1. Introduzione
La visione keynesiana dell'economia esercita un fascino molto forte. Secondo i suoi sostenitori la cura per la crisi economica è una maggiore spesa governativa, senza preoccuparsi sul come verrà finanziata. Non solo la medicina keynesiana cura le nostre malattie, ha persino un buon sapore quando la si butta giù. L’austerità è perciò un orribile errore. La Grande Recessione sarebbe stata evitata se solo il governo avesse speso di più. Sarebbe stata infinitamente peggiore senza le misure di stimolo. Tutto questo è ripetuto da persone le cui opinioni io rispetto: il giurista Richard Posner, il blogger Kevin Drum e molti altri. E tutti noi sappiamo che la teoria sottostante è quella di John Maynard Keynes.
Lasciatemi riportare la descrizione della teoria keynesiana che Richard Posner dà nel suo articolo su New Republic, dove egli spiega perché è diventato un keynesiano.
Il reddito speso in consumi, contrariamente al reddito risparmiato, diventa il reddito del venditore del bene di consumo. Quando compro una bottiglia di vino, il mio costo è il guadagno del venditore, e ciò che spende di quel guadagno sarà il guadagno di qualcun altro, e così via. Quindi, l’investimento attivo che ha prodotto il reddito con cui io ho comprato la bottiglia di vino avrà prodotto una reazione a catena – ciò che Keynes chiama "effetto moltiplicatore". Per Keynes, in altre parole, è il consumo, piuttosto che il risparmio, che promuove la crescita economica.
Da qui la conclusione che il governo dovrebbe stimolare la domanda durante le crisi, poiché per ogni dollaro speso l’attività economica crescerà non di un dollaro, ma di un dollaro moltiplicato per il moltiplicatore, cosicché la spesa, in effetti, si autofinanzierà.
Questo ragionamento è composto di due parti: la storia del moltiplicatore e la conclusione sulla spesa governativa. La prima è del tutto sensata: noi tutti sappiamo che se una città costruisce un grande stadio, allora i venditori locali di hamburger trarranno beneficio dagli aumenti nelle vendite e di conseguenza acquisteranno in maggiore quantità altre cose come tagli di capelli e tatuaggi, portando quindi beneficio ai parrucchieri e ai disegnatori di tatuaggi. Ciò sembra supportare la prima parte della storia. Il supporto per la seconda parte – e la dimostrazione che dominò la professione economica per decenni – fu la Grande Depressione e in particolare la fine della Grande Depressione. Oggi è difficile comprendere quanto terribile fosse la Grande Depressione – quanto alto fosse il numero di persone di classe media che finirono nella povertà, e capaci a malapena di nutrire le proprie famiglie. Si parla spesso come se la Grande Depressione sia in qualche modo confrontabile a quella odierna– ma non lo è affatto, negli Stati Uniti. E come finì la Grande Depressione? Con la Seconda Guerra Mondiale – semplicemente come Keynes sembrava aver suggerito: con il governo impegnato in ampie spese finanziate da prestiti ed emissioni monetarie – e voilà: la Grande Depressione trasformata in grande prosperità.
Il fatto è che la prescrizione keynesiana – spendi di più e non preoccuparti del conto che ti verrà presentato – sembra troppo bella per essere vera, un po’ come la macchina del moto perpetuo o come certi disegni di M. C. Escher. Quello che segue mostra un canale con l’acqua che fluisce in discesa e curva un paio di volte fino a raggiungere una cascata che fa funzionare un mulino, per poi rifluire in discesa fino a tornare in alto.
È come una macchina del moto perpetuo, che sappiamo essere impossibile. Come lo sappiamo? Se misuriamo gli angoli attentamente e facciamo i calcoli scopriremo, di certo, che l’acqua fluisce in salita. Viene spontaneo chiedersi se la ragione per cui Keynes è così popolare con coloro che non sanno la matematica non sia perché essi non sanno misurare gli angoli accuratamente.
Un’altra cosa che potremmo fare con il diagramma di Escher è provare a costruire la macchina - in tal caso scopriremmo che è impossibile. Arriveremo alla stessa conclusione analizzando la teoria keynesiana.
2. La teoria di Keynes, nella misura in cui ce n’è una
In questo scritto voglio analizzare la storia di Keynes, per misurarne gli angoli con attenzione. Potrei farlo utilizzando della matematica complicata, e se volessi essere realistico farei solo quello, ma è il suo ragionamento che voglio illustrare e posso farlo con un semplice esempio, che pur essendo preciso evita la matematica, ed è la precisione che conta.
Consideriamo uno stato popolato da persone vere che producono e consumano cose. Per semplificare, immaginiamo che vi si trovino quattro persone: uno che produce cellulari, un venditore di hamburger (chiamiamolo “paninaro” per brevità), un parrucchiere e un disegnatore di tatuaggi. Ipotizziamo che il paninaro desideri solamente possedere un cellulare, il parrucchiere solo un panino, il disegnatore di tatuaggi solo un taglio di capelli e il venditore di cellulari solo un tatuaggio, e così il cerchio si chiude. Assumeremo che ciascuno possa produrre, rispettivamente, un cellulare, un panino, un taglio di capelli e un tatuaggio e che ognuno valuti l’unità di ciò che vuole comprare più dell’unità di ciò che vuole vendere. Cioè, il parrucchiere è disposto a tagliare capelli se può ottenere un panino, e così via. Ciò che succede è abbastanza chiaro: il tipo dei cellulari ne produce uno, lo cede in cambio di un tatuaggio al disegnatore di tatuaggi, il quale cede il cellulare in cambio di un taglio di capelli al parrucchiere, il quale lo cede in cambio di un panino al paninaro. Tutti lavorano, tutti ottengono ciò che vogliono e tutti sono felici.
Ora, supponete che il venditore di cellulari all’improvviso decida che non gli piacciono più i tatuaggi, almeno non così tanto da voler lavorare per ottenerne uno. Questo è sufficiente per spezzare il cerchio del commercio e questa è una catastrofe. Tutti sono disoccupati. La domanda è insufficiente. Non c’è abbastanza consumo, anzi, non ce n’è per niente. Notate la situazione: una persona, l'antipatico produttore di cellulari, è la causa di tutti i problemi, perché non vuole più comprarsi il tatuaggio. Nel linguaggio degli economisti costui è “disoccupato volontario”: ha cambiato i propri gusti e non vuole lavorare (per il salario che otteneva prima, ossia il tatuaggio). Gli altri tre sono “disoccupati involontari”, ognuno di loro è disponibile a lavorare in cambio di un salario, infatti dello stesso che aveva prima. Il paninaro preparerebbe panini se potesse ottenere un cellulare, il parrucchiere taglierebbe capelli se potesse ottenere un panino e il disegnatore di tatuaggi lavorerebbe se potesse avere un taglio di capelli, eppure sono tutti disoccupati. Manca il cellulare a fare da "trait d'union" e mettere in moto la macchina dello scambio.
Veniamo ora al moltiplicatore. Supponiamo che, invece di costruire uno stadio, il governo dia un cellulare al nostro ex produttore di cellulari. Successivamente, quest’ultimo lo venderà per un tatuaggio (il cellulare non gli è di alcuna utilità, come quando tutto funzionava), il disegnatore di tatuaggi userà i proventi per pagarsi un taglio di capelli, e così si chiuderà il cerchio. Piena occupazione. Basta inserire un telefonino e otterrai anche un taglio di capelli, un tatuaggio e un panino! Questo è il moltiplicatore, similmente a ciò che osserviamo quando il comune costruisce uno stadio. Non c’è nulla di misterioso.
Ma come ha fatto il governo a procurarsi il telefonino da dare all'ex produttore di telefonini? Questo è quello che qualunque individuo che abbia compreso i principi basilari dell'economia, secondo cui non esistono pasti gratis, si chiederebbe. A questo proposito, lasciatemi ricordare una vecchia barzelletta che gira da decenni nei dipartimenti di economia:
“Un fisico, un chimico e un’economista sono naufraghi su un’isola, senza alcunché da mangiare. Una scatoletta di zuppa giunge alla riva. Il fisico dice, “Apriamo la scatoletta con un sasso”. Il chimico dice, “Prima accendiamo un fuoco e scaldiamo la scatoletta”. L’economista dice, “Supponiamo di avere un apriscatole…”.”
Il Keynesismo si basa, dunque, sull’assunzione che il governo abbia un telefonino da dar via? Beh, forse no. Forse il governo dovrebbe seguire il consiglio di Keynes e stampare un po’ di moneta e darla al tipo dei telefonini. Così egli potrebbe pagarsi un tatuaggio e il disegnatore di tatuaggi potrebbe permettersi il taglio di capelli e il parrucchiere potrebbe acquistare un panino, e il paninaro – ooops… egli non può comprarsi un cellulare perché non ce ne sono in giro. A questo punto, ci sono due possibilità. La prima prevede che il paninaro capirà che non dovrebbe vendere il panino perché poi non potrebbe acquistare nulla di ciò che vuole con il ricavato della vendita, e così siamo di nuovo al punto in cui siamo tutti disoccupati. Oppure, magari non lo capisce e rimane senza nulla. Questo tipo di schema ha un nome: si chiama schema Ponzi. È vero che ogni tanto la gente effettivamente lavora senza accorgersi della fregatura: alle persone capita di fare errori, ma qualche altra volta la gente non ci casca. Di conseguenza, sembra davvero ingenua una politica economica basata sulla speranza che il paninaro sia uno stupido disposto a rimanere col cerino in mano.
Ma c’è qualcos’altro che potremmo provare: potremmo obbligare il tipo dei telefonini a produrne uno, egli poi potrebbe venderlo e farsi un tatuaggio ed il mondo sarebbe di nuovo a posto. È sufficiente che ognuno accetti che il costruttore di telefonini venga forzato a costruirne uno contro la propria volontà. In un certo senso potrebbe valerne la pena: dopotutto, abbiamo aiutato tre persone – il disegnatore di tatuaggi, il parrucchiere e il paninaro - sacrificandone solo una, il tipo dei telefonini. In questo caso, tuttavia, smettiamo almeno di pretendere che ci sia un pasto gratis: ammettiamo che stiamo fregando il tipo dei telefonini per aiutare tutti gli altri. Non sembra essere ciò di cui Keynes e i keynesiani hanno sempre parlato: forzare le persone a lavorare contro la loro volontà è una politica economica piuttosto fallimentare, come i paesi socialisti ci hanno insegnato.
Torniamo quindi all’esempio della Seconda Guerra Mondiale, perché il punto precedente descrive esattamente ciò che fece allora il governo americano: non solo spese un sacco di denaro preso a prestito o stampato, ma impose anche la leva militare e forzò molte imprese a produrre e fare cose che esse avrebbero preferito non fare. Per quanto l’attività economica possa essere cresciuta durante e dopo la guerra, rimangono dubbi sul fatto che i soldati morti in guerra ne abbiamo beneficiato allo stesso modo. Dunque la grande evidenza in favore del keynesismo scompare quando la analizziamo un po’ più da vicino, e ciò che accadde sembra accordarsi piuttosto bene con la molto semplice e molto classica teoria economica.
Parliamo ancora un po’ di come il governo potrebbe ottenere un telefonino, l’esempio perfetto per l’anti-austerità al momento è la Grecia. Cosa accadrebbe se la Germania regalasse un telefonino alla Grecia? Che meraviglia: se in Grecia il tipo dei telefonini ottenesse un telefonino, come già sappiamo, si ritornerebbe alla piena occupazione, grazie al moltiplicatore e a tutto il resto. Tuttavia, cosa accadrebbe se la Germania fosse come la Grecia, fatta eccezione per il suo tipo dei telefonini che invece ama lavorare e produrre telefonini in cambio di tatuaggi? Se privassimo il tipo tedesco del suo telefonino, allora la Germania cadrebbe nella disoccupazione: il moltiplicatore funziona altrettanto bene al contrario. Lo stesso accade con gli stadi: un nuovo stadio va benissimo per l'attività economica nei suoi dintorni, ma i soldi per costruirlo non piovono dal cielo e, di sicuro, tutte le aziende che solitamente facevano affari con chi aveva i soldi usati per finanziare lo stadio saranno destinate a soffrire di "assenza di domanda" una volta che i soldi vengano dirottati verso il nuovo stadio. Nel nostro esempio tutto si bilancia – possiamo avere occupazione in Germania o in Grecia ma non in entrambe, e poiché è il tipo tedesco a voler produrre il telefonino, non sembra complicato capire cosa accadrà.
Ma Keynes (e Posner) sono molto preoccupati per l’investimento e i risparmi. Quindi, cosa accadrebbe se la ragione per cui il tipo dei telefonini aveva smesso di produrne e di pagarsi tatuaggi fosse perché voleva spendere il suo tempo a realizzare la “prossima grande idea” che avrebbe portato nel mondo pace e prosperità entro pochi anni? Ossia, per fare un investimento? Potremmo risolvere il problema della disoccupazione costringendolo a produrre telefonini, ma poi di certo la “prossima grande idea” non viene realizzata. Non possono esserci investimenti o ricerca e sviluppo senza risparmi, quindi attenti alla teoria secondo cui la via verso la crescita maggiore passa per minori risparmi: minori risparmi = minori investimenti = minori innovazioni ...
Rieccoci qua: se prendiamo la teoria di Keynes e misuriamo gli angoli attentamente scopriamo che le macchine del moto perpetuo non si possono costruire.
3. Ne puoi costruire una?
Questa è tutta teoria, ed io sono sicuro che voi siate persone pragmatiche. Diversamente da Keynes io posso elaborare una teoria coerente che spiega i fatti relativi allo stadio, ai moltiplicatori e alla Seconda Guerra Mondiale. Essa nega il moto perpetuo. Forse che la mia teoria è sbagliata e si possono realmente costruire macchine del moto perpetuo? Beh, c’è chi ci ha provato. Per esempio Richard Nixon, il quale in risposta alla recessione che iniziò nel 1969 disse, nel 1971, “Ora sono un keynesiano in economia”. Come conseguenza gli Stati Uniti finirono in un decennio di stagflazione con alta disoccupazione e alta inflazione, un risultato che la teoria keynesiana non poteva spiegare (l’inflazione dovrebbe curare la disoccupazione, secondo quella teoria), e fu qualcosa per la cui spiegazione gli economisti keynesiani spesero un numero impensabile di ore e di pubblicazioni scientifiche, con così poco successo che, fatta eccezione per pochi irriducibili, il resto della professione, giustamente, abbandonò la teoria. Abbiamo provato a costruire la macchina del moto perpetuo, e non ha funzionato.
Per coloro tra voi che, sensatamente, sono interessati ai fatti, ricordatevi che il principale canone del keynesismo è che il segreto per crescere è non risparmiare. Il paese che ha avuto la crescita più fenomenale, nell'intera storia del mondo, è stata la Cina degli ultimi decenni. Vi sorprenderebbe sapere che il tasso di risparmio in Cina, durante questi decenni, sia stato all’incirca del 50% - probabilmente il più alto nella storia del mondo?
4. M. C. Escher versus J. M. Keynes
Il confronto tra Escher e Keynes non rende sufficiente giustizia a Escher, il quale disegnò uno strumento semplice ed elegante non affinché qualcuno provasse a costruirlo, ma per produrre un’intelligente illusione. Al contrario, la teoria di Keynes non è né semplice né elegante – la "Teoria Generale" è una sorta di macchina di Rube Goldberg (tipo quella della figura qui sotto) con molte ruote che girano, piccoli ponti, pesi che vanno su e giù sui fili ... se attentamente esaminate, molte parti non hanno alcuna connessione con le altre.
Quelli che conoscono un po’ Keynes potrebbero obiettare alla mia precedente discussione del moltiplicatore perché non era ciò che Keynes aveva in mente, nonostante la mia interpretazione sia in grado di predire tutti i fatti di cui Keynes parla. Nello specifico, Keynes discute la possibilità che, anche se il tipo dei telefonini volesse produrne, potrebbe non esserci alcuna possibilità di scambio perché il disegnatore di tatuaggi potrebbe non voler accettare un telefonino in cambio di un tatuaggio perché teme che il parrucchiere non accetterà il telefonino e così via. Questo equilibrio caratterizzato da fallimenti nella coordinazione fra individui, dove nessuno scambia perché nessuno crede che chiunque altro vorrà scambiare, ha altre (ovvie) differenti implicazioni politiche rispetto all’interpretazione che il problema sia causato dal tipo dei telefonini che non vuole produrne uno. Sfortunatamente, non è chiaro cosa possa fare il governo al riguardo: anche regalando un telefonino al tipo dei telefonini o forzandolo a produrne uno, ciò non sembra risolvere il problema visto che gli altri continuano a pensare che quello che ricevono non serva a nulla.
Il fatto è questo: la possibilità di fallimenti nella coordinazione delle aspettative fra individui non ha pressoché nulla a che fare con il moltiplicatore. È vero che se c’è uno scambio bilaterale (il tipo dei telefonini vuole un tatuaggio e il disegnatore di tatuaggi vuole un telefonino) è improbabile che il problema si presenti, perché immaginiamo che i due possano incontrarsi e risolvere la cosa. Ma, non appena cresce il numero di agenti necessari per scambiare, la possibilità di fallimenti nella coordinazione delle aspettative diventa plausibile. Inoltre, nonostante Keynes parli di fallimento della coordinazione, non credo che tale concetto sia riconducibile alla sua teoria. Da una lato, non fa parte della maggior parte di quelli che vengono considerati “modelli keynesiani”. Dall'altro lato, fa potenzialmente parte di ogni modello economico moderno nel quale vi sia la moneta (anche se pochi di questi vengono reputati “keynesiani”). È certamente vero che se la moneta non ha alcun valore intrinseco ed è usata per scambiare allora c’è la possibilità che il sistema degli scambi collassi perché nessuno si aspetta che la moneta abbia alcun valore. Ma se succede questo allora difficilmente il governo potrà risolvere il problema attraverso l’emissione di nuova moneta che nessuno vuole.
Keynes parla anche del ruolo delle aspettative nel fallimento della coordinazione – ottimismo e pessimismo. Per esempio: i pessimisti si aspettano che la moneta non abbia alcun valore, essi non scambiano, pertanto non ha valore: una profezia che si autoavvera; gli ottimisti si aspettano che la moneta abbia un valore, quindi scambiano e la moneta serve ed ha valore: anche questa è una profezia che si autoavvera. Dunque, il governo potrebbe mettere a posto le cose (se le cose vanno, in effetti, male) convincendo le persone ad essere ottimiste. Ciò sarebbe magnifico, ma sfortunatamente l’evidenza suggerisce che il giochetto non funziona. Franklin Delano Roosevelt era capace di grandi affermazioni come “Non c’è nulla di cui aver paura se non della paura stessa”, le quali risollevavano molto gli spiriti; ma questa “iniezione di fiducia” non fece nulla per far finire la Grande Depressione. Oppure, considerate l’attuale crisi in Grecia: con l’elezione del governo Syriza l’ottimismo, secondo i sondaggi, è andato alle stelle. Se il Keynes delle aspettative ottimistiche/pessimistiche avesse avuto ragione, ci aspetteremmo che l’attività economica aumenti vertiginosamente, che le persone tornino al lavoro, che comincino a pagare le loro tasse, che la borsa greca si risollevi, e così via. Nient’altro potrebbe essere più lontano dalla verità: l’attività economica in Grecia non è mai stata tanto anemica, il numero di disoccupati è più alto che mai, poche persone stanno pagando le tasse, e tutti stanno ancora cercando di portare i soldi fuori dal paese.
La Teoria Generale di Keynes è un libro lungo, e qualunque libro pieno di aneddoti e di idee è destinato ad azzeccarci di tanto in tanto. Ma, qualsiasi cosa esso sia, non è né generale né una teoria ... e come guida alla ricerca economica o all’attuazione di politiche economiche è essenzialmente inutile.
5. Conclusione
Il punto è che Keynes è tanto affascinante e attraente quanto il disegno di Escher, e ha altrettanto poco senso pratico. Gli economisti hanno lavorato per decenni cercando di dare un senso alla teoria di Keynes e usarla per spiegare le depressioni, le recessioni, le crisi, la disoccupazione e quant’altro. E non è certamente vero che gli economisti abbiano respinto Keynes e rifiutato di prenderlo seriamente, insomma che la professione economica non gli abbia mai dato una possibilità. Infatti è vero il contrario: alcune delle menti più brillanti della disciplina, convinte dell’assoluta verità delle idee di Keynes, hanno speso decenni per provare a far funzionare quelle idee. Loro e noi abbiamo fallito.
Conosco Keynes e il keynesismo. Sono abbastanza vecchio da aver imparato la teoria di Keynes quando era l’ortodossia, sia prima sia dopo la laurea. Mio padre, un PhD in economia il cui mentore fu il grande keynesiano e premio Nobel James Tobin, considerava il proprio essere keynesiano alla stregua di un credo religioso. Durante la mia giovinezza mio padre ed io scrivemmo un articolo empirico usando un modello keynesiano. Ho studiato con professori keynesiani, ho frequentato le lezioni di Bob Solow, un fedele keynesiano, ho lavorato come assistente alla ricerca per Stan Fischer conducendo ricerche empiriche con un modello keynesiano. Uno dei miei mentori fu Axel Leijonhufvud, il cui più grande e famoso lavoro fu un libro chiamato “L’economia keynesiana e l’economia di Keynes”. Quando ero studente dovevamo studiare la storia del pensiero economico: ho letto la Teoria Generale di Keynes e alcuni dei suoi lavori minori. Ho ricevuto persino il massimo dei voti in un esame su queste opere. Ho partecipato (come testimone silente, per la maggior parte) a un lungo dibattito tra Leijonhufvud e Don Patinkin (un altro grande keynesiano) su ciò che Keynes realmente pensava ed effettivamente diceva. La conoscenza del keynesismo e dei modelli keynesiani è ancora più profonda per i grandi premi Nobel che aprirono la strada alla moderna macroeconomia, una macroeconomia con persone che comprano e vendono cose, che risparmiano e investono, Robert Lucas, Edward Prescott, e Thomas Sargent tra gli altri. Anch’essi crebbero con la teoria keynesiana come ortodossia, ancor più di me. E rifiutammo il keynesismo perché non funziona, non per via di qualche senso estetico secondo cui la teoria non è sufficientemente elegante.
Il lavoro di Keynes è composto da divertenti aneddoti e storie ingannevoli. Il keynesismo, secondo alcune persone come Paul Krugman e Brad DeLong, è una teoria priva di persone, razionali o irrazionali che siano, una teoria di grafici ricavati in gran parte dal nulla, una serie di previsioni che sono per la maggior parte sbagliate, insieme alla vana speranza che possano essere sistemate se solo le curve nei grafici vengono orientate nella giusta direzione. È accaduto che abbiamo sviluppato teorie molto migliori, teorie che spiegano molti fatti, teorie che forniscono consigli sensati di politica economica, teorie che funzionano ragionevolmente bene, teorie che non sono un’illusione. Le versioni attuali di queste teorie sono molto diverse da teorie su persone completamente razionali e tutte identiche. Le teorie attuali non sono perfette, ma, diversamente dalla teoria keynesiana della macchina a moto perpetuo, esse spiegano molto e contengono molta verità. Un macroeconomista attivo che legga Krugman e DeLong si sente come si sentirebbe un dottore se il ministro della sanità si alzasse e dicesse che la cura per il cancro è il salasso con sanguisughe.
Attenzione ai politici che dicono “non ci avete mai avvisati” mentre la verità è “abbiamo ignorato i vostri avvisi” ... ed attenzione ugualmente agli economisti che fanno vuote promesse di macchine a moto perpetuo. E quando si parla di debito pubblico ricordatevi che, se nel lungo periodo siamo tutti morti, è altamente probabile che i nostri figli siano vivi.
Poi ci dicono che viviamo nell'epoca della fine delle ideologie,e dei dogmi in ambito politico,economico,etc! Questo articolo,e questa analisi, comprovano il contrario,almeno nell'ambito economico! Parafrasando il grande Toto',risponderei a questo dogmatico antikeynesiano:"Ma mi faccia il piacere,se ne vada!".Nel senso che,dogmaticamente,appunto,si sostiene che keynes ed il keynesismo,sono inconsistenti sul piano economico-scientifico,ed il liberismo sia'l'unico modo di leggere,interpretare,spiegare,sviscerare,il fenomeno economico! Sul piano scientifico ci sono almeno 50 anni di letteratura che contraddicono tutti questi assunti,e vari Nobel,tra cui Krugmann,Stiglitz,che continuano a produrre copiosa letteratura in senso contrario a quello qui esposto! Derubricare Paul Krugmann a un santone,e'assurdo!L'ultimo arrivato e'l'Economista francese Thomas Piketty ( non e'ascrivibile in senso keynesiano,ma sicuramente non e'neanche liberista!) che,nel suo volume di quasi 1000 pagine "il Capitale nel XXI secolo", frutto di un lavoro di analisi e ricerca durato 15 anni,pone questioni cruciali sulla diseguaglianza dei redditi e deipatrimoni indotta dalla deregulation Economica,Finanziaria,Fiscale,che dovrebbero interrogare qualunque libero pensatorenon dogmaticamente orientato!
Al netto di dotte disquisizioni dottrinali ed economiche,da libero pensatore,e da curioso di cose economiche,osservoi seguenti fatti. Le crisi più grandi che l'economia abbia mai avuto,denominate in Letteratura "grandi depressioni", quella del 1929/45, e quella attuale,sono intervenute in ambiente prevalentemente liberista! Quella attuale,iniziata nel 2007/2008, e'intervenuta in un contesto di totale deregulation dei mercati,sopratutto finanziari,conseguente alla deregulation iindotta dallarivoluzione liberal-liberista"del mitico duo Tatcher,Reagan,e proseguita,dopo il crollo dell'Ursss,dai governanti dei principali paesi occidentali,persino quelli di matrice labourista: Clinton,Blair,john major,Mitterand,bush junior/senior,etc! Mi pare sia pacifico in dottrina che gli USA siano usciti dalla crisi grazie a politiche sostanzialmente neo-keynesiane,o comunque di stampo interventista,altro che liberismo! Obama,e lo Stato Americano sono intervenuti direttamente iniettando liquidita'nel sistema economico ( Crhrysler,Bank of America,FreddyMae,FreddyMac,etc), il deficit nei primi anni della crisi e'arrivato al 10% del Pil,facendo aumentare il debito considerevolmente! Le Federal Reserve e'stata interventista come non mai espandendo il bilancio fino a 5000$, ed ha impedito il fallimento ed il crollo del sistema finanziario Americano,lehmann brothers a parte! Il bello e'che queste politiche sono state sostenute anche dal governatore della Fed Americano di estrazione Repubblicana,tendenzialmente liberista,non certo Keynesiano! Se gli USA,E igovernatori della Fed,avessero dato ascolto al Tea-party,e ai fondamentalisti del liberismo,la disoccupazione sarebbe ancora al 11%, e la crisi mondiale sarebbe stata ancora più grave negli Usa e nel mondo! Questo perche'gli Americani non sono dogmatici come gli europei,e non stanno a questionare se occorrono politiche interventiste,o liberiste,neo-keynesiane,liberiste,monetariste, x uscire da una grave crisi: non importa il colore dei gatti,l'importante e'che acchiappino i topi! Gli Americani sono pragmatici,non dogmatici,sanno che le politiche da mettere in campo variano a seconda del contesto,quindi adottano quelle più opportune scaturite da 70 anni di letteratura economica! Prendiamo esempio da loro! Se l'Europa,i singoli Stati,le sue istituzioni, fossero piùpragmatici come gli Usa,saremmo usciti dalla crisi da un bel pezzo!
Nel senso che hai un deficit, sostanziale.
Di capacita' di lettura (da nessuna parte nel testo la parola liberismo viene menzionata e/o si sostiene una qualche visione "liberista", whatever that means, dell'economia) e comprensione (non hai proprio capito cosa DKL dica e sostenga, davvero).
Di conoscenza dei fatti (il tuo "sommario" della crisi fa ridere i polli)
Di conoscenza della "dottrina" (no, non e' pacifico un beato cazzo in dottrina, credimi)
eccetera.
Deficit gravi, credimi. Molto gravi.
sono due cose diverse. l' articolo si occupa del secondo e afferma che il keynesianesimo intende promuovere la spesa pubblica, a debito o a stampa,sempre e comunque, in modo cioè non tanto pragmatico.
noi, che il debito pubblico lo avevamo già allegramente coltivato negli anni precedenti con pessimi risultati di crescita, l'opzione di aumentarlo alla bisogna adesso non ce l'abbiamo proprio.
Altro che Great Recession, a saperlo gli facevo un bonifico io alla FED ed eravamo a posto. Qualcuno ha l'IBAN di Mario, per caso, così stasera risolviamo anche questa cosetta della Grecia?
Ho avuto una discussione abbastanza surreale con un amico oggi più o meno sulla falsariga di ciò che lei ha scritto.
Mi iscrivo di diritto nella categoria dei "deficienti", le mie conoscenze di economia si fermano a domanda e offerta, ho una vaghissima idea di che cosa significhi "essere Keynesiano" e ancora più vaga di che cosa significhi non esserlo. Però forse la mia totale ignoranza mi aiuta nel leggere ciò che DKL scrive e non ciò che io penso abbia scritto.
Quel che mi sono portato a casa io dall'articolo è semplice: l'assunto che un incremento di spesa statale sia efficace _a priori_ per affrontare una crisi non funziona nemmeno su modelli semplici. Il toy model che usa è semplice e mostra con semplicità come maggiore spesa non produca alcun beneficio al sistema economico, e (nell'addendum) come questo sia indipendente dall'avere commodity money o outside money. Non dice che "l'approccio liberista risolverebbe questa crisi" or whatever, ma solo che l'applicazione dell'imperativo categorico di maggior spesa statale può essere inefficace. Nell'addendum poi dà un micromodello di crisi causata da "people who want to save too little and consume too much".
La conclusione che estrapolo io è anche semplice (forse semplifico troppo): le policies per uscire dalla crisi devono essere data-driven e non school-driven.
E' possibile che il modello di DKL sia sovrasemplificato. E' vero che bisogna distinguere tra demand shock e supply shock. Ma la punchline -- che la ricetta di maggior spesa pubblica non sia _sempre e invariabilmente_ la miglior risposta -- mi sembra ben argomentata.
@moderatori: sarebbe possibile mergere le discussioni tra l'articolo inglese e quello italiano?