Titolo: Favole & Numeri
Autore: Alberto Bisin
EGEA, 2013
Andrea Moro: Qualche settimana fa Alberto rivelò di aver scritto un libro sull'economia. Si limitò a mostrarmi la copertina (per evitare le mie critiche - non sapevo di incutere tali paure), così, per vendicarmi, gli dissi che avrei preferito alla figura di Pinocchio quella di un principe nudo. Se per questo motivo le schizzinose signore di buona famiglia non avessero comprato il libro, come lui sosteneva, sarebbe bastato cambiare il titolo in "Fifty shades of economics" (Cinquanta sfumature di economia).
Alberto Bisin: La mia non era insicurezza (o almeno non solo). È che Andrea sa essere estremamente duro - alcuni suoi commenti nel corso degli anni me li ricordo ancora "ma che cazzo vai a fare alla banca del Portogallo, tre giorni persi. Lavora piuttosto che è un po' che non produci nulla di buono." Mi aspettavo "Ma quanto c.zo di tempo ci hai messo a scrivere sta cagata. Vabbé che stavi ad Abu Dhabi ma sempre tempo perso è". Poiché ne ho "perso" tanto di tempo, non mi andava che Andrea lo rimarcasse in modo brutale.
AM: Il libro non è soft-porn ma è scabroso, parecchio. È scabroso perché sostiene senza mezzi termini che l'acqua tutto sommato sarebbe meglio privatizzarla. Che i manager non sono pagati troppo, che gli speculatori sono utili e che se, dopo la crisi finanziaria i banchieri si sono pre-pensionati nella villa a Long Island occupando il tempo libero sui campi da golf, tutto sommato gli è andata male. Insomma, cose di questo tipo.
AB: Diciamo che almeno non è ovvio che i manager sono pagati troppo.
AM: In un passaggio particolarmente risqué, parla male persino di Draghi. Il tutto condito da una introduzione in cui l'autore se la prende pure con chi lo definisce liberista.
AB: Haha, anche Tonia Mastrobuoni ha notato questo punto nella presentazione del libro a Trento. Dichiaro qui il mio amore incondizionato a Mario Draghi e ai suoi annunci. Ma è vero che la politica della BCE mi è parsa spesso un po' troppo discrezionale e mi permetto umilmente di notare che dovesse essere costretto a utilizzare il bazooka (il programma di supporto/acquisto di debito sovrano, anche se condizionale), non avrebbe strategia di uscita, si passerebbe la palla con il FMI su chi debba staccare la spina o minacciare di staccare la spina.
AM: Nonostante questo, il tono è paziente e non arrogante, simile allo stile cui Alberto ci ha abituati nei suoi editoriali. Non è un manuale di economia, e da per scontata la conoscenza di concetti abbastanza astrusi per i comuni mortali, come bolla finanziaria, titoli over the counter, credit crunch e così via.
AB: Vero, guilty as charged.
AM: Pur saltando alcuni passaggi ha il pregio di essere un libro piuttosto sottile e leggibile in poche ore. È certamente uno dei migliori libri divulgativi dell'economia che io abbia letto, ma essendo questa recensione amica su terreno amico, cercherò di spulciare qualche difetto.
AB: Bene, che sennò divento rosso.Come dicevo, i complimenti da parte di Andrea sono rarissimi ed inaspettati. Fossi in voi lo comprerei veramente questo libro.
AM: L'introduzione si sofferma su una riflessione sul significato della parola economista e delle etichette ad essa associate e tanto care al commentatore italiano: keynesiano, liberista, etc..., etichette che spiazzano un po' chi lavora in ambiente accademico, dove quelle parole non vengono praticamente mai pronunciate. Mi sarebbe piaciuto che Alberto avesse riportato una metafora che paragonava l'economista al giornalista sportivo che cerca di prevedere il risultato di una partita di calcio. Poco male, la potete leggere qui su nfa.
AB: Haha è vero, mi ero scordato del post sul calcio., mi pareva che la metafora del medico funzionasse meglio. Non ce ne sono due che interpretano i dati allo stesso modo (a meno che la diagnosi non sia praticamente auto-evidente). Ci hanno abituato spesso ad inversioni ad U sull'utilità medica di alcune medicine o pratiche di vita, dal jogging al fumo, all'alcool (il vino rosso dei francesi), al sale nei cibi,.... ma ciò non significa che andare a curarsi da uno stregone sia cosa raccomandabile.
AM: La narrativa del libro sostanzialmente categorizza l'economia in due sfumature: ci sono le favole e i modelli, i numeri e i dati, gli economisti (sottinteso: accademici) e gli altri sedicenti tali. Ai sedicenti tali che raccontano le favole incoerenti e riportano numeri sparati a caso, gli economisti veri contrappongono ragionamenti basati su modelli matematicamente coerenti, e dati analizzati con il rigore dell'econometria. Tranquilli, il libro non contiene nessuna tabella e nessuna equazione, ma Alberto fa del suo meglio per ragionare assieme al lettore e spiegargli da che parte deve stare, usando vari esempi concreti. Due sole sfumature, dicevo e questo credo sia il maggiore difetto del libro, perché l'economia di sfumature ne ha di più. Nessuna di esse è una via di mezzo fra la favola ed il modello. Le favole restano favole e vanno smascherate. Ma la dicotomia mi lascia a disagio.
AB: Capisco, ma ogni tanto è necessario tagliare le cose col coltello invece che col bisturi. Il libro ha l'obiettivo di essere letto e mi pareva che la sfumatura dicotomica fosse già un po' estrema, visto che il lettore medio non ha mai visto un modello e la differenza tra numeri e dati è al più metafisica (e chiaramente un po stretched).
AM: Mi spiego. Alberto di lavoro fa principalmente ricerca teorica, ed il libro ne risente. Per esempio, a pagina 42, si chiede se vi sia troppa finanza al mondo. "Questa è una questione teorica, non empirica", sostiene Alberto. Troppa rispetto a cosa? "Troppa rispetto all'allocazione efficiente dell'attività economica tra diversi settori". Il ragionamento continua discettando sui possibili fallimenti del mercato finanziario che possano giustificare l'intervento pubblico, come per esempio quello dell'istituzione di un'assicurazione sui depositi, che ha diversi costi e benefici. Tutto giusto, salvo il fatto che una volta stabilito in via teorica che un intervento pubblico sia necessario, si rende necessaria una valutazione, necessariamente empirica, di quei costi e benefici. E qui cominciano i problemi (e le altre sfumature), perché la valutazione empirica dell'opportunità di una certa policy dipende alla fin fine da come questa analisi empirica viene intrapresa, da quali assunzioni vengono considerate, da come vengono considerati i dati, e così via. Il dibattito economico in accademia è per la gran parte di questo tipo, e il libro non rivela granché questa sostanziale incapacità, da parte dell'economista accademico, di effettuare, in molti casi, una raccomandazione di policy basata su un consenso diffuso.
AB: Concordo. È vero che probabilmente dal libro appare una visione dell'economia che in cui gli economisti appaiono maggiormente concordi di quanto non siano. Un po' baro, è vero. Perché mi pare che il lettore non comprenderebbe il senso delle nostre battaglie su metodo, identificazione, etc. Ma non è solo questo. È che un mucchio di economisti non si comportano come tale quando prendono posizioni sul mercato intellettuale in generale. Questi ci fanno apparire più in contraddizione e in lotta di quanto non siamo veramente. Volevo provare a suggerire al pubblico che il modello di riferimento del Krugman del NYTimes non è più usato da nessuno in accademia da 40 anni e che Krugman non lo ha mai usato nei suoi lavoro accademici.... Mi sembra che il messaggio sia quello giusto, ma hai ragione anche tu che ci sono molte più sfumature di quelle che io rappresento nel libro ed alcune di esse sono molto importanti per l'analisi anche di politica economica, su temi importanti ed attuali.
AM: Esempio più concreto: l'Italia dovrebbe uscire o meno dall'Euro? Alberto smaschera alcune favole sul tema, ma resta il fatto che gli economisti (quelli veri) non sono nemmeno d'accordo su cosa sia davvero la moneta, e che effetti abbia il suo controllo. Esistono dibattiti decennali su quale sia il target monetario da adottare, quali siano le aree valutarie ottime, dibattiti che alla fin fine possono informare la scelta politica, ma sono lontani dal fornire risposte univoche. Con questo non significa che quelle di Barnard non siano favole, ovviamente. Resta il fatto che la verità ha tante sfumature e che non è per niente chiaro e quale sia quella giusta finisce per essere un giudizio spesso politico.
AB: Concordo, come sopra. Ma mi pareva, specie su questo tema, discutere delle questioni di prim'ordine e poi dei dettagli, pur importanti. E la questione di prim'ordine, qui è quella che Fabio Scacciavillani ha chiamato (e io ho rubato il nome, citando) della "moneta filosofale": che basta giocare col valore dei soldi e si risolvono problemi reali la cui soluzione alternativa genererebbe lacrime e sangue. Non è vero, non è così, è importante che si dica chiaro e forte.
AM: Il libro, insomma, non rivela la distinzione fra l'economista-accademico e l'economista-blogger. Per prendere a prestito un esempio tratto da un mio recente post (http://noisefromamerika.org/articolo/soldi-carrette-versione-italiana), l'economista accademico si chiede "che effetti ha avuto sulle vendite di auto il programma di incentivi instaurato da Obama nel luglio e agosto 2009"?. Passi il fatto che anche domande molto precise come questa possono ricevere risposte diverse a seconda dei dati analizzati, dalla procedura scelta, etc... Ma supponendo anche che un consenso sia raggiunto fra gli studiosi, il blogger prende spunto da quel che conosce da questo e altri studi per suggerire quali effetti possano avere gli incentivi all'edilizia proposti dal governo Letta. Il salto non è da poco, le sfumature sono potenzialmente tante. Non che sia sbagliato farlo, questo salto, ma il disagio c'è, almeno per me: a questo livello di astrazione diventa difficile sostenere che gli altri, gli economisti "finti", abbiano per forza torto, salvo casi di eccezionale incoerenza e sprezzo per l'evidenza empirica (caso concreto: Tremonti, da noi smascherato, ma c'è voluto un libro ed un sacco di lavoro). È difficile perché esistono, a livello teorico, mondi o situazioni in cui possono avere ragione e il giudizio sull'evidenza empirica che serve a dargli torto è, nella testa dell'economista-accademico-fattosi-blogger, basato più su impressioni personali che su un concreto approccio scientifico.
AB: Si vede, si vede. È vero che spesso esistono mondi possibili in cui tutti o quasi possono aver ragione. Ma la probabilità che ce l'abbiano non è la stessa. E il modo in cui presentano il mondo possibile (spesso come l'unico possible) spesso rivela il processo mentale e, se del caso, una possibile disonestà intellettuale.
AM: Ma non vorrei dare un'impressione sbagliata. Studiare l'economia seriamente allena a fare chiarezza su alcuni ragionamenti fondamentali, ed il libro è pieno di esempi cristallini. Il problema del dibattito Italiano (economico, ma non solo), è che la chiacchiera prevale sul ragionamento più che in ogni altra parte del mondo. Stimolare il cambiamento di una simile cultura non può che giovare al paese. Il libro ha un altro pregio inequivocabile: contribuisce a diffondere l'idea che il liberismo non è l'ideologia dei padroni, e che in ogni caso l'Italia è ben lontana dall'essere un paese liberista. Che una minore presenza dello stato non può che far bene a tutti quelli che non godono dei privilegi della mano pubblica. C'è bisogno di un libretto rosso per i militanti di un movimento liberale popolare e di massa, cosa mai esistita non dico in Italia, ma credo in nessuna parte al mondo.
AB: Il libretto rosso lo lascio a te. O forse dovremmo scriverlo tutti assieme.
AM: All'autore non piace l'etichetta di liberista, a ragione: il liberismo in Italia non ha mai gradito grossa fama. Il liberismo all'amatriciana ha avanzato le libertà di pochi di perpetuare i propri interessi particolari, in sprezzo alle esigenze della collettività. Scalfire queste convinzioni, convincere che meno stato nell'economia non può che fare il bene di tutti, in un paese si è inculcata in tutte le salse l'idea che la torta da dividersi sia fissa, non è cosa da poco.
AB: A me quello che da sui nervi dei liberisti è che se si accorgono subito (e giustamente) delle sbavature dello stato, si scordano troppo spesso che i mercati è bene che siano perfettamente concorrenziali e che le imprese tendono invece a cercare potere di monopolio. Un esempio ovvio: all'inizio della questione ILVA Oscar Giannino, liberista extraordinaire, si gettò contro i giudici a favore della proprietà, posizione che ogni italiano di buon senso non accecato dall'ideologia si sarebbe astenuto dal sostenere, sapendo ben quante porcate il management e la proprietà di grande imprese tende a fare. E sì, anche il nome "modello superfisso" ho rubato (citando), questa volta da Sandro Brusco. È ovviamente una delle favole più importanti. L'ho usato soprattutto quando discuto del mercato del lavoro.
AM: Per questo, consiglio vivamente a tutti, scettici e non, la lettura di questo libro di facile lettura.
AB: Anch'io :)
Oh, ma quando è stato lo U turn sul fumo? Vuol dire che adesso uno può fumare senza preoccuparsi?
e' buono e fa bene. lo dimostro' il professor salietabacchi nel corso del ministero Minghetti.
Ci fa un baffo con la stantuffo e due pippe controvento il terrorismo mediatico del Fuehrer e dei suoi amichetti, diceva winston...