La Casta, di Rizzo e Stella

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Questa estate, durante uno dei miei viaggi transatlantici senza famiglia né notebook, ho avuto il tempo di trangugiare tutto d'un fiato il fenomeno editoriale dell'anno. Come tutti ormai sanno esso raccoglie abusi, sorprusi e privilegi della politica e amministrazione italiana. Il successo del libro è tale che oramai la parola "casta" è d'uso comune per riferirsi alla classe politica.

Il primo paragrafo è rappresentativo dei contenuti del libro e del suo stile, un po' incazzato ma soprattutto ironico:

 

La pianeggiante Comunità montana di Palagiano è unica al mondo: non ha salite, non ha discese e svetta a 39 (trentanove) metri sul mare. Con un cucuzzolo che troneggia himalaiano a quota 86. Cioè 12 metri meno del campanile di San Marco.

 

Chi non ha tempo per leggersi le restanti 300 pagine, può fermarsi qui, o può leggere il primo capitolo. Il resto è una variazione sul tema: una collezione impressionante di aneddoti sui costi, i privilegi e gli abusi della politica italiana.

Il libro non contiente un'analisi sistematica dei costi della politica (di tipo scientifico, intendo). Le parti più interessanti per noi economisti sono i dati che riportano il confronto dei costi del Quirinale con i costi di Buckingham Palace (costa di più il Quirinale, quasi il quadruplo, ma costava quasi lo stesso nel 1992), e le tabelle in fondo al libro, che documentano (in modo però un po' troppo approssimativo) come i costi della politica siano aumentati negli ultimi 20 anni molto più dell'inflazione.

Rizzo e Stella sono giornalisti di professione, e questo si riflette sui contenuti. Il loro intento è di documentare vari fatti già riportati sulla stampa; molti capitoli riprendono articoli pubblicati dagli stessi autori sul Corriere. Il valore aggiunto del libro è che i fatti sono riportati tutti assieme, in maniera ordinata e sistematica (si parte dalla descrizione dei costi del Quirinale, per passare al Parlamento, alle Regioni, Provincie, Comuni, etc...), e senza risparmiare nessuno: né la Sicilia né la Val d'Aosta, né Forza Italia né Di Pietro, né il Quirinale né i consigli di circoscrizione.

La quantità di aneddoti riportati è notevole, e ci sarebbe da ridere se gli italiani non pagassero questi privilegi ed abusi di potere con il loro sudore. Per esempio il libro racconta del parlamentare eletto con ripescaggio a fine legislatura che recepisce il vitalizio da migliaia di euro al mese senza mai aver passato un giorno in parlamento (pag 109); racconta del consigliere comunale di Napoli nominato da Berlusconi all'authority per la privacy condannato tempo addietro per avere violato la privacy dei colleghi assessori (si era procurato i tabulati delle telefonate fatte con i cellulari in dotazione - pag. 170); della consulenza ordinata dalla provincia di Massa Carrara alla maga Mirka causa "sfiga cosmica cagionata ... da Iosif Stalin, Pol Pot" (pag. 174); della commissione anti-sprechi istituita nella regione Veneto che ha speso 340 mila euro per produrre in 36 mesi la miseria di tre documenti (pag. 205); della presidenza di Autovie Venete, la concessionaria dell'autostrada Venezia-Trieste, affidata al condannato per mazzette pagate dalla DC alla stessa società (pag. 209); dei condoni edilizi concessi sin dal 1980 dal comune di Cirò senza che venissero pagate le multe previste dalla legge (pag. 234); e così via.

Se un piccolo difetto esiste nel libro, consiste secondo me nella scarsa documentazione dei fatti: un analogo saggio pubblicato da un editore americano avrebbe speso circa un terzo delle pagine del volume per includervi note con le citazioni dettagliate di articoli di giornale e fonti ufficiali dove i fatti possono essere verificati. Ma per il lettore medio non credo questo sia un grosso problema.

Si tratta di un esercizio demagogico e populista? Gli autori se lo chiedono almeno due volte, sorvolando sulla risposta, e sottintendendo che, anche se lo fosse, certi eccessi vanno riportati e devono essere conosciuti dalla maggioranza dei cittadini/elettori.

Sono pienamente d'accordo sull'utilità di fornire le informazioni riportate sul libro, ma vorrei soffermarmi sull'accusa di demagogia riflettendo su uno dei punti più dibattuti del libro, il compenso dato ai parlamentari, valutato (aggiungendo al compenso base le varie indennità) in circa 12 mila euro mensili netti. La cifra può sembrare una mostruosità se confrontata con lo stipendio di lavoratore medio italiano, ma fa certamente sollevare qualche punto di domanda sulla convenienza ad entrare in politica per un bravo imprenditore o professionista, in Italia, e soprattutto all'estero (dove molti imprenditori e professionisti bravi oggi stanno). Se lo stipendio di un parlamentare non è in grado di attirare queste figure professionali, chi resta a fare politica?

L'altro aspetto meritevole di considerazione è la descrizione della quantità di benefici e prebende in dotazione ai parlamentari (in aggiunta al compenso monetario di cui sopra): il treno gratis, il caffè a poche lire, l'indennità per il parrucchiere, etc... Anche qui mi chiedo, se il parlamentare negozia che parte dello stipendio debba essere corrisposto tramite biglietti del treno piuttosto che in biglietti da 20 euro, dov'è lo scandalo? Il gelato alla mensa della NY Fed io lo pago 75c. (56 eurocent), mentre fuori costa almeno il triplo, credo di poterlo scrivere senza sollevare turbative finanziarie. Perché un parlamentare non può avere un beneficio simile?

Io credo che il problema stia nella quantità e nell'estensione di questi privilegi: i pasti, il caffè, il parrucchiere, l'auto blu, la pensione con 5 anni di contribuzione, etc... e la crescita esponenziale dei loro costi negli ultimi anni. Non tanto perché non sia lecito compensare il parlamentare/lavoratore in forme alternative alla cartamoneta, ma perché queste forme alternative rendono difficile al pubblico la valutazione dei costi del parlamento. Così come sono difficilmente quantificabili i costi del "potere" della "politica" di assegnare amici, parenti e conoscenti alle innumerevoli cariche pubbliche (authorities, società concessionarie, etc..), ed i costi della proliferazione delle stesse.

Aneddoti sugli abusi di potere della politica se ne possono trovare, credo, in tutti i paesi del mondo. Il valore del libro mi pare sia quello di documentare l'estensione abnorme che tali abusi hanno assunto in Italia. Questo secondo me andava chiarito dagli autori e li avrebbe protetti ulteriormente dalla possibile accusa di "fare demagogia" che alcuni politici hanno sollevato. A qualche mese dalla pubblicazione, mi sembra che il libro abbia avuto il pregio di dare uno scossone all'opinione pubblica che, mi pare, si stia stancando di stare solo a guardare, ed in questo noi non possiamo che fornire il nostro pieno supporto.

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Commenti

Ci sono 28 commenti

 

qualche punto di domanda

sulla convenienza ad entrare in politica per un bravo imprenditore o

professionista [...]. Se lo stipendio di

un parlamentare non è in grado di attirare queste figure

professionali, chi resta a fare politica?

 

Non credo che il problema di selezione avversa dei parlamentari

italiani sia dovuto al trattamento economico: in fondo per dodici

mensilita' fanno €144mila o $190mila netti annui, piu' di quanto

guadagna, ad esempio, un bravo economista italiano all'estero.

Una ragione

piu' plausibile e' la selezione per cooptazione (chi sceglie, di

solito, i candidati?), che richiede di passare anni ad affinare

capacita' improduttive ma utili alla scalata. Chi ha cose piu'

interessanti da fare e non ha interessi particolari declina l'invito

anche a parita' di remunerazione attesa. E' un problema vecchio come il cucco, come testimoniato da un antico apologo biblico (l'apologo di Iotam ).

Indubbiamente esiste un equilibrio in cui solo i migliori siedono in parlamento e il celebrato sottosegretario

fa il commerciante (entrambe, la persona e la professione,

assolutamente dignitose), ma la transizione e' assai improbabile senza un big

bang.

Concordo.

Se il mercato dei talenti funzionasse meglio, non ci dovremmo preoccupare troppo di rendere competitivo il trattamento economico dei politici. Per due motivi:

- esistono forti benefit non economici, alcuni più nobili (lottare per le proprie idee), altri meno (fama, potere)

- si può razionalmente rinunciare a grossi guadagni per un periodo della vita sperando di recuperare una volta usciti dalla politica – penso ai consigli di amministrazione e al “speaking-and-consulting circuit”.

L'importante è l’eliminazione delle barriere all’entrata e all’uscita. Cosa che gli stipendi alti potrebbero scoraggiare.

Ho letto anch'io quel libro tempo fa e non mi e' piaciuto per nulla.  Mi e' sembrato un perfetto esercizio di qualunquismo, nulla di piu'. Dopo tutto in Italia "la ggente" ha sempre pensato che molti politici sono "cattivi" e che nulla funziona per via del fatto che loro rubano. 

Il libro sarebbe stato molto differente con un modicum di analisi. Fra le tante ipotesi, Rizzo e Stella avrebbero potuto mostrare come l'aumento dei costi della politica in Italia sia andato di pari passo con l'aumento della spesa pubblica, in linea con la semplice ipotesi che i politici intascano una frazione costante di tale spesa. Questa analisi avrebbe contribuito ad indebolire una delle peggiori credenze del cittadino medio Italiano, quella secondo cui il mercato e' pieno di rischi ed inefficienze e l'intervento statale e' la panacea di tutti questi mali. Una credenza che ha sicuramente supportato l'aumento dei costi della politica. Al contrario, gli strali contro i politici "cattivi" scatenati dal qualunquismo di Rizzo e Stella non possono che portare ad un ulteriore intervento statale, quello della magistratura. Con la sola conseguenza di sostituire i ladri di domani a quelli di oggi, come l'esperienza di Tangentopoli purtroppo insegna.

Salve, intanto grazie di quest'analisi lucida: il libro l'ho già letto e mi ero lasciato andare a delle conclusioni piuttosto ovvie. Tuttavia mi sorgono dei dubbi:

intanto trovo immorale che le stesse persone che si alzano a loro piacimento stipendi e privilegi sono quelle che poi pretendono da noi esborsi sempre maggiori e tasse sempre più alte che a quanto sembra servono anche per finanziare i loro comodi;

d'accordo, non è sbagliato in assoluto concedere privilegi in luogo della cartamoneta. Infatti qualche anno fa era normale che anche i lavoratori dipendenti godessero di molti privilegi, a vario titolo, poi scomparsi perché considerati immorali, o forse semplicemente perché ci si sono infilati i sindacati di mezzo. La mia domanda dunque è: perché dovrei considerare morale, ad esempio, che uno Scalfaro, che non si filerà mai nessuno, possa  usufruire della scorta, che oltre a costare migliaia di euro a tutti noi, sottrae dei poliziotti a compiti più utili alla cittadinanza? Quando lei parla di cifre che, nonostante siano alte, non attirano persone valide, presumo comunque si parli di persone innamorate della politica, come era agli inizi degli anni '50. Leggere di un Fanfani che prendeva l'autobus per andare a lavorare mi sembra fantascienza. Non pretendo che si arrivi a tanto, però...la politica dovrebbe essere un servizio. Loro, in cambio dei loro privilegi, a noi cosa offrono?

D'accordo con la sostanza del suo argomento, che mi fornisce lo spunto per aggiungere un punto che ho omesso per motivi di spazio, in riferimento alla politica durante gli anni '50. Il raccondo di Lazzati, Dossetti, La Pira e Fanfani che dormivano con le loro famiglie nello stesso appartamento e si scambiavano i cappotti e' molto romantico ed interessante, ma anche aneddotico e poco utile a fornire un serio confronto inter-temporale sull'aumento dei costi della politica.

Nel contesto narrativo del libro ci sta bene, e come ho detto e' interessante e piacevole da leggere, ma dovrebbe essere stato lo spunto per una seria analisi intertemporale, con dati veri, che nel libro e' solo accennata in poche righe.

 

sono d'accordo completamente con michele. io ho finito il libro ieri (andrea mi ha bruciato sul tempo con la recensione). non capisco la posizione di Nicola, per le regioni di michele. anch'io credo che rizzo e stella scrivano buona parte delle poche cose leggibili del corriere.

ma se avessi fatto la recensione avrei anch'io detto le stesse cose di andrea: non nel senso di critica al libro o agli autori, ma come "warning" al lettore "economista" o simili. Il libro e' cosi'  interessante che uno vorrebbe fossero economisti e avessero fatto il passo ulteriore. e' quasi frustrante: hanno letto tutto, raccolto tutto, e' come se fossero a un niente da fare la somma e dare un'idea, una misura, aggregata del fenomeno e non lo fanno.

questo e' il punto: leggi il libro e se sei economista ti senti li' li' a raggiungere un livello di comprensione molto piu' profonda ma non ce la fai. solo questo. leggilo, sono cero avrai la stessa reazione 

Persnalmente credo abbian fatto bene a non azzardare analisi al di la della loro competenza.Quando un giornalista ne azzarda una nel mio campo (informatica) il risultato è sempre tremendo.

Premesso che non ho letto il libro ma ho divorato praticamente tutti gli articoli di Stella e Rizzo sul Corriere, vorrei spostare un momento la discussione, probabilmente (ma forse mi sbaglio) nella direzione indicata da nicola.

Io non capisco davvero tutto sto accanirsi sui privilegi dei politici e le loro auto blu e il parrucchiere pagato ecc ecc. O meglio, lo capisco, e' un argomento semplice che anche un deficiente capisce, quindi e' molto facile da usare nell'arena politica. Ma sinceramente, a me sembra tanto un guardare il dito mentre si indica la luna. 

Mi spiego: i conti dello Stato, per dirne una, non e' che vanno a catafascio se paghiamo il parrucchiere ai deputati. I conti vanno a catafascio perche' i deputati a cui paghiamo il parrucchiere non sono in grado di gestire la cosa pubblica nella migliore delle ipotesi, e sono degli sperperatori di denaro pubblico per fini ideologici nel peggiore dei casi. Se i conti fossero a posto, per dire, ce ne fregherebbe ben poco di quanto ci costa il parrucchiere di Mastella (sempre lui, poveretto). Se il sindaco di Vattelappesca (ci vogliono due p?) non e' in grado di far ripare le buche nelle strade, non e' mica perche' ha un gettone di presenza troppo alto che sottrae risorse alla manutenzione stradale. Se Ferrero racconta fesserie sulle pensioni e si oppone all'innalzamento dell'eta' pensionabile, non e' che sia perche' ha l'auto blu. E non e' che se gliela togli, l'auto blu, Ferrero comincia a parlare come Giavazzi. 

Quindi quando sento parlare di costi della politica, mi pare un po' un falso problema, o perlomeno un problema secondario. non perche' tali costi siano a livelli accettabili, ma proprio perche' mi pare sviino l'attenzione dai problemi piu' urgenti. A volte mi pare che nell'opinione pubblica si stia cercando di far passare l'idea che se smettiamo di pagare il parrucchiere a Mastella allora improvvisamente non c'e' piu' bisogno di riformare le pensioni. O che se improvvisamente togliamo la scorta ai ministri, il debito sanitario regionale sparisce d'incanto. 


non sono i costi per se', e' il fatto che i privilegi che i politici hanno sono auto-appropriati (come si dice? se li sono dati a loro stessi medesimi). Andrea paga il gelato alla fed, di cui peraltro fa uso assai smodato, 75 centesimi, ma non puo' decidere lui stesso di passarlo a 35 centesimi. puo' contrattare, ma non decidere per se stesso. se potesse decidere lui stesso, allora sarebbe naturale che i cittadini osservassero le sue azioni e sulla base del prezzo del gelato si costruissero un'idea sulle sue preferenze, sulle motivazioni per cui lavora alla fed, e anche sulle sue capacita'. non c'e' nulla di qualunquista nel usare questa informazione e nel renderla pubblica, nulla.

non sono d'accordo che i costi della politica siano un falso problema: il mastella che si auto-assegna l'auto blu e la parrucchiera gratuita e' anche quello che compra voti (nel senso che fa politiche populiste) e fa accordi con personaggi discutibili  per accaparrarsi i voti; non e' un caso, i due comportamenti sono correlati, correlatissimi. la totale trasparenza nelle decisioni della classe politica riguardo a se stessa e' fondamentale in un sistema funzionante, altro che qualunquismo. lo e' perche' i politici  prendono loro stessi decisioni riguardo al proprio salario e privilegi connessi.

Dev'essere l'eta': se Alberto ed io abbiamo la stessa opinione su qualcosa per piu' di due volte consecutive poi succedono dei casini inenarrabili in borsa, altro che le giravolte degli ultimi giorni. L'ultima volta che successe era durante le vacanze di natale del 1999-2000 (concordammo che andare a sciare quando non manca la neve e' una perdita di soldi e tempo). Non so se ricordate cosa sia poi successo in borsa ... Speriamo quindi che passi subito. Pero' al momento continuo a concordare ...

Senza ripetere le cose che ha gia' detto, ne aggiungo un paio che m'erano venute in mente leggendo il commento di Rabbi questo pomeriggio.

Se si vuole rendere credibile una qualsiasi politica di taglio della spesa pubblica occorre redistribuirne i costi (ossia i tagli) in modo uniforme. Per-capita l'eccesso di spesa pubblica causata da un parlamentare, sindaco, consigliere regionale, portaborse qualunque o presidente della repubblica e' un paio di ordini di grandezza superiore a quella del pensionato. Quindi, se taglio 150 euro al pensionato e' doveroso tagliare almeno 10000 al politicante.

L'argomento che nell'aggregato i costi della politica sono una goccia nel mare (mica tanto: il Quirinale da solo costa quasi 300 milioni di Euro all'anno ...) e' irrilevante. Anche il costo dei finti invalidi residenti nel rione Calatifimi della citta' di Enna e' risibile in relazione al bilancio dello stato italiano. Secondo le mie stime personali, ed inventate, i finti invalidi che ricevono una pensione sono 932 su una popolazione, nel rione di 4300 anime. Quindi il loro costo totale ammonta, al massimo, a qualche decina di milioni di euro, diciamo 20 per farla grande. Una baggianata. I politicanti di professione sono, a farla enorme, 100 volte tanti ma generano sprechi di spesa ben superiori ai 2 miliardi di euro annue. Quindi sono, per capita ed invidualmente piu' "colpevoli" dei finti invalidi. La responsabilita' e' individuale, non collettiva. Come tale va denunciata. Se poi si configura nella forma di "associazione a delinquere di stampo mafioso" come nel caso in questione, va denunciata due volte.

Le istituzioni nazionali, il sistema democratico, la moralita' pubblica sembrano parole vuote, ma sono cose importanti. Il loro continuo ed inarrestabile corrompersi che dura da almeno 30 anni e' un fatto grave. Il sistema di valori su cui dovrebbero reggersi si sgretola e produce repubbliche di banana. L'acido piu' corrosivo di questo sistema di valori, norme ed istituzioni e' l'abuso del potere da parte di coloro a cui il potere politico viene delegato temporalmente: la creazione d'una casta d'intoccabili oramai trasformarti in satrapi orientali che, mentre predicano moralita', famiglia, religione e balle varie per il popolo bue, fanno le orge con la cocaina e le puttane negli hotels di Roma, a spesa ovviamente del contribuente o anche solo le continue "festine" in terrazza, palazzo, parco, villa, teatro ... Insisto, dovremmo rendere obbligatoria per i cittadini italiani non la militaresca alzabandiera mattutina nelle scuole che il commercialista di Sondrio ha proposto per provocare il Nosferatu del botteghino, ma la visita e lettura quotidiana di Cafonal

La moglie di Cesare e quel che segue: trattasi di antica e saggia regola morale e politica. Gli atti ed i fatti che insozzano la reputazione della "moglie di Cesare" vanno denunciati pubblicamente e sistematicamente: non e' qualunquismo farlo, al contrario. E' dovere civico.

La moralita' pubblica - alla faccia della sub-cultura andreottian-craxian-berlusconiana del "Fra', che te serve?" e della "Milano-da-bere" e del "ma il problema e' un altro, e' strutturale" che ha infettato il paese dagli anni 80 in poi e che ha oramai contagiato tutto e tutti - e' una cosa importante. Va difesa, molto strenuamente. Anche perche' ce n'e' rimasta veramente poca.

 

Un chiarimento sul mio intervento di ieri.  La mia provocazione sul "qualunquismo" di Rizzo e Stella non era una spocchiosa denuncia dell'incapacita' di analisi dei giornalisti. Sostenevo invece che "La Casta" non scalfisce per nulla il sentimento diffuso che secondo me ha contributio in maniera importante all'aumento dei costi della politica: l'idea che qualsiasi problema ci affligge debba essere risolto dal governo.

Non penso ci voglia un economista per sostenere che l'aumento dei costi della politica possa essere una conseguenza della crescita della spesa pubblica.  Del resto, fu un politico come Reagan a sostenere che il governo non e' la soluzione ma il problema.  Per questo sono in pieno disaccordo con Michele: la mancanza di analisi di Rizzo e Stella non riflette il rispetto del giornalista per i propri confini, ma una mancanza di coraggio. Vaglielo a dire agli Italiani che il problema non sono i politici "cattivi" ma i piccoli appetiti, le rendite e prebenducce di tutti. Questo e' esattamente quello che intendo per qualunquismo.     

Nicola, ed Andrea, grazie per il chiarimento.

Nicola ed io non siamo chiaramente d'accordo, ma questa non essendo una di quelle questioni che si possono risolvere a base di dati e/o modelli, credo la differenza d'opinione rimarra'. Solo due remarks:

- io ritengo che i politici "cattivi" siano uno dei problemi, forse anche IL problema. Ovviamente "cattivo" non vuol dire nulla, ma va tradotto in classe dirigente ignorante, dequalificata, fondamentalmente immorale, truffaldina ed intoccabile (perche' ha costruito per se un sistema politico che la rende intoccabile).

- la relazione con la spesa pubblica non e' per nulla ovvia. Controesempi? Banali: Nicola conosce perfettamente i paesi scandinavi, dove la spesa pubblica e la tassazione in percentuale del PIL sono sostanzialmente piu' alti che in Italia, e da decenni, ma dove non esiste nessuna casta e dove la moralita' pubblica e privata della classe politica e' semplicemente non confrontabile a quella dei nostri satrapi. In un certo senso qualsiasi paese europeo costituisce un controesempio alla semplice, ed a mio avviso erronea, inferenza causale secondo cui e' l'alto livello della spesa pubblica che causa gli alti costi della politica e la grande abbuffata romana.   

Nella societa' in cui viveva Cesare invece quelli erano ormai i mezzi

per arrivare al potere, e se non l'avesse fatto Cesare c'erano molti

altri pronti a farlo. L'evoluzione politica successiva alla soppressione di Cesare mostra

ancora una volta che l'impero basato sul controllo di eserciti

professionali era il destino insito nella societa' romana del tempo.

Be', questo fatalismo mi pare una forma di determinismo storico da far invidia a un marxista ortodosso :-)  E' chiaro che quel che accade sulla scena della storia ha sempre delle ragioni dietro, ma questo non implica che si debbano per forza dare giudizi positivi sugli attori, o sulle premesse. Semmai, (seguendo Santayana ) a me sembra che la lezione da trarne sia che un paese che dipende in misura crescente dalla forza militare prima o poi deve accettare seri compromessi con le liberta' repubblicane (un altro caso esemplare e' quello del Bonapartismo). Ed e' proprio per questo che mi preoccupa la piega presa dai governi degli Stati Uniti sin dall'inizio del XX secolo, per non parlare dell'attitudine verso la Costituzione della presente amministrazione statunitense (che fortunatamente stacadendoapezzi). Anche perche' la logica imperiale finisce sempre con l'essere autodistruttiva, come fatto recentemente rilevare dal Comptroller General degli Stati Uniti, David Walker.

Be',

questo fatalismo mi pare una forma di determinismo storico da far

invidia a un marxista ortodosso :-) E' chiaro che quel che accade

sulla scena della storia ha sempre delle ragioni dietro, ma questo non

implica che si debbano per forza dare giudizi positivi sugli attori, o

sulle premesse. Semmai, (seguendo Santayana

) a me sembra che la lezione da trarne sia che un paese che dipende in

misura crescente dalla forza militare prima o poi deve accettare seri

compromessi con le liberta' repubblicane (un altro caso esemplare e'

quello del Bonapartismo).

Non mi sembra che far leva o meno sulla forza militare fosse un'opzione per la Roma del tempo. Era piuttosto una scelta obbligata quanto arrivano i Cimbri e i Teutoni a massacrarti le legioni ai confini. Lo stesso per la Francia, che a alla fine del 1700 era gia' notevolmente piu' arretrata economicamente dell'Inghilterra e dei Paeis Bassi per esempio, e per di piu' era aggredita da mezza Europa ai confini.

Ed e' proprio per questo che mi preoccupa la

piega presa dai governi degli Stati Uniti sin dall'inizio del XX

secolo, per non parlare dell'attitudine verso la Costituzione della presente amministrazione statunitense (che fortunatamente stacadendoapezzi). Anche perche' la logica imperiale finisce sempre con l'essere autodistruttiva, come fatto recentemente rilevare dal Comptroller General degli Stati Uniti, David Walker.

Al contrario di Roma e della Francia rivoluzionaria, gli USA non hanno conquistato la loro posizione di preminenza con la superiorita' militare vera e propria ma piuttosto hanno costruito la loro superiorita' con un'amministrazione corretta, efficiente e orientata al progresso economico, con l'economia, con la scienza e con l'istruzione di massa. Sembra pero' che come l'impero inglese ai suoi tempi soffrano per la sovraesposizione dei loro impegni, che tendono a risolvere sempre piu' con mezzi militari piuttosto che economici. Sarebbe triste che seguissero l'evoluzione militar-imperialistica di Roma e della Francia rivoluzionaria, ma purtroppo ci sono alcuni segnali preoccupanti. Sembra pero' che la storia non sia ignota alle loro classi dirigenti, bisognera' vedere se vince il partito dell'auto-limitazione oppure quello che persegue la supremazia a livello mondiale.

Da Repubblica del 29 Agosto.

Sull'uso dell'extra gettito fiscale è intervenuto oggi Fausto

Bertinotti. Per il presidente della Camera ci sono in Italia ancora

troppe diseguaglianze e le risorse devono essere utilizzate per ridurne

almeno una parte. "Il paese - ha detto Bertinotti - ha bisogno di una

operazione complessa di redistribuzione della ricchezza attraverso

contratti e provvedimenti specifici".

 

Durante il suo intervento alla Festa del

Campanile, Bertinotti ha risposto alle domande dei giovani dell'Udeur e

di Clemente Mimun e ha spiegato che "l'Italia è contratta da un eccesso

di diseguaglianze. Spesso sono presi di mira i privilegi veri o

presunti dei politici, negli Usa negli ultimi venti anni il rapporto

tra i massimi manager e la media dei lavoratori è passato da 1-40 ad

1-450 di oggi".

Lui la differenza fra guadagnarsi i soldi lavorando ed asportarli con le tasse dalle tasche di chi li ha guadagnati lavorando per metterseli nelle tasche proprie ed in quelle dei comparielli, lui quella differenza non la conosce.

Non c'e' da sorprendersi, visto che non risulta abbia mai lavorato in vita sua. Persino da adolescente sembra aver mangiato a sbaffo per tre anni extra facendosi bocciare all'istituto tecnico industriale! Meglio ripetenti a scuola che lavorare in fabbrica: una coerenza esistenziale invidiabile.

 

 

Ed e' pure un guerrafondaio. Ma non era lui quello che andava in giro con la spilla della pace? ;)

 

Un'altra serie di privilegi a go go . Alcuni giornalisti sembrano risvegliarsi ultimamente...

Da Libero di oggi: "Svenduto anche il Colosseo - Dichiarata sismica la zona intorno al monumento romano (in piedi da 2000 anni).

Ora le case attorno valgono il 45% in meno. Per la gioia della

nomenclatura."

Che dire.. mi sembra che abbiano scoperto l'acqua calda. La casta è sempre esistita sia in Italia che in America..come in India.Semmai sarebbe interessante stabilire cosa rappresenta la casta Italiana (i loro interessi mi sembra troppo scontato). A mio parere loro sono stati elevati a casta per altri motivi, qualcuno doveva pure rappresentare fisicamente la faccia più o meno buona del belpaese. Mi sembra che ci siano riusciti molto bene.. nel frattempo hanno partorito Grillo, quindi hanno ricreato le belle condizioni del dividi et impera..come dire tra i due litiganti il terzo gode.

Lo sò ora mi si dirà che è troppo semplice la questione però provate a suggerirne un'altra considerando che in Italia il primo partito di maggioranza relativa è quello dell'astensionismo al voto (per mancanza di candidati idonei). E che stanno nascendo molti movimenti autonomisti vista l'impossibilità di riunire un numero significativo di interessi nazionali.

Anche quì in Veneto ne stanno sorgendo molti e alcuni rappresentanti dei partiti Italiani li stanno temendo e si stanno organizzando per screditarli chi ha ragione e chi ha torto?

ciao a tutti da Legnogrezzo