Ancora su Craxi (II). Debito pubblico e inflazione

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In questo secondo post ci concentriamo su alcuni aspetti della politica economica dell'era Craxi. Ci preme in particolare ricondurre su binari minimamente seri la discussione sulla discesa dell'inflazione, un merito che viene quasi universalmente, e a nostro avviso erroneamente, attribuito a Craxi.

Craxi non ereditò una situazione spaventosa

Nel 1980, quando Craxi diventa indiscusso mattatore della scena politica, il rapporto debito PIL era pari al 56,9%. Nel 1983, quando Craxi divenne primo ministro, era già pari al 68,9%. Livelli alti, ma per nulla insostenibili. Stabilizzare il rapporto debito/PIL nel 1980, o anche solo nel 1983 era perfettamente possibile. Non solo era possibile, in nessuna delle principali economie europee si verificò un'esplosione del debito comparabile.

Alla metà anni '80 l'economia italiana stava esibendo bassi tassi di crescita da più di un decennio, ossia dalla prima crisi petrolifera. Era ovvio a tutti che un periodo in cui l'economia cresce al 3% fosse il meglio che ci si potesse attendere, ed era quindi altrettanto ovvio che quello era il momento di iniziare a stabilizzare, e possibilmente ridurre, il rapporto debito/PIL. La letteratura sul tema, in quegli anni, è letteralmente smisurata. Entrambi ricordiamo un giovane Giavazzi che ci scrive sopra quasi maniacalmente, assieme alla grande maggioranza degli economisti europei ed americani. Murray Weidenbaum abbandonò la presidenza del Council di Reagan proprio perché il Presidente rifiutava di tagliare abbastanza le spese e faceva crescere il debito!

Certo, la disoccupazione era alta e rimase alta per tutto il periodo, in verità non solo in Italia. E allora? Ripetiamo, anche quelli che credevano nelle ricette keynesiane comunque consigliavano spesa per investimenti. L'idea che la disoccupazione si curi creando un gap permanente tra spesa corrente ed entrate correnti e facendo crescere il rapporto debito/PIL anche nei periodi di espansione è totalmente estranea a qualunque teoria economica. Peraltro, l'espansione della spesa pubblica del periodo non conseguì certo gli effetti sperati. La disoccupazione restò alta per tutta l'era Craxi e salì dal 7,4% nel 1983 fino al 9,6% del 1987.

No, Craxi non ereditò una situazione difficile. Fu lui, assieme ai suoi sodali, a rendere la situazione difficile accrescendo il debito, accrescendo la spesa e non affrontando alcuno dei nodi strutturali che bloccavano la crescita del paese. Il fatto che negli anni in cui fu primo ministro la pressione fiscale non aumentò è un ben scarso merito. Il nodo era la spesa. Se non si bloccava quella la pressione fiscale era destinata a crescere prima o poi, e infatti crebbe. Visto lo spaventoso deficit di bilancio degli anni di Craxi, nettamente più alto del resto della decade, la posticipazione dell'aumento della pressione fiscale può solo essere classificato come l'ennesima meschina furberia. Che il paese pagò a caro prezzo, dato l'elevato livello dei tassi reali.

E, parlando di tassi reali, ci preme sottolineare questo pezzo di Luciano con il quale siamo completamente d'accordo.

 

Ma qual era esattamente la situazione del monetario ? L'Italia era entrata nel G-7 nell'ottantacinque, quindi alcuni aspetti delle sue politiche erano sicuramente coordinate con gli altri paesi industrializzati e pertanto finivano per sfuggire al controllo del governo. A metà degli anni ottanta, c'è da aggiungere, che il dollaro si deprezzò e fu più difficile esportare. L'Italia complessivamente beneficiò di una riduzione dell'inflazione, di una discesa dei tassi nominali, ma, e qui è il punto, a differenza della Germania, non di un calo del livello di quelli reali, ovviamente con riferimento al debito pubblico. I tassi reali da noi resteranno il doppio del tasso di crescita dell'economia.

 

Ecco, appunto. A parte l'errore di prospettiva sul dollaro (che si era apprezzato follemente dal 1982 al 1985 e semplicemente tornò a valori ragionevoli dopo di allora) i tassi d'interesse restarono alti esattamente perché l'Italia si stava indebitando alla grandee i prestatori pretendavano un premio al rischio. Anche questa non era una novità, era anzi un fatto molto ben compreso in quel periodo. Quindi la crescita del debito aveva chiari effetti restrittivi perché aumentava i tassi d'interesse reali. Si scelse, volontariamente e consapevolmente, di continuare su quella strada, creando danni enormi per l'economia sia allora sia per decenni a venire.

Craxi e l'inflazione

Ci sembra noioso ritornare su questo punto, perché a noi sembra ovvio, ma alcuni dei commenti all'articolo precedente di Sandro nonché vari commenti apparsi sulla stampa suggeriscono sia necessario farlo. Sentiamo ripetere a destra e a manca che Craxi sconfisse l'inflazione. Un esempio è dato da questo articolo del Sole 24 Ore a firma di Carabini che si apre con questa stupefacente affermazione:

 

Un obiettivo centrato in pieno: la disinflazione. Un altro mancato ma non trascurato: l'aggiustamento dei conti pubblici. È questo il bilancio dei due governi guidati da Bettino Craxi tra il 1983 e il 1987 per la politica economica. La battaglia contro l'inflazione fu vinta per meriti propri (il decreto di San Valentino e il successo nel referendum sulla scala mobile) e grazie alla caduta del prezzo del petrolio.

 

Chi ha letto il post precedente sa quanto sia grottesca e surreale la tesi di un Craxi che ''non trascura'' l'aggiustamento dei conti pubblici. Ma anche sulla disinflazione, sembra che sia proprio necessario partire dagli elementi di base. Ricordando, ad esempio, che la correlazione è cosa diversa dalla causalità, e che il fatto che l'inflazione sia scesa in quegli anni non implica che sia scesa per atti specifici del governo. Anche perché l'inflazione italiana cominciò a decrescere nel 1980-81, ossia svariati anni prima dell'accordo sui punti di scala mobile!

Cominciamo con il ricordare un paio di fatti. Il primo, che speriamo non sia particolarmente controverso, è che l'inflazione persistente nel tempo è sempre e comunque un fenomeno monetario. Il secondo è che l'espansione del debito pubblico, anche se non immediatamente finanziato con moneta, può produrre effetti inflazionistici (questo è lungo da spiegare in un post, quindi rimandiamo a Sargent and Wallace, Some Unpleasant Monetarist Arithmetic, per la teoria e all'America Latina per una molteplicità di esempi). Curiosamente, invece, Carabini e quelli che con lui cantano le lodi di Craxi disinflazionista dimenticano completamente sia il ruolo svolto dalla politica monetaria sia le implicazioni dell'alto debito pubblico che si andava allora creando.

Negli anni Ottanta l'inflazione scese più o meno dappertutto. Qui potete vedere l'andamento dell'inflazione nei G7. L'Italia partiva da un livello più alto degli altri e ci mise di più, ma essenzialmente seguì con un po' di ritardo il trend generale. Il motivo della discesa dell'inflazione a livello internazionale non è particolarmente controverso; fu la conseguenza di una forte restrizione monetaria da parte delle banche centrali, partendo dalla Fed di Volcker fino ad arrivare alla Banca d'Italia di Ciampi, che negli anni Ottanta acquisì maggiore indipendenza e smise di finanzare massicciamente il debito pubblico con emissione di moneta.

L'inflazione italiana, che partiva da valori superiori alla media, scese meno che negli altri paesi. A nostro, neanche tanto umile, avviso una delle ragioni fondamentali per cui questo successe è proprio il debito pubblico che Craxi&Co. stavano facendo montare. Poiché gli operatori privati, in classica monetarist arithmetic, si aspettano monetizzazione di tanto ed insostenibile debito, i tassi nominali rimasero particolarmente alti e i prezzi non rallentarono tanto quanto ci si sarebbe potuto attendere guardando unicamente alla politica monetaria. La convergenza nei tassi d'inflazione si completò solo quando il processo di adesione all'euro iniziò in modo convincente e le aspettative di monetizzazione del debito si affievolirono (sino a svanire con l'entrata nell'area euro). Tutto questo, fra chi si occupa di politica economica italiana dell'ultimo trentennio, è piuttosto noto e banale. Ma, temiamo, i giornalisti economici i papers degli economisti o non li leggono o non li capiscono ... ed allora dagli con le fregnacce.

La storiella di Craxi che sconfigge l'inflazione deriva dall'alta visibilità politica del decreto di San Valentino 1984 e dalla furibonda lotta politica che a seguito del decreto esplose tra PCI e CGIL da una parte e Craxi, spalleggiato da CISL e UIL, dall'altra. L'alta intensità politica dello scontro sembra aver fatto dimenticare a tutti quanto limitato sia stato l'intervento di quel decreto e quanto improbabile sia la tesi che grazie ad esso venne ''sconfitta l'inflazione''. Il decreto del 1984 eliminò una tantum 4 punti di scala mobile. Speriamo di non dover spiegare perché una eliminazione una tantum può solo agire sul livello a un dato periodo e non sul tasso di crescita dei prezzi nei periodi futuri. Per il resto ci furono vari interventi successivi di indebolimento del meccanismo (per esempio il pagamento dei punti di contingenza passò da trimestrale a semestrale) ma la scala mobile rimase nella sua struttura essenziale e venne abolita solo nel 1992.

Quindi i fatti sono questi. La restrizione monetaria stava facendo decrescere l'inflazione in tutti i paesi industrializzati. Il governo italiano intervenne in modo abbastanza marginale sul meccanismo di scala mobile; anche assumendo che l'indicizzazione dei salari possa avere effetti di breve periodo sull'inflazione, la dimensione dell'intervento non fu certamente tale da generare la discesa dell'inflazione osservata, discesa che era comunque iniziata da ben 4 anni! L'intervento della scala mobile ebbe probabilmente un impatto di breve periodo sulla ripartizione del reddito tra lavoro e capitale, ma anche in tal caso non fu gran cosa. E, alla fine della fiera, anche la momentanea vittoria di Craxi sul PCI, che era la vera posta in gioco, non generò gli effetti di lungo periodo desiderati.

Non vi è alcuna ragione, né teorica né empirica, per sostenere, come abbiamo visto fare, che in assenza di quel taglio, avremmo avuto un maggior aumento della disoccupazione e/o una (ancor maggiore!) crescita del debito pubblico. Per quanto riguarda quest'ultimo, in particolare, essendo la spesa pubblica endogena e decisa sulla base di considerazioni di political economy, si potrebbe tranquillamente sostenere che aumentò di più proprio a causa del taglio dei quattro punti di contingenza. Il meccanismo potrebbe essere stato (sottolineiamo il "potrebbe": il ragionamento è ipotetico ma, almeno, basato su ipotesi di political-economy semplici e chiare) il seguente: per compensare il lavoro dipendente della perdita secca di reddito reale che il taglio induceva, il governo potrebbe avere aumentato la spesa pubblica a favore dei lavoratori dipendenti più di quanto avrebbe fatto altrimenti! Ma queste sono speculazioni a margine di un intervento che comunque non fu certo di grandi dimensioni.

Craxi non aveva alcun progetto riformista

A conclusione di questa disanima della politica economica consentiteci di ammettere il nostro stupore di fronte al fenomeno dei ''nostalgici di Craxi''. Non stiamo parlando dei politicastri che usano la riabilitazione di Craxi per rifarsi una verginità, alla Cicchitto o De Michelis per intenderci. Nemmeno stiamo parlando dei servi nei media alla Minzolini. Le motivazioni di questi signori sono trasparenti, per quanto rivoltanti.

No, stiamo parlando di quelle persone che si ostinano a credere in buona fede che Craxi, tutto sommato, fece parecchie cose buone. Questa è una posizione che riteniamo veramente sorprendente. Craxi non aveva nessun grande progetto riformista in mente. Non solo non lo attuò mai, nemmeno mai lo articolò. A giudicare dalle sue azioni e dai suoi discorsi, lo si potrebbe qualificare, con il senno di poi, come il tentativo d'instaurare un regime semi-presidenziale e peronista antelitteram, dove lui faceva il presidente-peron (con ville nel mondo e troiette alloggiate in esse ed altri hotel romani) non perché raccogliesse la maggioranza dei voti ma perché era l'ago della bilancia. Altra evidenza, non v'è se non nelle fantasie auto-compiacenti degli adepti a lui sopravissuti.

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Commenti

Ci sono 65 commenti

Vi posso dare un'ulteriore traccia per un terzo capitolo da approfondire riguardo la politica culturale di Craxi?

Legge Mammì e revisione dei patti lateranensi con il Concordato del febbraio 1984...secondo me questi due fatti hanno trasformato in peggio il tessuto culturale italiano, portando da un lato all'attuale monopolio televisivo (con le conseguenze politiche che conosciamo), dall'altro lato all'abbraccio mortale con la Chiesa Cattolica Romana...due cosucce da niente!!!

Anyway, complimenti per le puntuali argomentazioni.

Marco

Esposizione dei fatti come sempre chiara e documentata, ma come si è più volte ricordato, i fatti in Italia non hanno peso né nei commenti politici né in quelli che dovrebbero essere tecnici (commenti di giornalisti economici su testate del settore). D'altronde Tremonti docet.

 

 

Qui sono riportati i dati sulla spesa pubblica italiana negli anni '80.

www.aldobattista.it/spesa pubblica.htm

Come si può notare l'aumento più catastrofico si è verificato negli anni settanta, con l'aumento della spesa pubblica di oltre il 10% sul PIL.

In particolare, durante gli anni del governo Craxi, la spesa si è mantenuta costante sul 45-46% del PIL.

Non viene detto nulla sul debito previdenziale, anche questo accumulato grazie ai provvedimenti degli anni settanta, come agli anni settanta si può far risalire il movimentismo sindacale e il terrorismo che contribuirono in modo determinante a fare dell'Italia un paese poco affidabile con il conseguente costo del debito pubblico.

Se consideriamo poi il livello della spesa pubblica in quegli anni, gli anni '80, quella italiana era largamente inferiore a quella di quasi tutti gli altri paesi europei, in particolare di Francia e Germania.

Quindi, se proprio vogliamo parlare di problema, almeno fino al 1987, anno dell'elettorale monocolore Fanfani, non erano le spese, ma la pressione fiscale e contributiva, largamente insufficienti. Spiace vedere taciuta questa elementare verità per motivi ideologici.

In ogni caso, in quegli anni crescevamo come e più degli altri paesi. Da allora siamo dietro tutti. Conterà qualcosa o no?

 

Qui sono riportati i dati sulla spesa pubblica italiana negli anni '80.

www.aldobattista.it/spesa pubblica.htm

 

Non è riportato un beato piffero, ma fa niente. Forse volevi dire qui, comunque vedi anche più sotto, che si vede molto meglio ...

 

[...] durante gli anni del governo Craxi, la spesa si è mantenuta costante sul 45-46% del PIL.

 

Ma certo (Figura 1.1), s'immagini!

Sul resto, c'è solo da rimanere allibiti. La frase più bella è questa:

 

Quindi, se proprio vogliamo parlare di problema, almeno fino al 1987, anno dell'elettorale monocolore Fanfani, non erano le spese, ma la pressione fiscale e contributiva, largamente insufficienti. Spiace vedere taciuta questa elementare verità per motivi ideologici.

 

Però, a ben pensarci, c'è anche questa:

 

In ogni caso, in quegli anni crescevamo come e più degli altri paesi. Da allora siamo dietro tutti. Conterà qualcosa o no?

 

Ma il senso del ridicolo, voi anonimi orfani del grande delinquente, non ce l'avete proprio?

 

 

In ogni caso, in quegli anni crescevamo come e più degli altri paesi.

 

Di statura?

Scusate la domanda da super-niubbo:

Ma non esistono dei siti ufficiali dove trovare le serie storiche (in questo caso, per la valutazione su Craxi basterebbe Italia dal 1960 a oggi) di spesa pubblica/PIL, debito/PIL, pressione fiscale ecc., un po' più comodamente senza dover citare i dati parziali un po' da aldobattista.it (come fa pigi) e un po' dal libro verde del ministero delle finanze (come fa michele)? Magari con i dati belli incolonnati in tabelle facili da usare e da discutere?

In fondo si tratterebbe grosso modo di una decina di tabelle lunghe 50 righe e larghe 2 colonne.  (PIL, inflazione, pressione fiscale, spesa pubblica (divisa in primaria e interessi), debito pubblico e poco altro) poi i calcoli (PIL anno su anno, debito/PIL li facciamo pure noi con i fogli elettronici...).

ps: Ho trovato un bel po' di roba sul database dell'Ameco (citato dal libro verde di cui sopra), che è estremamente flessibile, ampio ma non è facilissimo da usare e ci sono comunque un po' di buchi per certi anni e su certi parametri.  Altri suggerimenti?

 

 

I democristi degli anni "70 fecero peggio, e Craxi meno peggio, di quanto Boldrin suggerisce.

L'esame dei debt ratio (debito/pil), proposto da Boldrin suggerisce che la situazione del debito pubblico italiano non era poi così male all'inizio degli anni "80, e che fu poi Craxi a fare il danno più grosso. Ma l'Autore non tiene conto che, lungo la strada dell'indebitamento di un paese, esiste un jolly molto importante, che i policy makers possono giocarsi una e una sola volta. E se lo giocarono i democristi; Craxi non l'aveva più.

Il jolly si chiama "inflazione a sorpresa". Grazie ad esso, i democristi negli anni "70 dopo aver fatto deficits e debiti a go-go, poi svalutarono pesantemente il valore reale del debito (a parità di tutto il resto). Ma lasciarono altri costi al paese (oltre a un livello debito/pil già comunque non male). Alcuni di questi costi ebbero un riflesso negativo anche sulle tendenze del debito negli anni 80.

Non solo quel jolly Craxi non l'aveva più. Altri costi si riversarono sui tassi di interesse reali, che negli anni "80 furono molto più alti che negli anni "70, e che pesarono sul processo di indebitameno nel periodo craxiano. E qui non ci siamo proprio. La teoria monetarista cara a Boldrin gli impedisce di capire quel che avvenne realmente.

Non fu l'effetto Sargent-Wallace, né i timori di solvibilità a farli salire: (1) i debt ratios erano ancora bassi; (2) il premio al rischio sui tassi ha - secondo tutti gli studi empirici che conosco - un andamento in funzione del debito non lineare, tantomeno logaritmico, bensì esponenziale; (3) gli spreads fra tassi sui titoli pubblici e altri tassi che si registrarono allora non confermano la tesi che operava l'effetto Sargent-Wallace, giacché se ci sono rischi di solvency i rischi si dividono in rischi di default e rischi di inflazione, e i primi devono avere come effetto un peggioramento degli spreads de titoli pubblici, tanto più che c'era stata la separazione fra Bankitalia e Tesoro)

I tassi furono alti a causa di un fenomeno che la teoria monetarista consodera impossibile, benché sia stato messo in luce moltissime volte da moltissimi studi (ad es. sull'America Latina del 1970-83). Si chiama inerzia. I tassi nominali hanno una loro rigidità, o inerzia. Per cui quando l'inflazione sale, i tassi nominali seguono con ritardo, e così i tassi reali vanno giù, fino a diventare anche negativi, anche per lungo tempo. (Così avvenne puntualmente in Italia negli anni "70). Quando poi l'inflazione riscende, i tassi nominali scendono con ritardo, e i tassi reali salgono (sopra la media storica). Vi sono diverse spiegazioni possibili dell'inerzia. Una è che le aspettative non sono "razionali", "forward looking" e "unbiased". Sono invece (almeno in parte) "adattive", "backward looking", e con l'errore autocorrelato (in realtà, se accetiamo il concetto keynesiano di incertezza, non si può nemmeno parlare di errore probabilistico). In altre parole, i mercati non sono "efficienti", la teoria neoclassica non regge, e Boldrin, ci scommetto, ... si incazza!

Le responsabilità di Craxidopo il 1984 (prima, Boldrin sottovaluta l'enorme impatto culturale che ebbe sul paese la manovra sulla scala mobile) sono soprattutto quelle di non avere fatto quello che qualunque teoria economica avrebbe suggerito in quella fase di forte crescita (e di svalutazioni): una forte stabilizzazione fiscale; cioè fermare l'indebitamento.

Ed ora, ormai con l'Euro, siamo condannati a una pesante deflazione... anche a causa della scarsa inventiva e competenza dei nostri governanti!

PS. Accetto ironie e anche insulti (vedi il povero VincenzoP), purché siano di contorno ad argomentazioni razionali e nel merito.

 

Accetto ironie e anche insulti (vedi il povero VincenzoP) ...

 

Come potrei mai fare dell'ironia su uno che non sa neanche distinguere un commento da un altro?

Dev'essere l'inerzia, ma non so dove cominciare, per cui taccio ...

"Sul resto, c'è solo da rimanere allibiti... Ma il senso del ridicolo ... non ce l'avete proprio?"

Credevo che queste frasi fossero di Boldrin, e fossero rivolte a VincenzoP...

Ho capito male?.

Ad ogni modo take it easy, si fa per baruffare un po' in allegria, per rompere la monotonia di una serata... Non te la prendere, non c'è nessun problema!! Anzi speravo di provocare una tua risposta frizzante! Però nel merito ... è un peccato che taci, perché chi tace ... acconsente!

 

... è un peccato che taci, perché chi tace ... acconsente!

 

Ecco, se ti fa piacere, mettila pure così: tutto effetto dell'inerzia.

 

Che tristezza leggere certi commenti...

Da qui si comprende quale sia il vero problema incessante che flagella l'Italia...non so se sia testardaggine oppure semplice ignoranza (anche se propendo per la seconda ipotesi).

Vi ammiro per trovare ogni volta la risposta pronta a questi -permettetemi di dirlo- idioti, che si ostinano a difendere il capo dei mariuoli...

Se anche avesse fatto una, o anche due cose di veramente buone per l'Italia, non sarebbe comunque giustificato per i danni che ci portiamo e porteremo dietro per chissà quanti anni ancora. Non si meriterebbe nemmeno lo spazio che gli si dedica per le critiche.

Un criminale. Punto.

Intanto grazie dello spazio mi avete dato con riferimento a quello che ho scritto qui diverso tempo fa sulle "colpe" craxiane riguardo alla crescita del debito pubblico in Italia. Ricordo che non riusci' a leggere sul momento le risposte, se ce ne furono, all'ultimo mio post. A questo punto, appena posso, lo farò. Intanto, dopo una prima occhiata a quel che si scrive ora, provo a fare una nota veloce su un una questione che mi sembra dirimente.

Quando qui Michele e Sandro affermano

Nemmeno gli economisti keynesiani hanno mai affermato che fosse giusto finanziare la spesa corrente in deficit, che fu ciò che venne fatto nell'era Craxi

resto perplesso. Adesso dovrei riprendere in mano quanto scrissi. Certamente come minimo avro' separato la spesa per interessi da tutto il resto.

Voi dite poi che al tempo dei governi Craxi eravate studentelli. Non credo però che nelle università nostrane (magari qualche eccezione ci sara' anche stata) allora si insegnassero cose diverse da quelle da me apprese un po' di anni prima.
Ai miei tempi l'eroe era Alvin Hansen, ovvero la teoria che se al diminuire del saggio d'interesse crescono gli investimenti, da un punto di vista teorico, nella pratica a livelli bassi di tale saggio gli investimenti diventano quasi del tutto insensibili ai movimenti dell'interesse, come del resto, si riteneva, fosse successo negli anni successivi alla crisi del '29. 
E quindi spesa pubblica a più non posso per rilanciare gli investimenti a partire dai consumi, con l'obiettivo finale del reintegro dei disoccupati. Era l'ortodossia.

Veniamo ai numeri. Le cifre del debito nel quindicennio anteriore agli anni '80 dimostrano quel che affermo: nel 1965 il debito pubblico ammontava al 35,02% del Pil, alla fine degli anni Settanta tocco' il 57,59%. Un incremento spaventoso, piu' del 50%. Si era costruito e innescato un sistema autoriproducentesi, insensibile praticamente a qualsiasi intervento politico, ammesso che lo si volesse o lo si potesse fare.

Craxi su su questo non c'entra niente ovviamente. Venendo invece ai suoi governi, la disoccupazione crebbe per tutto il periodo. La teoria (e la pratica) politica economica al riguardo in Italia allora era una sola.

Tutto questo e' storia, negarla sarebbe davvero giustificazionismo, accusa che invece avete fatto a me. Ma, me la merito davvero?


P.S.: Riporto, per non far perdere tempo nella ricerca a chi fosse inetressato, il riferimento che voi avete messo al mio vecchio post:

http://www.noisefromamerika.org/index.php?module=comments&func=display&cid=33996&objectid=1669&modid=151&itemtype=1&thread=1#d33996


 

 

Nemmeno gli economisti keynesiani hanno mai affermato che fosse giusto finanziare la spesa corrente in deficit

"Does Fiscal Policy Matter?," Journal of Public Economics, November 1973, pp. 319-337 (with Robert M. Solow), ("A Correction" appears in the same Journal in 1976, pp. 183-184). Reprinted in T. M. Havrilesky and J. T. Boorman (eds.), Current Issues in Monetary Theory and Policy (AMH Publishing: 1976). Reprinted in Anthony Atkinson (ed.), Modern Public Finance, 1991. Reprinted in T. Mayer and S. M. Sheffrin (eds.), Fiscal and Monetary Policy, Volume I, Edward Elgar Publishing Co., 1995, pp. 266-284.

Scritto da A. Blinder, uno che negli anni '90 è stato pure Vice-Chairman della FED...

Ultima replica, davvero, che sto cominciando ad annoiarmi e, come è ben noto, la mia pazienza è inversamente proporzionale alla mia arroganza.

1.

Comincio dalla cosa più accademica, questa di Blinder&Solow, cercando di non andare troppo nel tecnico. Allora, dal particolare al generale:

- La parola chiave è "corrente", non deficit. Se finanzi in deficit le spese correnti vuol dire che intendi fare deficit PER SEMPRE. E questo, piaccia o meno, viola il vincolo di bilancio anche se sei keynesiano puro e duro. Questo fatto, di per se, chiude il dibattito. Ma andiamo avanti.

- Il lavoro di B&S NON sostiene che un deficit permanente, ripetuto anno dopo anno, è espansivo. Studiano una spesa pubblica finanziata in deficit una volta e la convergenza, o meno, del sistema allo stato stazionario dopo questa variazione. Non certo il caso di un paese che ha deficit di bilancio da decenni e decenni (5? Ho perso il conto oramai).

- Infine, quell'articolo fa parte della preistoria dell'economia ed è, fondamentalmente, erroneo perché non prende in considerazione il bilancio intertemporale di governo e famiglie. Un'osservazione fatta, a suo tempo, da Robert Barro in "Are Government Bonds Net Wealth?". Ma lasciamo stare la questione di dottrina, per carità, che nulla ha a che vedere con Craxi.

Sul fatto che poi Blinder sia stato Fed Governor, permettimi di stendere un velo pietoso: ci son passati in tanti in quegli anni e gli effetti si vedono. Andiamo avanti.

2.

Ortodossia e ciò che Craxi&Co dovevano o non dovevano sapere. Luciano, davvero, cerchiamo di capirci. Il testo di Alvin Hansen è un manuale da principianti, il signor Craxi ed i suoi amici di governo del CAF avevano a disposizione i migliori economisti italiani del tempo (incluso Mario Draghi, per capirsi)! Persino a me, nei corsi avanzati, insegnavano cose leggermente più decenti di Hanse o Ackley, per favore. Non prendiamoci in giro.

In quegli anni, comunque, la letteratura sul tema deficit era infinita ed era il tema del momento. Chi lavorava sul tema era consapevole da almeno un paio di decenni dei problemi che il deficit spending crea, quindi ogni tentativo di giustificazione intellettuale è vacuo. Basta guardare cosa succede in Germania e negli altri paesi, inclusi gli USA dove l'enorme deficit iniziale di Reagan viene preso con grande allarmismo e preoccupazione.

Idem per il "meccanismo autoriproducentesi", che è una balla spaventosa. Se così fosse quando il debito è al 58% del PIL, immaginati quando arriva al 120%! Il tuo ragionamento implica che il rapporto fra debito e PIL dovrebbe continuare a crescere ad un ritmo sempre più accelerato, invece non è successo. Non è successo nemmeno in Italia, dove il rapporto è stato stabilizzato dopo il 1992, grazie al crollo della lira. Ed in molti paesi, che erano arrivati a livelli italiani, quel ratio l'hanno fatto scendere!! Quindi? Quindi se si vuole si può. Basta essere non tanto dei "grandi statisti", come cercate di far credere il grande furfante fosse, ma anche solo dei governanti normali, come i belgi o i tedeschi o gli spagnoli! Bottom line: il CAF scelse di far crescere il debito e di governare a mezzo di deficit. FINE!

Cerchiamo di non fare il solito giochetto di "erano peggio gli altri". Non so se negli anni '70 chi governava fosse peggio o meglio di Craxi. So che un conto è far crescere il debito dal 35% al 58% del PIL in un quindicennio in cui devi confrontarti non ad una ma a due crisi petrolifere mai viste prima. Un altro conto, MOLTO peggiore, è farlo arrivare al 100% in un solo decennio durante il quale, assorbiti gli effetti peggiori di quelle due crisi, il PIL cresce ad un ritmo medio decente e non c'è mezza crisi esterna che sia mezza. Anzi, dove le cose sembrano riprendersi nel mondo ed in Europa. Anche qui, cerchiamo di non prenderci in giro, per favore, raccontandoci pezzi di storia invece della storia tutta intera. È francamente offensivo, visto che la storia d'Italia la sappiamo tutti, ignorare selettivamente i fatti.

3.

Alle osservazioni di Pigi ha già risposto Sandro, ma aggiungo due cose.

- Craxi comandò in Italia dal 1980-81 al 1992. Non contano solo gli anni in cui è primo ministro, conta l'intero decennio del suo potere. Divenne il politico più potente d'Italia nel 1982 e rimase tale, facendo il bello ed il cattivo tempo, sino a quando leghisti e missini lo cosparsero di monetine all'uscita del Raphael. Quindi, fa una cortesia, guardalo tutto quel grafico, non solo gli anni che ti aggradano.

- Amato lavorava per Craxi, che poi tradì ... ma questo te l'ha già ricordato Sandro.

In realtà io avevo semplicemente associato le tesi di Blinder & Solow all'appunto sugli economisti keynesiani, astenendomi dal dare giudizi, anche perchè sull'argomento il mio giudizio conta zero. Comunque, a scanso di equivoci, sul pezzo in questione il mio pensiero coincide esattamente con il giudizio del rag. Fantozzi sulla "corazzata Potemkin". In altri termini sono d'accordo con quanto scrive il prof. Boldrin, ma eliminerei il termine "fondamentalmente".

Per quanto riguarda la Ricardian Equivalence  sono d'accordo solo in parte, am anche su qs tema vale quanto detto sopra. Mi verrebbe da dire che la realtà sta da qualche parte tra i due estremi e potrebbe non essere sempre uguale. Ogni paese è diverso e i politici sono maestri nel cercare di far credere che non vogliono aumentare le tasse, quando ricorrono al debito. Oltre al fatto che la composizione del prelievo fiscale non è sempre la stessa e può cambiare in funzione delle maggioranze parlamentari.

Mi sembra che Rogoff e Reinhardt nel libro "This time is different" e nelle pubblicazioni che lo hanno preceduto sostengano la tesi che il debito pubblico diventi una palla al piede per un paese solo quando supera una certa soglia. Forse perchè a quel punto non sono più possibili alchimie politiche e contabili e ciascuno realizza come stanno effettivamente le cose (anche perchè nel frattempo i mercati finanziari lo hanno già realizzato). Un po' come la moneta: fino ad un certo punto è indispensabile per facilitare gli scambi ma oltre comincia a generare inflazione. Peccato che il debito pubblico debba pagare un interesse, che però all'inizio è piuttosto basso e inferiore a quello medio che pagano i debitori ordinari. Poi comincia a salire appena qualcuno comincia ad avere dei dubbi sulla coerenza intertemporale del bilancio di uno stato. 

Per quanto riguarda il personaggio principale, ovvero BC, mi sembra che ci sia poco da salvare visto che i fatti successivi hanno dimostrato che lo "statista" non c'era ma l'arroganza del potere sì. Poi si possono discutere i dettagli, magari attribuendogli anche un ruolo più attivo nella riduzione del taso di inflazione. Ma il giudizio di sintesi è quello.

un conto è far crescere il debito dal 35% al 58% del PIL in un quindicennio in cui devi confrontarti non ad una ma a due crisi petrolifere mai viste prima. Un altro conto, MOLTO peggiore, è farlo arrivare al 100% in un solo decennio

L'alta inflazione che Craxi ereditò creò diversi problemi al bilancio pubblico italiano negli anni "80. Perciò non è corretto confrontare l'aumento del rapporto debito/pil degli anni "70 con quello del decennio craxiano.

1) Negli anni "70 i democristiani utilizzarono l'inflazione a sorpresa per svalutare il debito. Poiché l'inflazione nel 1982 non era più una sorpresa, Craxi non ebbe più quella possibilità

2) Il rientro dall'inflazione - che Craxi bene o male favorì - a causa della vischiosità dei tassi nominali e delle politiche monetarie restritittive in tutto il mondo, portò ad un aumento dei tassi d'interesse reali e alla spesa per interessi. Negli anni "70, la stessa vischiosità, in una fase di inflazione crescente, aveva portato a tassi reali negativi e a un calo della spesa per interessi.

3) L'alta inflazione, a causa del c.d. effetto Olivera-Tanzi, causò una caduta del valore reale delle entrate fiscali.

Insomma, è vero che il rapporto debito/Pil aumentò più velocemente nel deecennio di Craxi. Ma la valutazione delle politiche economiche deve tenere presente tutti gli squilibri, perché tali squilibri sono interdipendenti. Sotto Craxi il rapporto debito/pil salì più velocemente, ma l'inflazione scese invece di salire. La caduta dell'inflazione non poteva non aumentare il deficit pubblico. Craxi pagò gli squilibri creati nel decenni precedente.

Detto questo, sono daccordo con tutto il resto dell'analisi di Boldrin, incluso il suo giudizio severo su Craxi. Nel decennio di Craxi c'era crescita, c'era un cambio svalutabile, il problema del deficit pubblico era al centro dei dibattiti: Craxi poteva e doveva fare molto di più, non lo fece, la Storia Economica di questo paese non può che lasciare un giudizio severo sul suo operato.

cosi' per ridere, conversazione puramente non immaginaria tra due diciamo esperti di GE

"what do you mean by ricardian equivalence?"

"i don't know...something barro invented"

"then why it's called ricardian equivalence?"

"uh i don't know"

Giusto, Michele, cerchiamo di capirci, come dici te. Se appena appena hai presente il mio modo di argomentare ormai dovresti sapere che non cerco mai di provocare per provocare. Dunque:

1) la storia dell'incredibile successo di Alvin Hansen da noi, ma non solo, non si ricava certamente saltellando di testo in testo. Bisogna invece avere sulle spalle, probabilmente, solo qualche anno in piu' dei tuoi, non moltissimi, per poterlo capire (mi piacerebbe un giorno poterci scrivere qualcosa sopra). Se ti occupi di storia entri in un terreno scivoloso, pieno di 'noise'. Non e' un modello matematico, e molto conta certe cose averle vissute.
La validita' scientifica in se' prescinde dal successo presso il pubblico. Che rilevanza scientifica ha avuto quell' "altissimo" economista che e' stato Galbraith? Eppure stava sempre tra i piedi e vendeva tonnellate di libri.
Comunque a me premeva farti notare, e penso ti torni utile, che un economista almeno c'era che voleva "stabilizzare" il meccanismo della spesa pubblica e questo era Hansen, un autore senz'altro di successo. 

2) il problema di Craxi. Chi e' meglio Mina o Battisti? E che ne so, e poi dipende dai gusti. Grande statista? Boh! In tutta sincerita', a dire il vero, non me ne frega niente, anche perche' quali sono i criteri per definire uno statista o, meglio, un grande statista? Molto poi dipende dalle mode, dal momento, ecc..
Quel che e' certo e' invece che il debito pubblico lo creo' il centro-sinistra (che per i piu' giovani governo' dal '60 in poi, mentre con il "clima" precedente [l'antistatalismo di De Gasperi, ecc., sconfitto sul finire degli anni cinquanta dai "sinistri" Fanfani ecc.], nonostante la ricostruzione da portare a termine, non assunse livelli preoccupanti, si era a fine periodo al 37%! Si trattadi un fatto, di un macigno che nessunn argomento capzioso puo' rimuovere).

Al tempo di Craxi, altro macigno, la disoccupazione cresceva, ergo spesa. Ma da spendere non c'era molto. Perche'? Pe via degli interessi che "autocreano" altro deficit/debito. Il debito degli anni Ottanta fu impostato alla fine degli anni settanta-cavallo settanta/ottanta: non posso farlo qui, ma e' dimostrabile in modo inconfutabile. Che governasse Craxi o un altro, la sostanza non sarebbe cambiata. Amato poi, ministro dell'economia all'epoca, si era circondato di economisti, i migliori sulla piazza,  e non ottenne che suggerimenti sull'inefficienza del mercato dei titoli. 

Se il debito supera una certa soglia la spesa per interessi diventa preponderante, questo e' il punto. Noi avevamo il debito collocato soprattutto presso le famiglie italiane, quello della Grecia, non ho i dati esatti (perche' non approfondire? E' stato gia' fatto?), ma mi sembra di ricordare che e' in mano alla Germania e alla Francia per una quota considerevolissima.
La Grecia e' dentro l'euro e se vuole pagare le cedole deve intervenire con il taglio delle quattordicesime e delle tredicisime degli statali. Misure draconiane: sono tutti a scioperare. Si poteva fare ai tempi di Craxi? No, certamente, anche perche' allora il debito veniva visto con un occhio ben diverso da quello odierno. Si fa per dire, ovviamente, perche' se non c'e' il creditore cui non puoi dire di no...

 

Leggo che quasi tutti avete " un Ph.D. in economia preso negli USA".  Il mio Ph.D è tutto nostrano e  la disastrata scuola italiana mi ha istruito a non  usare Wikipedia  o politici mascherati da tecnocrati come fonte nelle  analisi economiche.     Nel 1978  Aldo Moro,  in un interrogatorio  subito dalla BR,   metteva tra i provabili potentati futuri dell'Italia alcuni  studiosi d’ oltreoceano:   V’è poi il gruppo dei colti e dei tecnocrati, un gruppetto in Senato che ha studiato prevalentemente in America e in Inghilterra e fa capo al Sen. Andreatta   Ebbe ragione  perché furono  quei  politici che si vendono come “tecnocrati” , operanti come gruppo Arel all’interno del più grande partito italiano,  a determinare le scelte economiche disastrose dal 1979 in  poi.  Parafrasando Gramsci sembrate i settari “nipotini dell’Arel”  il cui capostipite,  diventato due mesi  prima Ministro del Bilancio e programmazione economica,  il 30 settembre del 1979 nella Relazione Programmatica per il 1980 non né azzecco una.  I vincitori della guerra scrivono la storia ma voi andate oltre storpiando miseramente i dati macroeconomici  confidando che nessuno andrá a verificarli. Per Vostra sfortuna, a differenza del passato,  nel sito web della Camera dei Deputati  ci sono tutte le relazioni annuali sulla situazione econimica del paese ed nei situ  dell’Istat o Banca D’Italia sono presenti le serie storiche del  PIL e  debito pubblico.  Nessun dato certo potrá cambiare la Vostra opinione politica  sul  “mattatore” della politica italiana a partire dal 1980. Nel passato la chiesa dava in pasto alle folle le streghe  additandole come colpevoli dei crampi allo stomaco per fame  mentre  papi, cardinali e vescovi si riempivano la pancia fino a scoppiare.   Lo poteva fare avendo il mano quello che Gramsci chiamava “dominio culturale”.  Sembra che i tempi per Voi non siano per nulla cambiati ma nel 1980 il PSI di Craxi aveva il 9% dei voti e un’opposizione interna del 30%. Vi ricordo che c’era un partito che dal dopoguerra e fino al 1992 ha governato, molte volte da solo,  l’Italia.  La sua forza variava tra il 36 e 40% dei voti e gli faceva valere  in tutti i settori della vita pubblica italiana.  Banche, IRI, ENI, magistratura ecc. appartenevano a quel partito che contava con l’appoggio delle grandi famiglie industriali italiane.   Date a Cesare quello che é di  Cesare e fu il Governo di Unitá Nazionale (1976-1978)  a salvare l’Italia dal baratro portando l’inflazione dal  17% al  12%  e i tassi di interessi dal 15% al 12%. Nella restaurazione post-Moro (di tale si é trattato) arrivano i “tecnici di area” capitanati dall’Arel e nuovamente l’Italia sprofonda nell’abisso con un inflazione record nel 1980 del 21,2%.  Nel periodo 80-83, prima  dell’arrivo di Craxi alla Presidente del Consiglio,  l’inflazione ha avuto una  media annua del 18% e  i tassi di interesse era volati al  17%  passando per il record storico del 19% nel 1981.  La  spesa pubblica cresceva  a una   media annua del  24,94%  toccando nel 1980 il record del 37,89%     e   le entrate tributarie del 28,53%.  Nonostante la differenza tra entrate e uscite il debito cresceva al ritmo dell’1,8% mensile arrivando  nel 1983 al punto di “non ritorno”. Con   Craxi le entrate aumentano del  12,12% e le spese  del 12,78%,  il debito pubblico cresce dell’1,6% mensile e quando lascia la Presidenza del Consiglio l’inflazione era al 4,2% ed i tassi di interessi  erano al 11,5%. Decisamente non male per uno che aveva contro la Segreteria della DC,   del  PCI, la Banca D’Italia, ed i patronati  IRI e ENI.  In quest’ultimo ente nel 1983 aveva proposto un suo candidato e dovette accettare un “tecnico di area”.  Sta di fatto che dopo la sua uscita dal governo l’inflazione ed i tassi di interesse iniziano a salire. Avrebbe potuto far meglio? Certamente sì  ma l’oscar del debito pubblico  va assegnato ad altri. Non aveva un progetto riformista? Sarei  curioso di sapere chi né aveva uno in Italia.  

 

 

Il mio Ph.D è tutto nostrano e  la disastrata scuola italiana mi ha istruito a non  usare Wikipedia  o politici mascherati da tecnocrati come fonte nelle  analisi economiche

 

Sarei  curioso di sapere chi aveva uno in Italia. 

Alle volte basterebbe sapere chi insegna gli accenti...

 

prima  dell’arrivo di Craxi alla Presidente del Consiglio,  l’inflazione ha avuto una  media annua del 18% e  i tassi di interesse era volati al  17%  passando per il record storico del 19% nel 1981. 

...

quando lascia la Presidenza del Consiglio l’inflazione era al 4,2% ed i tassi di interessi  erano al 11,5%. Decisamente non male

 

Sarà che di economia ho fatto solo un esamino ad ingegneria, ma prendendo per buoni i tuoi dati leggo che i tassi REALI sono passati dal -1% al+6,3%: perchè ne dai un giudizio positivo? Ti sei arricchito coi BOT negli anni '80?

 

Qualche volta mi astengo dal commentare per il semplice motivo che non ho sufficienti competenze e qualche volta perchè per dimostrare di esistere non è il caso di ripetere quesiti già posti che hanno anche trovato risposta. Qualche volta apprezzo più del consueto l'apertura del sito a tutti, ma proprio a tutti, tanto da non cancellare neppure i commenti pieni dei peggiori e più sgrammaticati deliri.

Purtroppo nei primi anni ’80 non avevo BOT (neppure dopo) a differenza di qualcuno che facendo la cresta  dal 1964 sui  pedaggi autostradali aveva accumulato una fortuna (300 miliardi dell’epoca) con gli interessi. Passarono alla storia come “fondi neri IRI” e servivano per le esigenze, tra cui il pagamento di giornalisti e giornali,  della grande famiglia chiamata da Don Sturzo “Stato nello Stato” e da Togliatti “patronati”. Negli anni ’70 venivano definiti “Borghesi di Stato” ma alcuni erano  diventati “Capitalisti di Stato”. Con le privatizzazioni del 1993, precedute dall’eliminazione di Craxi, diventarono solo borghesi o capitalisti.  Da amanti della “terza via”  preludio alla “quarta via” sono diventati banchieri monopolisti, petrolieri e magnati dell’industria elettrica.  La “quarta via” è il passaggio dei gioielli, banche, assicurazioni,  energia e qualche altra cosa, dalla mano sinistra (pubblica) alla mano destra (privata) solamente che entrambe appartengono allo stesso soggetto il quale diventa il nuovo proprietario senza sborsare un euro o meglio una lire perché i fatti avvengono quando i vigore c’era la vecchia moneta.   

Se non fosse che sei divertente non perderei nemmeno tempo a risponderti. Ma se mi spieghi cosa volevi dire con quello che hai affermato, perchè guarda, ti avviso, manca il nesso logico, la conseguenza temporale e il finale. Così, giusto per darti una infarinatura su come si scrive, visto che, ritengo, la cosa non abbia riguardato il tuo Phd. Ah, a proposito, in cosa è ?

Evidentemente non hai un solo argomento a sostegno della tua tesi. chiudo.

Moro ed il governo di solidarietá nazionale salvó l'Italia dal baratro. Nella restaurazione post-Moro i tuoi amici riportarono il paese nuovamente nell'abisso. Craxi lo salvó  e dopo la sua eliminazione i tuoi preferiti,   con  un cannibalismo bancario senza precendenti,  imposero una concentrazione  bancaria peggiore dell'epoca fascista. Privatizzarono la Banca D'Italia ed in tal  modo controllati e controllanti,  diventarono  stessa persona. I tassi di interesse imposti dai monopolisti hanno provocato e provocano il declino del vero motore dell'economia italiana che é piccola e media impresa. Si impossessarono dell'industria energetica aumentando l'energia elettrica, ante imposte, 400% e del gas naturale del 257% (vai a vedere nei siti governativi americani di quanto é stato l'aumento in quel paese). In pochi anni l'Italia ha perduto il 40% del mercato mondiale e non poteva essere differente considerati i costi finanziari ed energetici. Naturalmente é l'anello piú debole della catena (gli operai del privato)  a pagare il maggiore costo sociale. Il tesoruccio riservalo a qualche tuo affine leccapiedi.

PS. Non sono statalista solo antimonopolista.   

 

Moro ed il governo di solidarietá nazionale salvó l'Italia dal baratro

 

Salvarono, si dice salvarono...

Guarda ho inviato  i tuoi commenti a Marcello dell'Orta, avrai una menzione speciale nel suo nuovo libro "Io speriamo che me la cavo 2: la vendetta".

Pensavo di scrivere ad un  sito  di politica economica ma a quanto pare ho  incontrato arroganti carrettori di bozze.    

Scusa, ma se pensavi di scrivere su un sito di politica economica perchè scrivi fesserie ? O la discesa dei tassi interesse e dell'inflazione è merito di un pluri-condannato tangentista il cui unico scopo era infilare amici e parenti nei posti chiave per ricavarne tangenti? Se uno scrive fesserie palesi in campo economico è normale che il focus si sposti sul come lo dice. E anche là lasci a desiderare, anzi diciamo che non raggiungi nemmeno il livello "scarso".

Se i "correttori di bozze" sono arroganti cerca di immaginare cosa pensano di uno che scrive fesserie in un pessimo italiano e pretende di fare la morale. A mai più risentirci. E non perdere tempo a insultarmi: lo so che lo farai, dato il tuo livello, per cui ti risparmio la fatica e mi immagino da solo cosa vorresti dire, anche perchè il mio fegato sopporta poco la distruzione dell'italiano da te perpetrata.

Pluri-condannato tangentista non significa che gli devi dare colpe che non ha. I dati macroeconomici sono ricavati da fonti ufficiali. Quindi  contestali con altri e cita la fonte. A proposito dove hanno ricavato gli autori dell'articolo su Craxi quel  56,9% di debito sul PIL nel 1980.


 

Ecco una serie storica bella lunghetta. Fonte banca d'italia.

link www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/qef_31/QEF_31.pdf

pagina 20 e succesive.

 P.S. Mi dispiace ma non riesco a copiare i grafici.