Ciò che non siamo, ciò che vogliamo. Ulteriori dettagli

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Michele Boldrin

Han tutti deciso che siamo la nuova ruota di scorta di Casini (della Lega, di BS, di Passera, di ilpotentedivostrogradimento ...) e che l'unica cosa a cui aspiriamo è essere cooptati nel "Grande Centro" per fare le belle figurine dell'ennesima operazione gattopardesca concepita nei salotti della "Roma che conta" (i proventi fiscali estratti agli italiani, suppongo). Una versione leggermente ridotta del testo che segue è apparsa, a firma di Carlo Calenda, Oscar Giannino, Andrea Romano, Nicola Rossi, Luigi Zingales e mia (col consenso degli altri promotori di Fermare il Declino, Andrea Moro, Sandro Brusco e Carlo Stagnaro) come Lettera al Direttore sul Corriere della Sera di oggi. Potrà forse aiutare a chiarire chi siamo e cosa vogliamo. 

Gentile Direttore,
nei giorni scorsi il suo giornale ha dedicato ampia attenzione alle ipotesi di un “grande centro” dai confini e dai contenuti ancora indefiniti. L’Italia ha senz'altro bisogno di una formazione lontana dai populismi di destra e di sinistra. L’incapacità, da un lato, del PdL di evolvere dallo stadio di partito personale a uso e consumo di Berlusconi e la trasformazione, dall’altro, del PD in un nuovo/vecchio "PDSel" all'insegna dell'alleanza tra Vendola e Bersani, lasciano sia senza rappresentanza milioni di cittadini che senza risposta le enormi sfide che il paese deve affrontare. Positivo è il fatto che, a differenza di altri partiti, l’Udc si riprometta di attingere al di fuori dei professionisti della politica per dar vita ad un'offerta rinnovata. L'urgenza in cui si trova l'Italia impedisce tuttavia di anteporre ambizioni personali e mal riposti sentimenti di superiorità all’interesse vitale di alimentare l'urgenza di riforme modernizzatrici con massicce dosi di nuovo consenso democratico, nuove idee e nuove risorse civili. Oggi saper includere ed aggregare al fine di dare al paese una nuova classe dirigente riformatrice è molto più importante di prima.

Per queste ragioni, unite a una congiuntura internazionale che per l'Italia è tanto drammatica quanto favorevole all'archiviazione dell'offerta politica che ha segnato sia la storia che il fallimento della Seconda Repubblica, esiste oggi un’inedita opportunità per la nostra democrazia: la nascita di una grande formazione popolare che raccolga il consenso dei milioni di elettori che credono nei valori del lavoro e della libertà, del merito e della competenza professionale, dell’apertura internazionale e dell’unificazione europea. I milioni di cittadini, insomma, che con il proprio sforzo e i propri saperi mantengono a galla il paese e che, pur privi di effettiva rappresentanza politica, auspicano nella società civile le riforme indispensabili a ritrovare quella fiducia e quell'energia che l'Italia ha conosciuto nelle stagioni più dinamiche della propria storia. Una formazione, infine, che sappia parlare sia a chi diventa ex produttore, perdendo lavoro o impresa sia a chi, come buona parte dei giovani e delle donne, nelle condizioni attuali non lo diventerebbe mai.

Le premesse e le condizioni perché questo si realizzi vi sono tutte, ma occorre dapprima lavorare alla definizione d’un programma credibile ed efficace nel quale tali forze si possano riconsocere e poi operare per aggregarle e organizzarle. Questa la sfida politica che la parte riformatrice della società civile italiana deve affrontare e vincere nei prossimi dieci mesi. 

Su tutto questo, almeno sino ad ora, i partecipanti ai tanti tavoli che ruotano intorno al progetto della "Cosa di centro", a cui veniamo talora indebitamente associati, hanno sostanzialmente taciuto. L’essere “moderati” o “in mezzo” non costituisce, di per sé, né una visione né, soprattutto, un programma politico concreto per far uscire l’Italia dalle secche in cui da troppo tempo si trova. Nemmeno si può semplicemente invocare una prosecuzione ad oltranza del “montismo” come ragion d’essere di un’iniziativa che deve necessariamente guardare agli orizzonti lunghi di una Terza Repubblica tutta da costruire, oltre ad avere la capacità di persuadere milioni di elettori delusi dalla Seconda Repubblica e dai suoi protagonisti. Il governo guidato da Mario Monti ha accumulato meriti importanti. Ma è del tutto evidente che nel 2013 gli italiani vorranno e dovranno scegliere tra visioni diverse del futuro del paese. E quelle visioni dovranno emergere con chiarezza prima del voto, forti delle proprie convinzioni e fiduciose nella propria capacità di imprimere una svolta agli indirizzi politici nazionali. Scommettere sul contrario, ovvero su generici appelli al buon senso e sulla possibilità di trovare accordi di potere dopo il voto con chiunque ci si trovi a fianco prescindendo dai programmi, equivarrebbe a disperdere una straordinaria occasione storica e a tornare alle peggiori consuetudini della Prima Repubblica.

Italia Futura e Fermare il declino hanno presentato due manifesti di valori e proposte, molto simili, che ruotano intorno a due idee di fondo: la crescita economica come chiave per ogni politica di rinascita della nazione; la coscienza che il maggior ostacolo alla crescita sia la configurazione attuale dell’apparato dello stato che occorre quindi drasticamente riformare. Dismettendo per ridurre indebitamento, liberalizzando per indurre concorrenza ed eliminare rendite, dimagrendo per diventare produttore di servizi utili, rientrando in un alveo più sopportabile sotto un profilo economico (spesa pubblica e tasse) e di libertà personale (burocrazia e merito). In questa visione non sono ammissibili né ulteriori aumenti della pressione fiscale, neanche a fronte di un abbattimento del debito, né crescita della spesa pubblica che va invece e per davvero finalmente risanata, ossia resa produttiva. Solo dalla crescita di un’economia liberata e giusta nel premiare il merito possono arrivare le vere soluzioni ai problemi del paese. Una visione che si fondamenta nella fiducia verso le capacità individuali degli italiani e che per questo ritiene vadano rafforzati anche gli strumenti di partecipazione democratica dei cittadini a partire dall’eliminazione alla radice dei conflitti d’interesse e dalla riapertura del diritto individuale d’entrata nel mercato politico (primarie, riforma sistema elettorale).

Parliamo il linguaggio di un liberalismo popolare che in Italia, pur sostenuto dal consenso e dalle idee di milioni di cittadini, non ha mai avuto il timone del governo e forse nemmeno una rappresentanza politica propria ma che ha incrociato positivamente la cultura della sussidiarietà acquisendo con essa un valore fondamentale del mondo cattolico italiano, ma anche di quello laico.

Riteniamo che si possa coinvolgere in tale progetto solo chi, da dentro la politica, vorrà rinnovarsi veramente. Un rinnovamento che non può risolversi nel reclutamento di due o tre personalità della società civile per farne la foglia di fico di operazioni gattopardesche. Occorre cambiare in profondità, in primo luogo sul territorio e poi nella rappresentanza politica. Non si può essere infatti "montiani" a Roma e "lombardiani" a Palermo, non si può chiedere il taglio della spesa in Parlamento e poi votare la moltiplicazione delle poltrone nelle regioni. La stagione dei tatticismi programmatici e personali può e deve finire, insieme all’idea che la società civile possa svolgere il proprio ruolo solo limitandosi a esercitare dalle tribune il diritto di critica.

"Grande centro" e "Cosa bianca" sono termini che evocano un’indefinitezza di contenuti e un attaccamento alla topografia partitica che non promettono nulla di buono. Forse, anche per questo, finora non sono riusciti a vedere la luce. Occorre invece ripartire dalle idee sul da farsi, discutere alla luce del sole evitando tavoli segreti ed improbabili conciliaboli confessionali, coinvolgere chi dalla società civile ha deciso di impegnarsi in prima persona e aprire le porte alle personalità che nei diversi partiti condividono agenda e valori: così si può dare vita ad un soggetto politico nuovo, popolare, liberale e riformatore che abbia l’ambizione di diventare il primo partito italiano.

Italia Futura negli ultimi tre anni ha fatto crescere idee, competenze e impegno civile per contribuire al rinnovamento profondo della nazione, costruendo una rete territoriale diffusa su tutta la penisola e animata da migliaia di volontari e associati. Fermare il Declino, promossa da esponenti della società civile e del mondo intellettuale e delle professioni, ha raccolto in due settimane le adesioni di decine di migliaia di italiani attorno ad un coraggioso manifesto riformatore. Insieme ci impegneremo da settembre per un progetto apertamente politico e profondamente innovatore, lungo il quale incrociare la disponibilità e la volontà di quanti credono che l'Italia non meriti il ritorno a una stagione politica fallimentare.

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Commenti

Ci sono 169 commenti

PUNTO 8: dove sta la donna e dove sta il giovane? aspettiamo tutti fiduciosi, speriamo che per settembre ci sia, o meglio ci siano: una donna e un giovane (solo in italia si e' ancora giovani a 40anni)

grazie Michele e grazie a chi sta lavorando per noi e, si spera al piu' presto, con noi (nel senso di donne che ancora come redazione ne come firmatari ci sono)

g allen

E dove sta l'uomo, e dove sta il vecchio? E il 50enne disoccupato?

E l'omosessuale, ed il cinese, e l'allevatore di criceti?

 

Già perché se non ci dividi tutti in categorie e corporazioni, ognuna con i suoi privilegi e rappresentanze particolari, come fai poi a controllarci?

 

Ma quali diritti universali!

Divide et impera, no?

Oltre ai complimenti per la citazione lettereraria volevo solo chiedere quando indicativamente uscirà un programma completo che vada oltre i 10 punti (scopro ora che siete europeisti in politica estera). Inoltre mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di tutte quelle iniziative che piacciono tanto agli economisti e per nulla ai politici (un esempio qui johnhcochrane.blogspot.com/2012/07/six-policies-from-npr.html?m=1).

 

Per quanto possa valere avete tutto il mio supporto.

 

Christian Rollo

Ma sapete che i vecchi barbogi del PLI sono terrorizzati che gli vogliate portare viail termine "liberale", visto che e' lunica cosa che gli e' rimasta?E vi accusano di essere "pilotati da un certo "Giacalone" (e chi sarebbe costui?) o da altri personaggi mai sentiti ne' fumati? ROba da matti.

Io vivo tranquillo anche se, come "ismo", dovessero affibiarmi l'ultimo che rimane nella cesta. 

Il riferimento poco critico nei confronti dell'UDC mi aveva preoccupato, lì la logica è semplicemente democristiana e se si vuole far intendere di rivolgersi al di fuori della "società politica" è e può essere solo strumentale. Per il resto restiamo in trepida attesa con l'immensa curiosità di come si farà a coniugare e rendere operativo un corposo ed audace programma politico con una corposa ed altrettanto audace riforma del sistema stante l'impossibilità di separare le due cose. Sono in età da pensione ovvero sarei stato in età da pensione (coetaneo del Presidente Montezemolo) ma in grado di adoperarmi, credo e spero, con efficacia nel ruolo di "portatore d'acqua". Attendo segnali e conseguenti istruzioni. In bocca al lupo (ne abbiamo bisogno tutti !).

Ho aderito e parteciperò con entusiasmo. Ma, contenuti a parte, il linguaggio di questa lettera fa pietà, francamente. Potrebbero averla scritta, come stile, Bersani o Cicchitto. Provate a tradurla in inglese, che è sempre un test minimo di chiarezza: impossibile. Parere non solo mio (vecchio professore), ma anche di giovani cui l'ho fatta leggere: entusiasti dei contenuti (ma ho dovuto spiegarglieli io), inorriditi della forma.

Abbiamo perso un'occasione importante di comunicazione efficace. Bisogna incaricare qualcuno capace di controllare la comunicazione di FiD (Boldrin andrebbe abbastanza bene, ma immagino che abbia altro da fare). Lo stile è importante quanto i contenuti, se si vuole farsi notare e apprezzare da chi non ci conosce.

Vi prego, correte subito ai ripari su questo!

Anche a me il linguaggio è sembrato un po' troppo da "prima repubblica" (anche se sono abbastanza giovane da non aver votato in quel periodo) e per certi versi un po' "democristiano" (ci si è esposti senza crearsi "nemici"). Certo, capisco anche che non si potesse scrivere al Corriere con il linguaggio "da bar" che talvota si usa qui su nfa

Potrebbero tornare utili queste poche regole per rendere il proprio messaggio sticky (appiccicoso), tratte da Made to Stick: Why Some Ideas Survive and Others Die.

 

S imple — find the core of any idea

U nexpected — grab people's attention by surprising them

C oncrete — make sure an idea can be grasped and remembered later

C redible — give an idea believability

E motional — help people see the importance of an idea

S tories — empower people to use an idea through narrative

 

(traduzione: Semplice - Inaspettato - Concreto - Credibile - Emotivo - Narrativo)

I miei migliori auguri e chissà pure il mio voto. Tuttavia il punto è che, a meno di non partire dal presupposto che Berlusconi non abbia mai avuto la benché minima intenzione di riformare il paese (e neppure di provarci) nel senso da voi proposto e che Antonio Martino sia solo il primo dei tanti gonzi che ci sono cascati, occorre partire invece dal presupposto che non ci sono state quelle riforme perché ci sono state delle resistenze che hanno prevalso.

Ora, se uno che è stato capace di prendere in più occasioni la maggioranza, che ha delle non comuni doti di leadership, comunicazione, vendita, imprenditorialità, che ha un sacco di soldi, che è da quasi venti anni che tiene in scacco la magistratura e l'ex-PCI non è riuscito a vincere quelle resistenze, ecco, mi chiedo perché ci dovreste riuscire voi.

Magari mi sbaglio, anzi lo spero; tuttavia resto pessimista, e credo che il vostro sia l'ennesimo manifesto riformatore destinato all'insuccesso. Temo che bene che vada pescherete consensi nell'elettorato del PdL e farete vincere le sinistre.

Siete critici con Martino, ma va detto che lui a differenza vostra ha chiaro il concetto che senza le armate di Berlusconi non sarà un nuovo PLI versione 2.0 a poter riformare il paese.

Io nel mio piccolo dico che avere il PdL al posto della DC (e dall'altra parte il PD al posto del PDS, e quello è indirettamente dovuto alle legnate che gli ha dato Berlusconi) sia già una conquista per il paese.

Berlusconi, pur con le maggioranze mai viste di cui ha goduto, non è riuscito a realizzare il programma non tanto per le resistenze politiche ma perchè era troppo impegnato a vincere le "resistenze" della nipote di Mubarak e della Minetti. Prodi non ha fatto nulla ma comunque ha fatto meglio di Berlusconi. Basta con sta storia del remare contro: forse che lui remasse a favore di Prodi? Certo cambiare un paese è ben più difficile che costruire un impero economico iniziando con la fortuna di avere l'amico Previti tutore della Casati e poi muovendosi all'ombra di Craxi  e in seguito con gli aiuti degli ascari del PDS/DS, Metta e altri simili uomini di mondo. 

Quando e perché avete deciso di unire le vostre forze a italia futura?

Ritenete che Montezemolo & co. siano le forze nuove di cui l'italia ha bisogno?

Effettivamente le proposte di Fid e Italia Futura sono simili ma ho sempre avuto un pregiudizio su "Italia futura", dovuto alla figura del suo fondatore Montezemolo. Pregiudizio molto forte (sarà che leggo troppo Dagospia e che mi ricordo la "splendida organizzazione" di Italia 90).

Quindi mi unisco alla richiesta di Francesco Franzoni ( e di altri nei commenti sotto) di avere approfondimenti su questo punto.

Parafrasando un vecchio LP, sopravvalutato, mi piacerebbe un: "Affinità-Divergenze tra il Marchese Montezemolo e noi".

Il movimento si caratterizza per mettere al centro il programma, non chi lo condivide (entro certi limiti) né la leadership. Anzi, direi che ciò che c'è di speciale è che non c'è un vero leader, e quel che si sa di sicuro è che se si formerà un partito ci saranno le primarie. Se Montezemolo condividerà il programma e vorrà partecipare alle primarie, nessuno, credo, lo fermerà. 

un bel niente. 

IF (meglio, una parte sostanziale del suo gruppo dirigente) ha condiviso le nostre proposte. A noi è sembrato positivo e ci siamo messi a parlare con loro. 

Risulta che abbiamo moltissimi punti in comune ed abbiamo deciso di continuare a discutere per vedere se è proprio vero che vediamo le cose in modo simile. Siccome, nel frattempo, si era scatenata una vandea mediatica che ci metteva (per ragioni diverse ma complementari) sia loro che noi sul carro di Casini o di qualche improbabile "Cosa Bianca" abbiamo pensato fosse il caso di chiarire che così non era. E di rendere manifesto che ci stiamo parlando e cercando di capire se davvero vorremmo ottenere simili obiettivi. 

Ah, vi svelo un segreto: in queste discussioni il signor Luca Cordero di Montezemolo non partecipa, almeno non che io sappia. Il perché non lo so e, francamente, mi interessa molto poco. Il fatto è che io ho rispetto per gli amici di IF con cui discuto e spero (credo) essi lo abbiano di noi. Per cui continuo a discutere e parlare. Se alla fine troveremo una maniera di agire assieme, meglio per tutti. Se questo non dovesse succedere, amici come prima.  

Quello che non riesco davvero a capire è perché dovrei rifiutarmi di discutere con persone per bene che dicono di condividere le mie idee. 

Mi compiaccio per lo sforzo, ma mi dolgo per il risultato.

In pochi finiranno di leggere l'articolo, ed ancora meno lo condivideranno.

 

Prima di tutto, la dote di "comunicatore" non è da tutti. Anch'io cito in tal senso il nome di Martino, che mi sembra non avere uguali in tal senso (vedere il suo blog "www.antoniomartino.org").

 

Inoltre, solo se "rem tene",  allora "verba sequentur".

 

Il problema in Italia, è che gli economisti sedicenti liberali, si scordano che le teorie economiche discendono direttamente da quelle politiche. L'equivoco fu forse parto di Benedetto Croce, coniatore del termine "liberista", esistente solo in Italiano, che parrebbe differenziare le due discipline.

 

Ma come fate a proporre ricette economiche in uno stato in cui non esiste neanche il Diritto? In cui non esiste neanche la porprietà privata? La nostra, se non lo sapete, non si chiama "democrazia", ma "partitocrazia". I partiti fanno il bello ed il cattivo tempo.

Riuscite a fare una riforma buona? E quanto durerà? Quanto il referendum di Segni che cancellava il proporzionalismo? O quanto quello sul finanziamento dei partiti? O quanto quello sulla responsabilità dei giudici?

 

Non si va da nessuna parte senza una riforma costituzionale, che consegni ai cittadini qualche diritto inalienabile, nonché un sistema di garanzia contro l'arbitrio politico.

 

Non siete capaci? Allora, leggetevi l'unico manifesto esistente del liberalismo , quello scritto da Von Hayek ("Il liberalismo", introvabile in italia, ma ve lo mando io scannerizzato), in cui è chiarito che: "Un mercato è un sistema giuridico. In assenza del quale, l'unica economia possibile è la rapina di strada".

 

E basta parlare della "libertà". Mi sembrate i demagoghi degli anni '70 che parlavano in "sinistrese".  Per un liberale, la parola "libertà" al singolare è vaga e senza significato.

 

Esistono "le" libertà. Plurale. Ognuna difesa da un diritto. Scritto.

 

Insomma, basta confusione. E' necessario un coordinamento di tutti questi tea party, questi blog, questi movimenti di opinione, queste proposte di legge.

 

Ma non per utilizzare il sistema attuale, ma per riformarlo completamente.

Non si può, perché i partiti ed i giudici non lo permettono?

E allora, facciamolo a livello locale, partendo dalle regioni a Statuto Speciale.

La Sicilia è un problema? Vediamo come va se adotta la Costituzione Svizzera, che prevede tra l'altro l'IRPEF massima all'8,5% e l'IVA max al 6,5%.

Tempo un anno diventa la Hong Kong del mediterraneo.

Tempo un altro anno, e tutte le altre regioni vorranno adeguarsi.

Alla faccia della classe politica.

O no?

Scusate, ho esagerato. Lo sforzo va comunque premiato, in quanto l'intento è comunque lodevole.

 

E' che ogni tanto mi piacerebbe sentir parlare di diritti. Sia per i privati cittadini che per gli operatori economici. In fondo. parte tutto da li . . .

 

Vedete, se la proprietà privata fosse un diritto, in Italia, l'IMU e le altre imposte odiose non sarebbero possibili. E probabilmente neanche l'art. 18. E, forse, i creditori riuscirebbero a farsi pagare.

 

E se i tre poteri fossero separati, affinché ognuo potesse sorvegliare gli altri, forse tali poteri non sarebbero più gestiti in modo così arbitrario.

 

E se la giurisprudenza prevalesse sul diritto postivo, la legge sarebbe veramente uguale per tutti, e finirebbero anche le sentenze assurde.

 

Comunque, mi scuso per il tono di critica, in realtà volevo essere propositivo . . .

 

La Sicilia è un problema? Vediamo come va se adotta la Costituzione Svizzera, che prevede tra l'altro l'IRPEF massima all'8,5% e l'IVA max al 6,5%.

 

A ben vedere la Costituzione elvetica è cosi' facilmente emendabile (dal popolo) che oggi l'IVA è già all'8%.  Ma non è questo il problema. La Sicilia non puo' adottare una costituzione federale ma dovrebbe essere l'Italia a farlo. La Sicilia caso mai potrebbe adottare una costituzione cantonale (dove non si sbilanciano con le aliquote locali) ma scopriremmo che tra comuni e livelli vari il 60-65% delle imposte sarebbero locali (nel complesso siculo) e quelle aliquote sopra citate sono quelle che finiscono a Roma, insieme ai carburanti, dazi e imposte indirette varie (alcolici, sigarette).  A livello puramente teorico in Svizzera si reputa ideale una ripartizione fiscale che veda 1/3 delle imposte (principalmente indirette) alla federazione, 1/3 ai cantoni ed 1/3 ai comuni (entrambe principalmente dirette).  Poi visto che ogni sovranità determina le sue aliquote, il risultato medio si discosta di poco da questi valori. Nel 94 avevo calcolato:

Sovranità
Confederazione % (94) 
Cantoni % (94) 
Comuni %(94) 
Totale
Ripartizione risultante
35.90 
36.14 
27.95 
100.00 

la sicilia quindi non godrebbe delle aliquote federali che tu hai indicato ma avrebbe il carico fiscale dei comuni e delle province + la regione (e qui caso mai c'è da vedere se c'è qualche livello di troppo).

 

PS: in Svizzera, paese decisamente liberale,  la proprietà privata è un diritto  considerato e protetto; ciò non toglie che esista una imposta patrimoniale che comprende beni mobili ed immobili. Non si chiama IMU ma non è certo un problema di nomi.

ma Lei pensa che i redattori di nFA e i promotori di FilD non abbiano pensato anche alle cose che ha elencato?

E che non conoscano addirittura Von Hayek? Tra l'altro il libro da Lei citato, è facilmente acquistabile su internet.

 

Sanno benissimo che vanno integrate anche altre cose.

la proprietà privata è un diritto? certamente.

Assistenza sanitaria, Lavoro, Istruzione, Equità sociale (condizioni economiche che garantiscano uno standard di vivibilità sostenibile per tutti - uomini, donne, omosessuali, anziani, immigrati e figli italiani di immigrati, diversamente abili -, riconoscimento del diritto basilare - così elementare che dovrebbe essere ridicolo ancora parlarne - di amare e condividere la vita come "coppia riconosciuta di fatto" per persone dello stesso sesso, con conseguenti diritti e doveri sanciti in materia di giurisprudenza familiare; condizioni di lavoro che rispettino le norme di sicurezza in materia di salute e territorio, nonché di salute e incolumità del lavoratore; orari di lavoro sostenibili, per il bene del lavoratore e per la sicurezza dell'intera "macchina" di produzione e servizio; riconoscimento dello straordinario, delle ferie, della malattia e nello stesso tempo l’attivazione di un reale sistema di controllo da parte degli organi competenti (ufficio del lavoro e ispettorato del lavoro - che fanno?) affinché diritti e doveri del datore di lavoro e del lavoratore coincidano e non danneggino una delle due parti in causa. Nessuna erogazione di corrente elettrica e acqua allo stato Vaticano a carico delle tasse dei cittadini italiani, pagamento delle tasse per i beni (lasciti, possedimenti, attività commerciali, “associazioni” no-profit (!?) ) sul territorio italiano, e nessuna ingerenza nella politica italiana (che poi in parrocchia dicano la loro rientra nella libertà fondamentale di pensiero e professione religiosa, tanto quanto per i musulmani nelle moschee e gli ebrei nelle sinagoghe).

Abolizione delle mutue a case di cura e cliniche private, abolizione dei finanziamenti a scuole, università e istituti privati, come sancito dalla Costituzione, e potenziamento delle attrezzature e del personale nelle strutture pubbliche. Abolizione di uffici regionali, provinciali, comunali, inutili, improduttivi e utili solo a sostenere la spartizione dei posti e dei seggi in campagna elettorale. Snellimento della burocrazia, tanto discusso e mai avvenuto.

Un serio impegno nel sostenere e continuare a ricercare fonti di energia e sviluppo alternative; un serio impegno nel mettere in moto l’industria per smaltimento e riciclaggio dei rifiuti, comuni e tossici, con la conseguente salvaguardia ambientale, nonché la possibilità di creare nuova occupazione.

Scuola e Università che siano serie, competitive, meritocratiche ma non elettive in senso strettamente economico e sociale; intendo: libero accesso all’istruzione, obbligatorietà di un’istruzione di base e selezione severa e rigida per chi intende proseguire gli studi - ma anche agevolazioni economiche per gli studenti meritevoli che lavorano per mantenersi agli studi e/o le cui famiglie non siano in grado di sostenere i costi per la loro formazione. Programmi di studio ben concertati, organizzati e finalizzati a fornire un’ottima preparazione culturale di base per tutti gli indirizzi, ma anche una reale formazione professionale al termine del percorso di studi obbligatorio, ponendo degli sbarramenti (triennali?) che indirizzino l’alunno ad una scelta consapevole e conforme alle proprie attitudini e potenzialità.

L’ormai trita tiritera sull’abolizione dei diritti della casta, svecchiamento (ma qui ancora si nominano Montezemolo e Casini? insieme a Bersani, Monti, Vendola e compagnia bella del vecchio ospizio del fateci bene fratelli?), “trimezzamento” di stipendi e pensioni per parlamentari, senatori, plurimanager, etc.

E che passi l’idea che fare politica non significa impossessarsi di un “posto fisso”, chi fa politica si deve impegnare e produrre per il bene comune come qualunque lavoratore a tempo determinato, precario e in mobilità, come tutti i culi a terra che rappresento.

ma io sono comunista.

va da sé.

saluti.

"Vaste programme".

Allora… Berlusconi sarebbe questo “complesso” ma straordinario personaggio che nonostante tutto il suo carisma e i suoi mezzi non e’ ruscito a vincere le “resistenze”, ha armate di seguaci da cui non si puo’ prescindere per riformare il paese, e il PdL e il PD sono luoghi di elaborazione politica non ottimali ma preferibili ai partiti della prima Repubblica, grazie Silvio?

Uno Qualunque, scusa, ma tu dov’eri negli ultimi tanti anni? E qualche mese fa quando il PdL e’ andato a naso a terra nelle elezioni? Io fortissimamente spero che dagli ieri, oggi e domani il pezzo di elettorato liberale sano che ha turlupinato per tanto tempo Berlusconi sia riuscito (una volta per tutte) a perderselo da solo.

Forse pecco di ingenuita’, ma a me l’idea di FiD sembra quella di creare un movimento che attragga consensi sia dalla destra che dalla sinistra tradizionali -- non perche’ si colloca in un centro “neutro” ma perche’ e’ disposto a fare (senza fumi e ambiguita’) una lista di problemi e proposte concrete, e ad aprire un dibattito competente, trasparente e produttivo sulle cose che vanno fatte.

E dal mio punto di vista, c’e’ tanto lavoro da fare sull’altra interfaccia. Le “due tre cosette mica tutte” che solleva Natalia per esempio, saranno pure un “Vaste Programme”, ma hanno implicazioni concrete per le 10 proposte di FiD – ed implicazioni che sono importanti per un altro grande pezzo di elettorato sano; la gente che BS non l’ha mai votato, ma che e’ altrettanto frustrata con quello che la sinistra non e’ stata capace di fare.

Ultima cosa: Francesco chiede ulteriori dettagli su quando e perche’ e’ avvenuto il matrimonio con Italia Futura. La lettera al Corriere spiega che FiD non aspira a collocarsi nel “Grande Centro”, e alcune affinita’ tra Italia Futura e FiD sono ovvie – ma anche a me (credo a tanti altri) piacerebbe saperne di piu’ – e’ una domanda assolutamente genuina, niente retorica. Quali sono i capisaldi del matrimonio? E quali ne sono le conseguenze pratiche?

Promotori, ci raccontate?

Ps: secondo il famoso motto che repetita NON iuvant ma e’ bene farle lo stesso, ringrazio Giuliana e rilancio… Punto #8, donne, giovani.

 

 

il pezzo di elettorato liberale sano che ha turlupinato per tanto tempo Berlusconi 

 

Ho sempre avuto difficoltà a credere a questa frase. provo a riassumere il perchè.

 

Quando si presenta in campo, la figura di B. è l'esatto opposto dei principi liberali; dal come ha costruito l'impero ai numerosi conflitti d'interesse di cui era portatore. Non occorreva avere la sfera di cristallo per prevedere che da quei presupposti non avrebbe mai avuto interesse a realizzare un vero programma liberale.L'alternativa era Occhetto? a parte che c'è sempre l'astensione, non cambiava granchè. Perchè mai B. avrebbe dovuto liberalizzare e aprire la società alla concorrenza, visto che ha prosperato in un mondo esattamente opposto?

 

A maggior ragione dopo la "brillante" opera di governo del 2001-2006 che non ha avuto nulla di liberale nè dal punto di vista economico nè da quello dei rapporti tra poteri dello stato, un liberale non alle vongole avrebbe preferito fare altro piuttosto che continuare ad appoggiarlo. Del resto B: non ha mai nascosto quale fosse la sua effettiva agenda di governo. Eppure ha sempre goduto di un vasto e solido consenso, certo controllare buona parte dei media aiuta ma non credo proprio che il consenso derivasse solo da questo.  Qual è la conclusione? semplicemente che in Italia non esiste alcun elettorato liberale e che B. prendeva i voti per altre ragioni. 

 

 

 

 

 

non potete , veramente non potete lasciarci ancora per molto allo scuro: un grazie ragazzi detto da Boldrin e una lettera ai giornali che anticipa che sapremo tutto a settembre nell'era digitale 2.o E' TROPPO POCO.

per favore vi scongiuro in nome dei poveri tapini che in due settimane hanno portato i numeri di FiD sopra i 20.000 PARLATECI. A questo punto, anche se una buona comunicazione sarebbe auspicabile, mi prendo qualsiasi tipo di linguaggio anche una sana oratoria da classe di highschool ma per favore uscite allo scoperto. Siete piu' di dieci e Giovanni Federico ha detto che parla per se, pensate tutti con la propria testa e per favore: parlateci

g allen

Il PSI di Bettino Craxi si proponeva di dare rappresentanza a quelli che chiamava "nuovi soggetti sociali emergenti", con particolare attenzione a giovani, donne e nuove professioni. Pur tra "nani", "ballerine" e filibustieri vari qualche spezzone della cosiddetta società civile riuscì in questo modo a far sentire la propria voce. I partiti risorti dalle ceneri della prima repubblica hanno raccolto in modo singolare questa eredità. Utilizzando meccanismi di selezione dei/delle "nuovi/e" dirigenti basati su sistemi di discendenza patrilineare o, più raramente, matrilineare. In questo modo sono trionfalmente saliti o stanno salendo ai vertici del proprio schieramento parenti, famigli o allievi vari, mentre soggetti che hanno avuto l'ardire di auto-proporsi (vedi Renzi nel PD) sono bollati di eresia dalle nomenklature di partito. E non ci sono primarie che tengano, come le opposte fortune di Renzi e altri presso la propria segreteria di partito stanno a dimostrare. Auspico che questo nuovo soggetto politico in formazione non finisca nelle sabbie mobili che hanno soffocato i partiti della seconda repubblica. Per questo, meglio evitare da subito apparentamenti strategici, opacità, cesarismo e nepotismo. Mentre su apparentamenti strategici, cesarismo e nepotismo vi sarà modo di ritornare, per il momento mi limito a un solo esempio, riferito alle opacità. Perché, tra gli accademici o aspiranti tali che aderiscono a IF (soprattutto) e FiD si accreditano come Economisti anche politologi, economisti manageriali, sociologi, giuristi e altro ancora? Da economista, non mi e' mai venuto in mente di presentarmi come politologo o giurista (pur sapendone, come ogni scienziato sociale, un po’). E non credo proprio che politologi, economisti manageriali, sociologi e giuristi si vergognino della propria specializzazione; altrimenti ne avrebbero scelta un'altra. Inoltre, gli accademici non nascono professori, ma seguono un percorso di carriera. Eppure, scorrendo liste e biografie di aderenti e membri della emergente nomenklatura del nuovo soggetto politico allargato noto assegnisti di ricerca e ricercatori sovente con "zeru tituli" (pubblicazioni in riviste indicizzate) che si presentano come studiosi affermati e Professori. Millantare ciò che non si è (ancora) non è un buon segnale per chi si propone di rinnovare politica e paese. Nel mio Dipartimento vi sono brillanti e promettenti giovani ricercatori e assegnisti di ricerca. Qualcuno di loro potrebbe legittimamente partecipare alle primarie per la selezione del candidato premier e io non avrei problemi a votarlo. Ma sono sicuro che lo farebbero presentandosi per quel che sono: giovani, assegnisti di ricerca, con qualche promettente revise and resubmit. Se non si fa chiarezza e pulizia dall'inizio il "nuovo" soggetto politico rischia di nascere in continuità con quelli della seconda repubblica.

... se non ci dici specificatamente a chi ti riferisci e dove abbiamo sbagliato diventa difficile capire. 

Fid..aggiungerei Nfa....

mi ci gioco la camicia che non ho....

mi ci gioco il trenino che non ho...

Fid di Nfa..

Gianni  Z.

Ps... il programma....ma va là...

Il commento riguarda l'insieme degli interventi e articoli: Fermare il declino, Anonimi compagni, Lettera al Corriere ecc. Sono un anonimo compagno, che è rimasto nel PD per due anni e poi non ha rinnovato la tessera. Voto per il momento PD. Ho interesse alla "cosa" che state creando, concordo su moltissime cose dette e scritte, sulle priorità per la prossima legislatura, non credo che siate la ruota di scorta di Casini. Ma dal punto di vista delle priorità e del "programma" mancano alcune cose secondo me molto importanti, direi irrinunciabili, in particolare se l'obiettivo non è fare un "partito d'azione" (cosa di per sè non disprezzabile), ma un partito di massa. La strofa di Lugano Bella ci aiuta: le verità sociali da forti propagate. Tradotto: come riformiamo il Welfare senza buttare via il bambino con l'acqua sporca? Non possiamo deciderlo tra 5 anni, lasciando ai "tagli" il compito di fare le policy. Sono tra quelli che sono convinti (vedi ad esempio pss.irsonline.it/convegnowelfare/documento.html) che si possano fare le nozze con i fichi secchi: riformare il welfare, senza aumenti di spesa, aumentando efficacia ed equità, abbandonando l'universalismo iniquo e non sostenibile, per un modello selettivo che ridefinisca metodi e priorità di intervento. In particolare poi in sanità l'idea che privatizzazione e concorrenza risolvano i problemi è proprio sbagliata: francamente mi sembra una posizione ideologica iperliberista, parallela al neostatalismo di Fassina e Orfini che giustamente stigmatizzate. I numerosi economisti primi firmatari dei vostri documenti sanno perfettamente che la spesa sanitaria complessiva aumenta nei paesi dove prevale il sistema privato, che in questo campo la moneta cattiva scaccia la moneta buona, genera poca prevenzione e poca medicina territoriale. Il servizio sanitario al Centro Nord è un buon sistema (inutili le citazioni OMS ecc. che voi conoscete benissimo), si possono certamente fare dei risparmi nell'uso delle risorse pubbliche, chiudere i piccoli ospedali inefficienti e pericolosi, investendo in prevenzione e medicina territoriale. Insomma non necessariamente per fermare il declino occorre dimenticare "le verità sociali": occorre dimostrare, come nel caso delle pensioni e del funzionamento del mercato del lavoro, che la storia recente del nostra paese è stata una storia di "falsità sociali". Capire che cosa si fa del welfare è indispensabile per creare un soggetto di massa e non solo di una elite intellettuale e imprenditoriale.

Buongiorno a tutti, questo è il mio primo post . Solo per segnalare che al Corriere dev'essere sfuggito qualcosa sui contenuti della Vs. lettera. Oggi P.Battista commentando con un editoriale tra l'altro scrive: "E poi, è concepibile che a capeggiare la «rivoluzione liberale» ci sia Raffaele Bonanni, il capo della Cisl che per storia e formazione culturale con il liberalismo (e liberismo) einaudiano non ha nessun rapporto e che si è opposto con tutte le sue forze alla riforma delle pensioni varata dal governo Monti?" Ma dove lo ha letto ?

 Prima di tutto, ringrazio sia Francesco Forti che Valerio per i dati e le precisazioni (salvo far notare che i concetti non cambiano).

Vorrei però indicare quanto l'intervento del sig. CASTALDI  sia importante e paradigmatico di quanto sto sostenendo.

Sinceramente, non so il suo autore stesse scherzando o fosse serio. Ma la sequenza di equivoci demagogici che elenca sono proprio gli stessi che hanno partorito la ns. Costituzione attuale, ovvero  il ns. attuale sistema istituzionale totalitario ed illiberale.

Prima di tutto, quelli che elenca come "diritti", ovviamente non lo sono.

I diritti naturali sono quelle libertà che necessitano essere difese originariamente dalla prepotenza di qualcuno (gli altri individui).  I diritti specifici difendono l'individuo dalle aberrazioni dei sistemi giuridici.

 Quanto citato è tutt'altro. In parte, riguarda obiettivi individuali che la società non può garantire a nessuno. In altra parte, cita sistemi di protezione dell'individuo concernenti la sfera dell'assistenza sociale, trasformati invece in privilegi.

 Per quanto riguarda il primo gruppo, l'equivoco è abbastanza comune, visto che perfino Thomas Jefferson vi incorse, quando nella dichiarazione di indipendenza sostituì il terzo diritto di John Locke (la proprietà privata) con "la ricerca della felicità".

 Per quanto concerne il sistema dell'assistenza sociale, anch'esso di origine liberale, questo ha il compito di prestare soccorso a chi si trovasse in momentanea difficoltà a causa di eventi particolarmente sfortunati, con l'obiettivo di un suo reintegro nella società. Il suo carattere isonomico (uguale per tutti) è giustificato dal fatto che a tutti può succedere di incorrere in eventi avversi, siano essi concernenti la salute o rovesci economici imprevedibili. Ciò che dovrebbe prevenire l'insorgere di diseguaglianze ed ingiustizie è l'obiettivo di re-inserimento nel sistema economico e sociale, antitetico all'attuale appannaggio tout court di privilegi.

 Esemplare, tra le lepidezze elencate, è il citato "diritto al lavoro". A parte che non esiste un tale diritto naturale, esso può essere interpretato in almeno due modi:

 1) quello condivisibile, è il caso di un individuo che voglia servirsi spontaneamente dei servizi di un altro, offerti anch'essi spontaneamente in cambio di un corripettivo pattuito tra le parti. L'esperienza italica ci dice che effettivamente questa volontà di collaborazione dovrebbe essere difesa. Contro chi? Contro lo Stato, che impone divieti rappresentati da requisiti di vario tipo, quali titoli di studio (ex: laurea triennale da infermiere) od appartenenza a corporazioni o categorie (ex: ipasvi).   Inoltre, il compenso non viene pattuito tra le parti, ma tra le "parti sociali" (?).

 Si tratterebbe quindi di un "diritto" non naturale, bensì specifico, reso necessario dalle devianze del diritto positivo (come gli eccessi di spesa pubblica o di imposte, da cui il cittadino andrebbe opportunamente difeso in Costituzione).

 2) L'interpretazione attuale, secondo cui un individuo avrebbe il "diritto" di farsi pagare da un altro per delle supposte prestazioni che quest'ultimo non vuole e non necessita, e che magari non riesce neanche a pagare pena il fallimento della propria attività. Questo è il pazzesco senso dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, così come interpretato dalla giurisprudenza (che essendo in Italia appannaggio dei giudici, assegna a questi ultimi il potere legislativo).

 

 CONCLUSIONI. Tutto ciò ci porta ad una sola conclusione: è necessario aprire una nuova fase costituente, che liberi le ns. istituzione da tutti gli equivoci demagogici della cultura socialista, e restituisca all'individuo quei diritti inalienabili e quelle garanzie istituzionali senza le quali la società, per sperimentazione storica, non può che andare in rovina.

Ma se tale fase non viene preceduta da un movimento culturale di tipo "neo illuminista", che dissipi tutti i fumi della demagogia imperante, l'eventuale parto si trasformerà in doloroso aborto.

 

 

 

 

Prima di tutto, ringrazio sia Francesco Forti che Valerio per i dati e le precisazioni (salvo far notare che i concetti non cambiano).

 

Ringrazio anche io Valerio: prima o poi devo aggiornare i miei calcoli, perché in un mondo come quello elvetico, pur criticato come "troppo stabile", a volte i cambiamenti possono essere significativi e degni di ricalcolo.  In effetti in CH dagli anni 90 in poi' ci sono state, come in Svezia ma in minura minore, politiche di riduzione dell'indebitamento e della spesa pubblica. Attuate in tutti i e tre i livelli delle sovranità. Venendo a cio' che replica  Guido, a me piace molto discutere, tempo permettendo, dei massimi sistemi ma nel caso in questione ero interventuo solo su un piccolo aspetto concreto: Sicilia e Svizzera. Non mi pare che quanto da me chiarito non comporti un cambio di concetto. Sono livelli diversi (quello locale e nazionale) e questo è concettualmente determinante.

Possiamo approfondirlo qui, nel caso.

www.forumterzosettore.it/multimedia/allegati/Calamandrei%20discorsosullacostituzione.pdf il sig. era serio, anzi serissmima, essendo donna. tanti cari saluti.

chi vi da' dei deliranti! Dettagliatamente.

 

keynesblog.com/2012/08/08/fermare-il-delirio-analisi-di-un-manifesto-liberista/

 

Avendo tempo e voglia potreste dettagliare una risposta.

Ci sono accordi o è un loro desiderio? (come la mia morosa delle elementari che lo sapevo solo io) 

rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp

dovrebbe essere il proseguimento di "Lombardia per le riforme" che tra i soci promotori annovera quattro su cinque polititici in servizio permanente effettivo.(FLI-PdL-UDC-Gruppo Misto/PRI, tutti candidati a venire privati del permanente nelle attuali formazioni) Il quinto lo era fino al 2008 (PdL) ma sopperisce con un passato in Fininvest.

www.lombardiaperleriforme.it/index.php/manifesto

nel consiglio direttivo ci  sono pure due dei 243 firmatari del manifesto di FiD. (Carlo Scognamiglio  Pasini e Gianpaolo Azzoni) Si dichiarano Riformisti Liberaldemocratici che apprezzano l'economia "sociale" di mercato. Tanti Circoli tutti con sede in allestimento.

L'area si sta congestionando. Buon segno significa che ci sono molti voti potenziali.

Purtroppo, le critiche dei "detestabili" Keynesiani mi sembra centrino un punto nevralgico.

 A parte la erroneità del loro giudizio e dei loro dati riguardanti la spesa sanitaria, ed a parte l'inconsistenza di tante prevedibili valutazioni relative a privatizzazioni e spesa pubblica, è innegabile che i "10 punti" abbiano un grande difetto: sono più che altro degli obiettivi (tra l'alto, promessici da quarant'anni da diversi governanti), non dei metodi.

Tralasciando che su alcuni di questi punti, in assenza di un chiarimento  anche un liberale potrebbe dissentire, la richiesta di approfondimento sembra sia stata chiesta più volte anche su questo blog.

Ma certi obiettivi (come il funzionamento della giustizia e degli altri poteri, a cui aggiungerei l'aumento del livello di "democrazia" e di "demarchia") non possono essere raggiunti senza riforme profonde, che bisognerebbe almeno citare. 

Altri, come la riduzione delle spese per sanità ed istruzione, sono a mio avviso raggiungibili a "breve" solo con l'approccio suggerito da Martino (link1 e Link2, col tasto ctrl). Ma anche questo deve essere almeno accennato. Se no, che vogliono dire 'sti punti: "siamo bravi e siamo belli, quindi comprateci a scatola chiusa"?

 Per altri ancora, come la riduzione della spesa per interesse (citata giustamente anche dai "nemici" Keynesiani), sono necessari fantasia e coraggio. Un paio di proposte le ho fatte io nel Blog di Martino, ma neanche quest'ultimo, normalmente prodigo nelle risposte, si è sentito di commentarle. Rimango dell'idea che "nei massimi perigli, i più arditi sono gli ottimi consigli".

 Purtroppo, nulla di quanto sopra traspare dai "10 punti". Né dal "chiarimento" al Corriere della Sera che è oggetto di tutti questi commenti.

 Speriamo che in un prossimo futuro, il brillante autore de "Against intellectual monopoly", la smetta di parlare di collocamento politico e dica chiaramente: "Questo è uno stato socialista. Ora basta. Va trasformato in uno stato liberale e democratico. Si adotta la Costituzione Svizzera, (magari dichiarando  inalienabili alcuni dei diritti ivi citati come la proprietà privata e il segreto bancario), e chi è con me, salga sul mio carro".

 Ma rivolgersi alla classe politica, anziché ai cittadini, ai fini di una riforma istituzionale che la cancellerebbe, non ha molto senso.

Faccio riferimento all'articolo di Boldrin di ieri sul Fatto Quotidiano: http://fermareildeclino.it/articolo/fermare-il-declino-e-difficile-ma-possibile-provare-per-credere

Ho aderito con entusiasmo alla proposta 'fermareildeclino.it' di Boldrin, Giannino, e colleghi. Ho però dei dubbi. Le parole di Boldrin sulla positività dell'assenza di un leader ('i leader si possono scegliere dopo') e dell'importanza primaria delle proposte ('anzitutto vengono le buone idee') le condivido totalmente, e vorrei tantissimo che lui avesse ragione, ma in Italia succederà mai una cosa del genere? I leader politici in Italia sono quasi sempre cresciuti all'ombra di altri leader politici, soffrendo per molti anni prima di affermarsi e facendosi conoscere piano piano all'opinione pubblica (correggetemi se sbaglio). E i leader sono necessari perchè catalizzano consenso, visibilità, opinione. Il popolo italiano è ancora troppo poco autonomo, troppo passivo, immaturo democraticamente per svincolarsi dai leader e basarsi sulle idee, sulle proposte. Il popolo italiano non è quello statunitense ammirato da Tocqueville quasi 200 anni fa, o quello inglese. Ha bisogno ancora di un Garibaldi, di una personalità forte per seguire certe idee, non (purtroppo!!) il contrario. Soprattutto quando queste idee hanno dentro di sè un germe rivoluzionario (per gli italiani): il minor Stato possibile, che è la nostra unica salvezza ma che è un qualcosa di abominevole sia per la sinistra sia per la destra (populista e statalista). Da secoli vogliamo sempre che qualcuno ci aiuti: il podestà straniero, l'invasore straniero di turno, lo Stato (onnivoro, inefficiente, produttore di debiti) prima fascista poi catto-comunista. Come possiamo cambiare carattere all'improvviso senza un forte leader?

Oltre ad un leader spero che venga trovato un nome molto forte per la prossima nuova entità politica. Mi piacerebbe che nel nome ci fossero queste due parole: autonomia e libertà.

...che finora l'assenza di un leader (o anche una leader) abbia gettato in confusione più i detrattori di fid che i potenziali elettori, prova ne è l'ossessione con cui tutti cercano di associare il nome di Giannino al progetto. A mio modesto avviso in questa fase mi sembra più corretto raccogliere consenso attorno alle idee, piuttosto che alle persone; per scegliere il comunicatore che spieghi il programma alla pluricitata casalinga di Voghera c'è ancora tempo. 

Io invece trovo che sia molto poco saggio auspicare di non avere un leader, i famosi United States hanno avuto leader carismatici da sempre, dagli albori e se non vogliamo richiamare i founding fathers, guardiamo solo la politica recente: Kennedy e' stato un leader carismatico quanto lo fu Reagan e quanto lo e' stato quattro anni fa Obama. Mi dispiace, anche la democrazia ha bisogno di un leader che faccia da collante, da traino, da ispirazione. Con solo le belle parole e i dieci punti si va da nessuna parte

ha, in negativo, lo stesso ruolo della cuoca di Lenin.

Temo che entrambe le figure abbiano la loro origine nell'utopica - e quindi tragica - immagine marxiana del comunismo come stato dell'umanità in cui ciascuno possa fare un po' di tutto, abolendosi la divisione del lavoro. La storia ha mostrato la vacuità di questa visione.

Insistere su tali figure mi sembra un vezzo da intellettuali aristocratici, intriso di disprezzo per il popolo che non capisce perché non può capire o, nella peggiore delle ipotesi, non vuole capire che altri stanno preoccupandosi del suo bene. Naturalmente, a codesto atteggiamento si accompagna la convinzione di sapere perfettamente quale sia il bene del popolo.

Chi intende competere nell'agone politico, partendo da una posizione non paternalista (tantomeno totalitaria) dovrebbe avere l'umiltà di spiegare agli elettori perché le sue proposte politiche meritino sostegno anche da parte di chi sinora ha dato il suo voto alla classe politica tradizionale, in tutte le sue declinazioni.

Mi sembra che un certo numero di interventi nel presente dibattito vadano in tutt'altra direzione.

Se si riferisce al mio post mi sembra non averne afferrato il senso, che invece era di sottolineare come fosse possibile aggregare un movimento attorno ad un programma senza ricorrere a una figura di un leader, cosa che mi sembra presupponga l'esistenza di una maggioranza di cittadini maturi, che possono essere in accordo o in disaccordo con quanto si dice piuttosto che con chi lo dice.  Che comunque esista un elettorato che guarda alle facce più che ai programmi è un dato di fatto, come dimostrato dal proliferare di liste "nominali": questo elettorato (per descrivere il quale ho usato l'espressione in oggetto) mi pare difficilmente sensibile a una proposta che trae la  sua forza dai numeri e dalle argomentazioni. Questo il senso di ciò che ho scritto. Come dall'uso di questa espressione  possa trasparire "l'immagine marxiana del comunismo come stato dell'umanità in cui ciascuno possa fare un po' di tutto, abolendosi la divisione del lavoro" sinceramente mi sfugge, forse per la mia scarsa preparazione in materia. Credo comunque di aver chiarito. Cordialmente.

...quanto la capacita' comunicativa.

Il problema piuttosto e'

1) come raggiungere persone che hanno poco o nessun accesso alla rete

2) come far arrivare il nostro messaggio a persone con mezzi culturali limitati

Non credo che queste persone abbiano bisogno di qualcuno che gli spieghi cosa e' meglio per loro. Ma e' necesario spiegargli cosa vogliamo fare e perche' crediamo sia bene. Poi ovviamente faranno le loro valutazioni.

Nemmeno a me piace l' espressione 'casalinga di voghera', anche perche' son sicuro che la categoria comprenda un sacco di gente con ottimi strumenti culturali e buon accesso alla rete.

Standing ovation! Sottoscrivo il commento parola per parola. Molti commenti propongono "formule di sicuro successo" basate su questo convinzioni paternaliste e radical chic (scusatemi la parolaccia). Atteggiamento e stereotipi che non hanno mai funzionato pur venendo continuamente reiterati da alcuni politici, molti intellettuali e dalla gente che ha capito tutto. Gli italiani son sempre gli altri e non capiscono un cazzo.

Bisognerebbe finalmente iniziare a pensare agli elettori come persone adulte da coinvolgere in un progetto comune e non come ad un branco di cretini da abbindolare con trucchi e messaggi. Bisogna puntare su argomenti di interesse comune per aumentare velocità ed efficacia del messaggio NON cercare per forza il minimo comun denominatore per "vendere" un prodotto a prescindere.

PS

Certo, come in ogni moltitudine, esiste anche una certa percentuale di cretini ma per loroci sono già abbastanza proposte politiche.

Il 18/8 nella sezione notizie di fid è comparso questo articolo di Giannino fermareildeclino.it/articolo/monti-la-guerra-fiscale-lo-stato-vero-ladro, il quale, prendendo spunto da una pubblicità di una ditta di filati finisce per parlare della pressione fiscale eccessiva che finisce per generare a sua volta evasione. 

I contenuti sono senz'altro condivisibili e, da quanto posso capire, in linea con quanto scritto su Nfa, il problema è che la forma in cui sono scritti si presta, a mio avviso, a equivoci pericolosi su ciò che si vuole portare avanti. In particolare la frase "Lo Stato fiscale italiano nasce come ladro, non lo diventa per reazione ai cattivi evasori. Tanti evasori totali nei decenni hanno trovato piena giustificazione del loro operato nel comportamento concreto di uno Stato ladro che si voltava dall'altra parte.", mi sembra particolarmente ambigua, specie se estrapolata dal contesto. Infatti, non appena sono stati aperti i commenti, accanto ad opinioni più in linea con quelle che trovo su Nfa  sono comparsi commenti come questo fermareildeclino.it/comment/16 e questo fermareildeclino.it/comment/17

Ora, io nella mia ignoranza non posso certo insegnare a Giannino come scrivere, i commentatori hanno esercitato un loro sacrosanto diritto e la loro opinione è comunque degna di rispetto. Tuttavia mi riesce difficile riconoscere in questa posizione estrema le argomentazioni, magari polemiche, ma sempre rigorose e ben documentate che ho imparato ad apprezzare su Nfa e mi chiedo se abbia capito male io le finalità del movimento o i colleghi commentatori. Per questo, anche se siamo in un periodo festivo, vorrei cortesemente sollecitare la redazione di Nfa/comitato di fid e lo stesso Giannino a chiarire qual'è la posizione dei "padri fondatori" in proposito. Ringrazio in anticipo per l'attenzione. 

ben formulata da massimo Vitta

per cortesia rispondeteci

 Grazie, sollevi un ottimo punto e un'ottima domanda. Che gli evasori vadano demonizzati eticamente o meno e' questione personale in cui non voglio entrare. L'evasione va combattuta perche' e' illegale. Pero' deve finire l'abitudine di usare la lotta all'evasione come metodo per aumentare le entrate quando non si sa come raschiare il fondo del barile. Come affermato piu' volte su nfa, la conseguenza di tutto cio' e'  aumentare la pressione fiscale. La lotta all'evasione va accompagnata alla restituzione del maltolto ai contribuenti onesti. 

Ma un movimento di persone unite dal fatto che condividono il manifesto e le dieci proposte (non metto nemmeno i links, sapete dove trovarli).

Poiché né il manifesto né le dieci proposte sono la verità rivelata da cui si possa dedurre tutto il resto, ne segue che su una miriade di altri temi ognuno dei fondatori (7), promotori (250 circa) ed aderenti (17mila circa, al momento) di Fermare il Declino mantiene la propria libertà di giudizio. Oscar Giannino è uno dei 7 fondatori, niente di più o di meno.

Le mie opinioni sull'evasione fiscale le ho espresse con estrema chiarezza svariate volte. In parte collimano con quelle di Oscar ed in parte le contraddicono. Ho polemizzato con lui sull'operazione "Cortina" ed alcune delle cose che ha scritto in questo ultimo articolo non le condivido. Se ho tempo ci torno sopra, ma non mi sembra prioritario. 

Mi preme invece affermare che le affermazioni del Presidente del Consiglio sono ingiustificate e francamente inappropriate. Non c'è alcuna guerra, per la semplice ragione che non è vero che da un lato c'è il "bene" (lo stato che vuole tassare) e dall'altro il "male" (i cattivi che non pagano le tasse). Porre il problema in quei termini è politicamente e persino moralmente esecrabile. Vista la carica che Mario Monti oggi copre mi sembra che le affermazioni che ha fatto sul tema "evasione fiscale", congiunte alle ridicole asserzioni di una prossima "uscita dalla crisi", siano molto più irresponsabili e dannose per il paese delle esagerate  argomentazioni di Oscar in risposta a quelle.  Per capire la reazione occorre anche guardare all'azione, che viene prima e la causa.  

Killed the Cat

 

nevertheless,

 

 

mi e vi chiedo:

 

 

quando comincerete a parlare dei problemi reali della gente, quella stessa gente che dovrebbe identificarsi con voi (professori: ordinari, associati, a contratto, pedagogicamente precari... etc. etc.), ma che ha perso il posto, sta per perderlo, lavora 8 ore in fabbrica (e ringrazia Dio finché c'è la fabbrica nonostante il danno ai polmoni, la vita bruciata, la dignità perduta), è precario a scuola, lavora 12 ore in un supermercato, lavora in nero in un negozio, in un ristorante, o *a progetto* (che meravigliosa invenzione questa!) in un call-center, o una donna che ha dovuto rinunciare al lavoro perché non può mantenersi la baby-sitter o i parking (già di per sé concetto osceno) per il pargolo, e via dicendo e piacendo?

Un po' di realtà, insomma.

 

Grazie di fare da beta tester per le faq: noisefromamerika.org/articolo/posto-fisso-monotono

Aggiungo poi alcune considerazioni : sinceramente e senza alcuna volontà polemica, a cosa serve chiedere queste cose, a cui sono state date risposte decine di volte nel blog (dal tuo profilo vedo che è da quasi un anno che lo segui). Magari le risposte non incontrano il tuo pensiero, ma comunque ci sono: se non sei d'accordo, visto che i commenti sono discussioni aperte, potresti anche spiegare quali dovrebbero essere secondo te le soluzioni (elencare solo i problemi è un po' troppo facile, non credi?).  Vedi, io credo che se nel nostro paese ci abituassimo a ragionare sulle idee e su argomentazioni documentate invece che girare le spalle a tutto quello che non rientra nella nostra visione del mondo, anche senza cambiare parere avremmo fatto già un passo avanti per uscire dai problemi in cui siamo. 

Una domanda finale: perchè lavorare in fabbrica deve essere necessariamente sinonimo di "vita bruciata" e "dignità perduta"?

P.S. Cercando ho trovato anche questo: http://noisefromamerika.org/articolo/qualche-numero-sul-precariato-italiano 

L'ho appena postato sulla mia bacheca facebook, ritengo sia utile ripeterlo anche qui, visto che di molti conterranei non ho il contatto, la redazione saprà perdonare il mio peccato veniale (spero):

 

 

Adesso è ufficiale. Sono sceso in "politica". Scendere è il verbo adatto, perchè ho sempre cercato di stare lontano dalla politica e dai suoi giochetti,e sono stato iscritto solo una volta a un partito, era il 1994 ed era il PDS, mi iscrissi dopo la vittoria di Berlusconi, per dire che io in quell'Italia là non mi riconoscevo.
Anche oggi non mi riconosco in quest'Italia, mi è stato chiesto di "Fermare il Declino" e ho sentito l'obbligo morale di farlo, in prima persona.
Non ho alcun merito per essere fra i tre coordinatori regionali,se non quello dell'amicizia e la stima di alcuni fondatori,cosa di cui sono fiero, e cercherò nei limiti del possibile di meritarmi la stima.
Come altri hanno fatto prima di me avviso che la mia bacheca sarà molto più politica, chi si rompe i coglioni di leggere di politica può ovviare nascondendo le mie notizie, o semplicemente togliendomi l'amicizia.
P.s. Non ho alcuna velleità politica, il mio è un incarico a termine,nel senso che terminerà con le prossime elezioni, a cui NON mi candiderò a prescindere, so fare l'imprenditore, mi piace confrontarmi con le problematiche dei progetti industriali, ma adesso, per i prossimi mesi, mi dedicherò spesso ad altro.
P.p.s.
Chiunque di quei quattro "fessi" sia arrivato sin qua a leggere e vuole saperne di più mi può contattare a marco.esposito@fermareildeclino.it

 

sono proprio felice che tu abbia il ruolo di coordinatore per la Campania, intanto punto primo perche' ti conosco di persona

punto secondo perche' parli come mangi

punto terzo perche' hai due figli piccoli

 

buon lavoro, peccato io non abiti piu' a Fusaro, ti farei da segretaria

ancora grazie marco

g

compagna allen e compagno esposito, visto che siete in campo (marzio?) 

mi dite se esiste il voto degli italiani all'estero? esisteva e non lo so, nel qual caso e' uno dei bacini decisivi di fID--

Certo che esiste il voto degli italiani all'estero esiste dal 2006 (se non ricordo male) ti devi informare al tuo consolato di riferimento a quale conglomerato sei attaccato, devi essere AIRE e devi fare non so che per ricevere un plico per votare per posta. Io non ho mai fatto e dubito molto che FilD abbia senso per gli italiani residenti all'estero: quelli sono italiani come Boldrin che ha deciso che solo cercando la fortuna fuori dal suolo natio si puo' salvarsi (economicamente e non) da USrepubblican tesserata mi fa morire dal ridere che tu mi chiami compagna. PS ho votato e votero' Obama che tutto mi sembra fuorche' un compagno

direi che si sente tanto il bisogno di un nuovo tuo intervento sulla falsa riga di questo.

Nelle settimane precedenti le festivita' e nella corsa affannosa alla presentazione delle liste e alla raccolta firme manca una pausa di riflessione a cui tu ci hai sempre abituato

Politica come mediazione, moderazione, dialogo

oggi il corriere della sera mette in risalto il dialogo interno Bersani Renzi ; nei giorni scorsi il discorso verteva sul dialogo Monti e il centro.

E noi, con chi dialoghiamo o diagoleremo?

La politica e' mediazione

illuminaci d'immenso, Michele

oggi sul sito ufficiale di Fare il caro coordinatore nazionale per tramite la sua redazione pubblica un video di 15 minuti, calmo,pacato, e stellare

vedi:

http://www.fermareildeclino.it/articolo/boldrin-a-ponza-dautore-0

Boldrin ci invita a FARE MASSA CRITICA, dal momento che esistono 5/6 milioni di italiani con un cervello e le capacita' per rimettere in sesto la baracca (parole sue parafrasate ma il vero senso e' la richiesta di trovare almeno 50 volontari con le competenze per far aggregare le forze sane del paese che si sono completamente alienate dalla politica cosi' come e' stata fatta da 20 anni a questa parte). Il bel Boldrin ci rassicura: si sta muovendo in lungo e in largo per la penisola a ricercare di tessere i contatti e rinfuocare il sogno di un anno fa...guardando alle europee...(elezioni that is)...anche se, in teoria ,si ritornera' ben presto a votare anche nel suolo italico. Che dire: un video ben fatto, articolato, tranquillo, di buon auspicio...e allora continuiamo a sognare

Ciao a tutti

 

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Corone Tarsha