili alle mie, sminuisce la gravità dei fatti. Può darsi che abbia ragione, ma Roberto omette dettagli importanti (che passo a descrivere), oltre a sorvolare sul ruolo dei supervisori della tesi e ad omettere di giudicare le loro reazioni. 

Il capitolo 1 della tesi è una rassegna della letteratura che, come ampiamente documentato dalle slides del Fatto Quotidiano, contiene numerosi passaggi interamente copiati da altri studi. Si tratta di un classico esercizio in “plagio a mosaico” che, come tutte le forme di plagio, è decisamente condannato dalla comunità scientifica. 

Questo non significa che non possa capitare ad uno scienziato, consciamente o inconsciamente, di praticarlo, soprattutto se alle prime armi e, se di madrelingua non inglese, poco avvezzo a parafrasare e riassumere lavori altrui in modo originale. Ma quando capita non è normale, e farlo con la sistematicità rivelata dal FQ rivela una disonestà o ingenuità dell'autore che dovrebbe essere ovvia non solo a chiunque faccia il nostro lavoro, ma anche al pubblico. Sicuramente non è giustificabile che i supervisori minimizzino: il loro compito era (ex-ante) controllare, richiamare all’ordine la studentessa e spiegarle che queste cose non si fanno, e che se scoperte possono minare per sempre reputazione e carriera. Comportamento intellettualmente onesto (ex-post) da parte dei relatori è assumersi le responsabilità di aver controllato la tesi solo approssimativamente. Son peccati veniali questi? Sul non aver controllato dico "sì", ma per solidarietà di casta. Sul non essersi assunte le responsabilità una volta emersi i fatti dico decisamente no!

Il capitolo 2 della tesi riporta I risultati di una ricerca originale. Anch'esso contiene paragrafi copiati da altri articoli soprattutto nella descrizione nella letteratura precedente. Il problema più grave di questo capitolo però è che il lavoro è stato successivamente pubblicato, con poche modifiche, assieme ad una compagna di studi, Caterina Giannetti, senza che quest’ultima venisse menzionata se non genericamente fra i ringraziamenti all'inizio della tesi. Difficile sostenere che il contributo della Giannetti sia successivo: innanzitutto i metadati del pdf indicano la Giannetti come autrice del documento, il che fa sospettare che come minimo qualche forma di collaborazione esistesse fin dalla prima stesura. Secondo, le differenze fra capitolo della tesi e articolo pubblicato sono minime (la struttura è la stessa, il testo differisce di poco, i numeri delle tabelle con le stime differiscono di poco).

Inoltre, il capitolo 2 della Madia ha numerose corrispondenze nel metodo e nella stesura del testo con il capitolo 3 della tesi della Giannetti (come rivela Perotti, che ha interpellato la coautrice). Chiamarle corrispondenze è un po' un vezzo: vi sono intere pagine identiche, persino nei simboli e nel modello econometrico utilizzato. Il lettore forse troverà interessante scoprire che, mentre il capitolo 2 della tesi della Madia si occupa di "Work arrangements and firm innovativeness" il capitolo 3 della tesi della Giannetti si occupa di "Relatiosnhip Lending and firm innovativeness" ma, leggere per credere, the economics and the econometrics sono praticamente identiche!

Perotti riporta che, "nello stesso periodo, la coautrice ha utilizzato la stessa metodologia statistica applicandola al suo campo di specializzazione, le banche. Niente di strano né di inappropriato; ma ha generato l'accusa, a mio avviso totalmente infondata, di un plagio nel plagio". Certo, niente di strano, tuttavia la corrispondenza fra i lavori non si limita alla metodologia statistica, e nessuno dei due capitoli menziona l'altro. E uno dei due capitoli (quello della Madia) è poi stato pubblicato con entrambi i nomi, l'altro (quello della coautrice) con un nome solo.

Sorge anche il dubbio non solo sull'autore (o autori) del secondo capitolo, ma anche su chi abbia avuto l'idea metodologica, poi applicata dalle due studiose con dati diversi. Se l'ha avuta una delle due autrici, manca la citazione, non solo nel testo, come sarebbe doveroso, ma anche nei riferimenti bibliografici, come Madia e supervisori pensano sia sufficiente. Se l'idea è stata sviluppata da entrambe collaborativamente, è possibile che sia stata omessa la citazione reciproca per inflazionare l'apparente contributo relativo di ciascun articolo. Questo effettivamente succede, ogni tanto, nella professione, e lo si fa sempre notare, se scoperto, in fase di referaggio, chiedendo agli autori di chiarire qual è il contributo relativo. 

Come se questo non bastasse, Perotti riporta che "La coautrice [della Madia], da me interpellata, conferma che la ministra ebbe un ruolo attivo nella stesura dei capitoli". La frase arriva ad un pelo dall'affermare che non ha scritto tutto la coautrice, e non solo il secondo capitolo.

E' possibile che questo capitolo sia stato sviluppato solamente dalla Madia al momento del diploma? E' possibile, ma in questo caso sorgono numerose altre domande. Anche se non esistono prove legali (non sono un esperto) gli indizi sul coautoraggio di questo capitolo sono numerosi: la coautrice aggiunta sulla pubblicazione di un articolo praticamente uguali, le corrispondenze fra i capitoli delle due tesi, etc...  La mancanza di attribuzione del coautore è una grave violazione delle norme di condotta scientifiche, anche se consensuale. Il Fatto Quotidiano scrive che le regole dell'IMT vietavano agli studenti di co-autorare i capitoli di tesi senza autorizzazione il che, se confermato, forse spiega il comportamento dei soggetti coinvolti (queste regole sono diverse da ateneo ad ateneo).  Aggiungo che è praticamente impossibile per un supervisore non sapere che un altro studente sta collaborando nella stesura della tesi; altrettanto grave sarebbe se non si fossero accorti del coautoraggio fra le studentesse per disattenzione. Non è chiaro perché un'autorizzazione non sia stata richiesta dalle autrici o sollecitata dai supervisori. 

Questi fatti suggeriscono una buona dose di faciloneria nell'aggirare anche regole scritte da parte di tutte le persone coinvolte.

Anche il capitolo 3 è, almeno in parte, un lavoro originale. La parte più originale consiste in un “esperimento”, cioè uno studio in cui il ricercatore cerca di riprodurre, in laboratorio, scelte alternative con premi in denaro per i soggetti intervistati, allo scopo di osservare il loro comportamento e valutare le diverse teorie che si vogliono studiare. I premi in denaro servono a replicare gli incentivi cui ci troviamo di fronte in situazioni concrete. Una parte fondamentale dell’esperimento è il suo “design”, cioè la definizione degli incentivi/premi, la formulazione delle domande, e così via. 

Anche in questo capitolo la giornalista del Fatto ha riscontrato numerosi passaggi copiati, in particolare da un articolo di Altman, Falk e Huffman del Febbraio 2008, successivamente pubblicato su una delle migliori riviste del settore. La violazione più grave però è un’altra. Le similarità dell'esperimento sono tali (si vedano le slides 41,44 e 45 dal FQ) da rivelare che la Madia ha sostanzialmente preso l'idea dell'experimental design dagli autori citati (modificandolo leggermente per applicarlo ad un caso diverso, in questo consisterebbe l'originalità). Questi ultimi vengono menzionati lontano dalla descrizione dell'esperimento, osservando solo che si sono occupati dell'argomento, senza spiegare che l'experimental design era preso da loro. Come se l'autore di un film tratto da un romanzo lo citasse solo nei titoli di coda senza rivelare che ad esso si ispira il film. (Se qualcuno volesse ora obiettare che potrebbero essere stati Altman & Al. a copiare l'idea, omettendo colpevolmente di citare la Madia, basti sottolineare che non ci sarebbe stato nulla di male nel farlo notare spiegando che il loro paper stava usando lo stesso metodo).

Se questo non è plagio, è almeno una violazione di norme ampiamente condivise dalla professione.  Se anche questa sembrasse una mancanza di poco conto, basti mettersi nei panni degli autori la cui paternità dell'idea non è stata riconosciuta. E no, non è "come se utilizzando il teorema di Pitagora, mi si accusi di plagiare Pitagora", come scritto su facebook dalla ministra. Se qualcuno usa il teorema di Pitagora per risolvere in modo creativo un certo problema, e tu usi quell'idea/metodo per risolvere un altro problema, non devi citare Pitagora, ma devi citare chi ha ideato quel metodo. Difficile da capiire? Forse si', ma questo dovevano spiegarglielo i suoi supervisori (a me non è mai capitato di doverlo spiegare, a dire il vero).  In casi del genere, è compito del supervisore far notare allo studente che è importante attribuire, anche solo con una breve nota, la paternità dell'approccio al suo autore originale, allo scopo di far capire il lettore quale sia il contributo originale di ciascun lavoro e, se l'autore da cui si prende a prestito l'idea è autorevole (come in questo caso), per convincere il lettore che la nuova applicazione ha dei fondamenti che sono stati accettati dalla disciplina.

Ma perché è importante attribuire con correttezza la paternità delle idee da cui si è tratto per sviluppare una ricerca? È importante perché la reputazione di un ricercatore e dei suoi studi si basano su due fattori importantissimi per il progresso scientifico. Primo, deve essere chiaro quanto originale è la scoperta effettuata: millantare di avere scritto o ideato un metodo, o anche un solo paragrafo, dopo averli copiati significa viziare la valutazione che la comunità scientifica ed il pubblico generale hanno delle capacità di un ricercatore e la validita' dei suoi risultati. Secondo, il successo e la reputazione di uno scienziato si basa anche sul numero di studi che si fondano, anche indirettamente, sulle sue ricerche, metodi e risultati. L'assenza di attribuzione di idee e metodi agli autori legittimi vizia questo importante processo di valutazione e riconoscimento.

L'assenza di virgolette in qualche paragrafo di una tesi può essere considerata un peccato veniale, come pensano in molti. Anche "dimenticarsi" qualche citazione importante lo può essere. Ma il numero di paragrafi copiati nella tesi della Madia, assieme alle altre e piu gravi probabili violazioni delle norme di attribuzione, dimostrano una crassa ignoranza di numerose regole condivise dalla comunità scientifica, e, probabilmente, anche la violazione di regole imposte dall'istituto che ha conferito il diploma. Il fatto che sarebbero bastati alcuni piccoli accorgimenti a sanarne i difetti  (l'autorizzazione al coautoraggio, due semplici note al testo, oltre che numerose virgolettature) non basta a sminuire la responsabilità dell'autrice e dei supervisori nel giustificarla. La prima ha almeno le attenuanti dell'inesperienza. I secondi no.

I tentativi da parte degli interessati di minimizzare, o giustificare il tutto come dimenticanza di virgolette, o, peggio, l'affermazione che l'elenco dei riferimenti bibliografici in fondo alla tesi sia tutto ciò che l'etica e le regole richiedono, suggeriscono che i supervisori hanno avuto la dottoranda che si meritavano, e viceversa.

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Commenti

Ci sono 26 commenti

condivido l'avere posto l'attenzione anche sul ruolo dei relatori: la mela non cade mai troppo lontana dall'albero. 

Come correlatore di tesi mi è capitato di scoprire e denunciare casi di plagio e di impedire la laurea. Col solo risultato di essere escluso dalla commissione che dopo pochi mesi laureò il candidato con la stessa tesi, salvo qualche maquillage. Casi ben peggiori della Madia, però almeno non sono ministri della Repubblica. Scarsa consolazione.

Valutazione giustissima ed equilibrata, bravo Andrea.

Probabilmente il miglior articolo uscito finora sulla questione. Lo condivido quasi completamente. La mia eccezione è dovuta al fatto che nel 2008 non era stata ancora introdotto il programma elettronico per individuare i plagi, e dunque credo che i relatori non avrebbero mai potuto individuarlo a meno che non conoscessero a menadito i lavori citati. Dubito che ciò avvenga sempre, nelle tesi di qualunque tipo. In questo senso sono parzialmente scusabili. 

Continuo a ritenere che la Madia dovrebbe dare il buon esempio e dimettersi.

Devo essermi spiegato male. Le scopiazzature sono il male minore, e i plagi non si scoprono via software. Il software aiuta, ma non basta né è necessario. Non sapere del coautoraggio, da parte de relatori, e' praticamente impossibile tranne che a persone completamente ignare di cosa stanno facendo i loro studenti. Perche' nessuno sinora, tranne Perotti con una frase davvero preoccupante, si e' premurato di spiegarci per bene questa storia. 

Sulle dimissioni non mi pronuncio in questa sede. 

Davvero un ottimo articolo, complimenti. Fa giustizia delle molte stupidaggini e/o ipocrisie che si sono lette in questi giorni. I due argomenti che ho trovato piu' frequentemente a difesa della Madia sono: 

1) Va bene, MM ha scritto una pessima tesi, ma non possiamo certo chiedere le dimissioni di un ministro perche' ha scritto una tesi di scarsa qualita'. L'articolo di Andrea Moro ribadisce invece che non si tratta (solo) di scarsa qualita' ma di plagio vero e proprio, sebbene non eclatante come quello del caso Boccia. E del resto bastava dare una veloce occhiata alle slides del FQ per rendersene conto.

2) Il caso MM e' completamente diverso dal caso Boccia perche' MM ha indicato tutte le fonti in bibliografia. Anche qui, occorre ribadire che il plagio non si limita a spacciare per proprio un articolo scritto da altri, magari cambiando un po' il titolo (francamente per fare una cosa del genere e pensare di farla franca bisogna essere parecchio fessi... ops). Anche fare copia e incolla sistematico viole le regole accademiche sul plagio. A questo proposito, si veda l'honor code di una nota universita' amaericana...

Sulla qualità non ho commentato. È una tesi ragionevole, che ha prodotto almeno una pubblicazione passabile. Probabilmente è attorno alla mediana delle tesi italiane.  

Non so se sia piu' grave cio' che la Madia ha fatto, cio' che i suoi supervisori le hanno lasciato fare, o cio' che  varii 'commentatori' (vedi Rondolino et al., 2017) stanno facendo adesso (minimizzare, ridicolizzare, confondere - in definitiva inscenare il solito pollaio).

Chiunque abbia minima dimestichezza con il mondo accademico sa come funzionano le cose, ma giusto per rinfrescarci la memoria vediamo come si esprimono Physical Review Letters, IEEE ed EAGE a proposito di 'plagio'.

Cosa si intende per 'plagio'? Quali sono le conseguenze del 'plagio'? 

Physical Review Letters:

Authors may not present data and other results obtained by others as if they were their own. Nor may authors incorporate without attribution text from another work (by themselves or others), even when summarizing past results or background material. If a direct quotation is appropriate, the quotation should be clearly indicated as such and the original source should be properly cited. Papers that have been found to be in violation of this rule will be rejected. In such cases, resubmission of the manuscript, even with the plagiarized text removed, is not ordinarily allowed. However, the Editors may allow exceptions to this policy if warranted by special circumstances.

IEEE:

Plagiarism information Section "8.2 Publication Guidelines" of the PSPB Operations Manual contains a major section entitled "Guidelines for Adjudicating Different Levels of Plagiarism." The purpose of this section is to define: Plagiarism Five levels or degrees of plagiarism Appropriate corrective actions that correspond to each level of misconduct IEEE defines plagiarism as the reuse of someone else's prior processes, results, or words without explicitly acknowledging the original author and source. It is important for all IEEE authors to recognize that plagiarism in any form, at any level, is unacceptable and is considered a serious breach of professional conduct, with potentially severe ethical and legal consequences.

EAGE:

EAGE Conferences invite the presentation of new and original material in a range of multi-disciplinary topics in Geoscience and Engineering. The EAGE takes plagiarism very seriously. Therefore, if an extended abstract or paper, after careful review, examination and consideration, is rejected on the basis of plagiarism, ALL authors of the abstract/paper will be denied the opportunity for further abstract submissions for the following three years. Note that this means that NO abstracts/papers from ANY of the authors (as author or co-author on subsequent papers) will be accepted for ANY EAGE event (Annual Meeting or Workshop) for a period of three years starting on the date of the event for which the paper was originally submitted.

Sic et simpliciter.

molto utili questi riferimenti. Mi chiedo se applicare criteri simili alle riviste di scienze sociali italiane ed ai dottorati italiani sempre in quelle discipline, economia ovviamente inclusa (escludendo i dottorandi seri, che studino in Italia o statisticamente di più all'estero) non sarebbe come cospargere di napalm il delta del Mekong. Solo i duri sopravviverebbero. Con la selezione ANVUR non ci siamo, visto che ad un collega di Economia politica di Siena hanno datto voto 0 ad un paper SOLO IN QUANTO pubblicato sulla autorevolissima rivista Sociometrics, che loro - i valutatori di Economia, management e statistica - non avevano in lista. Liste fatte apposta DA SEMPRE per scoraggiare il cross-disciplinary, la cross-fertilizzazione ai "confini" (che non esistono).

Grazie per l'articolo che condivido in toto. Prendendo per buone le vostre conclusioni (che il plagio c'e' ma che sarebbe potuto essere sanato con limitate modifiche alla tesi) vorrei sottolineare che il paragone con il caso zu Guttemberg proposto dal fatto quotidiano e' fuorviante. In quel caso la tesi era stata interamente scoppiazzata (probabilmente da un ghost writer) e il suo valore accademico era completamente inesistente (zu Guttemberg non ha contributo alla pubblicazione di alcun lavoro scientifico su riviste peer review).  Alla Madia si puo' riconoscere il merito di aver investito alcuni anni della sua vita per fare della ricerca scientifica  senza avere ovvi secondi fini. Zu Guttemberg, al contrario, si e' sostanzialmente voluto comprare un dottorato di ricerca avendo ovvi secondi fini. Per avere la giusta prospettiva sulle due faccende bisogna tenere in conto che in Germania avere un dottorato di ricerca e'  un prerequisito importante per fare carriera in molti ambiti, inclusa la politica (e questo non e' chiaramente il caso in Italia).

Qualsiasi plagio puo' essere sanato con piccole modifiche :)

Sul paragone con Zuttemberg, ognuno puo' trarre conclusioni che vuole. 

www.ilgiornale.it/news/interni/giannino-verso-dimissioni-887702.html

cosa dire .... se giannino poteva essere primo ministro direi che la madia puo' rimanere ministro senza grossi problemi

credo che tutti siano(e siamo) stati "spietati" con Oscar Giannino. E credo che Oscar Giannino abbia espiato e continui ad espiare le sue colpe. Il suo intervento è tuttavia deprecabile,da "serva di paese" se padroneggia il concetto. Non potendo argomentare nel merito si aggrappa a "demeriti" non pertinenti. Piuttosto puerile. E cafone, dimenticavo.

Non c'entra molto, ma ricordo che Giannino si è dimesso subito da leader del suo partito. 

C'è anche un altro dettaglio strano in tutta la vicenda. I dati sperimentali del capitolo 3.

-La Madia nella tesi sostiene che l'esperimento sia stato condotto nel 2008 all'università di Tilburg.

-I giornalisti del fatto non sono riusciti a trovare alcun documento ufficiale che attesti un periodo da visiting student della Madia a Tilburg:"[...] Negli archivi di Tilburg non compare nulla associato al nome Madia [...]". Mentre compare il nome della sua collega Giannetti.

 

Come ha fatto la Madia a condurre un esperimento senza essere visiting?

Dovendo essere un esperimento basato su interviste di umani dovrebbe esserci copiosa documentazione ufficiale.

Se l'esperimento è stato condotto dalla Giannetti, esclusivamente o in collaborazione con la Madia, andava detto chiaramente nel capitolo 3. Nel mio gruppo di ricerca produrre i dati sperimentali vuol dire guadagnarsi la coauthorship di un paper.

 

Inoltre non ho mai visto un advisor che non sappia come il suo Ph.D. student sta conducendo gli esperimenti per la sua tesi.

 

Saluti, Giuseppe

Non riesco a trovare la fonte delle tue affermazioni, comunque di studenti che girano fra varie università ce ne sono molti e non sempre vengono registrati e certificati. 

Secondo quanto scrive il Fatto oggi, l'IMT ha deciso di aprire una "procedura istruttoria ufficiale sul caso".

Inoltre:

 

Nella tesi la Madia dichiara di aver trascorso un periodo come studente in visita a Tilburg nel 2008, per eseguire l’esperimento di economia comportamentale di cui parla nel capitolo 3 della tesi. “Marianna Madia non è mai stata studente in visita a Tilburg”, spiega però al Fatto Tineke Bennema, portavoce dell’Università di Tilburg. E aggiunge che “non troviamo nessuna presentazione o seminario dal titolo: Flexicurity pathways for Italy: Learning from Denmark”. Eppure, nella tesi, il ministro dichiara di aver tenuto, sempre nel 2008, quel seminario a Tilburg.

 

perturbanti della vicenda Madia e' il nulla scientifico della minstra.

Il che mi suggerisce dei sospetti sul nulla politica che ella e'.

che so, Ugo Pecchioli si laureo' in giurisprudenza e a nessuno importa, appunto perche' ebbe nessuna rilevanza. Se tanto ardore la Sig.ra Madia mette nella sua finta ansia scientifica, mi sorge il sospetto che al bidone accademico vada aggiunto un -- assai piu' grave -- bidone politico..