Una ''avvelenata'' iniziale
Non so voi, ma io di riforme costituzionali non ne posso più. Ero un pischelletto che faceva ancora l'università, nel lontano 1983, quando venne formata la prima commissione bicamerale, la Commissione Bozzi (me lo ricordo perché ho un caro amico con lo stesso cognome; no, niente a che fare con il politico). Da allora è stato uno stillicidio. L'unico progetto di una certa consistenza che venne effettivamente portato a termine fu quello che partorì la riforma del 2001; riforma brutta e inutile, a cui il progetto attuale tenta di porre rimedio.
La ragione per cui in questi trenta e più anni non è stato combinato quasi nulla, o si sono peggiorate le cose, è a mio avviso molto semplice. Le riforme costituzionali, nel pensiero e nell'azione delle classi dirigenti italiane, sono state usate principalmente per evitare di affrontare mediante ordinarissima legislazione i principali problemi, soprattutto economici, del paese. All'inizio degli anni Ottanta lo stato italiano aveva iniziato a macinare deficit annuali da più di 10% del PIL e l'inflazione stava sopra le due cifre. Era chiaro che, in assenza di mutamenti profondi soprattutto in tema di spesa pubblica, la situazione sarebbe diventata insostenibile. Ma intervenire sulla spesa pubblica è, da sempre e ovunque, molto costoso in termini elettorali. Diventa poi quasi impossibile quando il sistema elettorale è proporzionale, per cui ciascun gruppo sociale che beneficia di una qualche parte della spesa può con molta facilità trovare un partitino (o una corrente di partito) di riferimento nel governo che farà della sua difesa la propria ragione di vita. Pertanto non si intervenne, e la situazione marcì fino all'esplosione del 1992. Parlare di riforme costituzionali era allora, ed è adesso, un modo conveniente per i leader politici di far credere che si sta lavorando a qualcosa di serio e importante (La Costituzione! Le Regole del Gioco! I Princìpi Fondamentali!) senza prendere le decisioni difficili che vanno prese per raddrizzare un sistema insostenibile. ''Sempre meglio che lavorare'', come dice una flessibile battuta.
Ora, non fraintendetemi, non è che tutte le riforme istituzionali siano necessariamente roba poco rilevante. Per esempio, una profonda revisione del regime delle regioni a statuto speciale sarebbe molto utile e quanto mai opportuna, e lo sarebbe stata anche trenta anni fa. Ma non si è fatta, non si sta facendo con questa riforma, e non si farà nel futuro, dato che nessuno può permettersi di avere 5 regioni contro alle elezioni successive. E come non si è fatta la riforma delle regioni a statuto speciale, così non si sono fatte tante altre cose. D'altra parte, se lo scopo delle riforme costituzionali è dare l'impressione che si sta facendo qualcosa di serio e importante senza al tempo stesso risolvere alcun problema reale per evitare di perdere consensi, è ovvio che non ci si può attendere gran ché.
Questi trenta e passa anni di discussione delle riforme costituzionali non sono stati completamente inutili. Ci hanno anche regalato momenti di simpatica e autentica ilarità. Tra i più importanti vogliamo ricordare la divertente campagna condotta dal duo comico Ostellino-Tremonti (''OT'' per gli amici, ma anche off topic rispetto alla decenza), che a un certo punto individuò finalmente nel secondo comma dell'art. 42 (''La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti'') la causa di tutti mali della Repubblica. Vedete, fu la necessità di mantenere la funzione sociale della proprietà che impedì al povero Tremonti di mettere mano a liberalizzazioni e riduzione della spesa pubblica, altrimenti ne avremmo viste delle belle e il paese ora crescerebbe a tassi cinesi. Ma il maledetto comma 2 dell'art. 42 ha impedito tutto questo. Che tempi quelli, quante risate, quante discussioni dadaiste.
E la riforma dell'art. 81, quello sul pareggio del bilancio, ve la ricordate? Che cosa simpatica! Tutti, o quasi, i partiti che votarono a favore. Pensa un po', si dichiarava nella costituzione che il bilancio pubblico deve essere in pareggio ''tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico''. Una banalità ragionieristica, ma la facero passare per lo strumento chiave che avrebbe finalmente risolto il problema del debito pubblico. O che avrebbe definitamente seppellito il paese grazie alle feroci politiche restrittive, a seconda dei casi. Anche lì, quanto ci siamo divertiti, vi ricordate? Con i vari capipartito che su questa banalità cercavano di costruire la fama di austeri e arcigni guardiani del bilancio pubblico, pronti a dar lezioni ai tedeschi. E, dall'altra parte, gli eroici oppositori che rifiutavano la svendita della nazione alle banche, alle multinazionali e (poteva mancare?) al neoliberismo, capeggiati dall'imprescindibile prof. Rodotà. Affermazioni roboanti da una parte e dall'altra, alle quali un comico che andava di moda sempre quand'ero pischelletto avrebbe risposto con una famosa invocazione a Nostra Signora. Momenti impagabili, di autentico e contagioso buonumore.
E così, di risata in risata, arriviamo alla riforma odierna. Più o meno in linea con le precedenti, un tentativo di mostrare che si fanno cose importanti e risolutive senza fare assolutamente nulla di importante e risolutivo. Condita, anche in questo caso, dalle urla assordanti di quelli che si oppongono spiegando quali terrificanti sciagure si abbatterebbero sul paese se la riforma dovesse passare. Mi perdonerete se non ce la faccio a prendere tutte queste discussioni sul serio. No, non è vero che il principale problema dell'Italia nell'ultimo mezzo secolo è stato il bicameralismo e la lungaggine dei processi legislativi. È falso almeno quanto era falso imputare i problemi del paese all'art. 42. Il problema è che si sono continuate a fare pessime leggi perché le coalizioni politico-sociali dominanti (non parlo dei partiti, parlo proprio dei cittadini) così volevano.
No, non è vero che se si elimina il bicameralismo perfetto si precipita nella dittatura, veramente c'è bisogno di discutere di una cosa del genere? No, non è vero che il risparmio di 500 milioni l'anno di ''costi della politica'' (questa è la cifra propagandata dal fronte del sì, che presumo costituisca un limite superiore a qualunque stima realistica) sarà risolutivo dei problemi della finanza pubblica. Intendiamoci, anche un risparmio di un singolo euro è più che benvenuto e l'idea che finalmente gli inutili tromboni del CNEL smettano di succhiare soldi come pompe idrovore è unsaccobbella, ma alla fine della fiera i famosi 500 milioni sono meno dello 0,1% della spesa pubblica. Siamo nei dintorni dell'errore statistico di misura, o se preferite dello stormir di fronda dei tassi di interesse sul debito pubblico. Per attaccare sul serio la spesa pubblica devi ridurre la spesa pensionistica, e quello è suicidio politico, da cui l'esigenza di parlar d'altro. Infine no, non è vero che la maggiore lunghezza dell'art. 70 (quello che disciplina le competenze della Camera e del Senato) complicherà irrimedialmente lo scenario istituzionale. Bella scoperta che è più lungo, prima bastava dire che Camera e Senato fanno esattamente le stesse cose. L'eliminazione del bicameralismo perfetto resta comunque una buona cosa (anche se certo non risolutiva di nulla), anche se ora tocca specificare in costituzione cosa fa la Camera e cosa fa il Senato.
Conviene quindi lasciar perdere e non andare proprio a votare? Mi piacerebbe, ma purtroppo no, e la ragione è che il NO alla riforma non è equivalente al mantenimento dello status quo. Ci condurrebbe invece dritti dritti al ritorno al proporzionale più o meno puro, e questo sarebbe devastante. Ma andiamo per ordine.
Le conseguenze di un NO al referendum
Tra i vari compiti non svolti durante questa legislatura, perché si faceva troppa fatica, è la riforma elettorale del Senato. Qui bisogna fare un passo indietro e ricostruire con cura la storia, perché i dettagli, ancorché noiosi, sono purtroppo importanti. Quindi, vi chiedo un po' di pazienza. Allora, tutto cominciò nel cupo autunno del 2005, quando una banda che faccio molta fatica a non definire di delinquenti (Berlusconi, Bossi, Casini e Fini, in ordine alfabetico) ebbe la bella idea di cambiare la legge elettorale a pochi mesi dalle elezioni, e lo fece a colpi di maggioranza. Ci riuscirono in brevissimo tempo, con tanti saluti a chi ci racconta che è il bicameralismo perfetto la causa della lentezza legislativa. Il risultato del loro sforzo fu una legge elettorale orribile che ben presto tutti iniziarono a chiamare porcellum. Con il quale porcellum gli italiani elessero tutti contenti e giulivi non uno, non due ma ben tre parlamenti (nel 2006, 2008 e 2013), trovando nel frattempo il modo di far fallire, ancor più giulivi e con il più basso tasso di partecipazione mai registrato, alcuni referendum tesi a eliminarne almeno le caratteristiche più criminali della legge elettorale.
Ma a questo punto, colpo di scena! Si sveglia la Corte Costituzionale che, con eccezionale tempestività, a soli 8 anni dalla approvazione della legge porcata, il 4 dicembre 2013 la dichiara incostituzionale (incidentalmente, uno degli aspetti migliori della riforma costituzionale che quasi da solo mi fa propendere per il SI è che le nuove leggi elettorali possono essere sottoposte a giudizio di costituzionalità prima di entrare in vigore; si veda l'art. 73). Questo costrinse le forze politiche ad affrontare sul serio la riforma della legge elettorale. Nessun partito o coalizione aveva i numeri per governare o fare riforme, per cui si giunse, in un processo lungo e rocambolesco, con mezzo parlamento che intanto si spostava da un gruppo parlamentare all'altro, alla riforma chiamata ''Italicum'' per la Camera. Una legge pessima, di cui il meglio che riesco a dire è che almeno non è una legge proporzionale. Probabile che, date le forze in campo, non fosse possibile fare meglio, ma questa è una discussione per un altro giorno. In ogni caso, esausti dallo sforzo di riformare la legge elettorale per la Camera, i nostri cari parlamentari abbandonarono completamente qualsiasi sforzo di riformare la legge elettorale per il Senato, che grazie alla sentenza della Corte Costituzionale era diventata un proporzionale quasi puro. Tanto, ci venne detto, il Senato cambierà completamente con la riforma costituzionale e quindi di una nuova legge elettorale non c'è bisogno. Giusto, ma se poi la riforma costituzionale non passa? Eh.
E così arriviamo all'oggi. Dato l'ampio ed eterogeneo fronte che propende per il NO, il passaggio della riforma al referendum prossimo venturo è tutt'altro che scontato. Se il NO vincerà ci troveremo con un bel bicameralismo perfetto e due sistemi radicalmente differenti per eleggere le due camere, l'Italicum per la Camera e il proporzionale più o meno puro per il Senato. Per come stanno le cose ora, e se non intervengono cambiamenti legislativi, questo significa molto probabilmente ingovernabilità assoluta. Il M5S presumibilmente avrà, grazie all'Italicum, la maggioranza alla Camera mentre il proporzionale ci darà un Senato senza maggioranza, in cui comunque il M5S rifiuterà qualunque coalizione. È probabile tuttavia che dopo il NO la legge elettorale venga cambiata, reinstallando anche alla Camera un sistema proporzionale. Ritorno completo alla prima repubblica, con il M5S a fare la parte del PCI, destinato all'opposizione a vita, e tutti gli altri a fare la parte del pentapartito, destinati a gozzovigliare e malgovernare a vita. Eccetto, naturalmente, che ora il debito pubblico è immensamente più alto e che l'acquisto di consenso a colpi di deficit del 10% non è più possibile.
Tornare al proporzionale è l'equivalente di spostarsi da uno stagno fangoso per buttarsi direttamente nelle sabbie mobili. Se pensate che adesso il sistema politico sia lento, inadeguato e incapace di dar risposte ai problemi reali del paese, aspettate di avere defatiganti coalizioni governative con 6-7 partiti e uno stato di campagna elettorale permanete e poi ne riparliamo. Se pensate che adesso gli incentivi ad acquistare il consenso dei gruppi sociali più svariati a suon di spesa pubblica siano troppo forti, aspettate che torni il proporzionale e poi ne riparliamo. E se pensate che queste riforma costituzionale non sia abbastanza buona, aspettate di vedere cosa riesce a partorire un parlamento eletto con il proporzionale e poi ne riparliamo. Per quel che mi riguarda, il ritorno al proporzionale va evitato come un'epidemia di peste bubbonica. Questo è il principale motivo per cui voterò SI.
Ma più nel merito?
Una volta spiegato che il mio SI è strumentale a evitare un ritorno al proporzionale, resta la domanda: ma la riforma in sé è buona o cattiva? Per evitare di allungare un articolo già troppo verboso dico sempllicemente che su questo la mia risposta non si discosta da quella che su nFA ha dato Giovanni Federico: la riforma produce una situazione marginalmente migliore dell'attuale, senza produrre risultati roboanti. Ho trovato inoltre molto pertinenti le osservazioni di Roberto Bin, docente di diritto costituzionale a Ferrara; i lettori più affezionati ricorderanno un suo intervento su nFA ai tempi in cui, in pochissimi, combattevamo contro la porcata Alitalia. Come sfizio personale aggiungo che, da emigrato, sono dannatamente contento che vengano eliminati i senatori eletti all'estero, anche se purtroppo restano i collegi esteri per la Camera.
Due parole infine sugli argomenti per il NO apparsi su questo sito. Giovanni Accolla dice che il suo cuore ''batte per i sistemi proporzionali''. Fa quindi benissimo a schierarsi per il NO, dato che è proprio lì che la bocciatura della riforma ci porterà. Il mio cuore invece batte per il sistema australiano, o in alternativa il doppio turno di collegio, e il cervello mi dice che il proporzionale servirà solo a invischiare il paese ancora di più nella melma. Quindi voterò SI. Let's agree to disagree. Sull'articolo di Michele Boldrin, di nuovo rimando a Giovanni Federico, ma aggiungo una cosa.
Io ho completamente abbandonato la speranza che in Italia si possa attuare una qualche forma di federalismo responsabile. È assolutamente evidente, dopo più di un quarto di secolo di discussioni e tentativi, che gli italiani il federalismo non lo vogliono, punto e basta. Non lo vogliono né al Sud né al Nord. I partiti politici, a cominciare dalla Lega, riflettono semplicemente questa contrarietà generale della popolazione; basta guardare all'ostilità verso la tassazione degli immobili, che è la pietra angolare di qualunque federalismo fiscale minimamente funzionante e responsabile. Quindi no, non mi si può venire a dire che questa riforma è da rigettare perché non attua il federalismo responsabile e ben disegnato che piacerebbe a me, Michele Boldrin e forse un altro 0,5% dell'elettorato italiano. Quella cosa lì non ci sarà e non ci può essere per la elementare ragione che gli italiani, in stragrande maggioranza, non la vogliono. Questa riforma corregge le assurdità sulle competenze condivise introdotte nella riforma del 2001, che francamente su questo punto sembrava scritta da liceali che si erano fatti troppe canne (si dice ancora ''canne''?). Nel farlo, rende il paese un po' più centralista e un po' più razionale. Meglio così piuttosto che le altre alternative possibili. Per le alternative ideali ma impossibili ci possiamo sempre trovare in qualche convegno.
... mi prendo il lusso del primo commento. Che è per parti
1) L'analisi storica di Sandro io la condivido al 99% (vedi sotto al punto 2) per l'1% che non condivido). Essa implica, in particolare, che quasi tutte le ragioni "non di politica contingente" ma "di merito" adotte per il approvare questa riforma costituzionale non reggono, sono fondate su delle balle. Concordo. Questa riforma è l'ennesima pagliacciata in cui si fa finta di introdurre un cambiamento epocale ed invece si cambia nulla di sostanziale ed i problemi rimangono invariati. Conseguenza logica: è una presa in giro che convincerà il "popolo" che la soluzione è stata trovata mentre così non è. Produrrà, quindi, speranze infondate che, anni dopo, tali si riveleranno. Se ad un malato diamo un placebo convincendolo d'avergli dato la cura gli facciamo del male (in certi paesi comettiamo un crimine) perché lo convinciamo a non cercare più una cura, problema risolto. Invece no, problema non risolto ed aumentiamo la probabilità che muoia. Conclusione: vuotare per il SI implica aumentare le probabilità che l'infermo muoia. QED.
2) L'unica ragione sostanziale per votare SI, se leggo bene, è che così salta il proporzionale. A dire il vero Sandro aggiunge altre ragioni, marginali, per il SI ma, su quelle, ritorno al punto 3) successivo. Questa, se non sono diventato ebete, è la ragione chiave. Bene, Sandro accetta un punto chiave della mia riflessione svolta qui: che la riforma costituzionale è parte chiave dell'Italicum, legge elettorale che eliminerebbe il proporzionale. Proviamo a concentrarci su questo punto perché qui ci sono due voli pindarici, anzi tre: uno logico, uno storico ed uno di contingenza politica. Vediamoli uno alla volta.
2.1) Volo pindarico di contingenza politica: il folle sistema elettorale che l'Italicum costruisce rischia, oggi come oggi, di consegnare il paese ai grullini con i voti della destra rancida, quella di Salvini e soci. Se a Sandro questa sembra una buona idea vuol dire che anche lui s'è iscritto al partito del "tanto peggio tanto meglio". Io non ancora, anche se son spesso tentato dal farlo. Sia come sia, meglio essere chiari: nella contingenza attuale l'Italicum elimina il "maledetto proporzionale" e consegna il paese a dei pazzi. Devo aggiungere altro? QED
2.2) Volo pindarico storico: la causa di tutti i mali è il sistema proporzionale. Questa è una tesi ancora di moda fra gli economisti che s'interessano di economia politica e che venne propagandata, a suo tempo, da svariati colleghi, Guido Tabellini in primis. A me è sempre sembrata indifendibile sul piano storico. Il proporzionale, di per se, ha implicato nulla. Un commento sul blog non è il luogo per scrivere un paper che non ho mai scritto sul serio ma basta guardarsi intorno per vedere decine di paesi che vivono decentemente con un sistema proporzionale. La frantumazione partitica italiana è prodotto di un sistema sociale frantumato che i partiti politici non riescono ad "aggregare", non viceversa. Durante i quasi tre decenni della grande crescita italiana (dal 1946 a inizio anni '70) l'Italia ha vissuto decentemente con il proporzionale. Dal 1994 circa ad oggi abbiamo di fatto eliminato il proporzionale, sia pure in modo imperfetto, ed abbiamo fatto peggio. Non esiste alcuna evidenza storica che il proporzionale, nelle sue mille forme anche corrette come in Spagna e Germania, faccia i danni che molti gli attribuiscono. I danni vengono da una situazione sociale ed una cultura politica che non riesce ad aggregare gruppi sociali consistenti su progetti di riforma. Fare finta che il proporzionale sia la causa di tutti i mali è fantasia: Berlusca (o Prodi) governarono senza proporzionale eppure fecero meno e peggio dei governi degli anni '50 e '60 che si reggevano sul proporzionale. Che alcuni, non buoni, papers di venti o trenta anni fa continuino ad essere la fonte di una pseudo-verità acquisita mi sembra pericoloso assai. Certamente è un falso storico, sul quale non mi sento di fondare il voto. Diciamo che, in questo caso, finisce uno a uno, l'argomento storico non sostiene né l'uno né l'altro voto. 1-1 QED
2.3) Volo pindarico logico: l'Italicum creerà la tanto agognata aggregazione stabile al governo? Ho articolato nel mio articolo iniziale le ragioni concrete per cui questa previsione logica mi sembra francamente insostenibile. Sino ad ora nessuno mi ha risposto, quindi l'argomento resta. E lo ribadisco: uno sguardo anche solo sommario alle democrazie occidentali che contano (USA, UK, Germania, Francia, Spagna ...) suggerisce che un processo di frantumazione sociale e politica sia in corso. Su questo sentiero l'Italia è "avanti", nel senso che da noi la frantumazione sociale e politica è in atto da tempo. Cosa fa credere ai sostenitori del SI e quindi dell'Italicum che quella roba lì costruirà coalizioni di governo basate sul binomio "destra-sinistra" stabili" ? Nessuno me l'ha ancora spiegato. Io attendo paziente ma ricordo che, chiaramente, dentro al PD si sta formando di nuovo il "PCI" o come lo volete chiamare. La destra è frantumata in due parti ed in "mezzo" c'è pure il M5S. Io conto almeno 5 aggregazioni politiche fra di esse ostili, più quel rutto chiamato "Centro" che, in reverse alphabetical order, Zanetti, Verdini, Fini, Alfano ed altra immondizia umana e politica sta cercando di creare. Se qualcuno pensa che da questa variegata subumanità, per magico effetto dell'Italicum, possano uscire coalizioni di governo stabili io vorrei sapere cosa vi fumate che compro anche io. QED
3) Le ragioni nel merito. Ho letto la cosa di Mister Bin e, francamente, non ci ho cavato un beato nulla. Mi sembrano chiacchiere vuote d'un azzeccagarbugli fra i tanti che proliferano nel bel paese. Qualcuno, più astuto di me in diritto costituzionale, mi spiegherà where the biting is, i miei denti non l'hanno afferrato. Il fatto è che, per impossibile che sia il federalismo, il problema della divergenza territoriale italiana e del parassitismo del Sud non viene certo eliminato dalla decisione di ignorarlo. I burocrati romani hanno CREATO la Lega Nord e tutto il resto governando, dal centro, la spesa pubblica per circa 40 anni. Cosa fa pensare a Sandro che nel futuro andrà meglio? Altro argomento non vedo e, con tutto il rispetto che ho verso Giovanni Federico, non mi pare proprio che il suo intervento abbia risposto alla sostanza del mio. Giovanni sostiene un argomento di contingenza politica, legittimo ma (vedasi 2.1 sopra) a mio avviso perdente. QED
Rimane il dovere dell'intellettuale che, m'interessa dirlo, noi abbiamo il dovere di assolvere. E questo dovere, sulla base di quanto detto, mi spinge a ribadire che nulla in quanto argomentato da Sandro e Giovanni risponde alla questione di fondo: il paese non ha rotta, non ha visione, non ha meccanismi istituzionali capaci di creare incentivi per aggregazioni sociali riformatrici. A fronte di tutto questo la riforma Boschi e l'Italicum sono solo una gigantesca pippa piena di oppio. Fumare oppio, quando stai muorendo di cancro, rende allegri e fa sorridere per un po' di tempo. Ma favorisce la morte sicura in un arco di tempo relativamente breve per assenza di cure e per abbandono d'ogni sforzo di trovarle.
Preferisco che il malato non fumi dell'oppio ma riceva una bella sberla che gli ricordi che sta morendo di cancro e che, al momento, non si sta curando. Se poi decide di morire lo stesso, cazzi suoi. Io, che di professione faccio il medico, il mio dovere l'ho fatto: gli ho detto di curarsi per davvero e smetterla di fumare dell'oppio, per toscano che esso possa essere.
se permetti non ho nessuna voglia di trovarmi di fronte all'alternativa fra grande ammucchiata e grillini (o magari grande ammucchiata ora e grillini nel 2018) solo perchè tu vuoi fare il puro ed il duro. In ambedue i casi, se vince il NO comunque il malato sarà illuso: dalla grande coalizione per le ragioni dette da Sandro (finchè durano i soldi) e dai grillini per definizione. Sono molto peggiori di Renzi perchè spacciano illusioni molto più pericolose -quella che il problema sia la Ka$ta e non gli italiani.
Non rispondo all'analisi storica - devo finire di preparare una lezione. Comunque ti ricordo che il deficit è iniziato ad aumentare dopo la creazione delle regioni a statuto ordinario (1973). Sandro ha già messo il dito nella piaga: le regioni in Italia sono un centro di spesa clientelare, non di entrate. Potremmo parlare per mesi sul federalismo ideale ma questo è quello reale.
E non mi sembra che ci sia da preoccuparsi dell'Italicum: ormai tutti vogliono ca
as usual nelle discussioni sul tema referendum, è perentorio e difficile da confutare.
In ogni caso, mi pare a questo punto la discussione sia davvero il metagaming di cui parla Capaneo. Se avessi tempo, ciò che adesso non è, farei una sommaria elencazione dei difetti "tecnici" della riforma, dopo di che sarebbe bello un confronto su di essi, sine ira ac studio.
se vincesse il "combinato disposto", affinchè ci sia un governo 5s il 50%+1 dei votanti al secondo turno deve mettere la crocetta sul loro simbolo,. Per quanto possiamo pensare che questo sarebbe una male per il paese, sarebbe la volontà dell'elettorato.
Ritengo che in un'ottica di piena separazione dei poteri, il potere legislativo debba fare le leggi e solo le leggi. Per questo compito il proporzionale è il massimo della rappresentatività possibile, perchè tutti hanno diritto di tribuna delle idee e devono trovare il consenso su ogni specifico punto (legge).
Invece il potere esecutivo è altra cosa. Io eliminerei la fiducia parlamentare ed eleggerei l'esecutivo direttamente (fiducia popolare). Ovviamente con un sistema maggioritario. Chiaro che però dobbiamo indenderci su quali compiti siano affidati al potere esecutivo. E naturalmente dovrebbero essere scritti nella Costituzione. Cosa che ora manca. Provate a cercarli. Non troverete nulla. Trovate come viene nominato il governo, fiduciato o sfiduciato ma cosa fa è un mistero che i padri fondatori si sono portati nella tomba. Se c'è una cosa da chiarire nella Costituzione è proprio questa: gli ambiti di autonomia ed i rispettivi compiti dei poteri.