Le retribuzioni dei docenti universitari: un confronto tra Italia e Stati Uniti

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 I salari dei professori universitari appassionano i lettori di nFA, come si è visto dal vivace dibattito seguito alla pubblicazione di due post di M. Boldrin (qui e qui). Si è discusso molto sulle implicazioni delle differenze salariali, sull'efficienza relativa dei due sistemi e sulla sostenibilità per il bilancio pubblico italiano di eventuali aumenti di spesa. Nel corso del dibattito sono stati sollevati con forza due punti più specifici. Molti hanno sottolineato le ampie variazioni nei salari americani - determinati in gran parte da forze di mercato - in contrapposizione alla uniformità stabilita per legge di quelli italiani. Altri hanno obiettato all'uso del salario lordo come misura del reddito, sostenendo che quello che conta è il salario netto. Questo post, scritto da chi accademico non è, porta nuovi elementi di conoscenza su questi due punti, utilizzando dati pubblici poco utilizzati in Italia.

Il sistema universitario italiano è molto diverso da quello made in USA per cui i confronti tra i diversi assetti di remunerazione devono tenere conto anche di altre variabili. Ad esempio, nel 2010 il sistema universitario italiano era concentrato su circa settanta università (escluso quelle private e telematiche), ed impiegava 57.748 docenti cosidetti strutturati - cioè dipendenti statali fissi - 15.584 professori di prima fascia (ordinari o volgarmente baroni), 16.955 di seconda (associati) e (24.939) ricercatori. Inoltre parte dei corsi è affidata a professori a contratto, assunti dalle singole università ed in genere pagati (poco) per singolo corso. Il loro numero è probabilmente elevato, ma mancano dati precisi a livello nazionale. Per contro, negli Stati Uniti il sistema è frammentato tra oltre 4 mila istituzioni universitarie, molto eterogenee tra loro, con a libro paga circa 730 mila professori a tempo pieno e altrettanti a tempo parziale. Al netto dei college che non rilasciano lauree quadriennali, rimangono comunque 2,7 mila istituzioni universitarie, pubbliche e private, con circa 1 milione di docenti. A questa grande eterogeneità corrisponde anche una eterogeneità nei salari in relazione ai centri universitari di appartenenza.

Un problema di non poco conto è quello di identificare quale tipologia di università americana sia paragonabile a quella italiana, in teoria più omogenea al suo interno. Infatti, negli USA si va da università private dedicate prevalentemente alla ricerca con (relativamente) pochi studenti altamente selezionati, a università pubbliche di grandi dimensioni in cui si fa un po' di tutto, passando per college con varia reputazione che sono devoti prevalentemente alla didattica. Quale sia il benchmark di riferimento non è facile dire e gli accademici italiani, dal canto loro, aspirano chiaramente ad essere paragonati ai colleghi delle top universities.

Qui di seguito riporto alcune tabelle tratte da fonti pubblicamente accessibili per capire se è possibile una comparazione salariale tra i diversi sistemi universitari. Per gli Stati Uniti, i dati sui salari lordi medi sono pubblicati dalle stesse università e facilmente reperibili anche a livello aggregato (i link appropriati sono indicati nel corso del testo). Si tratta di una media complessiva, che, come già notato da Boldrin, nasconde ampie differenze fra le discipline: i docenti di medicina, legge ed economia (specie nelle business schools) ricevono un salario più elevato rispetto a quelli delle altre. I salari minimi sono per i professori di materie umanistiche. Per l’Italia, invece, i salari base sono eguali per tutte le discipline. Noi utilizziamo  gli importi delle somme effettivamente liquidate ai docenti nel corso del 2010 tratti da DALIA (MIUR-Cineca, Dati Liquidato Atenei Italiani), una banca dati gestita da un consorzio per i servizi informatici del Ministero della Pubblica Istruzione. In particolare, dalla base dati DALIA sono disponibili due informazioni sul salario lordo. La prima riguarda l'ammontare di assegni fissi, cioè il salario base; la seconda informazione ha a che fare con le indennità accessorie (premi vari, indennità di rischio, supplenze, arretrati) che quantitativamente sono dominate dagli arretrati e dai compensi di natura ospedaliera.  Dai dati DALIA, in Italia solo i docenti che svolgono attività medica ricevono un extra specifico alla propria disciplina. Pertanto le medie sulle ritribuzioni lorde dei docenti italiani sono calcolate come la somma delle due voci (assegni+indennità) diviso per il numero medio di docenti appartenenti alla categoria appropriata nell'anno di riferimento, il 2010. Nelle tabelle, una riga sarà anche dedicata allo stipendio base (gli assegni fissi), cioè la media dello stipendio dei docenti in aree disciplinari diverse da quelle mediche. In questo caso però le retribuzioni base non sarebbero confrontabili con quelle degli Stati Uniti in cui i dati sulle retribuzioni medie invece tengono conto anche dei settori meglio retribuiti, tra cui anche medicina.

Perché il salario lordo e non il netto?

In questo post si considera come misura del salario lordo l'imponibile contributivo per il lavoratore. È in pratica il salario lordo che appare nel CUD dei lavoratori dipendenti (e poi usato per la dichiarazione dei redditi) più i contributi figurativi a carico del lavoratore, che rappresentano in media circa il 10% del totale. Il salario così definito è lo standard più comune per i confronti internazionali sulle retribuzioni. È infatti la variabile di riferimento sulla quale il datore calcola gli oneri e i benefit (obbligatori per legge o contrattuali) a proprio carico e che normalmente servono a coprire i servizi sanitari e previdenziali. La somma del salario lordo con gli oneri per il datore (l'università in questo caso) è il costo totale del personale docente. Quest'altra misura è molto utile, invece, se si volesse valutare l'equilibrio economico e finanziario dell'università nella gestione del personale o, alternativamente, valutare i costi-opportunità tra più investimenti (ad esempio, tra l’investimento di ricerca in-house e quello dato in outsourcing).  Ad esempio, le tabelle retributive mostrano che in Italia l'incidenza di questi oneri è pari a circa il 37,5% del lordo (vedi questa tavola per una stima approssimativa dell'incidenza di questi oneri sul salario lordo dei docenti universitari). Negli Stati Uniti, per il complesso del settore universitario è pari a circa il 30% del salario lordo mentre, per le istituzioni che offrono un dottorato (categoria I) è pari al 28,5% (vedi tavole 4, 10A e 10B nel rapporto AAUP).

Il salario lordo è anche la base di riferimento su cui il cittadino e lo Stato regolano i propri rapporti reciproci di partecipazione: da un lato, i cittadini pagano le imposte e una quota dei contributi previdenziali a proprio carico; dall'altro, lo stato eroga servizi e trasferisce risorse. L’incidenza delle imposte e dei contributi sul salario lordo dipende da vari fattori: primo fra tutti il livello quantitativo di servizi che lo stato eroga, in alcuni casi sostituendosi al mercato. Scuola, previdenza e sanità sono esempi comuni. In altre parole: mentre il salario lordo misura il reddito complessivo del lavoratore, il rapporto netto/lordo misura la "pesantezza" relativa dello stato e del suo apparato fiscale. Questi rapporti reciproci stato-cittadino e i connessi flussi finanziari possono sfuggire alla comprensione del singolo contribuente che alla fine vuole sapere quanti soldi troverà effettivamente in busta paga, ignorando completamente i servizi che riceve o riceverà, in danaro o in natura, dallo stato, come ad esempio scuola, sanità, pensione, università, etc. Per coloro che ritengono di appartenere a questa categoria, alla fine di questo articolo vi è una tavola che riporta alcune stime sui salari netti percepiti dai docenti universitari nel corso del 2010.

Chi confrontare

In questo post ci si concentra sulle retribuzioni dei docenti strutturati a tempo pieno, trascurando, per mancanza di dati, i redditi dei professori a contratto e dei loro equivalenti americani (adjuncts, lecturers etc.). I dati disponibili, non sistematici ma sostanziali, suggeriscono, comunque, che le conclusioni si applicano ugualmente bene anche a quest'altre categorie. In Italia, come detto, i professori sono divisi in tre categorie ben definite, a cui più o meno corrispondono altrettante categorie negli Stati Uniti - Full Professor, Associate Professor e Assistant Professor (tenure-track). Questi ultimi, a differenza dei ricercatori italiani, sono professori a tutti gli effetti, ma sono in prova. Infatti hanno un contratto di durata pre-definita (in genere sei anni) al termine del quale possono essere confermati in ruolo (tenure) o licenziati. L'analogo italiano è la conferma in ruolo dopo tre anni. Mentre negli USA la prospettiva di licenziamento è concreta, almeno nelle università più prestigiose, in Italia la conferma è finora stata pressochè automatica. La legge Gelmini (2010) ha introdotto anche in Italia un processo di tenure track all'americana, istituendo la figura del ricercatore detto a tempo determinato, per distinguerlo (poco) da quelli pre-esistenti chiamati a tempo indeterminato. Le università stanno iniziando ora ad assumere i primi ricercatori di questo tipo ed i relativi salari non compaiono nella tabella. È infine da ricordare che i professori possono rinunciare ad un (piccola) quota del loro salario, ed alla possibilità di ricoprire alcune cariche accademiche, in cambio del diritto di svolgere attività professionali (medico, ingegnere, tributarista) e ricevere i relativi onorari. Quindi la prima riga della tabella esclude sia i docenti a stipendio ridotto (a tempo parziale) sia quelli non ancora confermati e si concentra sui docenti a tempo pieno, circa i quattro quinti del totale. La seconda riga comprende invece tutti i docenti strutturati. Le righe delle università americane si riferiscono solo a docenti "full time". 

L’eterogeneità delle istituzioni universitarie americane si riflette anche sui salari. Ciò suggerisce di utilizzare più benchmark di riferimento: tutte le istituzioni universitarie che rilasciano lauree quadriennali; 4 università pubbliche di elevatissimo standing (University of Illinois, University of Michigan, University of Virginia, and SUNY Buffalo); 4 fra le università private considerate top in America e nel mondo per prestigio e reputazione  (Harvard, MIT, Stanford e Yale); infine, la University of California che per dimensione e prestigio rappresenta un benchmark spesso citato come obiettivo a cui "realisticamente" l'Italia dovrebbe aspirare.

I dati sui salari lordi

La prima tavola riporta i salari lordi dei docenti universitari nel 2010 convertiti in dollari secondo il tasso di cambio aggiustato per le Parità di Potere d’Acquisto (PPA) stimato dall'OCSE e pari a 1,24 dollari per ogni euro.

Tav. 1

             RETRIBUZIONI LORDE DEI DOCENTI UNIVERSITARI IN ITALIA E NEGLI STATI UNITI  (anno 2010)
                                                                   dollari PPA
 Ordinari/Full Professors      AssociatiRicerc/assistant
    
Italia Università (docenti a tempo pieno)*139.11295.05670.111
Italia Università (stipendio base - docenti a tempo pieno)*118.75581.54256.867
Italia Università (tutti i docenti incluso quelli da confermare)*131.81489.26062.650
USA top 4 Private Universities (Harvard-MIT-Stanford-Yale)178.077112.95797.590
USA 4 Public Universities (Illinois, Michigan, Virginia, Suny Buffalo)135.83489.68378.170
USA University of California135.40588.57377.635
USA all universities and colleges110.48877.36565.257
    

* NB: Per trasformare in euro correnti i salari lordi dei docenti italiani (espressi in dollari PPA), dividere l'importo per 1,24

FONTE:  Calcoli su dati su DALIA (MIUR-CINECA); 2011-2012 Report on the Economic status of the profession, AAUP (tab 4); Average faculty salary by rank; Accountability Report UC   

La tavola sopra mostra che il 2010 è stato molto generoso con i docenti italiani. L’impressione generale è che i salari lordi effettivi dei docenti italiani, quale che sia il loro rango, siano molto competitivi se confrontati con le migliori università pubbliche americane.  L’ordinario italiano prende in media quasi 39 mila dollari in meno dei pofessori di Harvard, MIT, Stanford e Yale, la creme de la creme dell'università americana, ma percepisce una retribuzione del 2,5% in più rispetto a quella dei colleghi della University of California, che ha, o ha avuto, a libro paga quasi 56 premi Nobel, 7 Fields Medal (i Nobel della matematica) e 16 premi Pulitzer. La tavola mostra anche che la remunerazione da star non è un privilegio riservato solo ai baroni, in quanto gli associati ricevono un trattamento molto più attraente rispetto i colleghi delle migliori università pubbliche americane. Per i ricercatori all'inizio della carriera, invece, emigrare potrebbe comportare qualche piccolo vantaggio. Si conferma che la struttura delle retribuzioni italiane, come in molti altri settori, è squilibrata a favore degli anziani.

Un altro modo per confrontare le remunerazioni è quello di rapportarle al PIL pro-capite aggiustato alle PPA dei rispettivi paesi (tavola 2, sotto).

Tav. 2

                                  RETRIBUZIONI LORDE/PIL PRO CAPITE IN ITALIA E NEGLI STATI UNITI (anno 2010)
                                                                                          calcolati a dollari PPA
 OrdinariAssociatiRicercatori
    
Italia Università (docenti a tempo pieno)4.32.92.2
Italia Universita (tutti i docenti incluso quelli da confermare)4.02.71.9
USA top 4 Private Universities (Harvard-MIT-Stanford-Yale)3.82.42.1
USA 4 Public Universities (Illinois, Michigan, Virginia, Suny Buffalo)2.91.91.7
USA University of California2.91.91.7
USA all universities and colleges2.41.71.4

Il rapporto tra remunerazione e PIL procapite dà una idea di come il reddito degli accademici sia rapportato al reddito medio di un dato paese e di quanto sia desiderabile e appetibile relativamente ad altre occupazioni. Siccome il PIL procapite in Italia è molto più basso rispetto a quello degli Stati Uniti, è facile anticipare che le differenze Italia/USA risultino più accentuate rispetto a quelle mostrate dai valori assoluti della tav. 1. Infatti, nel 2010 un professore ordinario italiano ha percepito redditi universitari pari a quasi quattro volte e mezzo il PIL pro-capite italiano, cioè relativamente meglio dei professori del quartetto Harvard-MIT-Stanford-Yale, e molto meglio dei colleghi della University of California, cioè una volta e mezza in più il PIL pro capite nazionale. Rispetto al PIL pro-capite i ricercatori italiani stanno meglio degli associati delle migliori università pubbliche e competono testa a testa con le top four private. Questi risultati non sono dovuti alle conversioni esoteriche della parità di potere d’acquisto, in quanto se si utilizzassero i prezzi in dollari correnti, i salari italiani sarebbero rivalutati, in termini relativi, ancora di più. Inutile presentare quindi quei dati che non fanno che ribadire ciò che le precedenti due tavole suggeriscono.

Retribuzioni al netto delle imposte sui redditi

In conclusione, salvo gravi errori o omissioni, il salario lordo dei docenti italiani è significativamente superiore a quello dei colleghi di prestigiosissime università americane. Una obiezione comune è che ciò che più conta però è il salario netto, a prescindere dal fatto che con le tasse si ottengono servizi che altrimenti si dovrebbero acquistare sul mercato pagando di tasca propria. Calcolare il salario netto partendo da quello lordo è un processo tedioso che richiede la conoscenza di numerose variabili individuali, quali ad esempio il carico di famiglia, la possibilità di deduzioni e detrazioni etc. Però si può sempre tentare una stima del salario netto rispetto a un docente con alcune caratteristiche standard. Pertanto, ho stimato il salario netto di un docente single, senza figli e che non ha detrazioni, considerando gli scaglioni e le aliquote 2010 per l’Italia, mentre più pigramente ho utilizzato i software di calcolo disponibili su internet per determinare l’ammontare al netto delle imposte federali e statali sul reddito di un docente residente in California (Tav. 3). La stima non comprende nel calcolo le imposte sulla proprietà negli USA o sugli immobili in Italia, che vengono sostenute annualmente dai proprietari o di fatto traslate da questi ultimi al locatario attraverso la pigione. Per dare una idea, seppur vaga e imprecisa, di quanto pesi l'mposta sugli immobili negli USA, si pensi che nelle città di Los Angeles o San Francisco in media su una proprietà immobiliare di 500 mila dollari si paga annualmente una property tax compresa tra i 3 e i 4 mila dollari, direttamente o attraverso il canone.

Tav. 3

                       RETRIBUZIONI AL NETTO DELLE IMPOSTE SUL REDDITO IN ITALIA E NEGLI STATI UNITI(anno 2010)
                                                                                    dollari PPA
 Ordinari/Full Professor     AssociatiRicercatori/assistant
    
Italia Università (docenti a tempo pieno)*76.95455.11642.234
Italia Università (stipendio base - docenti a tempo pieno)*66.93240.22035.117
Italia Universita (tutti i docenti incluso quelli da confermare)*73.36152.15838.225
USA top 4 Private Universities (Harvard-MIT-Stanford-Yale)116.33275.98966.622
USA University of California89.67061.12754.155
USA all universities and colleges               74.483         53.982                                 46.239

* NB: Per trasformare in euro correnti i salari lordi dei docenti italiani (espressi in dollari PPA), dividere l'importo per 1,24

Fonte: calcoli su dati tav. 1

Per alimentare il welfare state italiano la tassazione deve mordere di più e ciò si riflette in una riduzione maggiore per il netto in busta paga dei docenti italiani. Se al lordo, il professore ordinario a tempo pieno percepiva in media il 2,5% in più rispetto al collega della University of California, al netto delle imposte questo differenziale diviene  negativo. Lo stipendio medio risulta infatti di circa 77 mila dollari PPA, pari a 4.700 euro al mese, di cui 4.152 euro di assegni fissi. Questa cifra colloca l'ordinario medio  grosso modo tra la settima e ottava classe delle tabelle stipendiali (vedi. i calcoli per il 2010 di Pagliarini), pari a 14-16 anni di anzianità in ruolo. Date le complicate regole dell'università italiana, tale livello si raggiunge una decina di anni dopo la vittoria nel concorso a cattedra - quindi in media attorno ai sessanta anni. La cifra rimane comunque superiore alla media generale americana.  Il netto degli associati è allineato con la media delle università americane. Il lettore da solo può raggiungere le sue conclusioni su cosa indichino questi dati e quali possano essere le implicazioni di policy sulla direzione da dare al welfare state di cui l'istruzione pubblica fa parte.

Prima di chiudere, un ultimo indicatore da considerare è il rapporto tra il salario netto e la mediana del reddito disponibile (cioè al netto delle imposte) delle famiglie, anch'esse convertito alle PPA. I dati sui redditi delle famiglie si riferiscono al 2007 e sono pubblicati dall'OCSE che recepisce alcune delle raccomandazioni della Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi sull'uso di indicatori riferiti al reddito delle famiglie al posto del PIL per misurare il grado di benessere delle famiglie e dei suoi membri. Questo indicatore di reddito, oltre alla diversa unità di riferimento (la famiglia invece dell'individuo), detrae le imposte pagate e valorizza i servizi in natura ricevuti dallo stato. Esso è quindi un indicatore di contesto su cui parametrare il well-being dei docenti dei due paesi in quanto permette di tenere conto proprio dei diversi sistemi di welfare. Insomma, un indicatore che fa al caso nostro.

Tav. 4

RETRIBUZIONI NETTE/REDDITO DISPONIBILE DELLE FAMIGLIE IN ITALIA E NEGLI STATI UNITI
In dollari PPA
Italia Università (docenti a tempo pieno)     4.5   3.2   2.5
Italia Universita (tutti i docenti incluso quelli da confermare)     4.3   3.1   2.2
USA top 4 Private Universities (Harvard-MIT-Stanford-Yale)     3.8   2.5   2.1
USA University of California     2.9   2.0   1.7
USA all universities and colleges     2.4   1.7   1.5
Fonte:Tav. 3 e Society at glance 2011, OCSE   

La Tav. 4 mostra che il salario netto degli ordinari italiani è quattro volte e mezza la mediana del reddito disponibile delle famiglie italiane. Sarà per le condizioni di paese arretrato in cui versa l'Italia, sarà per il prestigio relativo dell'Università, ma rispetto al reddito netto delle famiglie, il professore associato prende tre volte, cioè quanto un professore  di Harvard o Yale. Rispetto alle condizioni dei redditi delle famiglie dei rispettivi paesi, il ricercatore italiano può considerarsi quasi sullo stesso gradino economico di un full professor della University of California, quella cioè con quasi 60 premi Nobel.

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Commenti

Ci sono 29 commenti

Veramente un ottimo lavoro, impressionanti soprattutto le cifre sul netto, ad ulteriore riprova che il cuneo fiscale in Italia è veramente spaventoso.

Sarebbe interessante sapere anche cosa col netto si deve pagare in Italia e in USA, per esempio l'assicurazione sanitaria è compresa nelle tasse?

 

Segnalo inoltre l'ennesima riforma farlocca\gattopardesca che cambia tutto e non cambia nulla, l'università italiana avrebbe bisogno di ben altro che lo studente dell'anno...

 

(qua il link www.lapoliticaitaliana.it/Articolo/)

Davvero meraviglioso, caro Rollo! Si vede che il Goebbels di "Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità." ha dei proseliti amerikani..


La bufala: “13.000 euro al mese dei nostri prof”. Inciampa Italia Oggi e il Giornale segue a ruota.
 

COn una semplice calcolatrice, può verificare che secondo i dati del post, lo stipendio medio mensile dei professori ordinari è di 4152 euro netti, per un costo medio lordo per la collettività, comprensivo degli oneri sociali, di 9135 euro.  Quindi, non vedo da dove abbia tirato fuori la cifra di 13000 euro.  Faccio anche notare che tutti i dati sono tratti dal sito ufficiale del MIUR.  Se ha da contestare nel merito, porti altri dati. Altrimenti, il suo commento appare gratuitamente offensivo,  La invito quindi a scusarsi

Per carità, magari ho guardato male io, ma non mi sembra che l'articolo da lei citato sia stato usato come fonte...

Forse si è confuso leggendo la cifra 160000 (circa) che nel caso dell'articolo su ROARS è espressa in CHF, mentre qua sono USD PPA...

Ferretti,

la fonte da cui Lovecchio prende i suoi dati è DALIA. La fonte da cui De Nicolao prende i suoi nel link che riporti è...DALIA (la discrepanza è dovuta al fatto che De Nicolao rimanda solo al dato sugli assegni fissi e non alle indennità accessorie).

La propaganda nazista (visto che tiri in ballo Goebbels) - nonché la figura da pirla - la stai facendo tu.

Complimenti

Solo un'osservazione sugli oneri sociali. E' corretto considerare equivalenti un dollaro ora e subito ed un dollaro di risparmio forzato sotto forma di contributo pensionistico?

quindi secondo me non sarebbe male spiegare che una parte delle differenze in media dipende dalla distribuzione anagrafica della popolazione. 

 

cerchiamo di essere costruttivi, diciamo che il problema consiste nei meccanismi automatici di aumento (sproporzionato) del salario in funzione (quasi esclusivamente) dell'anzianità.

 

proposte concrete di riforma?

 

 

In una passato articolo su nFA "Mission: impossible. Riformare l'universita' italiana." ho proposto di riequilibrare la progressione dei salari per tutta la carriera accademica, ma non mi sembra che vi sia molta recettivita' su questo da parte dei miei colleghi.  Il sistema baronale-gerontocratico all'italiana e' stabile. Il potere ce l'hanno gli anziani baroni che non vogliono mollare ne' quello ne' i soldi. I giovani sono selezionati spesso preferendo medriocri e ossequiosi portaborse, o comunque persone con opportuni paraocchi mentali, di cultura conservatrice, conformista e adattata al contesto italiano, che non solo accettano il sistema vigente ma ambiscono ad approfittarne da anziani sfruttando a loro volta i giovani sottopagati, vedendo magari in questo una compensazione per essere stati a loro volta sottopagati. La scarsa sensibilita' "sociale" e la spiccata tendenza all'egoismo degli italiani fanno poi anche in modo che principi di giustizia, equita', attenzione all'efficienza nella spesa pubblica  vengano messi in secondo piano.

 "Lo stipendio medio risulta infatti di circa 77 mila dollari PPA, pari a 4.700 euro al mese, di cui 4.152 euro di assegni fissi. Questa cifra colloca l'ordinario medio  grosso modo tra la settima e ottava classe delle tabelle stipendiali (vedi. i calcoli per il 2010 di Pagliarini), pari a 14-16 anni di anzianità in ruolo. Date le complicate regole dell'università italiana, tale livello si raggiunge una decina di anni dopo la vittoria nel concorso a cattedra - quindi in media attorno ai sessanta anni."


 Allora ecco il mio caso: professore ordinario dal 2005, in ruolo dal 1978, età 62 anni.

I dati provengono dal mio CUD  dell'Università di Pavia. Il costo annuo l'ho stimato moltiplicando il lordo per 1.37:

 

                                                                   Euro                             Dollari

Stpendio lordo annuo                   74 231                           92 046

Costo stimato annuo                   101 696                          126103

Stipendio netto annuo                  49 127                           60 917

Netto mensile per 13                        3 760                              4 663

mensilità

 

Ritenendo di essere particolarmente sfigato, ho controllato con vari colleghi di pari anzianità, che però  sono tutti in questa condizione.

Non ho capito se stai implicitamente suggerendo all'autore che sta usando dati sballati o sei davvero confuso sul perché tu e i tuoi colleghi prendiate meno della media degli ordinari pur essendo ordinari e 62 enni e ordinari da 7. TI è mai balenata l'idea che ci siano un sacco di ordinari vecchi, che magari lo sono diventati quando erano molto giovani, che quindi spostano la media all'insù?

E' sicuramente istruttivo avere consapevolezza dei valori assoluti, pero l'analisi sarebbe completa riscontrando cosa e' effettivamente richiesto nei due Paesi a fronte di un dato stipendio. E' diverso percepire 100 con il vincolo di una disponibilita' di 350 "ore" di attivita' accademica anno, o con il vincolo di un reale tempo pieno. E' vero che 350 ore poi devono lasciare il tempo a ricerca, studio, produzione bibliografica, ... e' anche vero che le ore standard su base annua sono 1760, e che uno che lavora un po' "professionalmente" puo' raggiungere le 2000 (non moltre di piu' perche' senno' si perde lucidita').  Un altro punto differenziale e' il rischio connesso all'attivita': per quanto a me noto, in Italia, una volta conquistato il "gradino" si entra nel novero degli inamovibili, "a prescidere" (De Curtis), mentre negli USA, vuoi perche' gli studenti ti votano, vuoi perche' il funding che riesci a fare influisce, la posizione conquistata e' un po' meno stabile. O no ?

Luca, la comparazione tra sistemi è difficile sopratutto per il fatto che quello USA è molto diversificato al suo interno, sia per tipologia di corpo docente, sia per qualità degli studenti e mission aziendale (teaching and/or research).

Sulla qualità e quantità di ricerca prodotta c’è un commentario abbastanza vasto, anche su questo blog, che compara i vari sistemi universitari in termini di quantità di ricerca, magari rapportata alla spesa o al numero di ricercatori. Anche qui, il problema è che i due sistemi sono molto diversi.

Un’altra metrica è quella legata all’output/input insegnamento. Qui si può calcolare ad esempio, il numero di titoli di studio prodotti per numero di docenti. Andando per numeri grezzi, negli Usa sono rilasciati ogni anno circa 3,2 milioni di diplomi vari di cui la metà sono lauree quadriennali. Le università USA hanno complessivamente 730 mila docenti. In Italia, i titoli rilasciati sono 290 mila con 65 mila docenti. Rapporto laueree/docenti è 4,38 negli USA vs 4,46 in Italia.  Quindi la conclusione preliminare è che la produttività dei docenti italiani in termini di pezzi di carta rilasciati è paragonabile.

Per quanto riguarda le ore di insegnamento, però, vi è una forte differenza. I professori italiani hanno per legge l’obbligo di 120 ore di didattica frontale all’anno per un totale di 350 ore di attività didattica. Negli Usa i carichi di lavoro sono diversificati e non vi sono statistiche di sistema, per cui si può prendere qualche università che pubblica questi dati e utilizzarli come termine di paragone. Ad esempio, prendendo come base due università statali, il sistema della California State University (che non è la University of California) oppure il sistema di Universiy of Texas, che comprende anche research universities, i carichi di insegnamento medio vanno dalle 20 alle 30/35 ore di attività didattiche settimanali escluso le attività di ricerca e amministrative con un sistema di tracking molto militaresco di come i docenti spendono il loro tempo, essendo questa la principale voce di costo variabile.

Tira tu le conclusioni.

 

Fonti: i dati su diplomi e docenti sono tratti da US Statistical Abstract del Census Bureau  e dall’Annuario Statistico dell’Istat, mentre per i teaching workload di CSU e UTS si possono leggere due doc sintetici http://www.calstate.edu/acadres/docs/csu_facwrkldrpt.pdf e http://www.utsystem.edu/thesession/files/FacultyWorkloadKeyPoints.pdf.

Ad integrazione dell'ottima risposta di Francesco. In USA esistono tre categorie di docenti, quelli che in Italia si chiamerebbero di ruolo ( tenured - associate professors o professors), quelli in prova prima di diventare di ruolo (tenure-track - assistant professors) ed i precari, variamente denominati (adjunct etc.). I primi sono inamovibili come in Italia. Possono essere licenziati individualmente solo in caso di colpa grave (reato penale o gross misconduct - tipo non andare mai a lezione).  Se il professore fa causa per licenziamento ingiustificato e l'università perde,  possono partire risarcimenti molto consistenti.  I secondi vengono sottoposti ad un giudizio (da parte del dipartimento) alla fine del periodo di prova (tradizionalmente di sette anni):  possono essere confermati in ruolo (tenured) o licenziati. Infine i precari non hanno alcuna garanzia - anzi è chiaro che non hanno alcuna speranza di entrare in ruolo. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone con altro lavoro che fanno anche corsi all'università, per prestigio o per guadagnare qualcosa in più, anche se la crisi ha aumentato il numero di precari all'italiana - cioè dottori di ricerca (PhD) che insegnano per guadagnarsi da vivere. In ogni caso,  possono sperare di entrare in  ruolo solo se vincono una tenure track position, messa a concorso come tale. Passare da adjunct a assistant nella stessa università è in teoria possibile ma credo sia un caso raro.

Salve 

Sono un professore associato a tempo pieno con 16 anni di anziata'. Nell'articolo si sostiene che "il salario lordo [e' quello] che appare nel CUD dei lavoratori dipendenti (e poi usato per la dichiarazione dei redditi). Ebbene sul mio CUD 2013 alla riga del quadro "Parte B dati fiscali", Redditi per i quali è possibile fruire della detrazione di cui all'art.13,commi 1,2,3 e 4 del Tuir e' indicata la cifra di 50153,82 Euro. Questa e' la cifra piu' alta presente nel CUD.  Nella tav. 1 si indica per un professore associato a tempo pieno si indica la cifra di 95056 dollari pari a circa 73000 per un rapporto Euro/dollaro intorno ad 1.3. I 23000 di differenza (pari al 50% del lordo da me percepito!) a cosa sono dovuti esattamente? 

Grazie in anticipo della risposta 

 

La cifra si riferisce alla media del 2010 ottenuta dividendo la spesa totale per il numero di associati in servizio. Puo' essere superiore al suo stipendio per due motivi.

i) l'anzianità media può essere superiore a 16 anni per la presenza di molti associati ex legge 382-80

ii) la spesa comprende anche una parte di oneri sociali

 

 

In questo post si considera come misura del salario lordo l'imponibile contributivo per il lavoratore. È in pratica il salario lordo che appare nel CUD dei lavoratori dipendenti (e poi usato per la dichiarazione dei redditi) più i contributi figurativi a carico del lavoratore, che rappresentano in media circa il 10% del totale. Il salario così definito è lo standard più comune per i confronti internazionali sulle retribuzioni. È infatti la variabile di riferimento sulla quale il datore calcola gli oneri e i benefit (obbligatori per legge o contrattuali) a proprio carico e che normalmente servono a coprire i servizi sanitari e previdenziali. La somma del salario lordo con gli oneri per il datore (l'università in questo caso) è il costo totale del personale docente.

 

oltre a quanto giustamente osservato da Giovanni Federico, tranne per i docenti medici, la riga da prendere in considerazione per confrontare il proprio CUD è la seconda (stipendio base, quindi 81542). Al lordo riportato nel CUD dunque va aggiunto un 10% per contributi previdenziali a carico del lavoratore che però non compaiono nel cud. Il prodotto va poi moltiplicato per 1,24 per avere il valore in dollari ppa. Tutto ciò premesso, la differenza nel tuo caso sarebbe pertanto del 20% circa che trova spiegazione nel fatto che il valore si riferisce a una media di tutti gli associati.

Il punto comunque non era quello di fornire un benchmark per confrontare il proprio cud con quello dei colleghi, ma di confrontare valori medi di categorie tra loro paragonabili.  

Segnalo il seguente link che elenca vari "errori ed omissioni" nella tabella di Lovecchio:

 

" secondo Lovecchio i dati relativi agli assegni fissi ricavati da DALIA non sarebbero comparabili con quelli degli Stati Uniti. I dati DALIA non contengono le remunerazioni aggiuntive dei medici, che invece secondo Lovecchio sarebbero conteggiate nei dati AAUP per gli Stati Uniti. L’affermazione non pare corretta: i dati di confronto per gli Stati Uniti infatti non comprendono i salari dei docenti di medicina. E’ scritto molto chiaramente nelle note esplicative" e inoltre "Lovecchio confronta i salari dei professori italiani comprensivi delle indennità per attività mediche, delle attività intra-moenia e dei compensi conto terzi (oltre a varie altre voci), con l’80% del salario dei professori degli Stati Uniti al netto degli stipendi dei medici. Confronto davvero poco significativo, per usare un eufemismo."

 

www.roars.it/online/i-professori-universitari-italiani-sono-i-piu-pagati-del-mondo-una-bufala-dura-a-morire/

ho risposto tra i commenti dove è stato postato l'articolo. Il commento non è ancora visibile perché prima devono approvarlo. grazie.