I negazionisti dell'Euro

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Molti lettori ci hanno chiesto di occuparci delle argomentazioni “negazioniste” riguardo all’Euro. “Negazioniste” nel senso che negano quelli che alla maggior parte degli osservatori economici paiono fatti incontrovertibili: che i) l’entrata nell’Euro è stata in principio cosa buona per il nostro paese, e che ii) uscire adesso sarebbe una follia. Cercheremo di districarci tra argomentazioni, per fare un po' d'ordine, così da poter valutare le loro conclusioni. 

Non ci siamo mai occupati delle argomentazioni “negazioniste” riguardo all’Euro  direttamente, perché il tempo è per tutti risorsa scarsa e scegliamo i nostrl temi forse con un certo snobismo intellettuale: non possiamo né dobbiamo commentare tutto ciò  che si sente in giro. E non vi è alcun dubbio che in molti casi quelle dei "negazionisti" sono stupidaggini. A leggere in una intervista o sentire in TV (dove è spesso invitato) tal Paolo Barnard argomentare che

"L'euro e la Ue […sono…]  un grande inganno per mettere gli Stati nazionali in mano alle Banche";  che “l’unione monetaria europea […è…] un  programma di spoliazione dei beni comuni a favore delle elite con la sottomissione totale degli Stati attraverso la sottrazione della moneta”;

onestamente non viene proprio voglia di commentare. Anzi il cervello corre alla felice gioventù milanese, ai tempi in cui attorno al Castello (Sforzesco) spesso si incontrava quel simpatico signore che tirava un carrello pieno di cartelli che denunciavano “ci uccidono con l’onda” (per chi non lo sapesse, non tutti sono vissuti a Milano negli anni 80, è il clero, naturalmente, a ucciderci con l'onda). 

Se poi si cercano argomentazioni più tecniche invece che politiche in Paolo Barnard si trovano (nella stessa intervista) o ulteriori capriole complottiste, tipo:

 

“La Bce non ha limiti tecnici nella creazione della moneta Euro, ma non lo vuole fare. È una scelta politica per favorire l’operazione di spoliazione e impoverimento di molti Stati europei e banchettare attraverso le speculazioni.”

 

oppure  frasi senza significato alcuno come la seguente:

 

“Il cittadino deve capire che in una qualsiasi nazione moderna solo due entità  possono creare il bene finanziario, la moneta: lo Stato e le banche. Se attraverso un disegno ideologico-economico tu arrivi a ottenere la cancellazione del potere dello Stato, e ad emettere e gestire il denaro, cosa rimane? Solo le banche. Ed esse diventano, di fatto, lo Stato. Questo è  quanto è successo con l’Unione Europea, […] Il più grande attentato alle Costituzioni degli Stati mai fatto.

 

Ma di questi tempi non si può far a meno di commentare su questi temi. Il 25% circa degli italiani che sono andati alle urne ha votato un partito Il cui fondatore, Beppe Grillo, non è alieno da una certa predisposizione alla teoria del complotto (per non parlare del deputato assurto all’onore della cronoca per le dichiarazioni sul governo americano dedito ad impiantare micro-chip sottocutanei nei propri cittadini per poterli controllare). Ma soprattutto, al di là degli aspetti folkloristici di alcune posizioni di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, quel che ci importa è che gli attacchi all’Euro da parte del Movimento, così come la richiesta di un fantomatico e ad oggi incostituzionale referendum sull’uscita dall’Euro, siano purtroppo diventati temi all’odine del giorno.

Invece di discutere Paolo Barnard o Loretta Napoleoni (che ha posizioni solo leggermente più articolate, ma che poi lamenterebbe che sono maschio, violento, e stupratore come ha fatto su twitter dopo un suo interscambio televisivo con Michele Boldrin nel corso della campagna elettorale) – davvero non ne ho lo stomaco – discuterò delle posizioni di Alberto Bagnai. Mi pare infatti che Bagnai sia in questo momento il leader intellettuale di quelli che ho chiamato “negazionisti”. I suoi argomenti sono articolati in modo coerente ed  intelleggibile e quindi si prestano ad una analisi come quella cui mi accingo.

Non ho dubbio che Bagnai abbia espresso le sue posizioni in modo più esteso nel tempo e nello spazio di quanto io non possa conoscere. Mi soffermo quindi essenzialmente su due suoi articoli, che nel suo blog, Goofynomics, egli ha la generosità di indicare ai lettori come letture fondamentali per comprendere il suo  pensiero (ce ne sarebbe un terzo, ma mi pare di riuscire a comprendere a sufficienza dai primi due e quindi mi son fermato lì; lui me ne vorrà senz’altro ma spero non i lettori, che sfido a leggersi per bene tutto il primo articolo, con tanto di commenti e ricommenti dell'autore a se stesso).

C’è una favola fondamentale alla base di tutte queste posizioni “negazioniste” sull’Euro (e la posizione di Bagnai non fa eccezione). La favola è quella delle capacità taumaturgiche della moneta. L’idea che se solo potessimo fare quello che vogliamo con la moneta (stamparla, svalutarla,…, farla colorare ai bambini) potremmo evitarci le fatiche reali, quelle fatiche che ci eviteremmo volentieri – cose come alzarci la mattina per andare a lavorare, scavare nelle miniere, risparmiare, ripagare I debiti, … e così via. Purtroppo non è così. Fabio Scacciavillani, con intuizione geniale, l’ha chiamata la "favola della moneta filosofale”.

Proviamo ad articolare allora la posizione di Bagnai sull'Euro, nei suoi elementi fondamentali, perché i suoi due articoli seguono vari percorsi, dall'analisi economica a quella politica, dall'analisi dei costi e vantaggi dell'Euro per l'Italia ad una visione generale dell'economia internazionale, come disciplina e pratica. Leggendolo, è facile finire a seguirlo in voli pindarici di vario tipo. Cerchiamo invece di scendere al sodo, a costo di semplificare, che poi non fa mai male. Per Bagnai l'Euro è la "coronazione del progetto imperialistico della Germania" e allo stesso tempo, per l'Italia, uno "strumento della lotta di classe anti-sindacale".

Spieghiamo. Il progetto imperialistico della Germania consisterebbe nell’imporre, attraverso l’Euro, una serie di "svalutazioni competitive" a proprio favore all’interno dell’Eurozona (proprio cosi dice: "il problema dell'Euro è dato dalle svalutazioni competitive...ma della Germania, non dell'Italia!"), e quindi ad avvantaggiarsi di una "domanda drogata" a nostre spese (dell'Italia e degli altri paesi del Sud Europa)La lotta di classe anti-sindacale consiste invece in una  forma di controllo dei salari: nell’utilizzare il vincolo esterno, la competizione con la Germania ad esempio, per costringere I lavoratori alla moderazione salariale.

Ma le due affermazioni, l'imperialismo tedesco e la lotta anti-sindacale, sono in contraddizione logica. La Germania e l'Italia hanno la stessa valuta, l'Euro. Questo è il punto di partenza. Quindi il progetto imperialistico tedesco, le svalutazioni competitive, richiede un differenziale inflazionistico, una maggiore inflazione in Italia (e negli altri domini coloniali) rispetto alla Germania (con la moneta unica la Germania non può svalutare in senso proprio la valuta rispetto all'Italia). Ma tale differenziale inflazionistico, in una area valutaria comune come l’Eurozona, non può essere il risultato di diverse politiche monetarie. Può avvenire essenzialmente solo se I salari in Italia crescono più che in Germania (anche l’energia ha la sua importanza ma Bagnai se ne scorda e quindi facciamolo pure noi). Questo Bagnai (non dove parla della lotta di classe, naturalmente), lo ammette nei suoi articoli. Ma allora delle due l'una, o il "progetto imperialistico della Germania" richiede che i salariati italiani non siano affatto condizionati dal vincolo esterno; perché se lo sono, l'imperialismo della Germania si scontra contro la moneta unica a parità di inflazione. Oppure, no, i salari italiani crescono e così l'inflazione,... ma allora è la lotta di classe, il controllo dei salari, che va a sbattere.  A meno che...a meno che il mondo non si sia mosso al contrario di come Bagnai sostiene. E allora ecco che tutto si tiene. 

i) L'imperialismo tedesco non è che maggiore competitività economica. Non ha nulla a che fare con le svalutazioni competitive (né con l'Euro o con  la moneta filosofale) ma si fonda invece sugli incrementi della produttività tedesca degli ultimi 15 anni; roba molto reale, che si ottiene innovando e organizzando meglio la produzione.

ii) I salari in Italia sono cresciuti in termini reali dando in parte luogo al differenziale inflazionistico con la Germania. Soprattutto  in Italia i salari sono cresciuti più della produttività (che sono 10 anni che non cresce punto). Altro che Euro strumento della lotta di classe. In Germania i salari sono cresciuti meno della produttività - ma occhio a compatire i poveri operai tedeschi, che oggi hanno salari reali del 15% superiori a quelli degli italiani. La produttività, la produttività; è il motore unico, non la moneta.

E allora: allora la questione economica in Italia e in Europa non è monetaria ma reale. Alla base di tutto, c'è la produttività che non cresce. La Germania non cresce con domanda "drogata", cresce perché produce meglio e a costi inferiori, pur pagando meglio i propri operai. Gli attacchi all'Euro causa dei nostri mali sono una favola per evitare di affrontare i problemi reali. La figura sotto è la base di quanto detto.

 

Per l'Italia l'entrata nell'Euro aveva una funzione principale, esplicita nel dibattito economico del tempo: legare i mercati finanziari europei e rompere la reputazione della Lira come moneta dalla svalutazione sempre pronta. In questo senso l'Euro è stato un enorme successo. Il fatto che Bagnai e compagni se ne scordino sempre denota poca coerenza intellettuale, denota propaganda economica a senso unico. Si può discutere su quale sia la reale entità del risparmio di interessi che l'Italia ha accumulato dal 1996. La figura sotto fornisce un'idea del crollo dello spread dal 1996 al 2011 in Italia (il calo dei tassi in Germania è ininfluente ai fini del calcolo dei risparmio). È importante iniziare dal 1996 a fare i conti perché  i mercati finanziari anticipano tutto, nel bene o nel male e quindi è chiaro che gli effetti dell'entrata dell'Euro sui tassi inziano ben prima dell'entrata nell'Euro. Se facessimo dichiarare al governo, quando l'avremo, che l'Italia uscirà dall'Euro nel 2016, vedremmo un aumento dei tassi immediatamente all'annuncio, non nel 2016. Speriamo non succeda. 

Rendimento medio del debito pubblico italiano e di quello tedesco

Alla fine i conti bisogna farli bene, e vari dettagli vanno ben definiti. Ma una stima cauta di questi risparmi ci porta a circa 500-600 miliardi di Euro dal 1996 al 2011. Roba grossa. Il fatto che questi risparmi siano stati mangiati, distribuiti, bruciati, usati per "drogare" l'economia italiana è un altro discorso. Anche qui, nulla di monetario: un paese con istituzioni corrotte e con una economia pubblica incredibilmente inefficiente fa anche queste cose. Tutto reale, moneta e tassi di cambio non hanno nulla a che vedere con l'occasione persa dal paese di sfruttare questi risparmi.  

Ma era prevedibile che il sistema sarebbe fallito in una crisi come quella che stiamo sopportando? Difficile a dirsi. I mercati ci hanno creduto, per un po', come si vede dall'andamento dei tassi. Ma i mercati non sono onniscienti. E forse una seria analisi della situazione europea a fine anni '90 ci avrebbe potuto indicare i germi del pericolo. Bagnai pensa senz'altro di si. Bastava conoscere la teoria delle Aree Valutarie Ottimali, egli dice, per rendersi conto che l'Eurozona non è affatto un'area ottimale e che quindi sarebbe tutto finito male. È anche vero che molti osservatori economici in quegli anni usavano proprio argomentazioni di questo tipo per suggerire che l'Euro sarebbe stata una pessima idea - Robert Mundell, ad esempio, premio Nobel per l'economia che della teoria delle Aree Valutarie Ottimali è uno dei padri. Ma non solo lui.  

Naturalmente Bagnai non spiega cosa sia la teoria delle Aree Valutarie Ottimali. Magari qualche lettore si è pure impressionato, leggendo il "riferimento alla dottrina". Ora, però, pur senza entrare nei dettagli, vale la pena di spiegare cos'è questa teoria delle Aree Valutarie Ottimali, per far capire al lettore che c'entra poco o nulla con la crisi dell'Euro. L'analisi tradizionale di aree valutarie comuni ne considera costi e benefici in un contesto relativamente statico (non poteva che essere così, Mundell scriveva all'inizio degli anni '60 e ragionava con modelli keynesiani classici). In questo contesto, ai vantaggi ovvi in termini di semplificazione e sviluppo del commercio, riduzione del rischio di cambio, etc., si devono associare altresì i costi, soprattutto quelli dovuti al mancato aggiustamento di shock asimmetrici attraverso il meccanismo del cambio. Per shock asimmetrici si intendono shock alla domanda o all'offerta che colpiscono un paese più di un altro e che quindi variazioni del cambio aiuterebbero a sostenere limitando i costi di aggiustamento. Un crollo della domanda di mozzarella di bufala sarebbe meno dannoso per l'economia campana se, mentre il mondo si rende conto di cosa perde, o nel corso dell'aggiustamento verso altri processi produttivi (se il crollo della domanda non dovesse risultare temporaneo), l'economia campana potesse svalutare la propria moneta rispetto a quella lombarda. In un'area valutaria comune, della Lira o dell'Euro, questo non è possibile e comporta dei costi. L'idea è che questi shock non sono prevedibili, capitano a paesi diversi, in modo casuale, una volta qui e una là. È cruciale che siano imprevedibili e che capitino una volta qui e una la, altrimenti se gli shock colpiscono sempre un paese solo in modo prevedibile, non sono shock, il cambio nulla può, è il paese ad avere problemi economici strutturali da risolvere. Non che in questo caso un'area valutaria sia cosa buona, ma è problema di secondo ordine, la questione di prim'ordine sono i problemi strutturali. 

È chiaro quindi che questa versione della teoria delle Aree Valutarie, che richiede che due economie siano relativamente poco soggette a shock asimmetrici prima di classificare come ottimale un'area valutaria che le unisca, è abbastanza irrilevante rispetto alla crisi. Nessuno shock asimmetrico tra Italia e Germania sta alla base della crisi. Nessun crollo per la domanda di auto il cui nome inizia per F e finisce per T. È che Audi e Mercedes fanno auto di miglior qualità a prezzi (per unità di qualità) più bassi. 

Più recentemente gli economisti che studiano l'economia internazionale si sono occupati di aree valutarie ottimali in un contesto più dinamico (ma non è questa teoria delle Aree Valutarie Ottimali cui Bagnai fa riferimento, naturalmente), dove la questione fondamentale diventa la reputazione della politica monetaria e la convergenza tra politiche fiscali. L'idea qui è che una Banca Centrale Comune credibilmente indipendente dal ciclo fiscale potrebbe garantire ridotti tassi di inflazione attesi e reali anche a quei paesi che precedentemente alla creazione dell'Area Valutaria avessero scarsa reputazione; questo però richiede vincoli credibili di convergenza fiscale perché, tolta la valvola di sfogo della svalutazione, un paese la cui posizione finanziaria divergesse in modo stabile finirebbe per perdere credito internazionale e ingenerare aspettative di default.

Come abbiamo visto questa analisi si è dimostrata corretta. La politica monetaria comune ha funzionato - riducendo i differenziali inflazionistici e soprattutto azzerando gli spread nell'Eurozona. La convergenza della politica fiscale, alla creazione dell'Eurozona era stata demandata agli accordi di Maastricht che richiedevano la soddisfazioni di alcuni parametri fiscali. Questo meccanismo è fallito. La questione prevedibilità è quindi riconducibile a questo punto: era prevedibile che Maastricht fallisse, che i meccanismi di convergenza messi in piedi dall'Eurozona sarebbero stati aggirati e rimasti inattuati da Grecia e Italia ma anche da Francia e Germania? Era prevedibile che l'Italia avrebbe gettato i risparmi derivanti dall'azzeramento degli spread sul finanziamento pubblico nel calderone della spesa pubblica improduttiva, divergendo quindi dai parametri e impedendo alla propria economia quel riaggiustamento, quelle riforme, che invece hanno permesso alla Germania gli incrementi di produttività che abbiamo osservato? Era prevedibile che la Grecia truccasse addirittura i conti pubblici per far credere che essi soddisfacessero i parametri di Maastricht?  

La risposta a queste questioni è soggettiva, a mio parere. E vi è senz'altro chi lo aveva previsto. Ma il punto è che queste sono le questioni. Affermare che sulla base della teoria delle Aree Valutarie Ottimali a fine anni '90 fosse ovvio che l'Euro fosse destinato a fallire è abbastanza ridicolo. 

Questo Bagnai lo sa bene ed infatti, oltre a minimizzare i guadagni in termini di risparmi di interesse dovuti alla politica monetaria comune, tende a dare per scontato che la convergenza fiscale fosse impossibile perche' essa avrebbe richiesto trasferimenti da Nord a Sud improponibili politicamente:

 

Quelli che vogliono una Bce come la Fed americana forse non sanno che negli Stati Uniti il bilancio federale compensa con trasferimenti una proporzione attorno al 30% degli shock negativi subiti da Stati dell'Unione. Questo e' il risultato degli studi compiuti non dai soliti ex-sindacalisti, ex-sociologi, ex-portieri di serie B che in questi giorni pontificano sull'Euro, ma da studiosi di riconosciuto spicco internazionale come Bayoumi e Masson o Sala-i-Martin e Sachs [...] In questo caso, e solo in questo caso, la politica monetaria centralizzata funziona. Si chiama integrazione fiscale. E voi ce la vedete la Germania ad agire in tal senso, compensando gli shock dei Pigs con i soldi che ha accumulato grazie alla loro domanda? No, ovviamente. Quindi anche la Bce modello Fed non puo' funzionare. Chiavatevelo in testa: non puo'. L'unica Bce buona e' quella morta.

 

Al di la' dell'iperbole esagerata e ripetuta, Bagnai confonde shocks con disavanzi permanenti e dimentica che la politica fiscale USA e' in larga parte federale, ed in particolare che gli stati non si possono indebitare (le citta' si', e quando New York e' fallita a fine anni '70, lo stato federale si e' ben guardato dall'intervenire; e il Daily News, riferendo al presidente Gerald Ford, titolo': "Ford to City: Drop Dead"). Richiedere che la Germania compensi non shocks ma disavanzi permanenti di stati che hanno il potere di indebitarsi liberamente (e che lo farebbero molto di piu' di quanto gia' non lo facciano se la Germania compensasse) e' assolutamente pretestuoso. L'integrazione fiscale doveva avvenire attraverso i criteri di Maastricht.

 

Ma stando così le cose, senza crescita di produttività passata né prevista futura e avendo bruciato i risparmi dell'azzeramento degli spread, non potremmo comunque oggi uscire dall'Euro e svalutare? Bagnai risponderebbe di sì. In vari punti nei suoi articoli argomenta che la svalutazione del 1992 non ha avuto nessun effetto catastrofico, né una spirale inflazionistica né terremoti e maremoti. Il che è vero, ma anche qui, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: senza inflazione, la svalutazione ha un effetto sui salari reali e in generale sul potere d'acquisto degli italiani. Ed è stato senz'altro così. Quando gli italiani lamentano che 15 anni fa stavano meglio, una buona parte è proprio questa, hanno pagato la svalutazione in termini di potere d'acquisto. In compenso, la svalutazione ha ritardato la necessaria riconversione industriale del paese generando domanda dal'estero, questa sì "drogata" per alcuni anni. Insomma, i danni della svalutazione sono un po' sottili, ma a ben guardare sotto gli occhi di tutti. Oggi, poi, integrato com'è il sistema finanziario internazionale la svalutazione avrebbe con ogni probabilità effetti molti più drammatici in termini di fuga dei capitali all'estero e di quelli esteri dall'Italia. Bagnai è uno di quelli che indica il default dell'Argentina (perché default e svalutazione sono operazioni molto simili dal punto di vista dei mercati finanziari internazionali) come esempio che queste cose si fanno a costi bassi, che i mercati dimenticano presto. Ovviamente non ha idea di cosa sta succedendo in Argentina in questo momento. Io fossi in lui toglierei i riferimenti all'Argentina dai suoi articoli che rischia una figuraccia molto presto, quando la situazione economica di quel paese sarà scoperchiata.

Per non parlar del fatto che  l'uscita dell'Italia dall'Euro metterebbe in gravissimo pericolo la sopravvivenza stessa dell'euro e la stabilità del sistema bancario mondiale, col rischio di una crisi finanziaria internazionale potenzialmente devastante. Ma a noi che importa?

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Commenti

Ci sono 315 commenti

non capisco come facciano degli economisti a sostenere la tendenza al panico della gente...è un atteggiamento irresponsabile, e anche se non fosse anche scientificamente poco solido...fortunatamente c'è anche chi fa buona divulgazione: bravo Bisin

 

non capisco come facciano degli economisti a sostenere la tendenza al panico della gente...

 

anche gli economisti hanno un cuore e un'anima e sono sensibili alla vanità. non ipotizzo certo la malafede, però è chiaro che spararla grossa, spaventare, far capire che i nostri guai dipendono dall'estero eccecc produce subito una claque devota, a cui non sempre si riesce a resistere.

il pensieroso che soppesa le varie ipotesi, passa subito per cacadubbi, se non proprio per inetto e incompetente. mica lo abbiamo fatto studiare per grattarsi poi la testa!

il caso "barnard" è poi molto più triste e umanamente doloroso, non andrebbe affrontato. vanno invece affrontati duramente i suoi epigoni, gente che spunta dappertutto brandendo la verità rivelata. a me è capitato di trovarli anche in un forum di astronomia.

Quindi, scusi, bisognerebbe mentire perche' piu' rassicurante? Che cosa vuol dire responsabilita'? E la verita' dei fatti? non ce ne importa?

Dopo il disastro elettorale e lo schock conseguente, il ritorno - e che ritorno! - della discussione sugli argomenti di fondo è benvenuto, prof. Bisin! adesso basta attendere un po' e si farannno vivi i soliti trolls, discepoli di Bagnai o free riders che siano.

 

P.S. - il link all'intervista di Barnard non funziona.

 

Ovviamente non ha idea di cosa sta succedendo in Argentina in questo momento. Io fossi in lui toglierei i riferimenti all'Argentina dai suoi articoli che rischia una figuraccia molto presto, quando la situazione economica di quel paese sarà scoperchiata.

 

Ma che c'entra ciò che sta succedendo in questo momento con la svalutazione di fine 2001?

Forse che allora l'Argentina avrebbe dovuto mantenere la parità col dollaro?

Forse che l'Italia avrebbe dovuto restare nello SME nel 1992, ricapitalizzando whatever it takes le riserve della Banca d'Italia?

Ecco, una discussione seria dovrebbe partire da qui.

L'Argentina è l'esempio di ciò che succederebbe in Italia nel caso si uscisse dall'Euro. Anzi, siccome loro hanno valanghe di materie prime (Petrolio in primis), sono riusciti a crescere nonostante tutto grazie proprio all'apprezzamento delle stesse. Quando il giochino è finito (2008) ecco che la crisi è tornata, la presidentessa è diventeta uno pseudo dittatore e ora si avviano decisi verso un nuovo fallimento.

Ricordo poi che il metodo argentino è sponsorizzato dalla Napoleoni. Ciò basta a definirlo fuffa

questo il significato del pezzo riportato di barnard. 

Io non lo seguo e non conosco le sue posizioni, ma e' senza dubbio vero che banche centrali e banche private possono creare moneta, e gli Stati invece no.

E' una scelta legittima, l'importante e' esserne consapevoli.

Però la cosa più importante è che creare moneta NON è creare ricchezza.

Qualsiasi stupidaggine su miracolosi effetti di una sovranità monetaria è pura spazzatura.

SI diventa più ricchi se si lavora di più o si aumenta la produttività, cioè se complessivamente si produce di più, creare PIù moneta si chiama solo in un modo ( che è quello dell' Argentina e del Venzuela ) INFLAZIONE.

Le banche private creano moneta nel senso che creano mezzi di pagamento. Questi mezzi di pagamento, pero', li creano su domanda. Per esempio, un conto corrente la banca lo crea perche' qualcuno vuole aprirlo. Se nessuno domanda mezzi di pagamento diversi dal circolante le banche private non possono creare moneta.

Se c'e' un senso nel pezzo di Barnard citato da Alberto il senso e' che Barnard non capisce questo semplice fatto.

MMT applicata come dice Barnard lo ha fatto lo Zimbabwe, lo stato che forse ha creato più moneta negli ultimi 10 anni. Risultati: 94% disoccupazione (2009), 75% della popolazione non povera, di più...

Per esplicitare il quadro teorico di riferimento di Bagnai, questi sono i post di riferimento:
sulla produttività (sostanzialmente fa riferimento a Kaldor e Thirwall) ,questo forse è uno dei suoi post meglio argomentati
sulla teoria monetaria (è un circuitista vicino a Keen)
Invece, una domanda:
dato che nel periodo in cui i tassi di interesse dei paesi aderenti all'Unione Monetaria calavano, lo facevano anche quelli dei paesi non aderenti (calava anche lo spread con la Germania, ma la Germania aveva già tassi molto bassi), può essere che più dell'adesione alla moneta unica, abbiano contato le politiche di abbattimento dell'inflazione adottate in quasi tutto il mondo? Gianluca Frattini

Ecco bravo, la solita solfa, non si e' produttivi abbastanza, dobbiamo essere come i tedeschi, se diamo un occhiata nei parcheggi ci sono solo auto tedesche e cosi' via. La favola del risparmio sugli interessi poi e' fantastica: poiche' si sapeva che saremmo entrati nell'euro allora i fantomatici 'mercati' hanno comperato i titoli di stato a man bassa. Ops ma i tassi nello stesso periodo scendono per tutti non solo per noi...

Per il resto non ci sono argomentazioni valide, l'usuale tecnica di mettere insieme personalita' del tutto diverse (attento che senno' ti cito il vostro leader Giannino) per fare una paccottiglia per screditare chi non e' allineato con la solita conclusione: L'euro ci ha salvati, senza di esso staremmo peggio (vallo a dire ai greci, se hai il coraggio), e' soprattutto sostenibile, la disoccupazione e' solo il risultato delle mancate "riforme strutturali" (leggi tagliare gli stipendi), la crisi dei paesi europei e' dovuta al debito pubblico (!) e va bene cosi' madama la marchesa...

il riferimento all'Argentina poi e' geniale i quanto a dislocazone del significato: se svaluti diventi come l'Argentina. Il problema che fai finta di non capire e' che l'Italia ADESSO e' come l'Argentina (cambio fisso...) e tra un po' fallira' come l'Argentina perche' quelli come te dicono che non c'e' altra soluzione se non diventare tutti tedeschi. (Io ho gia' comprato la tintura per capelli, intanto mi faccio biondo, non si sa mai...)

Salvero' questo commento per quelli che dicono che su NfA i professori hanno un tono arrogante... Direi mai come certi "troll anonimi" di professione :) La favola del risparmio degli interessi e' banale per chiunque lavori sui mercati finanziari, controlla quanto sta salendo il CDS spread italiano oggi all'indomani di un downgrade. E' completamente flat, questo perche' il downgrade era gia' perfettamente incorporato nelle aspettative del mercato. Quello che dovresti guardare (c'e' pure la figura colorata) e' per l'appunto lo spread tra DE e IT, che guarda caso passa da +400bps a +30bps sul decennale. I tassi nel frattempo calavano altrove per ragioni macro (bassa inflazione, alta liquidita' sui mercati).

Ma l'avevate valutata questa massa di mosche? No perché, non siete mica come Bagnai, le critiche siete soliti accettarle...:-) Io intanto preparo i pop corn..

Il punto dell'argomentazione di Bagnai è quello per cui la Germania avrebbe operato una svalutazione reale. Si può discutere della bontà o meno per cui le riforme del lavoro tedesche abbiano avuto effetti reali positivi (si veda l'ultimo lavoro di David Card e Pat Kline a livello microeconometrico) - come sul fatto se sia o meno possibile e opportuno che tutti i Paesi dell'Eurozona, le cui economie sono integrate, facciano lo stesso visto che perlomeno in Germania queste politiche hanno comportato una contrazione del valore assoluto dei consumi nel PIL - ma Bagnai sa benissimo che la Germania è più produttiva.

 

Il punto di Bagnai mi par di capire non è tanto il differenziale d'inflazione di per sé, quanto il differenziale di costo per unità di prodotto effettiva (che chiaramente ha una relazione con il differenziale d'inflazione). Quindi i salari tedeschi potrebbero essere certo più alti di quelli italiani, ma dovrebbero esserlo ancora di più per colmare la differenza nel tasso di cambio reale. E allora si generano tutti i bei differenziali nelle bilance dei pagamenti eccetera eccetera. Questo è il punto dell'analisi di Bagnai, al di là di tutte le interpretazioni di politica economica che ci possono trovare più o meno d'accordo (ma ricordiamoci che l'Europa non è gli USA, e i gruppi di potere rispondono a logiche di lotta politica diversa).

 

Bagnai poi spiega la maggiore produttività tedesca e minore italiana utilizzando schemi interpretativi post-keynesiani (legge di "Kaldor-Vernoorn") che non mi convincono appieno. Tuttavia c'è un problema d'identificazione enorme poiché tali differenziali nei tassi di crescita della produttività (che paiono assenti nei dati in presenza di cambi flessibili) possono essere razionalizzati benissimo con un modello di equilibrio generale con non pieno utilizzo della capacità produttiva e in cui le imprese vedono la propria domanda tagliata ma non licenziano (è pure quindi un problema statistico di misura della produttività) piuttosto che in calo della TFP che è inverosimile data l'estensione della stagnazione-crollo della produttività del lavoro. Questo peraltro è anche in accordo con l'evidenza "aneddotica" sul comportamento delle imprese in Italia (ancora una volta si potrebbe discutere sull'opportunità in questa situazione di incentivare i licenziamenti, viste le conseguenze sulla domanda interna e sulla perdita di competenze specifiche in molte imprese assai specializzate). Sinceramente questa spiegazione della crisi di produttività italiana mi pare più verosimile sia del crollo della TFP stile "epsilon negativo" che di quella "Berlusconi è cattivo".

 

Insomma, ci sono molti rilevanti punti sottostanti all'analisi della crisi italiana per come legata all'Euro che né Bagnai né questo commento di Bisin a mio modo di vedere affrontano appieno. Non sono convinto. Tuttavia, il grosso dell'analisi "positiva" di Bagnai, nella misura in cui è pienamente "mainstream" mi pare convincente. Su quali siano le migliori soluzioni alla crisi pure si dovrebbe discutere meglio: ad esempio, cambi flessibili e una politica monetaria più ortodossa dopo il riaggiustamento?

 

Quindi i salari tedeschi potrebbero essere certo più alti di quelli italiani, ma dovrebbero esserlo ancora di più per colmare la differenza nel tasso di cambio reale.

 

E dal momento che non è in nostro potere alzare le retribuzioni dei tedeschi (che sono tanto masochisti da lavorare a prezzi inferiori di quelli di mercato, evidentemente), abbassiamo quelle degli italiani.  Credo che Fassina sia d'accordo (io invece sono d'accordo con Sandro Brusco).

Sia mai che a qualcuno venga in mente che bisogni migliorare la struttura produttiva italiana, e che agisca in tal senso...

Caro Bisin, il fatto che l'ULC tedesco sia stagnante, mentre quello degli altri paesi sia crescente, non dimostra affatto che la Germania produca "meglio", semplicemente che produce a più basso costo. E da cosa dipende questo basso costo? Dal fatto che i salari sono fermi da 10 anni. La produttività tedesca non è la più alta d'Europa. Non solo, rispetto ai paesi PIIGS e alla Francia non è cresciuta, ma è rimasta stazionaria, come si può vedere qui 

La Germania non ha "meriti" perticolari,  ma il demerito di aver tenuto un comportamento non coordinato che ha prodotto gli squilibri che conosciamo.

Purtroppo le tabelline possono dare un impressione, ma poi in pratica chiudere gli stabilimenti in Italia e aprirne in Germania con stipendi nominali e reali più alti è conveniente per molti altri motivi.

Io parlo per esperienza personale, i "meriti" della pubblica amminsitrazione, della burocrazia, dei sistemi di certificazione, del sistema giudiziario e fiscale e anche scolastio tedescho sono tali da permettere ad un impianto chimico i cui gli stipendi sono il 50% più alti del suo gemello italiano di essere notevolmente più competitivo.

Non so se questo vale per tutto il sitema Germania, ma dire che la Germani non ha "meriti" pearticolari se paragonata all' Italia mi sembra perlomeno una osservazione miope.

Guido, hai scritto una cosa gravemente incorretta:

 

i salari [in Germania] sono fermi da 10 anni.

 

La figura qui sotto dimostra che questo e' falso.  Il costo unitario del lavoro in Germania ha trend essenzialmente piatto da meta' anni '90 (producono a un costo che non cresce rispetto al valore del prodotto, come si spiega nel post) ma la compensazione del lavoro per unita' di lavoro e' cresciuta di quasi il 40% nello stesso periodo. Questo e' possibile, naturalmente, solo se la produttivita' cresce in uguale misura, che e' il terzo pezzo di informazione che si vede nella figura.

[aggiornamento: la figura e' fuorviante (ero io a essere gravemente incorretto, non Guido) perche' mentre costo del lavoro e produttivita' sono in termini reali, la compensazione e' in termini nomiali. Mia disattenzione.  Messo questo commento per scusarmi con Guido]

germania

Senza fare i soliti esempi su Mercedes e Audi sulla qualità conterà qualcosa il giudizio dei consumatori? Se  riesco a vendere beni di lusso o ad alta tecnologia che costano tanto in tutto il mondo sarà mica perché mi riesce di farli bene?

Che la Francia abbia produttività più alta, con denominatore il numero di ore lavorate, è quantomeno sperabile: per legge hanno imposto le 35 ore, comprimento l'orario lavorato a pari stipendio.

Dal punto di vista economico, ovvero dell'imprenditore che deve scegliere il luogo più efficiente in cui investire, quello che importa è però il costo del lavoro; questo nel periodo è stato condizionato principalmente dal diverso trend tra produttività e stipendi: dal grafico si evince quindi un netto miglioramento - in ottica di efficienza economica - della Germania rispetto alla Francia.

Allora uno potrebbe obiettare: "ecco vedete? i tedeschi fanno concorrenza sleale sottopagando i lavoratori". Ma la risposta è: palle! la retribuzione lorda tedesca è sensibilmente più alta di quella francese, per non parlare di quella italiana, e come mostrato dall'altra risposta è in crescita da anni: semplicemente, è cresciuta meno della produttività, pur restando notevole. (cfr. tinyurl.com/bapr46k)

Allora il solito scettico ri-obietterà "ecco, vedete? fanno lavorare tanto pochi fortunati, pagati tanto, lasciando gli altri in miseria". Ebbene, di nuovo: palle! La disoccupazione tedesca è almeno due punti inferiore di quella Francese.

Ergo, da tutti questi dati non si evince certo che i crudeli industriali tedeschi sfruttino i lavoratori, quanto banalmente che...

... che l'imposizione per legge del "lavorare meno per lavorare tutti" ha danneggiato la Francia: nonostante abbia aumentato la produttività (per ora lavorata), gli stipendi sono aumentati più della stessa - probabilmente per l'inefficacia delle politiche di compensazioni per le aziende, o per l'impossibilità di comprimere il reddito disponibile - producendo un costo del lavoro più alto di quello tedesco e una disoccupazione maggiore. Ovvero, è stato un "lavorare meno per lavorare in meno".

Peraltro, il più moderato trend nella crescita stipendi rispetto a quella della produttività in Germania è stato oggetto di pianificazione e concertazione, con delle scelte sindacali a suo tempo difficili ma dimostratesi lungimiranti e paganti: non è certo stata una imposizione a colpi di licenziamenti e outsourcing. Lavoratori e imprenditori si sono guardati in faccia e han detto "diamoci tutti da fare". E l'hanno mantenuto. Il risultato è che sì, la Germania ha dimostrato di essere stata la migliore nell'ottimizzare il compromesso tra stipendi e produttività, ottenendo così contemporaneamente stipendi più alti, più lavoratori impiegati e miglior efficienza del sistema paese. L'accusa che si fa ai tedeschi sul fronte del lavoro è come quella che fa FIAT a Wolkswagen sul fronte delle automobili, riassumibile in: "Smettete di fare le auto così bene, bastardi!".

Verso la Germania si può giustamente recriminare per l'intransigente politica rigorista che ha imposto alla UE dall'inizio della crisi, dimostratasi overdose di farmaco; ma lamentarsi che sì, sono degli approfittatori perché sebbene paghino i lavoratori molto più di noi, dovrebbero pagarli ancora di più nononstante sarebbe a discapito degli stessi, mi sembra quantomeno ridicolo.

Raggiungere l'ottimo locale nel rapporto produttività/retribuzioni è un delitto? Suvvia, siamo seri...

Come si fa a dire che il successo dell'export tedesco è dovuto ai costi di produzione e rimanere seri? Vedi qui, table 2 e table 3.

Il sistema monetario

europeo è un aspetto di una precisa strategia

di risposta alla crisi, di cui la Germania

è la copifila. Questa strategia si

basa sul decentramento - lo sappiamo -

nei paesi sottosviluppati di molti settori

industriali, per usare forza-lavoro a buon

mercato e di lì reimportare merci. La

Germania è forte, ma è fragilissima ri

spetto agli Stati Uniti, perché la sua prosperità

dipende tutta da un dato assai

fragile, cioè dal mercato internazionale.

Non C’è l’autosufficienza della grande America.

E' per questo che oggi la Germania

cerca di superare le sue difficoltà puntando

a sostituire l’esportazione di merci

con quella di capitali e per questo ha bisogno

di coprire le spalle al marco.

Sarebbe nostro dovere avallare questa

linea? In nome di che cosa, quando è

chiaro che questo disegno significherà sacrificare

i paesi della periferia e ridurre lo

sviluppo e l’occupazione delle regioni più

deboli all’interno dell’area metropolitana ?

 

Paolo savona che non è un bolscevico afferma

 

non abbiamo risparmiato un tubo

Ho letto l'articolo perchè, nonostante mi convinca l'esposizione chiara di Bagnai, ci tengo per quanto possibile a sentire "l'altra sponda". Ho visto che era tutto un post dedicato a Bagnai e ho detto: caspita! Vediamo come Bisin mette alla prova le tesi che mi hanno convinto. Tuttavia il fatto che anche solo io nel mio piccolo, non avendo studiato economia, possa riscontrare delle incongruenze in quello che dice Bisin, fa capire a che livello stiamo della discussione...

Ad esempio:

"Ma tale differenziale inflazionistico, in una area valutaria comune come l’Eurozona, non può essere il risultato di diverse politiche monetarie. " -> Quindi il fatto che prima dell'ingresso nell'euro, per dire, i due stati avessero diversi tassi di inflazione si fa finta di niente, no? Non è che fa parte della asimmetrie delle Aree Valutarie non Ottimali? it.wikipedia.org/wiki/Area_valutaria_ottimale

"l'imperialismo della Germania si scontra contro la moneta unica a parità di inflazione. Oppure, no, i salari italiani crescono e così l'inflazione" -> E già, il differenziale di inflazione anche post-euro è sempre rimasto a vantaggio della Germania (http://goofynomics.blogspot.com.es/2012/02/la-germania-e-la-crisi-delleurozona.html). Certo, complessivamente è diminuito, ma è aumentata moltissimo la sicurezza degli "investimenti" per lucrare su questo differenziale (e su quello dei tassi di interesse), dato che c'è la moneta unica. Cioè, ribadendo che non c'è stata convergenza nei tassi, Bisin conferma quello che dicono i "negazionisti".

"In Germania i salari sono cresciuti meno della produttività - ma occhio a compatire i poveri operai tedeschi, che oggi hanno salari reali del 15% superiori a quelli degli italiani." -> Infatti mica compatiamo gli operai (delle imprese che lavorano nell'export, peraltro), ma tutti gli altri! vocidallagermania.blogspot.com.es/2012/12/e-davvero-un-jobwunder.html e anche www.nakedcapitalism.com/2013/03/wolf-richter-a-politically-explosive-secret-italians-are-over-twice-as-wealthy-as-germans.html. Gli operai piacciono a tutti, ma i minijobs no! Con le riforme Hartz tra l'altro la Germania ha anche violato il patto di stabilità. Ma a noi che ce frega, no?

Ma poi questi "incrementi di produttività tedesca" tanto decantati, a fronte del fatto che "i salari sono cresciuti meno della produttività" dove mai andranno a sfociare? Questi prodotti tedeschi chi li comprerà, visto che il mercato interno è depresso? Ma anche di questo non ce frega niente.

"Nessuno shock asimmetrico tra Italia e Germania sta alla base della crisi." Cioè la crisi americana del 2007 con la conseguente chiusura del rubinetto del prestito verso quei paesi che più erano indebitati verso l'estero (cioè guardacaso i PIIGS) per Bisin NON E' UNO SHOCK ASIMMETRICO di dimensioni stratosferiche? Per Bisin, semplicemente la crisi nostrana è iniziata nel 2008 perchè i tedeschi, grazie alla loro produttività, hanno improvvisamente dominato tutti gli altri mercati europei della periferia. Ammazza che diagnosi.

E mi fermo qui perchè se già tre o quattro cose sono discutibili, il resto non mi appassiona.

Ci tengo però a precisare che, non essendo un economista, se uno mi fa discorsi difficili e ben argomentati mi può pure fregare facilmente. E magari mi sono lasciato "abbindolare" dai "negazionisti". Ma il problema è che i loro discorsi sono logici (e parlo di Bagnai, non di Barnard, tanto per capirci). I vostri (Bisin & Co.) NO.

Non voglio certo fare l'apologia di Bagnai, personaggio che trovo antipatico e del quale non condivido toni, metodi e soprattutto soluzioni (l'uscita dall'Euro), però qua mi pare non si colga il punto centrale. La tesi di Bagnai (che poi non è nemmeno la sua ma di de Grauwe,  Nartin Wolf, Roubini, per citarne tre recenti ) è che in un'unione monetaria, nella quale non sono presenti trasferimenti compensativi e il movimento dei lavoratori per cause linguistiche è viscoso, le forti divergenze di CLUP determinano squilibri crescenti nelle bilance dei pagamenti. Se poi, come la Germania, si adotta una politica che incrementa i divari, in modo quindi non cooperativo, questi squilibri prima o poi esploderanno. A tutto ciò va aggiunto che, a causa della riduzione illusoria dei "rischi paesi" dovuto all'adesione alla moneta unica (e alle politiche monetarie BCE) si sono avuti ingenti flussi di investimenti esteri verso i paesi della periferia, i quali hanno aumentato i differenziali inflattivi. Una volta palesatasi l'illusione, questi flussi si sono invertiti, come in una classica crisi da paese del terzo mondo.

Qui un'ottima sintesi.


Tutte questi meccanismi, non sono comparsi a sorpresa, ma erano stati paventati negli anni '90 da Economisti come Feldstein e lo stesso Alesina (leggere il punto 3) per non citare Friedman, e oggi lo ammette lo stesso Luigi Zingales.


Ora, ammettere che l'Euro sia stato costruito con i piedi, che la cosa era prevedibile, che i potenziali guadagni dal risparmio degli interessi (600-400-100-2 miliardi che siano) sono stati mangiati tutti dalla crisi causata (o amplificata) dalla sua mala costruzione, e che se non si riforma non c'è speranza, non mi pare fare un torto a nessuno, o finire per essere etichettati come "goofyeconomisti".


Anche sull'Uscita dall'Euro: io sono contrario, per svariate ragioni (disintegrerebbe la moneta unica e il sistema bancario e farebbe finire in una profonda recessione tutta la nostra potenziale domanda estera, senza contare che uscire da un sistema di cambi fissi non equivale ad uscire da un'unione monetaria), ma credo che occorrerebbe un'analisi seria, con i pro e i contro. Dire solo che "svalutare è un male", non mi pare abbastanza, visto che l'Italia nel '92 ha svalutato senza provocare nessuna tragedia, lo ha fatto anche la Svezia nel '90, l'Inghilterra nel 2009, il Giappone adesso. Insomma, sono altri i problemi che causerebbe la nostra uscita, ma occorrerebbe affrontarli in modo più analitico.

Gianluca Frattini

Gianluca ha fatto un'ottima sintesi anche del mio punto di vista. Bagnai mette in luce, nella sua analisi, aspetti come gli squilibri commerciali siano un fattore importante nello spiegare la crisi europea (ma anche quella americana, ovviamente) e come, in assenza di svalutazioni, ribilanciare tali squilibri sia più lungo e doloroso. Credo anche che abbia ragione quando dice che l'entrata nell'euro sia stata una scelta fatta senza valutare bene le possibili conseguenze. E' possibile sostenere un'unione monetaria senza un'unione fiscale? Onestamente non conosco la risposta a questa domanda. E se non fosse possibile? Poi la parte sui complotti tedeschi e la ricetta sull'uscita dall'euro sono secondo me sbagliate. Ma credo sia semplicistico o assimilare l'analisi di Bagnai (che è in larga parte "ortodossa" sull'analisi e diventa "eterodossa" sulle politiche") a quella di pura fantasia di Barnard. Ovviamente il punto fondamentale di divergenza con Bagnai per me è quello sui costi e benefici del'uscita dall'euro. Io sono convinto che i costi sarebbero sostanziali (fuga dei capitali che svantaggerebbe chi non è in grado di esportarli, crisi e possibile fallimento con conseguente nazionalizzazione delle banche- cosa peraltro auspicata da molti) e i benefici temporanei (cosa accadrebbe dopo l'uscita e la svalutazione? Un'altra svalutazione?). Ma ripeto:  non credo sia giusto fare l'equazione Bagnai = Barnard. 

Assoultamente d'accordo. Probabilmente ritenere che l'SGP fosse uno strumento sufficiente e adeguato per garantire una convergenza macro per un'area come l'eurozona era ampiamente pretestuoso.

Io faccio parte di quella parte di non economisti che vorrebbero capire, al netto di etichette e semplificazioni, effettivamente quali sono i pro e i contro di un uscita dall'euro.

Project Syndicate, NFA, Seminerio sono state, negli ultimi mesi, le mie poche fonti per formare l'idea che in questo momento storico, considerati i problemi strutturali legati alla nascita della moneta unica, uscire stabilirebbe per l'Italia più conseguenze negative che positive. 
Da un punto di vista geopolitico poi la mia modesta opinione è che il progetto Europa debba far tesoro delle latenti problematiche emerse da questa crisi per rilanciare budget europeo, che rappresenti non l'1% ma almeno il 5% del PIL UE, e spingere il più possibile sull'acceleratore dell'integrazione economica e politica 1

Bagnai sono d'accordo abbia metodi e toni che tutto ispirano tranne che simpatia, leggendo il suo libro e seguendo il blog si percepisce l'idea che ciò che espone siano realtà e fatti incontrovertibili, chi invece paventa ripercussioni non felici per un uscita dalla moneta unica diventa automaticamente un terrorista privo di argomenti rispettabili.
Se de Grauwe 2 lascia interviste non coerenti con €xit automaticamente diventa pure lui uno stipendiato PUDE destituito di credibilità.

Ora proprio questa contrapposizione senza scala di grigi non aiuta chi, come il sottoscritto, cerca di capire e  farsi un'idea libera da condizionamenti ideologici.
Quindi concordo anche io con il sig. Frattini e spero in ulteriori approfondimenti e un dibattito il più chiaro possibile.
 

1 www.voxeu.org/article/reducing-frequency-electoral-cycles-eu-proposal-synchronising-national-and-european-elections
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1TERKQ

 

Mi sa che dovro' scrivere un post di risposta. Ci sono ottime domande e un mucchio di confusione. Immagino questo sia normale, in un tema cosi' vasto e complesso, ma da parte mia e' un casino distinguere. Ci provo piu' tardi. Scusate  ma insegno e sono in in time-zone diversa. 

Alberto, mi raccomando...il pelo nell'uovo! :) C'è troppa, troppa confusione che rende difficile farsi un'idea onesta della realtà, veramente, per chi vuole informarsi ma non ne ha il tempo è una faticaccia, e ad esser precisi si esorcizzano posizioni che quotidianamente mietono vittime e fanno perdere il contatto con la realtà, e con essa anche la buona politica. Per chi non possiede strumenti di comprensione sufficientemente consolidati, qualsiasi critica al vostro pensiero deve essere presa sul serio, perché soltanto così si ricerca la verità in maniera onesta (prendeno in considerazione tutti quanti), ed è per questo motivo che la vostra attenzione deve risolvere queste questioni, perché è QUESTA  la migliore propaganda: è pieno di gente ben intenzionata che si perde altrove solo perché certe posizioni sono lasciate libere di esprimersi, quando non lo meriterebbero. Dovete cercare di rispondere ad ogni questione di vostra competenza, è l'unico modo per saltarne fuori.
Lo dico perché l'errore di FID è stato questo, secondo me. FARE avrebbe dovuto/dovrebbe fare propaganda non tramite slogan, ma bensì smontando categoricamente e maniacalmente ogni critica e posizione...così maniacalmente da stroncare ogni possibilità di replica (buona la prima!).

Grazie mille :)

Grazie prof. Bisin per sporcarsi le mani a confutare un cialtrone come Bagnai: è sgradevole e non gratificante ma necessario. Per il bene del Paese.

Vorrei ricordare che neppure i Greci, che stanno pagando un prezzo altissimo per le scelleratezze dei loro politici desiderano uscire dall'euro.

Vorrei anche ricordare che l'uscita dallo SME nel 1992, oltre che involontaria, non è comparabile ad una possibile uscira dall'Euro di oggi: allora il grosso del debito pubblico era denominato in lire, oggi è interamente denominato in Euro. Se l'Italia esce e svaluta il valore del debito pubblico si incrementa automaticamente nella stessa misura e con i tassi di interesse accresciuti l'Italia non sarà mai in grado di pagarlo. Uscire dall'Euro equivale a fare default: si può ragionare anche di questo, ma è bene fare chiarezza. Come si fa ad incrementare la produttività? Una risposta efficace vale un Nobel!

Mi permetto un piccolo diversissement con analogia calcistica

L'Italia nel 2002 era come un buon calciatore dilettante, un difensore, con un certo talento ma sovrappeso e poco allenato. Non gli bastava essere la star locale, voleva entrare fra i professionisti, per prestigio e per guadagnare di più. Alla fine, dopo molte richieste e promesse,  una grande squadra (chiamamola Inter  per far piacere ad Alberto :-) ha accettato di fare una prova. L'Italia si è allenata per un paio di mesi, ha fatto una discreta figura e l'hanno messa in squadra. Ha subito avuto un aumento di stipendio a livello professionistico, ma nel ritiro pre-campionato, invece di allenarsi duramente come i suoi compagni, ha corricchiato e non ha perso peso. Le prime partite di campionato erano facili, con squadre di bassa classifica, e nel complesso l'Italia non ha sfigurato - anzi ha migliorato la sua forma giocando. Tutto sembrava andare bene. Poi l'Inter ha incontrato un'altra pretendente allo scudetto (chiamamola Juve, così Alberto è ancora più contento) e a causa dell'orrenda prestazione del suo centrale difensivo ha preso 4-0. L'Italia si è pentita, ha fatto due allenamenti duri (come quelli dei suoi compagni) ed ha deciso che non fanno per lei. Però pretende di continuare a giocare dicendo agli esterni bassi (terzini per gli amici) "fate meglio la diagonale" (in italiano "correte voi al posto mio quando serve"). D'altra parte l'Inter non ha un difensore di riserva ed il campionato è lungo. Domanda: è colpa dell'Italia che non ha rispettato le promesse o dell'Inter che si è fidata? Altra domanda: cosa deve fare l'Inter? Buttare fuori l'Italia e giocare in dieci per tutto il campionato? O tenerla in squadra col rischio di altre prestazioni disastrose?

se qualcuno avesse ben informato il giocatore sulle implicazioni della sua decisione magari avrebbe deciso di restare fuori dal professionismo, vuoi per allenarsi ed entrarci in un secondo tempo vuoi per godersi la sua vita di  giocatore dilettante che comunque aveva un lavoro dignitoso. Peccato che qualcuno l'abbia buttato in campo pensando "ora che è dentro sarà obbligato a migliorare" (era così "soggettivo" capire come sarebbe andata a finire? :-) ).

 

 

 

A proposito della Germania, dove vivo, ho l'impressione che ci sia un gap enorme fra salari alti e bassi. Mi ricordo un grafico di Time in cui si mostrava che in Italia i salari erano cresciuti poco, in Francia un po' di piu' ma equilibrati fra lavori manuali e lavori che richiedono una piu' alta professionalita'. In Germania il lavori manuali erano fermi, quelli piu' intellettuali erano cresciuti parecchio. Questo con riferimento al 2000-2010.

Purtroppo non riesco a trovare quel bel grafico, ma vi rimando a questo.

Magari mi sbaglio, ma vedo molta gente nei discount e tanti negozi che cercano part-time a 400 euro. Che puo' andare bene per uno studente, ma non per un adulto con famiglia.  Infatti conosco studenti che fanno lavoretti nei negozi o nei supermarket per arrotondare e pagarsi l'auto o le uscite. Il che e' buono ed educativo, se vogliamo.

Ma tranne l'"ingegnere Siemens" molti restano intrappolati in lavori che non permettono di sopravvivere. La mia insegnante di tedesco lamenta che gudagna ora quanto 20 anni fa. E tanti Gaestarbeiter di una volta se ne sono tornati in patria perche' non gli conveniva restare.

Il problema delle disuguaglianze, ossia che c'e' qualcuno che s'intasca somme enormi e altri che arrancano, non andrebbe cosi' sottovalutato, come fate voi. Tutto sommato senza l'operaio l'auto non la si costruisce.

Mi spiace per la tua insegnante di tedesco, però la Germania ha un'indice di Gini inferiore all'Italia, alla Francia, alla media europea e alla media dell'area Euro.

Al di là di tutto, anche non volendo riconoscere significatività a questo dato, resta il fatto che non è giustificabile che la Germania abbia giocato sulla diseguaglianza dei redditi per essere più produttiva.  Anzi, fra gli stati più popolosi mi sembra quello che redistribuisce meglio (e se fosse in grado di redistribuire meglio proprio perché è in grado di produrre meglio?).

Alberto, puoi chiarire cosa intendi quando dici che gli stati americani non si possono indebitare?

Penso intendesse che gli stati americani non possono avere deficit di bilancio. Ma indebitarsi possono eccome.

"Non ho dubbio che Bagnai abbia espresso le sue posizioni in modo più esteso nel tempo e nello spazio di quanto io non possa conoscere." Ecco, appunto. Lei dovrebbe avere la certezza che Bagnai ha scritto un libro, "Il tramonto dell'euro", per esprimere compiutamente il suo punto di vista. E' impossibile aprire il suo blog e non accorgersene. Però "il tempo è per tutti risorsa scarsa" quindi capisco che abbia risparmiato il suo limitandosi a leggere (male) un paio di post. Giusto il tempo per travisarne il contenuto e fornire agli affezionati (ma probabilmente non molto attenti) lettori di questo blog la stroncatura che desideravano. Risparmio anch'io il mio tempo limitandomi a dire che raramente ho letto qualcosa di più superficiale (e grottesco).

ARTICOLI

L'euro è una patacca di Guarino

La posizione Tedesca di H.W.Sinn

 

LA GERMANIA è PIENA DI SOTTOOCCUPATI ( LA 2012 IL NUMERO è RADDOPPIATO)

 

CHI PRODUCE?

LA GERMANIA SEGA IL RAMO SU CUI E' SEDUTA ue VALE OLTRE IL 40% DEL SUO EXPORT.

TASSO DI INFLAZIONE



mi piacerebbe capire anche le seguenti cose:

al di là dei (supposti) vantaggi per l'Italia quali sarebbero (o sarebbero stati) i grandi vantaggi dell'Euro per l'Europa nel congiunto?

inoltre capisco i benefici che possono derivare dall'integrazione dei mercati europei ma questa cosa dell'Euro con i suoi vari parametri di stabilità, regole, regolette per finire con il Fiscal Compact ha tanto l'aspetto di tanti magnifici piani quinquennali. Cosa c'è poi di così male in generale nell'integrare i mercati e lasciare che le monete possano fluttuare liberamente? 

il suo post vorrebbe smontare le tesi di chi nega che l'euro ci abbia fatto guadagnare paccate di miliardi e che dall'euro è conveniente uscire.

 

purtroppo che i tassi siano scesi in tutto il mondo dal 1996, per via dell'abbassamento del tasso del dollaro ( al cui tasso i nostri tassi son storicamente legati) , è un fatto che da solo basta a confutare il fantomatico dividendo di 500 mil di euro di gianniniana memoria.

 

sugli effetti dell'uscita dall'euro colgo delle leggere imprecisioni di stampo propagandistico:

1) che la svalutazione crei inflazione di pari importo, sa bene che non è così,

2) che svalutare è equivalente a fare default. quest'affermazione è piuttosto strana. mi spiego, da tutti gli studi sul cambio che la lira avrebbe nei confronti delle altre valute parrebbe che questa si svaluterebbe rispetto ad un neo marco dell'ordine del 20%-30% e nei confronti del dollaro (che è il riferimento monetario internazionale di circa il 10%. questo che default sarebbe di grazia? scusi ma ogni giorno le monete si svalutano e rivalutano e questo sarebbe default per lei? per esempio la gb fa default se la sterlina si deprezza?

 

 

saluti

 

m.

 

purtroppo che i tassi siano scesi in tutto il mondo dal 1996, per via dell'abbassamento del tasso del dollaro ( al cui tasso i nostri tassi son storicamente legati) , è un fatto che da solo basta a confutare il fantomatico dividendo di 500 mil di euro di gianniniana memoria.

 

I tassi di interesse sono scesi dopo il 1995 in tutti i paesi liberi, vero, ma nei paesi come l'Italia e la Spagna, ad esempio, i tassi sono scesi di più, fino a raggiungere quelli tedeschi, proprio perchè c'era l'euro che avrebbe ridotto, come effettivamente avvenuto, di molto il rischio di cambio e migliorato la sostenibilità del debito. Questo è quello che si diceva allora, e questo è quello che poi è successo. Quello che non è successo è stata la capacità di non sfruttare il momento per acquisire quella disciplina fiscale che altri paesi hanno invece dimostrato e mantenuto.

 

 

da tutti gli studi sul cambio che la lira avrebbe nei confronti delle altre valute parrebbe che questa si svaluterebbe rispetto ad un neo marco dell'ordine del 20%-30% e nei confronti del dollaro (che è il riferimento monetario internazionale di circa il 10%. questo che default sarebbe di grazia?

 

 

gli studi?  Comunque, una svalutazione del 30% dalla sera alla mattina non è equivalente a un default, in quanto il paese dopo una svalutazione del 30% deve continuare a pagare i debiti in euro. Ciò però pone un rischio concreto di default.

In ogni caso anche una semplice svalutazione del 30% sarebbe equivalente a una perdita molto superiore al 30% in termini di quotazione del titolo. E se si guarda l'Argentina, per fare un esempio non appropriato, la riduzione del valore nominale nel default del 2002 fu del 29-30% circa.

al di la delle idee diverse che voi economiste avete sull'euro (vantaggi/svantaggi dividendi inflazione ecc), questa moneta non sopravviverà a lungo. questo è un fatto che potete esorcizzare ma non potete escludere. cipro farà saltare l'euro, e se no sarà cipra ci penseranno le banche spagnole.

cominciamo a guardare in faccia alla realtà per quella che è. il tempo dei sogni è finito.

Ok, magari ci metto un po' di piu' a rispondere, che ci sono un casino di commenti. alcuni folli, ma molti intelligenti e utilissimi. ad esempio c'e' un punto riportato da Piga che mi par corretto, e uno di Iodice che anche e' corretto. entrambi sono errori miei. magari invalidano parte del  mio argomento o magari no - ci devo pensare per bene. comunque vada avro'  imparato qualcosa. appena posso ci penso e scrivo un post. grazieanche  a giulio che mi sta aiutando. 

Mi sembra che manchino alcuni snodi importanti nell'analisi di Visin.

Intanto cominciamo col far notare che la guerra dei cambi è stata iniziata dagli USA e si rivolge a quei paesi che pur avendo un avanzo commerciale notevole, mostrano resistenza ad una rivalutazione della propria valuta. L'arma usata dagli USA si chiama quantitative easing ed ha portato il dollaro a forti svalutazioni nei confronti delle principali valute mondiali. Unica eccezione pare essere l'€. Quindi l'Europa pare non voler combattere questa guerra. Come mai? Possiamo davvero permetterci un Euro così forte? Noi Europei, no, ma la Germania forse si. Proviamo allora a vedere le zone dove la Germania ha un forte surplus commerciale. Primo fatto: il mitico avanzo commerciale tedesco proviene per 2/3 da paesi europei. L'avanzo con il resto del mondo è fermo ai livelli di 20 anni fa: non pare così competitiva fuori dall'Europa questa Germania. Se si paragonano il tasso di crescita delle esportazioni tedesche verso il resto del mondo dal 1993 a oggi al tasso di crescita delle esportazioni mondiali ricavati dai dati del WTO abbiamo che il tasso di crescita tedesco è la metà di quello mondiale. Ora sappiamo con certezza che i tedeschi non sono competitivi e questo processo inizia a farsi evidente dal 2002. Ma il bello è che se analizziamo la regressione tra tasso di cambio Marco/Dollaro (dal '93 al 2000) e avanzo netto commerciale verso i paesi europei, notiamo chiaramente come, dall'avvento dell' Euro,l'avanzo commerciale cresca, invece di diminuire, al rivalutarsi della valuta. Altro che competitività, produttività e fanfaluche varie. La Germania sta vincendo grazie alla più grande manipolazione valutaria di tutti i tempi: l'Euro. E la prova è che la padania (tanto per capirci), ha peggiorato i saldi commerciali sia con l'Europa che con il resto del mondo. Tutto questo è avvenuto nel meraviglioso mondo dell'Euro. Sarà un caso? Mah?! E la beffa sapete qual'è? Che se  confronti  quote e valori di mercato, nonchè tassi di crescita delle esportazioni di Italia e Germania, scopri che prima dell'avvento dell'Euro noi eravamo più competitivi dei tedeschi. 

Quindi la Germania non è competitiva in assoluto, ma competitiva all'interno dell'Europa. L'eliminazione delle valute ha trasferito gli avanzi commerciali dei paesi aderenti alla Germania.Le due velocità delle esportazioni tedesche son ben visibili se paragoniamo la loro dinamica a quella dei consumi europei e statunitensi. La Germania cattura il 14% dei consumi europei e solo il 2,8% di quelli mondiali. Le due velocità italiane raccontano invece, purtroppo, un'altra storia: l'italia cattura il 2,8% dei consumi europei e l1,3% di quelli mondiali. Qundi 2000 anni dopo Giulio Cesare, sono stati i tedeschi ad oltrepassare il Reno e sono riusciti dove l'Impero romano aveva fallito. Hanno conquistato l'Europa ed ora dettano le regole in materia di bilancio e tassi di interesse. Ci hanno conquistato più per la nostra mollezza che per la loro effettiva forza.  Dati e tabelle sono facilmente reperibili sui siti di FMI e WTO. Già che ci siete date un'occhiata all'avanzo commerciale netto tedesco (ovviamente negativo) verso la Cina. Che forti questi tedeschi!!

Suvvia, siamo seri. davvero non riuscite a vedere l'enorme effetto distorsivo che l'euro ha generato sui flussi commerciali? L'Euro è un'associazione contraria all'ordinato sviluppo dell'economia e pertanto, che lo vogliate o no, è inesorabilmente destinata a sciogliersi.

Dulcis in fundo. sapete qual'è stato l'unico momento in Italia in cui è stato possibile diminuire la spesa pubblica e risanare momentaneamente il bilancio pubblico? Quando siamo stati fuori dallo SME e non quando ne facevamo parte. Anzi da quando vi siamo rientrati (con l'Euro),  la spesa pubblica è esplosa.

Dite all'autore dell'articolo, che non avrà sicuramente tempo di leggere questo post, che il prof. Bagnai ha scritto un libro sull'argomento di 414 pagine che si intitola "Il tramonto dell'euro".  E' bene che si dia il tempo di leggerlo prima di fare i suoi commenti. Non si recensisce un film guardando il trailer.

Dite all'autore dell'articolo che il prof. Bagnai non ha mai sostenuto che i lavoratori tedeschi sono piu' "fortunati" degli italiani, ma al contrario che la Germania ha compresso il costo del lavoro con le varie riforme Hartz e che ora ci obbliga a farlo anche a noi.

Dite all'autore dell'articolo che il dividendo dell'euro e' anche quello (negativo) che stiamo pagando negli ultimi due anni.

Dite all'autore dell'articolo che la Germania, quando ha voluto, non ha rispettato alcun vincolo UE. Debito pubblico che ha superato il 60%, deficit per alcuni anni sopra il 3%. Le regole le fissano loro e come un sovrano assoluto le rispettano se gli pare, mentre per gli altri sono vincolanti.

Dite all'autore dell'articolo che l'Unione per essere tale deve raggiungere un livello accettabile di omogeneità dal punto normativo e fiscale. Noi dobbiamo fare sacrifici per restare nell'euro e per consentire  (ad esempio) ad Amazon di vendere in Italia dal Lussemburgo pagando IVA ed imposte enormemente piu' basse dei concorrrenti italiani,   avere quote latte che ci obbligano ad acquistare dagli altri paesi europei pena sanzioni, obbligare i nostri pescatori ad usare reti a maglie larghe che non trattengono i pesci che abitano le nostre coste (fra poco obbligo di usare le mani).

Dite all'autore dell'articolo che non vorremmo essere governati da Commissioni, BCE e simili non eletti da nessuno, perché questo contrasta con il regime democratico che ci è costata una guerra civile  70 anni fa.

Dite all'autore dell'articolo che i tedeschi ci fanno sentire deficienti (o meglio clown)  e che alcuni nostri economisti, evidentemente convinti di esserlo, gli danno pure ragione.

 

Trovo fantastico questo tipo di analisi! Cioè: se va male, è colpa degli altri (in questo caso dei tedeschi); se va bene, siamo bravi noi.

Come i tifosi della Roma! Che, quando non vincono lo scudetto, è colpa dei complotti delle squadre del nord e quelle 3 volte che han vinto è tutto merito loro (anche se han fatto dieci 1-0 su rigore in casa).

Finalmente la cultura della curva è entrata nel dibattito politico ed economico !

E' bello avere dei capri espiatori e devo dire che i tedeschi si prestano sempre alla bisogna

Un' altra cosa, per me, divertente di questo tipo di ragionamento è che noi dovremmo uscire dall'Euro non perchè ci convenga in sè, ma perchè i tedeschi han "fatto i furbi"!  Il punto non è economico, ma etico! Come i bambini...

Ci siamo permessi di confutare 

Avete fatto benissimo, Guido, fa parte di una sana dialettica.

trovare un errore noin e' confutare. non esageriamo. magari confuta, ma ancora non ho visto nessuno argomentare che lo fa (o che non lo fa). 

Perché ci dovrebbe importare il dato tendenziale? L’unificazione europea non richiedeva proprio una convergenza degli indicatori, e i problemi non sono proprio figli del mancato raggiungimento della stessa? Ora, guardiamo ai dati attuali:

1. L’indice dei prezzi in Germania è leggermente più basso di Italia e Francia: epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do

2. Le retribuzioni tedesche restano più alte di quelli di Francia e soprattutto Italia: epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Wages_and_labour_costs

Ergo: in Germania nell’ultimo decennio c’è stata sì una riduzione del potere d’acquisto medio dei lavoratori, ma lo stesso resta sensibilmente più alto di quello di altri Paesi comparabili, come Italia e Francia. La consapevole scelta tedesca è stata iniziare una convergenza verso la situazione dei partner, non mi sembra siano da condannare per questo, anche considerato che grazie a ciò le loro esportazioni anche extra-UE vanno molto bene.

Questa fissazione per il condannare i tedeschi per aver saputo riequilibrare produttività, retribuzioni e oneri, così da rilanciare un sistema in crisi, continuo a trovarla alquanto buffa. Cosa dovrebbero fare, alzare stipendi già relativamente notevoli per rendere più competitivi i partner europei meno efficaci nel fissare il punto d'equilibrio? Cos'è, una corsa a chi fa peggio?

Vorrei molto sommessamente porre alcune questioni (nn sono riuscito a seguire pedissequamente tt la discussione, che trovo veramente utile e necessaria): 1) vi concentrate sulla nostra svalutazione eventuale considerandola con molta negatività. Come giudicate l'effetto speculare alla ns impossibilità di svalutare (vista la moneta unica) e cioè la possibilità di un'economia forte (e ns competitore) come quella tedesca di non vedere rivalutato il proprio cambio? Nn pensate che stiamo facendo la figura dei polli? 2) nn pensate che le misure di riforma che proponete (lente e dolorose) al fine di una maggiore competitivita possano essere molto agevolmente annullate da competitori con enormi possibilità di spendere e investire risorse per migliorare ulteriormente la propria di competitività? 3) nn pensate che sia un grave deficit nel ns armamentario economico privarsi della leva monetaria in un mondo che usa a mani basse quello strumento specie per reagire alle crisi (Dal Giappone agli usa, dall'australia ai paesi est europei, alla china)??? Grazie

Con permesso, io continuo a non capire dove sia la deflazione salariale tedesca.

Da stats.oecd.org/Index.aspx io leggo che, nel periodo 1996-2011 i salari reali tedeschi son cresciuti del 7% e quelli italiani del 5%. sul periodo 2000-2008, i salari reali tedeschi son cresciuti del 2.2% e quelli italiani dell'1.8%.

Quindi? Sarà anche "stagnante" il salario reale, ma dov'è la deflazione? Magari l'abbiamo fatta noi?

Vediamo se ci arriviamo....


vedi il cambiamento di trend? E speriamo di non dover ripetere ogni volta l'ovvio.

Ma quella che indichi è la Labour productivity growth. Forse andrebbero osservati gli Hourly Earnings (http://stats.oecd.org/index.aspx?DatasetCode=EAR_MEI#) e in effetti in questo caso i ritmi di crescita si invertono. Ma forse sbaglio io.

Va guardato anche lo stipendio medio annuale, ma di tutto il settore privato, non solo Manifacturing. Quest'ultimo ha necessariamente delle retribuzioni medie inferiori in quanto la manodopera di basso livello, con l'automazione, è meno necessaria in favore invece di lavoratori sempre più specializzati. E, oltre a questo, van notati anche i tipi di contratto nel menù sulla forza lavoro. In Germania vi è un aumento dei part-time, come fanno notare in molti, ma si nota anche una tendenza in aumento di full-time, e questo perché il mercato del lavoro sta iniziando a collaudarsi e a funzionare meglio sia a livello di risorse umane nelle aziende, sia nella capacità dei cittadini di collocarsi e formarsi. E inoltre, calcolare anche gli indici di qualità della vita nelle città più grandi, come ad esempio fa la UBS o HSBC con i suoi report annuali.

ehm, no, è il link che è sbagliato e non so come postare quello giusto. cerca WAGE in data by theme, poi earnings, e poi average annual wages. i numeri quelli sono, i salari reali tedeschi son cresciuti PIU' di quelli italiani, quelli sono i numeri. e conta anche che sono per "full-year full-time equivalent", quindi contano i mini-jobs e simili. a meno che non sbagli in qualcosa, i salari tedeschi, ripeto, son cresciuti più di quelli italiani. poi clup ecc. sono altre cose, ma questo mi sembra un fatto. nessuna deflazione salariale.

Ho letto l'articolo e alcuni commenti. Non tutti, almeno per ora. Conto di poterci tornare Non sono un economista. Ma studio e leggo con interesse, da tanto tempo. Credo che sulle Istituzioni dell'Unione Europea, sul loro funzionamento, sulla loro incontestabile mancanza di democrazia e trasparenza, assieme alla sua natura "competitiva" e non collaborativa, dovremmo riflettere un po' più approfonditamente. Indipendentemente dall'Euro. Paradossalmente, penso che l'Euro non rappresenti neppure il più grave e insuperabile dei problemi. Quindi capisco alcune delle argomentazioni di questo articolo, in particolare sul fatto che la storia del costo comparato del lavoro e della produttività non convince fino in fondo. La Germania, nonostante la evidente modifica in peggio delle politiche perseguite nell'ultimo decennio, continua ad avere un sistema che mi sembra oggettivamente più efficiente del nostro. Mi riesce davvero difficile negarlo. Soprattutto, un sistema che mi sembra politicamente ancora (forse per poco) più solido e coeso del nostro. Ma vorrei superarle, queste considerazioni. A suo tempo, pubblicavo articoli entusiasti sull'avvento dell'Euro. Persino sui libretti blu del Ministero del Tesoro. Devo ammettere che, con il senno del poi, me ne sono pentito. L'idea che mi sono fatto, attraverso una lettura a posteriori dell'esperienza professionale, è che gli Stati europei - che non hanno avuto il coraggio di mettere su una vera e propria Comunità (hanno perfino cancellato il nome..assieme all'ultima tornata di riforme) - hanno creato al suo posto Istituzioni molto fragili, esposte a rischio di occupazione. Infatti, quello che vedo è che sono state occupate facilmente da poteri forti: quelli legati al grande capitale finanziario internazionale. Al mondo che gira attorno alle grandi, poche, potenti investment bank internazionali. Non è questione di complotto, ma di osservare dati reali che abbiamo sotto gli occhi. Oggi, Commissione, BCE e Consiglio, assieme al FMI (in attesa del MES), gestiscono le decisioni che contano. Lo fanno anteponendo gli interessi di quel sistema finanziario privato a quelli dei cittadini. Qualunque teoria economica non può negare quello che si vede: risorse senza limite per il sistema finanziario privato, che continua a gonfiare bolle speculative e non finanzia l'economia reale; sempre meno per i cittadini. Ai quali viene chiesto di pagare il conto del dissesto della speculazione. Metto qui il link agli ultimi due post del blog su cui pubblico questi ragionamenti, sperando di riuscire a dare un contributo al dibattito, che comunque deve essere approfondito, sull'Euro e sull'Unione Europea, nell'interesse di tutti noi.

tallonedachille.blogspot.it/2013/02/capi-par-1e-il-patrimonio-degli.html

tallonedachille.blogspot.it/2013/03/cap-i-par-2-la-moneta-linflazione-la.html

 

Possiamo concludere il paragrafo 1, iniziato con la domanda se siamo noi che dobbiamo meritarci la fiducia dei mercati finanziari o se non sia giunto il momento di dire a chiare lettere che è piuttosto vero il contrario: siamo noi a dover confermare la nostra fiducia ai mercati finanziari. Vogliamo studiarli, capirli, conoscere, comprendere e, se non ci convincono, disciplinarli, imbrigliarli. Perché no: eliminarli.

 

mi basta. appena vorrò comprare un'auto a credito, lo farò presente a chi mi deve concedere il finanziamento

La perdita di competitività del paese è da ricercarsi essenzialmente nella gestione della moneta da parte delle banche italiane (in soldoni le banche italiane hanno stampato troppo denaro da quando siamo entrati nell'euro).

Per avere un'idea vi chiedo di andare ai seguenti link:

bip.bancaditalia.it/4972unix/homebipentry.htm

poi in seguenza cliccate su

tavole storiche

indicatori monetari e finanziari

aggregati monetari italiani

componenti della moneta (dati fino al 1999)

con l'm3 del tempo pari a 622 miliardi di euro

ora cliccate su contributo italiano alla moneta m3 e vedete che

a giugno del 2010 era 1388

a luglio 2012 1386

al link

www.bancaditalia.it/statistiche/SDDS/stat_fin/Moneta_IFM/28_01_2013/28_01_13_AAB_ITA.pdf

trovate l'ultimo valore di 1315 che va aumentato di un 100 di miliardi per il cambio di definizione

da tenere conto che l'm3 dal 2002 esclude il circolante (che grossomodo è un altro 10% del totale e lo sottraiamo dal

 

m3 di partenza che diventa 560).

Quindi abbiamo un aumento della moneta di:

2010/1999=1388/560= + 150%

2013/2010=1415/1388 = + 0%

Ora chiedetevi perché abbiamo perso competitività negli ultimi 10 anni e l'abbiamo riguadagnata negli ultimi 2/3.

 

Personalmente osservo l'unico indicatore che non è manipolabile dagli istituti di statistica ossia la bilancia commerciale. Guardando quella si nota che dal 1999 abbiamo continuamente allargato il deficit commerciale e negli ultimi 2/3 questo si è contratto vistosamente (se io stampo denaro lo spendo all'interno e creo inflazione ma lo spendo anche all'estero e creo deficit commerciale e in un sistema a cambio fisso la moneta che esce dal paese fresca di stampa non è detto che torni sotto forma di esportazione (visto anche che uno ha inflazionato)).

 

Ora passiamo alla Germania (dati reperibili al link

www.bundesbank.de/SiteGlobals/Forms/Statistik/ItsCharts/EN/Its_Charts_Formular.html

)

i dati di confronto sono

12/2012 2342

06/2010 2041

12/1999 1395

abbiamo quindi:

2010/1999=2041/1395= + 45%

2013/2010=2342/2041= + 15%

2013/1999=2342/1395= + 68%

 

Ora chiedetevi nuovamente perchè la Germania non ha avuto una bolla immobiliare ed ha visto aumentare la sua competitività (e quindi la sua produzione che a sua volta crea deflazione monetaria e maggiore competitività) in modo così massiccio.

Come uscirne, stringendo la cinghia, consumando meno e risparmiando di più. Il privato lo sta facendo, il pubblico no (ha alzato le tasse e nel 2012 ha speso ben 30 miliardi in più del 2011).

Detto questo la più probabile conclusione è che probabilmente ci faranno sfracellare contro un muro e poi daranno la colpa al passeggero.

Egregio Bisin, intanto veda di sistemare la sua pagina di wikipedia. Passando alle sue argomentazioni, ritengo inutile confutare voce per voce, ma ritengo utile semplicemente quantificare i costi della permanenza nel decennio 2002-2012 nell' area euro, rispetto al precedente decennio.

Come lei saprà, nel decennio attuale siamo cresciuti mediamente di 0% punti di PIL, mentre nel precedente crescemmo mediamente dell' 1,6%, a valori costanti; nello stesso decennio, la nostra bilancia commerciale era mediamente positiva per un circa 2% punti di PIL. Le faccio rilevare, che una crescita media di 1,6 punti di PIL, è associata ad un pari valore medio del gettito fiscale. Inoltre nel decennio euro, abbiamo contribuito al netto del bilancio UE con circa 80 MLD. L' eperienza euro, ci è costata quindi circa 50 punti di PIL, pari a 750 MLD,cui vanno sommati gli 80MLD versati al bilancio; fanno circa 830 MLD. Se lei calcola la diminuzione patrimoniale delle famiglie nel periodo, vedrà che il conto più o meno torna.

Credo che più che economisti, in Italia servano ragionieri e serve, che i conti li sanno fare.

Ritengo inutile, perchè lei ne sa più di me in materia, citarle Mundell e ultimamente de Grauwe, sulle aree valutarie ottimali che non prevedano meccanismi di compensazione!

dipende dalla partecipazione alla moneta unica? sarebbe il caso, peraltro, che spiegasse meglio i Suoi calcoli.

Ecco una parola che dovrebbe fa sobbalzare sulla sedia ogni sedicente liberale.

Per questo, il trattato di maastricht imporrebbe alla BCE due regole precise di politica monetaria:

- ricercare ESCLUSIVAMENTE la stabilità dei prezzi,

- con DIVIETO di monetizzare il debito degli stati.

E se la BCE facesse diverso? Il trattato non lo dice.

E infatti fà diverso.

Dubbi? E allora cosa sarebbe il Securities Markets Program" (abbr. SMP)?

E il "Outright Monetary Transactions" (abbr. OMT)?

E come ha fatto a farci cadere dalla deflazione alla stagflazione?

E i prestiti illimitati alle banche con i rifinanziamenti LTRO a 3 anni?

"Non fatevi prendere dal panico", direbbe Douglas Adams. Sono solo domande retoriche.

Per capire la politica della BCE, il suo statuto è inutile. Basta vedere a chi appartiene . . .

Ciò detto, se i succitati "programmi di disturbo" non esistessero, il parametro preciso per capire la convenienza di un paese ad entrare od uscire dall'Euro sarebbe lo spread. Ma non quello rispetto alla Germania. Quello rispetto alla media europea.  Se è positivo, meglio restare. Finché la barca va . . .

... che comunque Bagnai è una brava persona, incline a un dialogo civile: 

"Quel nulla pensa di farmi paura perché sta nel GEV13. Questa idea mette in risalto la sua anima da servo."

"grazie a me e voi il nostro livello è tale che occuparci di certi sgorbi significa dar loro visibilità che non meritano"

"Apprendete che ci sono tante persone indegne di chiamarsi italiani."

Il riferimento è ad Alberto, ovviamente.

La violenza (verbale in questo caso) e' l'ultimo rifugio degli incapaci. (S. Hardin)

La rivincita dell’area valutaria ottimale di Paul Krugman

****

Non sono riuscito a  trovarlo in rete, ma invito a leggere l'articolo di ieri su Repubblica Finanza di Marcello De Cecco

 


Caro Bisin, Vorrei intervenire sulla questione euro, il confronto con le tesi di Bagnai e piu in generale sulla teoria delle aree monetarie ottimali (OCA) lasciando perdere la questione popolar-politica sul ruolo della Germania che mi pare deviante e secondario rispetto al problema, molto serio, di aggiustamento che l'Italia deve affrontare. L'attenerci a questioni prettamente economiche piuttosto che da "Ballaro'" credo sia indispensabile per individuare soluzioni condivisibili ex post piuttosto che rimanere confinati sulle idee ex ante. Mi permetto questo intervento, pur non essendo certamente competente come lei, per il semplice motivo che da sempre la questione Euro mi incuriosisce. Il titolo della mia tesi di laurea e': 'Le aree monetarie ottimali e le politiche ragionali in riferimento aal'unione monetaria europea', facolta' di economia politica, un. bocconi, AA 1973/74 (40 anni fa) Relatori proff. Innocenzo Gasparini (preside di facolta') per le politiche regionali e Mario Monti per economia monetaria. Punti di tesi: 11, il massimo. La teoria mundelliana dell'OCA dice in sostanza che se regioni economiche strutturalmente diverse per produttivita' e/o per propensione inflattiva adottano una stessa moneta, gli squilibri economici fra le regioni stesse aumenteranno invece di diminuire e aumenteranno anche perche' viene tolta la possibilita del riaggiustamento della competitivita' fra regioni (paesi) attraverso il tasso di cambio. La moneta unica sara' possibile e benefica solo in presenza di politiche di convergenza strutturale delle economie stesse, cioe' di convergenza della produttivita' dei fattori produttivi nelle varie regioni pur mantenendo esse stesse delle spacializzazioni diverse. Senza questa convergenza la moneta unica penalizza sempre il piu' debole che deve fare continue svalutazioni interne del valore dei suoi fattori di produzione: salari e capitale fisso tangibile e intangibile. Il paese debole deve cioe' accettare un impoverimento relativo fino a quando la sua economia diventa competitiva. Purtroppo politiche deflattive/depressive, sopratutto in presenza di un demoltiplicatore di sul debito pubblico (surplus di bilancio) inducono ulteriori indebolimenti e perdite di produttivita'. Quindi? Senza la flessibilita' del cambio non si hanno strumenti che nel breve periodo possano invertire la rotta. I dati economici sull'export, sviluppo del pil, valore dei salari e del capitale fisso fra Germania e Italia fra il 1999 e oggi indicano empiricamente che sta accadendo esattamente come previsto dall'OCA. La sciagurata classe dirigente italiana (politici, sindacati, ordini professionali, banche ecc.) si e' mangiata quei 700-800 miliardi che l'euro ci ha fatto risparmiare tra il 2001 e il 2008 quando la moneta unica aveva fatto effettivamente convergere i tassi. Cioe' prima che i mercati decidessero che di euro invece di essercene uno ce ne sono 17 (lo spread di fatto indica che vi e' un euro tedesco e un euro italiano). Che ormai di euri ce ne siano molti viene confermato da Morgan Stanley e Deutsche bank (complottanti e non complottisti) che stimano le diverse parita' che avrebbero il deutsche-euro e la lira-euro verso il USD e cioe' 1,55 per il D€ e 1,19 per Lit€ (indicando implicitamente anche il cambio di equilibrio fra i due euri). Mi pare, pur nella brevita' delle argomentazione che un problema euro esista davvero e che esso abbia fondamenti economici e non politici o esoterici. Detto questo, rimane oggi il problema del che fare. Il pericolo infatti e' che al di la' di discussioni teoriche il sistema euro alla fine non tenga proprio per mancanza di flessibilita' nelle politiche di aggiustamento Andiamo ai termini concreti della questione. A me sembra che l'Italia di oggi sia in una posizione molto simile a quella della Germania negli anni 20, oberata da un cosi enorme da essere al di la' delle sua capacita' di rimborso (in quel caso per riparazioni di guerra nel nostro per stupida voracita' dei politici e insensatezza degli italiani) La domanda e': l' Italia e' davvero in grado di rimborsare il suo debito all'interno dellle regole di questo euro (o meglio di questi euri visto che il nostro euro ci costa il 400% in piu' che ai tedeschi?). Siamo in grado noi di avere un bilancio con un surplus tale che paghi i 50 miliardi di quote capitale + 80 miliardi di interessi con i vincoli che abbiamo e le condizioni competitive imposte dalla globalizzazione? La risposta che e' ormai un mantra e' ... "Si con la crescita", ma la crescita e' possibile all'interno del sistema euro? A quanto mi ricordo la crescita dipende da alcuni fattori: 1. deficit spending (impossibile con un tale debito, anzi dobbiamo fare un surplus saving ... e se il deficit spending e' stimolante, il surplus sara' deprimente); 2. Stimolo fiscale ... abbiamo firmato il fiscal compact, e quindi anche la manovra fiscale appare impossibile anzi, se la riduzione dell'iva e' benefica per la crescita, il suo aumento lo sara' per la decrescita; 3. Stimolo monetario, cioe' aumentare la liquidita' consentendo anche un po' di inflazione che, anticipando gli acquisti, avvia un processo di sviluppo della domanda e, parzialmente, riduce il valore del debito (quello che stanno facendo Uk e Usa ... non a caso patrie dell'economia moderna), ma con il limite del 2% del tutto arbitrario e indicato dalla fobia tedesca per Weimar, anche questa leva ci e' impedita; 4. Politiche di sostegno dell'offerta attraverso incentivi all'offerta (pur all'interno dei vincoli di bilancio) o di liberazione degli "spiriti animali" imprenditoriali. Anche in questo caso l'Europa ci impedisce incentivi alle imprese e, con i suoi infiniti regolamenti, impedisce gli spiriti animali di emergere essendo peraltro gia' straordinariamente messi a dura prova in Italia dall burocrazia, dalla giustizia e dalla criminalita'. Quindi, secondo me, all'interno della framework che abbiamo, l'Italia non ha alcuna possibilita' di crescere e se non cresce non riesce a ripagare il debito e quindi prima o poi l'italia diventera' insolvente. E allora che succedera'? O i creditori accetteranno delle perdite, cioe' vere svalutazioni dei loro crediti, oppure si accelerera' quel percorso gia' iniziato dell'emersione di un euro italico (ma anche greco, portoghese, spagnolo, irlandese ...) che andra' verso spread insopportabili anche con svalutazioni competitive interne devastanti socialmente. A questo punto non vale la pena contrattare il fallimento proteggendo soprattutto i valori economici? cioe' pensare ad una specie di chapter 11 per gli stati in cui la separazione temporanea, programmata dall'euro sia strumento di continuita' e non di rottura? O questo e' di per se' un tabu'? In altre parole, i difensori dell'euro come fanno a confermare che il sistema finanziario stesso ci fara' stare nell'euro nelle condizioni in cui siamo e con i vincoli che abbiamo? Non e' questione ne' di negazionismo ne' di ideologia pro o contro l'euro, e' questione di politica economica ricordando che il tema del ripagamento del debito e' da keynes messo al centro della sua riflessione che ha modificato il concetto stesso di politica economica. Lui, contro tutti i sentimenti politici e popolari dei vincitori, quorum eius, stava dalla parte del debitore perche' solo aiutando i debitori si aiutano i creditori. E un euro italiano forse aiuta di piu tutti che un euro europeo cosi concepito.

Mi permetto un paio di brevi osservazioni:

1) "Euro", al plurale, resta "euro" (inizio così, in modo da risultare subito antipatico)

2) La crescita può essere sostenuta anche dalle esportazioni.  Questo impone, chiaramente, che le imprese italiane siano competitive all'estero, e ha molto a che fare con la produttività.  Ah, ci potrebbero anche essere investimenti stranieri, se fossimo in grado di attrarre i capitali, ma ha sempre a che fare con produttività e competitività.

3) La crescita è una conditio sine qua non.  Neanche a me piacciono i "con la crescita", quando non indicano COME crescere, ma tant'è che senza crescita la situazione è grigia.

4) L'Euro è uno, non sono molti.  Approfittiamone.  Gli studi possono mostrare che se ogni area di sovranità fiscale (Italia, Germania, ecc...) battesse la propria moneta, questa si apprezzerebbe/deprezzerebbe in modo diverso (io potrei anche mostrare che aprendo il rubinetto con il segno rosso esce acqua più calda che da quello con il segno blu, ma non penso che mi pubblicherebbero un simile studio), ma al momento la moneta è una.  L'Italia dipende molto dalle importazioni e in questo momento è in grado di acquistare dall'estero a prezzi inferiori di quelli a cui acquisterebbe se avesse un'altra moneta, presumibilmente svalutata; è una bella cosa, se si ha voglia di rimboccarsi le maniche e aumentare la propria produttività.

Ho sforato il "paio", chiedo scusa.  Come vede, concordo sul fatto che il problema dell'area Euro ha a che fare con questioni strutturali (produttività), ma appunto per questo forse sarebbe bene concentrarsi sui problemi veri, finché siamo ancora in tempo.  Chiaramente ritengo che uscire dall'Euro e adottare una moneta più debole non possa essere in alcun modo una bacchetta magica che ci porterà a risolvere i problemi strutturali, anzi.

<a href="http://archiviostorico.corriere.it/2013/febbraio/06/Italia_bilancio_abbiamo_perso_miliardi_co_0_20130206_c31f8d12-7024-11e2-8d35-2887930bcc9c.shtml">Vi sembra normale?</a>. A me no!

<b>Per scoprirlo basta navigare sul sito ufficiale della Commissione europea: tra il 2007 e il 2011 l'Italia ha «lasciato» in Europa 22 miliardi, cinque meno del Regno Unito, che però ha un Pil maggiore del 10%. È questa la differenza tra i fondi versati e quelli ricevuti. Una cifra che equivale al gettito atteso dall'Imu (Imposta municipale unica). Non un bel risultato per un Paese fondatore. E non certo di buon auspicio alla vigilia della trattativa per le «prospettive finanziarie» tra il 2014 e il 2020. Eppure la struttura del bilancio europeo, che ricalca quella delle origini, ben si adatta alle caratteristiche del nostro Paese.</b>

 

Aggiusta il link.

Nel merito l'incapacita' assoluta dell'Italia di ottenere fondi dall'UE non e' di certo una novita' ed e' legata principalmente all'assoluta incapacita' dell'apparato politico-burocratico-amministrativo  consociato con il castelletto di imprese amiche. E' semplicemente giudicata troppa fatica.

Chi fa prende e performa anche piuttosto bene in Europa.

Trovo il dibattito pro-contro euro molto interessante, anche perchè avrebbe dovuto essere fatto circa 10 anni fa. Oggettivamente come diceva qualcuno NON fesso, l'euro attuale NON è (solo) una  moneta ma un modo di far "digerire" alle popolazioni europee diktat di oligarchie e banchieri .Detto terra terra ci stiamo impoverendo per le banche, per lo più tedesche e francesi.Glass Steagall,Banca nazionale dipendente dal tesoro ecc ecc sono passi essenziali per poter sperare di recuperare il benessere che avevamo 10 anni fa.Lascio all'intelligenza di ciascuno capire se l'euro ci convenga o no,quello che mi da fastidio è usare un termine "negazionista" che assimila quello sullo olocausto.Insomma portare l'euro come dogma simile a quello dell'olocausto in cui chi lo nega viene vituperato e reietto e definito negazionista mi sembre un pochino scorretto e strumentale.

Mi sembra che coloro che vogliono abbandonare l’euro argomentino come se ciò fosse possibile ripristinando lo stato antecedente, tenendosi i supposti benefici della moneta nazionale senza dover subire conseguenze negative per la disdetta unilaterale. Purtroppo non è così: anche ammettendo, con il senno di poi (e per alcuni anche con il senno di prima) che l’euro sia stato un pessimo affare non possiamo concludere che l’uscita dall’euro sia la soluzione del problema. La verità è che il passato conta e che siamo ‘schiavi’ delle nostre scelte (come anche di quelle altrui). Come scriveva giorni addietro M. Wolf sul FT l’euro è allo stato attuale un cattivo matrimonio (poligamo, aggiungerei) che gli gli sposi, se potessero tornare indietro, non rifarebbero. Il matrimonio tuttavia continua a rimanere in vita perché il costo del divorzio sarebbe proibitivo per la maggior parte dei coniugi (soprattutto per quelli che si sentono maggiormente a disagio). L’uscita dall’euro non porta alcun beneficio immediato ma solo disastri, assai superiori all’austerità attuale, visto che si tratterebbe di un default unilaterale. Al proposito, si rammenta per gli smemorati, che le riserve d’oro della Banca d’Italia, che sarebbero indispensabili per poter gestire il passaggio ad una nuova valuta nazionale, per non correre il rischio di una svalutazione incontrollata e relativa iperinflazione, sono vincolate, assieme alla banca proprietaria, al pagamento dei debiti del sistema di compensazione delle banche centrali Target 2 (questo è il motivo principale per cui non si può emettere debito garantito dalle riserve auree come ha vagheggiato qualcuno, anche di recente). Lo stato italiano può ricusare i propri debiti ma non quelli  della Banca d’Italia, almeno fino a concorrenza degli attivi patrimoniali, altrimenti si esporrebbe alle conseguenti misure di  ritorsione degli altri stati e del consesso internazionale. Magari qualcuno vuole tornare all’autarchia ?

 

Naturalmente tutto ciò non significa che non si possa negoziare con gli altri paesi membri una politica monetaria meno restrittiva (sulla falsariga di US, UK e Giappone) che consenta alle imprese italiane di finanziarsi a tassi più vicini a quelli delle imprese tedesche e francesi, senza pagare lo spread attuale. Anche lo stato italiano dopo aver raggiunto un sostanzioso avanzo primario, a cui ha corrisposto un calo altrettanto sostanzioso del PIL, potrebbe cercare di farsi aiutare a pagare tassi sensibilmente più bassi, in altri termini negoziare con la BCE, impegnandosi a mantenere l’avanzo primario, in cambio di un impegno a far scendere i tassi del debito sul mercato, non in asta, che non si può… (non solo, quindi, impegno al generico acquisto dei titoli italiani sul mercato secondario). Potrebbe significare fina a 40 mld di euro di interessi in meno e magari ci starebbe pure lo spazio per una riduzione dell’IRAP.

 

Altre soluzioni ? L’unwinding dell’euro richiederebbe l’accordo di tutti i partecipanti per ritornare pro-quota alla situazione ex-ante. In quel caso l’Italia avrebbe un debito in altre divise (soprattutto DEM e FRF), e una quota in ITL intorno al 15%. Potrebbe essere un cambiamento non risolutivo. In alternativa ci sarebbe l’uscita della Germania e di alcuni satelliti che conserverebbero asset e liabilities nella vecchia moneta e introdurrebbero quella nuova solo per i nuovi rapporti economici. Sarebbe un po’ complicato ma in caso di rivalutazione del DEM il debito pubblico tedesco si ridurrebbe, mentre altrettanto farebbero i crediti della Bundesbank verso il resto del sistema. Questa soluzione avrebbe il vantaggio di non premiare i capitali in fuga dai paesi periferici, mentre per i tedeschi residenti il governo potrebbe prevedere un cambio fisso di conversione per una parte dell’attivo/passivo. Poi bisogna vedere cosa succederebbe ai paesi rimasti nell’euro (soprattutto se la Francia sarebbe disposta ad accettare un simile corso degli eventi).

 

Di certo non è una situazione semplice.

La barca galleggia ancora, ma non andrà lontano. Ecco Gary North sul sistema bancario a riserve frazionarie:

vonmises.it/2013/02/28/carlo-ponzi-alias-zio-sam/

Quindi suggerirei caldamente di preparare le scialuppe . . .

Forse è lo stesso "schema Ponzi" delle riserve frazionarie che potrebbe farci uscire dal giro pazzo.

Secondo me lo stato potrebbe comprare il suo stesso debito utilizzando una frazione dello stesso (il 2%).

Basterebbe che possedesse una Banca, trasformandosi così in Ponzi stesso. O no?  Meglio sbrigarsi, prima che il potere legislativo e costituente assunto dalla BCE se ne accorga.

Fortunatamente l'inflazione che ne conseguirebbe sarebbe diluita su tutta l'area Euro, e nascosta dietro la recessione (detta ormai "dei suicidi").

Subito prima di andarcene dalla stessa, imbarcandoci su di una nave nuova dotata di sistemi anti-Ponzi (=una bella costituzione liberale proprietarista).

Siccome vedo che il signor Korallox ama riportare i dati OCSE relativi agli AVERAGE ANNUAL WAGES e gonfiando il petto bello orgoglioso di aver fatto la scoperta del secolo afferma che i salari tedeschi, contrariamente da quello che dice tutta la vasta documentazione presente su internet, i salari tedeschi infece che essere diminuiti realmente sono addirittura aumentati rispetto a quelli italiani!!! MIRACOLO, MAGIA, HO VINTO IO GNE GNE GNE PONCI PONCI POPOPO!  Ti piace vincere facile eh? 

 

Ora fermiamoci a guardare come vengono calcolati i dati OCSE relativi agli AVG. Come riporta la stessa OCSE vengono calcolati suddividendo il monte salari NON (aspetto che lo riscrivo, NON) per il numero di occupati ma per il numero di FULL TIME EQUIVALENT (www.oecd.org/els/emp/AVERAGE_WAGES.pdf). Ovvero 2 persone che fanno un part time a 4 ore vengono calcolate come 1 PERSONA che lavora 8 ore, 1 persona che fa part time 6 ore vale un 0,75FTE. ORA, visto che in GERMANIA ci sono 7 milioni di persone che lavorano tramite minijobs a 400 € senza considerare il resto degli altri part time (e in italia cmq i minijobs non esistono) se queste persone le valuti come FTE OVVIAMENTE i salari risulteranno più alti come infatti riporta orgogliosamente KORALLOX. Benissimo, ma a casa mia 2 persone che guadagnano 400€ non sono 1 persona che guadagna 800€ e la cosa è lapalissiana. Mi seguite? perfetto. Vogliamo fare un analisi che sia un pelo (eufemismo) più accurata? perfetto! ALLORA perchè il monte salari invece che dividerlo per il numero di FTE che non riporta il numero di occupati ma il numero di persone a tempo pieno EQUIVALENTI, non lo dividiamo per l' effettivo numero di occupati?? APRITI CIELO. Per fortuna ci ha già pensato BAGNAI qua:  http://goofynomics.blogspot.it/2012/08/i-salari-reali-alamanni-sono-scesi-del-6.html dividendo il monte salari per il numero di occupati reali si ottengono i valori riportati in tabella (per i più pigri http://www.unich.it/docenti/bagnai/blog/Sal_01.JPG) che al netto dell' inflazione danno i risultati dell' ultima colonna che guarda caso cosa fa vedere? CHE I SALARI REALI SONO SCESI DEL 5,8% dal 2003 al 2010. Ora prima che korallox cominci a petulare su dove ha ottenuto bagnai i dati (è spiegato nell' articolo ma ripeto sempre per i pigri) lo scrive lui stesso che il monte salari e il numero di occupati proviene sempre dal sito OCSE mettendo anche il numero della serie! E per dimostrare che i salari nominali che lui ha ottenuto (e da li i salati reali) sono effettivamente quelli ha fatto la controverifica andando a ricostruire da quei dati il CLUP  e paragonando ciò che risultava a lui con quello che riportava direttamente il sito OCSE (sapete com'è, se uno mette dei dati su un blog pensa sempre che possa arrivare qualche petto gonfio alla korallox a dire che i suoi dati son sbagliati e quindi ha pubblicato la controverifca proprio per questo). E il risultato qual è? Che i dati da lui ottenuti e quelli scaricati dal sito OCSE coincidono al 97,5% come potete vedere qui www.unich.it/docenti/bagnai/blog/Sal_03.JPG (la linea rossa è ottenuta dai dati di Bagnai quella Blu da quelli scaricati sul sito OCSE). Ora gentile korallox puoi gonfiare il petto finchè vuoi riportado sempre gli annual wage ma almeno da adesso sai che questa prova vale come l' aria che usi per gonfiarti. BYE. 

Yannick, ti sei confuso.  Se vuoi discutere di produttività e costi di produzione, allora devi considerare la paga oraria. Questo è il caso.

Se invece vuoi discutere di condizioni di lavoro durante il ciclo, o in generale di precariato e welfare, allora devi considerare il reddito individuale che dipenderà appunto dal ciclo economico, durante l'espansione il lavoratore farà straordinari, o troverà lavori a tempo pieno, durante le recessioni, se non viene licenziato, farà meno ore e sarà costretto a lavori a tempo parziale. Ovviamente durante il ciclo, anche i prezzi su cui si calcola il valore reale hanno un andamento diverso. Quindi le tue variazioni in questo caso sono determinate dal numero di ore lavorate o dalla variazione del salario nel contratto o effettivo?

Fuggite, presto, le stalle sono aperte!

Chi sostiene l’abbandono dell’euro lo fa perchè costruito male.Uscendo potremmo svalutare e rilanciare la competitività. I costi di uscita sono valutati come tali da non causare quel collasso che avverrebbe mantenendo l’euro.Modelli? Italia 92 e GB oggi. Nel 1992 non abbandonammo un’area valutaria comune e non cambiammo valuta, tantomeno l'ha fatto la Gran Bretagna oggi. Non sono riferimenti corretti. La Gran Bretagna può esser presa come parametro per gli effetti di una svalutazione sull’economia nel mondo odierno (qui qui e qui un po' di dati); l’Italia nel 92, invece, si trovava in un mondo che andava incontro ad una forte espansione con il prezzo di petrolio basso e conti pubblici che, grazie a crescita e correzioni, miglioravano in maniera marcata. Non è lo scenario attuale.

Sono due le domande da farsi in caso di abbandono dell'euro. Come fare e che potrebbe accadere.
L’uscita deve avvenire all’improvviso con chiusura delle banche e controllo dei capitali per evitare bank run;niente referendum, oltretutto incostituzionali. Su questo il consenso è unanime.
Aspetto trascurato, ma importante, è come uscire legalmente dall’euro (report UBS). Le basi legali dell’euro sono nel trattato di Lisbona. In esso c’è l' art. 50, che regola la fuoriuscita dalla UE, ma non ce n'è uno analogo per l’ abbandono dell'euro.Per cui o s’intraprende la strada dell’art.50, con lunghi negoziati pubblici, o si denuncia il trattato.In entrambi i casi si esce dal mercato comune.Supponiamo pure che mediante accordi segreti (come? i parlamenti devono votare) si arrivi ad acconsentire all’uscita dell’Italia dall’euro ma non dalla UE. Il debito soggetto alla legge italiana viene ridenominato in lire, lira che si svaluterà di un 25-30% secondo le stime più accreditate.Le banche italiane sono piene di titoli di stato, 358 mld a novembre 2012 in aumento rispetto ai 240 mld del 2011 con spostamento verso le scadenze a breve per sfruttate la copertura data dall’OMT. L’EBA impone il mark to market ai fini del core tier 1. La possibilità di break up dell’euro nel 2011 ha fatto schizzare lo spread di 400 bps, con relative ricapitalizzazioni richieste al sistema bancario italiano.Cosa succederebbe con l’abbandono vero e proprio? Un po’ di dati sul sistema bancario italiano: i NPL sono arrivati a 121.8 mld, ma la cosa importante è che sono cresciuti del 22% Y/Y. Il funding gap dei primi 6 gruppi bancari è del 18% e nel 2013 scadono 78 mld di obbligazioni bancarie.La BdI stima che ogni 100 bps di aumento di spread, oltre a generare un aumento di ¼ delle rettifiche del valore dei prestiti e un calo del 4% del margine d’interesse, si trasmette pari pari sul tasso chiesto alle imprese. Le banche da un lato vedrebbero il capitale eroso dal crollo dei titoli di stato, da un altro subirebbero un incremento ulteriore delle sofferenze (qui e qui altri dati sulle sofferenze). Escludere la necessità di ricapitalizzazioni del sistema bancario italiano è un atto di fede. Nel caso, la BdI dovrebbe stampare le lire necessarie, facendo esplodere il deficit e il debito dello Stato. Probabile a quel punto una ristrutturazione del debito che è detenuto oramai al 70% da italiani che incasserebbero notevoli perdite.Non è un caso che il vincitore del premio Wolfson per la individuazione di una procedura di uscita dall'euro, indichi esplicitamente la necessità di haircut del debito pubblico. C’è un altro aspetto da considerare: il debito estero netto delle imprese italiane,non essendo ridenominato,sarebbe semplicemente insostenibile.Il contagio sarebbe molto probabile. La Francia è esposta per 334 mld di $ verso l’Italia, inoltre, perché un investitore non dovrebbe chiedersi se, una volta usciti dalll’euro, anche la Spagna non ne esca a sua volta scatenando un effetto domino modello 2011 agli steroidi (l’esposizione del sistema bancario europeo ai pesi periferici dell’eurozona è di 1.77 trilioni di $)? Persino Sinn, fautore dell’uscita temporanea della Grecia dall’euro, oggi non giudica fattibile questa strada.
Supponendo di superare indenni la fase di switch tra le monete, perché i mercati dovrebbero pensare che non svaluteremmo di nuovo? È quello che abbiamo fatto sempre fino all’ingresso nell’euro, e ne saremmo usciti per tornare a farlo.Dovremmo convincerli fissando target di rientro dell’inflazione,un percorso di rientro di deficit e debito,delle politiche di moderazione salariale e di stimolo alla concorrenza, insomma tutto quello che vogliamo evitare uscendo dall’euro. Credibile?
Che fare, allora?Oggi in Europa abbiamo una crisi bancaria, una crisi di debito, uno squilibrio interno segnalato oltre che dalle partite correnti anche dalla differenza di tassi praticati alle imprese e una dura recessione in molti paesi.Queste crisi si alimentano a vicenda e anche paesi considerati core come l’Olanda, ora scricchiolano pericolosamente.Le istituzioni stanno perdendo l’appoggio della popolazione e movimenti populisti si fanno strada. Il sistema bancario, non solo quello italiano, ha bisogno di nuovi capitali e di una ripulitura dei bilanci.Gli Stati,a loro volta in crisi,non hanno i soldi necessari a meno di scavare nuovi buchi nei bilanci, inoltre se non si stabilizza la congiuntura, i nuovi capitali rischiano d'esser bruciati dalle nuove falle che si aprono.La svalutazione interna, magari accompagnata da quella fiscale, ha due difetti: aumenta il peso del debito e aliena l’appoggio dell’elettorato. E’ anche nell’interesse tedesco agire dal suo lato degli squilibri e permettere nuovi interventi della BCE (l’inflazione francese è arrivata all’1%, un nuovo LTRO è sempre più probabile), visto che un collasso o un’uscita italiana dall’euro le causerebbe notevoli danni (report UBS). Come può, però, l’elettore tedesco fidarsi e pensare che una volta passata la buriana l’Italia non torni alle vecchie abitudini? Come fare per evitare che l’elettore mediterraneo percepisca le necessarie riforme come imposizioni esterne? Una Federazione europea aiuterebbe.

 

Articolo ben fatto e documentato.

Faccio la parte del diavolo.

Petrolio/energia:

Vorrei porre una riflessione alla tua attenzione, che credo sia fondamentale per capire meglio il senso della differenza tra anni 90 e anni euro. La riflessione è questa: risulta che il costo delle materie prime, inclusa l’ energia, rappresenti all’ incirca il 20%, mediamente, sul prezzo di produzione. Ciò premesso, se noi avessimo avuto la possibilità di svalutare mediamente, ad esempio, del 5% una eventuale lira, invece dell’ euro, avremmo pagato l’ energia il 5% in più, che avrebbe gravato sul costo unitario del prodotto 1:5×1,05=0,2×1,05= 21% cioè 21-20=+1%. Ammesso quindi di avere una competitività con la Germania, di un – 4% (piùo meno quella che ci ha diviso), quella svalutazione, sarebbe stata sufficiente per allinearci. Con un 10% di svalutazione avremmo vinto la partita. D’ altronde, se Carli, Baffi, Spaventa, e addirittura Giorgio Napolitano, temevano l’ ingresso nello SME e nella moneta unica successivamente, qualche motivo c’ era, e l’ Italia non è un Paese adatto alla stabilità monetaria e soprattutto non è UK che dagli anni '90 ha sempre avuto una competitività nelle esportazioni commerciali non paragonabile alla nostra. Capisco che si tratti di situazioni ipotetiche e per questo difficili da rendere in grafici coerenti; sarebbe necessario un lavoro iterativo con un PC, ma io credo che oggi non saremmo a questo punto e la Germania, oggi non sarebbe quell’ esportatore netto verso eurozona che è stato nel decennio euro.

Aspetti legali: anche secondo de Grauwe, si può sempre trovare una via d' uscita legale

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/05/la-politica-dellausterita-un-suicidio-alimenta-nuovi.html?ref=search

Svalutazione: non esistono previsioni serie sul tasso di cambio della nuova lira dopo l' uscita, ma ammesso per assurdo che fosse del 25/30% iniziale, sarebbe incompatibile con la competitività riacquisita dall' economia che ripartirebbe a razzo (ammesso che si esca quest'anno, perchè dopo ci sarebbero solo macerie e deserto industriale), anche per le ragioni sopra esposte ed in breve tempo dovrebbe rivalutarsi e probabilmente il nuovo cambio risalirebbe almeno di 15 punti, come accadde dopo il '92.

Debito delle imprese: secondo me non è vero in assoluto che tale debito sia non ridenominabile, dipende dal tipo di contratti, ed è anche vero che i crediti delle imprese potrebbero essere o meno ridenominabili, e nel bilancio delle partite di c.c. potrebbero essere compensati da apposito organismo. 

Effetto domino: l' effetto domino ci sarebbe e ne sarebbe coinvolta anche la Francia e per questo motivo non conviene a nessuno, in eurozona e non, applicare sanzioni e/o ritorsioni e trovare una via d' uscita concordata.

-sofferenze bancarie: sono il risultato delle politiche di austerity che stanno distruggendo l' economia ed i mercati dei beni immobili e dei beni durevoli; abbiamo una situazione del mercato immobiliare, fonte di gran parte di quelle sofferenze, che è simile a quella di un mercato post bolla, anche senza che questa ci fosse realmente; rimuoviamone la causa e credo che questo ulteriore cancro sarebbe rimosso.

Haircut debito: abbiamo un avanzo primario del 4% circa ed un costo del servizio del debito del 5,5%, mi pare dalle ultime stime del DEF, non siamo lontani dal pareggio di bilancio. Il ritorno alla sovranità monetaria e al matrimonio tra tesoro e Bankitalia, faciliterebbe il processo causato da questo piccolo gap e non credo sarebbe necessario alcun haircut, ma solo un allungamento della periodicità. Il debito aggregato italiano è 200 punti di PIL inferiore a quelli Giapponesi e UK, fra l' altro.

Mi chiedo, però a questo punto, i costi del restare nell' euro, con la necessità di trovare un qualcosa come 65/70 MLD annui tra bilancio UE, fiscal compact e ESM, sarebbero più sostenibili con questo mandato BCE e con questo modo di procedere in eurozona?

 

quella che

 

«Ma de facto l’Italia è già fuori dall’euro. Il paese è a terra. I paesi del nordeuropea ci tengono fintanto che gli investimenti delle loro banche nei nostri titoli di Stato non saranno stati recuperati. Poi ci lasceranno cadere come una patata bollente»

 

che a me è sembrata demenziale per i contenuti (che vuol dire "recuperare gli investimenti nei nostri titoli di stato" ? aspettare fino alla scadenza? rivenderci guadagnando?  e per la sede 

quello che alcuni interventi affermano a proposito dei costi della permanenza nell'UEM: si indica tra di essi il contributo italiano al bilancio dell'UE, lamentando che l'Italia sia contributore netto (cioè paghi di più di quanto riceve).

Ma allora si propone l'uscita dall'UEM o dall'UE tout court?

Beh non credo ci siano alternative, se l' uscita fosse derivata da un breakup incontrollato; tutto cambierebbe e credo nessuno, qui ed altrove, vorrà  mai più sentir parlare nemmeno di UE, figuriamoci di UEM e noi comunque parrebbe che nell' eventualità non saremmo messi malissimo.

http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Finanza%20e%20Mercati/2012/07/ReportBOA.pdf?uuid=c1ec41c2-db07-11e1-a5ae-87410c8af47d

Se invece si potesse trovare un accordo utile per tutti...

 

Ma non sembra aria, infatti oggi leggo:

- la Germania non ha intenzione di cambiare nulla nelle politiche di rigore;

- il debito va a 2022 MLD anche per versamento EFSM e verso 1l 130% DEB/PIL

- il comparto del commercio è proprio alla canna del gas!

Ci si avvia tranquillamente verso la tempesta perfetta.

 http://www.libreidee.org/2012/07/roubini-tempesta-perfetta-il-mondo-collassera-nel-2013/ 

per fare un po' di chiarezza sui salari tedeschi i salari reali dei lavoratori a tempo indeterminato sono cresciuti di circa il 6% dal 2000 ad oggi www.linkiesta.it/blogs/keynes-blog/il-lavoro-poco-pagato-deprime-la-domanda-interna-germania-e-destabilizza-l-eurozon e continuano a salire, l'ultima richiesta dei metlmeccanici tedeschi è un aumento del 5,5%, i lavoratori del pubblico hanno chiesto un 6% di aumento. il problema è che Bisin e Zanella considerano la domanda aggregata, infatti se i salari reali dei lavoratori a tempo indeterminato crescono questo viene compensato dai cosidetti minijobs, come rileva anche il keynesblog, quello che i seguaci di keynes non dicono è che i minijobs non hanno contributi a carico di lavoratori o imprese è quindi chiaro che a livello aritmetico assistiamo ad una deflazione dei salari ma nella realtà quello che non è compreso nei salari è dato dallo stato tedesco come sussidio, per la pensione e l'affitto quindi il lavoratore in realtà non ha una perdita del potere di acquisto. dirò di più come si vede da questa ricerca www.assolombarda.it/proposte-di-lettura/analisi-periodiche/confronto-del-cuneo-fiscale-tra-i-principali-paesi-ocse-2011 la Germania e tutti i Paesi del nord europa, dentro o fuori dall'euro, hanno abbassato il cuneo fiscale, nbel caso della Germania del 7% metà di questo taglio è andato a vantaggio dei lavoratori, quindi pur avendo lo stesso salario il lavoratore percepisce più denaro in busta paga. Concludendo la deflazione salariale tedesca esiste ma 1) non riguarda i salari a tempo indeterminato 2) va letta in un quadro di cambiamento del sistema di welfare 3) i lavoratori non ne hanno subito conseguenze

Agenda 2010 per l'appunto....

Pro quota c'e' una simile riduzione di cuneo fiscale anche per i non minijobs

Cioè per fronteggiare la situazione lo stato si è messo a dieta dura per salvaguardare il potere d'acquisto dei suoi cittadini.

Domanda cosa succede se diminuisce la richiesta contributiva ? Calano i costi ? Potrebbe essere questa una delle ragioni del calo dal 2003 in poi, il riflesso numerico di un cambio strutturale delle buste paga ?

"senza inflazione, la svalutazione ha un effetto sui salari reali e in generale sul potere d'acquisto degli italiani".

 

azz....

SENZA INFLAZIONE il potere d'acquisto degli italiani diminuisce?

 

come dire che senza scrivere in questo momento sto postando un commento?

 

siete grandi

rimanete negli usa

salvate le università italiane

 

Non mi sembra un osservazione così difficile da capire, il potere d'acquisto nel medio e lungo periodo è legato sia all'inflazione che alla competitività delle imprese, quest'ultima dato che una parte significativa ( e nei campi di mia conoscenza ampiamente maggioritaria ) dell' innovazione tecnologica è importata in presenza di svalutazione diventa più costosa.

Meno innovazione, meno competitività, crescita zero dei salari reali netti.

Dico NETTI perchè far crescere quelli lordi a forza di debito pubblico e incentivi per poi tosarli di tasse dirette e indirette fa piacere ai Vendola e alle Camusso ma è stupido.

Nella teoria del commercio estero, per salario reale si intende la quantita di beni sia domestici sia esteri che una persona e' in grado di acquistare.

 

Nel caso di una svalutazione anche se per ipotesi il prezzo dei beni domestici non sale (ipotesi piuttosto assurda: salirebbe di certo) il cittadino puo acquistare una minor quantita di beni esteri. Dunque il suo salario reale scende.

 

In parole povere dopo la svalutazione anche se il costo di una pagnotta rimane lo stesso (ipotesi), l'operaio FIAT non potra piu farsi una vacanza all'estero. E percio avra subito una decurtazione del salario reale.

 

Se abiti in Ciocciaria e consumi solo beni di origine ciocciara allora tutto bene, ma sono pochi in questa situazione.

 

per tutti quelli che fuori dall'euro i nostri risparmi sono a rischio, preparatevi al prelievo forzoso dei conti correnti, ma non dello 0,6% come siamo stati abituati dal dottor sottile, la troika punta ad un valore intorno al 10%. (cipro docet)

la troika è affamata di carne saporita, quella vicino all'osso.

 

m.

Blitzkrieg

O almeno questo è quanto riporta Ekatimerini. Il punto è che tutti, inclusi i Ciprioti, sanno che una quota sostanziosissima di questa mazzata non colpirà i ciprioti stessi ma cittadini di altri paesi che hanno fondi in banche cipriote.

Ma torniamo alla vexata quaestio della svalutazione. Se un paese svaluta la propria divisa tutti i beni importati, non solo i viaggi all'estero, diventano immediatamente più cari; almeno fin qui dovremmo essere tutti d'accordo. Poi gradualmente, ma abbastanza in fretta, il rincaro si estende a tutti i beni e servizi prodotti nel paese, ma che utilizzano del processo di produzione materie prime e beni intermedi importati, e anche questo dovrebbe essere chiaro a tutti. Rimangono i beni di produzione rigorosamente domestica, come ad esempio le mozzarelle prodotte con latte di bufale nutrite esclusivamente su pascoli domestici, ma anche il prezzo di queste ultime viene gradualmente spinto al rialzo. La svalutazione infatti rende le mozzarelle più a buon mercato nei paesi che NON hanno svalutato e presumibilmente ne aumenta la domanda. La crescita delle esportazioni (non è per questo che il paese ha svalutato?) rende infatti più scarse le mozzarelle sul mercato domestico e questo inevitabilmente ne farà salire il prezzo.

Questo ciclo avviene più lentamente nei paesi con economia "primaria" cioè che esportano principalmente prodotti agricoli e forestali, minerali, pesce etc,  come ad esempio l'Argentina o la Russia, più in fretta in economie di trasformazione come l'Italia e la Germania.

Alla fine torniamo ai salari: se rimangono invariati con prezzi crescenti, il risultato è lo stesso che se fossere stati ridotti con prezzi stabili, se crescono tenendo dietro all'inflazione i costi di produzione dei beni esportati si alzano, e allora è inutile avere svalutato.

Sono sicuro che il prof. Bisin ve lo sa spiegare meglio con le equazioni etc, ma grosso modo le cose stanno così. Se bastasse svalutare lo Zimbabwe sarebbe il paese più ricco del mondo...

www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp

 

Se sono vere le profezie di Bagnai, perchè le esportazioni sono aumentate e le importazioni diminuite, nonostante ci sia ancora l'Euro?! Perchè ciononostante non siamo cresciuti, ma abbiamo avuto recessione!?

già vero.

ottima domanda....

chissà perchè.

Disperazione, svuotamento dei magazzini a prezzi di saldo, utili sotto zero, capitalizzazione aziende spaventosamente diminuita, terreno pronto per shopping da estero sulle aziende. Chi ha capitali, e noi non ne abbiamo molti, compra a due soldi. Il lavoro al corpo del Paese è in dirittura d' arrivo. Chi vuole può acquistare negozi a prezzi di saldo; si sfittano per cessazioni, non si riesce a riaffittarli, si paga un botto di IMU e di TARSU e non c' è mercato. Non c' è nemmeno un barlume di luce in fondo al tunnel. Si, credo che  l' euro sarà sempre più risolutivo. 

 

che il prof. Bisin risponda alla pletora di commenti, validi o demenziali che siano. In alternativa, si chiudano i commenti perché ormai non c'è più un filo discernibile, oltre alla polemica esasperata e anche un po' sguaiata.

In effetti non so nemmeno se li legge piu'. Oggi o domani una prima risposta, che sara' in due parti. 

Ho un paio di domande sulle aree valutarie ottimali.

La crisi economica in Italia è dovuta principalmente a carenze strutturali note da tempo e non rappresenta uno shock asimmetrico.

Ma negli altri PIIGS?

1 - Per la Grecia vale lo stesso discorso dell'Italia?

2 -Lo scoppio di una bolla immobiliare in Spagna e nell'ex tigre celtica era imprevedibile? Se così fosse si tratterebbe di uno shock asimmetrico. Oppure il guaio vero è la debolezza delle banche, così che sarebbe sufficiente perfezionare l'unione bancaria?

3 - Il Portogallo, poi, a cosa deve i suoi guai? Bassa produttività e crescita drogata da eccessivo indebitamento privato? Quindi saremmo nel campo delle carenze strutturali?

4 - Infine: se effettivamente lo shock in Spagna e Irlanda era imprevedibile e asimmetrico, ritenete necessarie misure compensative quale un sussidio di disoccupazione finanziato a livello comunitario?

Grazie

Mi permetto di segnalarle questo articolo, che spiega in maniera essenziale e sintetica perché l'euro era un disastro annunciato:

http://www.lrb.co.uk/v14/n19/wynne-godley/maastricht-and-all-that

Ho letto attentamente l'ARTICOLO e non so da dove cominciare la critica.

 

L'autore, in maniera molto SNOB, esprime giustamente la sua opinione, senza entrare nel dettaglio della teoria economica.

 

Ritenendo doveroso portare rispetto alla teoria, nell'intento di aiutare chi legge a capire meglio le cose, provvederò a fornire punti di riferimento necessari a capire di cosa si sta parlando.

 

Inizierei con due paginette sulla storia del pensiero economico:

 

andcappe.blogspot.it/2013/02/la-storia-del-pensiero-economico.html

 

Sintetizzando, ci sono due teorie prevalenti alla base del pensiero economico, la teoria Neoclassica, che affronta le crisi cercando un equilibrio economico di sottoccupazione, e la teoria Keynesiana, che in caso di crisi prevede che lo Stato si preoccupi di garantire la piena occupazione, garantendo al mercato quella domanda che le crisi periodiche tendono a far scomparire dallo stesso.

 

Le crisi, quasi sempre, derivano da shocks che determinano un crollo della circolazione monetaria. Lo shock, immaginate Lehman Brothers, spinge gli operatori sul mercato, banche, aziende, famiglie, a contrarre la loro domanda per consumi ed investimenti e quindi il mercato si contrae, cercando un nuovo punto di equilibrio a livelli di produttività più bassi. La produttività genera disoccupazione ed il modo di gestire la situazione, distingue la teoria NEOCLASSICA DA QUELLA KEYNESIANA.

 

I neoclassici pensano sia meglio far aumentare la disoccupazione, questo genera diminuzione del costo del lavoro. La diminuzione del costo del lavoro, dovrebbe garantire alle imprese manodopera a basso costo, e secondo loro, siccome è l'offerta che genera la domanda, le imprese assumeranno al nuovo livello raggiunto dai salari, garantendo, l’occupazione e la ripresa del ciclo economico. Questa era la teoria sviluppata nel 1800, dall'evoluzione della teoria Classica, perfezionata da Walras e Pareto, e poi con la crisi del 1929 che ne dimostrava il fallimento fu messa in soffitta, soppiantata dalla politica Keynesiana.

 

Il passaggio alla politica Keynesiana, permette all'America di uscire dalla crisi del 1929, mentre in Europa per uscire dalle due grandi depressioni causate post 1875 e post 1924 dalle politiche di Equilibrio di bilancio di Quintino Sella e Alberto de Stefani, ci vorranno due Guerre Mondiali.

 

Molti opinionisti, a questa mia affermazione stoceranno il naso, ma chi ha studiato la storia e conosce l'economia, andando a verificare cosa successe post 1875 e post 1924, noterà due BELLISSIME RECESSIONI ECONOMICHE. Molti diranno che sia stato un caso che in Italia, dopo due politiche di equilibrio di bilancio si siano verificate due recessioni gravi. A questo punto interviene la teoria della probabilità, abbiamo solo lo 0,00444% di probabilità che sia un caso. Le due più grandi depressioni, sono conseguenti agli unici due equilibri di bilancio nella storia di 150 anni di repubblica italiana.

 

Nel secondo dopoguerra, Keynes viene applicato a tutta l’Europa, naturalmente siccome nel frattempo il poveretto era morto di crepacuore, la sua teoria viene distorta e diventa funzionale agli interessi dei potenti dell’epoca. Malgrado la distorsione della sua teoria, le cose sembrano funzionare, e la gestione della spesa pubblica, rispetto all’andamento del PIL, almeno in Italia riesce ad evitare le montagne russe a cui l’economia italiana era abituata prima della Seconda Guerra Mondiale.

 

Ho costruito un grafico dividendo le variazioni in valore assoluto del pil rispetto alle variazioni in valore assoluto della spesa pubblica, al fine di misurare l’efficienza della spesa dal 1861 al 2009.

 

Ho applicato al grafico una media a 5 anni al fine di rendere leggibile i grafici. Le conclusioni più o meno sono quelle sopra illustrate e l’articolo lo trovate qui:

 

andcappe.blogspot.it/2013/02/la-teoria-dellequivalenza-ricardiana-e.html

 

Gli americani mentre in Italia lo pseudo – Keynes funzionava benino, a fine anni 60 si trovano a dover affrontare un nuovo nemico la Stagflazione.

A fine anni 60 gli Americani imputano a Keynes le colpe della Stagflazione invece di ricercarle nell’idiozia delle spese sostenute per la guerra in Corea ed in Vietnam.

 

A queste rogne si aggiunge Nixon che decide di non convertire più il dollaro in Oro, e gli arabi si incazzano e rivalutano il petrolio del 500%. Durante gli anni ’70 l’inflazione impazza alimentata dalla Guerra nel Kippur e dal Khomeinismo, ma molti credono in Italia che la causa risieda nella scala mobile. Ricordiamo a tutti che la scala mobile viene introdotta nel 1975, quindi fino a questo anno in Italia l’inflazione non può essere imputata all’indicizzazione dei salari all’inflazione come questa prevedeva. Dal 1975 l’inflazione tra alti e bassi lateralizza, salendo solo nel 1979 durante il Khomeinismo, quindi i salari dei poveri operai c’entravano poco o niente. Durante gli anni 80 scende in Italia, per risalire a fine anni 80 con l’IRAQ.

 

Trovate quanto scritto a questo link:

 

andcappe.blogspot.it/2013/09/stagflazione-fine-anni-60-in-america-ed.html

 

Negli anni ’70 quindi quello che si può notare è la ricerca di una scusa per abbandonare Keynes, ed applicare di nuovo l’idiozia della vecchia teoria Neoclassica. Viene restaurato Ricardo, e la teoria dell’Equivalenza Ricardiana. Ricardo diceva che è inutile fare spesa pubblica a debito, perché i cittadini essendo soggetti razionali sapendo che lo Stato si indebita, saranno portati a risparmiare, inficiando ogni possibile vantaggio derivante dalla spesa a debito.

 

Si scopre nel 900 che gli operatori, agiscono in maniera irrazionale, e lo stesso Ricardo che muore nel 1823, rinnega la sua teoria prima di morire, ripresa da Barro negli anni 70 ed approdata dal 1980 in poi nel mondo, attraverso REAGAN, LA THATCHER e l’idiozia Europeista, che negli anni 80 con lo SME, non era ancora influenzata dal REAGANISMO. Ricordo all’autore dell’articolo:

noisefromamerika.org/articolo/negazionisti-euro

che il povero Mundell non è un KEYNESIANO, o almeno non negli anni 70 visto che con LAFFER, era uno dei consulenti di REAGAN, ed autore della SUPPLY SIDE ECONOMICS.

 

Di fatto l’Austerity, ha solo uno scopo conosciuto a tutti gli economisti di professione:

 

Lo scopo dell’austerity è generare recessione economica, la recessione genera disoccupazione, e questa spinge i lavoratori ad accettare salari più bassi.

 

Oggi a questo obiettivo si aggiunge un secondo obiettivo. Piegati i lavoratori a subire riforme del mercato del lavoro, la recessione e la crisi, saranno utilizzate a livello europeo per obbligare le Nazioni a cedere pezzi di sovranità e come dice Draghi, realizzare in Europa il progetto di BODIN, il teorico dell’ASSOLUTISMO MONARCHICO. Draghi vuole farci diventare tutti SUDDITI, visto che l’assolutismo monarchico, non prevede la figura dei cittadini.

 

Se non ci credete sull’ASSOLUTISMO MONARCHICO come modello BCE trovate il discorso di Draghi qui:

 

www.ecb.europa.eu/press/key/date/2013/html/sp131009_1.it.html

 

Sulla cessione di sovranità attraverso le crisi ci pensa Monti a spiegarlo qui:

 

www.youtube.com/watch

 

Ora vado a vedere un film, il resto della critica lo riservo a chi avrà interesse di approfondirlo e mi contatterà via mail o Twitter.

 

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poi con la crisi del 1929 che ne dimostrava il fallimento fu messa in soffitta, soppiantata dalla politica Keynesiana.

 

Fallimento... La Fed ebbe un'enorme responsabilità in proposito.

 

 

Il passaggio alla politica Keynesiana, permette all'America di uscire dalla crisi del 1929

 

Nel 1937 gli USA affrontano una recessione. Colpa dei neoclassici?

 

Nel secondo dopoguerra, Keynes viene applicato a tutta l’Europa, naturalmente siccome nel frattempo il poveretto era morto di crepacuore, la sua teoria viene distorta e diventa funzionale agli interessi dei potenti dell’epoca.

 

E' proprio questo uno dei problemi della teoria keynesiana: la scarsa limitazione alla gestione del potere di pochi aumenta le distorsioni, cosa che le liberalizzazioni e la concorrenza in parte fanno.

"La sua teoria viene distorta", è esattamente la stessa cosa che dicono i marxisti parlando dei Paesi socialisti dove i dettami di Marx furono applicati. La realtà è un'altra cosa.

 

ma molti credono in Italia che la causa risieda nella scala mobile.

 

Non è stata sicuramente solo la scala mobile, anche Bankitalia e Tesoro hanno avuto le loro responsabilità. Guardando comunque altri Paesi come Germania e Giappone si nota come il tasso d'inflazione fosse molto più basso all'epoca.

 

Lo scopo dell’austerity è generare recessione economica, la recessione genera disoccupazione, e questa spinge i lavoratori ad accettare salari più bassi.

 

Sicuramente in parte, perché il sistema economico nel breve periodo non riesce ad adattarsi ai cambiamenti strutturali. Successe sia con la Thatcher che con Reagan negli anni 80. Ma i risultati nel medio termine si sono visti, e i dati sono lì a confermarli. UK e USA a fine anni 70 erano 2 Paesi in crisi, in seguito sono tornati a crescere anche se ultimamente diversi problemi si sono ripresentati, dato che anche la classe politica e le politiche economiche sono cambiate.

E comunque non è vero che i lavoratori inizieranno a guadagnare meno, solamente in quei settori dove la produttività non cresce o addirittura lo stesso settore diventa obsoleto al mercato. Crescono invece altri mercati, altre nuove imprese. Con la svalutazione o l'aumento d'inflazione pagano invece tutti, e non vengono individuati i veri problemi strutturali del Paese in questione, che sia l'Italia o la Germania.

Inoltre i liberali non negano affatto che è necessario un sistema del welfare più efficace ed equo affiancato al libero mercato, cose che in Italia mancano entrambe in parte.

Poi se proprio vogliamo parlare di cause di recessioni, quella del 2007 ha dimostrato che l'easy credit keynesiano non porta da nessuna parte. E non si capisce nemmeno la critica a Draghi, dato che sta attuando le stesse politiche monetarie espansive del passato. Se non peggio, considerando l'ultimo taglio ai tassi di deposito.


Salve,

cosa pensate di questo? Dov'è l'errore? Non sono un economista ma ho capito più o meno i punti deboli delle argomentazioni dei no euro.

www.appelloalpopolo.it

Ringrazio in anticipo.

Però sul divorzio Tesoro- Banca d'Italia ho letto questo interessante articolo in cui si mostra come realistica l'ipotesi che sia stato irrilevante dal punto di vista dei tassi di interesse.

 

http://archeo-finanza.blogspot.it/2013/09/sul-divorzio-tesoro-banca-ditalia.html

 

L'argomento dell'esplosione del debito pubblico italiano è stato già affrontato in questi due post (http://noisefromamerika.org/articolo/conseguenze-economiche-bettino-craxi), (http://noisefromamerika.org/articolo/ancora-craxi-ii-debito-pubblico-inflazione). Per quanto riguarda la separazione tra Tesoro e Banca d'Italia bisogna comunque notare che il debito era cresciuto di circa venti punti di PIL nel decennio precedente, nonostante tassi di interesse reali negativi nel nostro paese (ma anche a livello internazionale). In ogni caso le invettive di Nusca contro i risparmiatori che si comprano il debito italiano proprio non le capisco.