Disoccupazione al 15,8%

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In Spagna? No, no, proprio in Italia. Tra un anno? No, no, proprio adesso. Basta avere la decenza di non nasconderci dietro a un paio di dita e di sommare le percentuali che vanno sommate.

Le statistiche ufficiali danno il tasso di disoccupazione in Italia all'8,3% durante l'ultimo trimestre per i quali le stime sono disponibili, ossia il quarto trimestre 2009. Questo numero è inferiore sia alla media dell'area Euro dove è stimato al 10% (con un'impressionante massimo del 19,1% in Spagna a marzo 2010) sia agli Stati Uniti dove il mese scorso si assestava al 9,9%.

Il tasso di disoccupazione è un indicatore piuttosto povero dello stato del mercato del lavoro, per una serie di ragioni che si spiegano nei corsi base di macroeconomia (e che vanno dalla natura ciclica del fenomeno alla definizione elusiva del concetto stesso di disoccupazione). Tuttavia è un indicatore di facile comprensione e per questo riceve grande attenzione da parte dei mezzi di informazione e dei politici. Vale quindi la pena spenderci una parola, anche se scopriamo che l'hanno già fatto Giornalettismo, polisblog.it, e persino la CGIL. Non importa, repetita iuvant.

Il fatto che in Italia la disoccupazione ufficiale sia rimasta relativamente bassa durante la recessione mentre amentava più rapidamente altrove, ha certamente fatto piacere a molti e comodo a molti altri per poter dire che - in fondo vedete? - non siamo così male e reggiamo bene l'urto rispetto al resto d'Europa. La figura sotto mostra la disoccupazione annua media dal 2005 al primo trimestre 2010, dalle statistiche del lavoro dell'OCSE.

tassi annuali disoccupazione

Sembriamo i più virtuosi di questo gruppone dopo la Germania (la stima OCSE per l'Italia, nel primo trimestre 2010, è un ragionevole 8,6%, prendiamo nota). Ma non è così. Vediamo perché, mettendo insieme in modo sistematico una varietà di osservazioni già fatte, in modo sparso, da vari altri osservatori ed in altri siti ed aggiungendo un pelino di nostro.

Ora, se prendiamo la definizione tecnica di disoccupazione (non essere impiegati sul mercato ricevendo un salario ed essere in ricerca attiva di tale impiego) non c'è nulla da aggiungere e i numeri sono quelli. Ma se guardiamo per un momento alla sostanza al di là delle etichette statistiche (chi sono e cosa fanno le persone che ci sono dietro ai numeri, diceva Soru ...) allora ci sono due osservazioni rilevanti.

Primo, in Italia nell'ultimo anno si è fatto ricorso massiccio alla cassa integrazione. I cassintegrati sono de facto disoccupati (sono persone che non lavorano ma vorrebbero lavorare) ma non lo sono secondo la definizione usata dall'istat (che si appoggia sul fatto che non dichiarano di cercare lavoro perché ricevono uno speciale sussidio in virtù del quale sono solo "sospesi" dalla prestazione ma restano legati al datore di lavoro). L'articolo di Giornalettismo linkato sopra documenta che questi sono il 3,1% della forza lavoro. Prendiamo nota.

L'OCSE pubblica anche (seguendo lo stesso link riportato sopra) interessanti stime dell'incidenza dei lavoratori scoraggiati dal cercare lavoro. Un lavoratore scoraggiato è una persona che non ha lavoro ma non è nemmeno disoccupata perché non lo sta cercando a causa della situazione economica. È una indice interessante da osservare perché durante le recessioni il tasso di disoccupazione potrebbe risultare artificialmente basso proprio perché tanti ex-lavoratori non si prendono la briga di cercare lavoro (condizione essenziale per essere elencati fra i disoccupati secondo la definizione usata universalmente).

L'OCSE, come potete verificare, pubblica questa stima considerando quelli che tra questi lavoratori scoraggiati sarebbero disposti a lavorare se ne avessero l'opportunità. E li quantifica relativamente alla forza lavoro. Anche questi sono de facto disoccupati allora, se guardiamo alla sostanza del fenomeno. Quanti sono in Italia? Tanti, stima l'OCSE: il 4,1% della forza lavoro. E sono molto più che altrove, come mostra la figura sotto. Non ci dilunghiamo a cercare di spiegare perché è cosi (lo faremo forse a Roma il 27 maggio per chi è nei paraggi). Prendiamo nota, per ora.

lavoratori scoraggiati

Ora mettiamo insieme le note. Poiché al denominatore di disoccupati, cassa integrati e scoraggiati c'è sempre lo stesso numero (le forze di lavoro) queste percentuali si possono sommare. A quanto ammonta nel primo trimestre 2010 il tasso di disoccupazione de facto, quello che considera la sostanza, in Italia? Riposta:

8,6% + 3,1% + 4,1% = 15,8%.

Se non è il 20,3% della Spagna (facendo lo stesso conto per loro che hanno un 1,2% di disoccupati scoraggiati rispetto alla forza lavoro ma non hanno alcuna cassa integrazione) poco ci manca.

Ma non basta. Se davvero si è interessati alla sostanza di quanta gente lavora e quanta non lavora nel nostro paese, occorre anche ricordarsi che il tasso di disoccupazione viene calcolato nel seguente modo. Si calcolano gli occupati, O. Poi si calcolano i disoccupati (definiti come sopra), D. Poi si sommano gli occupati ed i disoccupati e si ottiene così la forza di lavoro, FV = O + D. Tutti coloro che sono in età per lavorare (dai 16 ai 64) ma non appartengono alla FV perché o studiano o fanno volontariato o lavorano in altro modo fuori dal mercato (in casa, ad esempio) oppure non fanno assolutamente nulla, non appaiono in queste statistiche. Questo vuol dire che, se per caso un paese ha tanta gente di età compresa fra i 16 ed i 64 anni che non fa assolutamente nulla, allora in quel paese il tasso di disoccupazione potrebbe essere molto basso anche se i nullafacenti sono tantissimi.

Nel confronto fra Italia e Spagna questo aspetto conta, eccome se conta (per i dettagli dei dati che seguono, ultimo trimestre del 2009, andare alle apposite pagine ISTAT e INE). Chiamiamo PEL (popolazione in età lavorativa) tutti coloro che hanno fra i 16 ed i 64 anni. Si dà il caso che in Spagna siano 30 milioni e 850 mila, mentre in Italia sono 40 milioni e 105 mila. Le forze di lavoro sono 25 milioni e 66mila in Italia mentre sono 23 milioni e 6mila in Spagna. Il lettore attento avrà già notato il problema: gli inattivi, in percentuale di PEL, sono ben il 37,5% in Italia mentre sono solo il 25,91% in Spagna. Il tasso di inattività è uguale a 1 meno il tasso di attività: gli inattivi, per chi si stesse perdendo nei numeri, sono coloro che potrebbero lavorare (stanno nel PEL) ma non ci provano nemmeno (non sono in FV).  E no, questa differenza non è dovuta al fatto che la frequentazione scolastica ed universitaria è in Italia maggiore che in Spagna nei gruppi di età fra 16 e 25 o anche 30 anni. I due valori sono praticamente equivalenti (e sulle miracolose statistiche italiane degli ultimi anni, ci sarebbe da discutere, ma lasciamo stare).

Quindi, se ora calcoliamo il tasso di occupazione per, rispettivamente, Spagna ed Italia, facendo il rapporto fra O e PEL, otteniamo: 59,14% e 57,15%! Ma non basta fermarsi qui, occorre ritornare sopra e ricordarsi che, in Italia, quel 3,1% di cassaintegrati (777mila persone circa) viene considerato "occupato", ossia è compreso in O! Se togliamo quei 777mila finti occupati dai 22 milioni e 922mila occupati ufficiali che l'ISTAT riporta, gli occupati veri italiani sono 22 milioni e 145mila. In percentuale della PEL questo dà il 55,21%. Siccome in Spagna la CIG non c'è, non c'è bisogno di fare un aggiustamento analogo per i dati di quel paese.

Morale: il tasso di occupazione fra le persone in età lavorativa è del 55,21% in Italia e del 59,14% in Spagna.

Questo non vuol dire che la Spagna stia bene, come qualcuno potrebbe pensare. La Spagna sta male ed è nei guai seri. Vuol dire invece che, contrariamente alle trombonate che escono da via XX Settembre e paraggi, l'Italia è ancora più nei guai e sta ancora peggio che la Spagna.

P.S.: Quelli che hanno visto qualche settimana fa la puntata di Annozero con ospite Giulio Tremonti e molto opportunamente intitolata "Il Profeta" ricorderanno che a un certo punto il Ministro ha detto "E poi, guardi, Santoro, le percentuali non si sommano... ma lasciamo perdere, non fatemi fare l'economista", sorridendo e provocando il sorriso del pubblico divertito. Ecco, Voltremontone nostro - come si dice dalle parti di uno di noi tra un bicchiere di rosso e un toscano - l'ha buttata in bilia anche stavolta.

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Commenti

Ci sono 112 commenti

Vedo nel grafico che il tasso di disoccupazione in Deutschland è il più basso, ma se non mi ricordo male sono stati i primi ad usare uno strumento come la diminuizione delle ore lavorative. C'è da considerare pure questo quando si parla di disoccupazione? Se sì, ci sono dati da confrontare?

Buona osservazione ma se andiamo a contare le ore lavorate, anziché il tasso di occupazione, a naso direi che in italia siamo messi ancora peggio: molte vacanze, permessi, festività, gite e così via.

Gli scoraggiati in Italia dal 2003 al 2004 passano (ad occhio) dallo 0.9% al 3.1% per poi restare sempre sopra il 3%, mentre tutti gli altri paesi nel 2004 restano sotto lo 0.5%. Dato che a Roma il 27 maggio non ci potro' essere, posso chiedere un'anteprima di quale potrebbe essere il motivo? Grazie!

Provo a rispondere, poi nel caso gli autori mi corregeranno. I dati dell'OCSE per l'Italia e gli altri paesi europei vengono dalla European Labour Force Survey e in particolare per i lavoratori scoraggiati dovrebbero essere in questa tabella (link).

Come si vede dal link, nella serie c'è un break che, in quest'altro documento, viene spiegato così:

 

From 1983 to 1997, the EU Labour Force Survey was conducted only in spring (quarter 1 or 2 depending on the country). The data for remaining quarters started to become progressively available from 1998 onwards. Since 1998, the transition to a continuous quarterly survey (where the reference weeks are spread uniformly throughout the year) has been gradually conducted by Member States. Some countries first introduced a continuous annual survey (meaning the reference weeks were uniformly distributed throughout the reference spring quarter) and then switched to a quarterly collection, whereas the others moved directly to a continuous quarterly survey.

Regulation 1991/2002 of the European Parliament and of the Council introduced a deadline for the period of transition given to the Member States to introduce a continuous quarterly survey. In 2003, all countries conducted a quarterly continuous survey except IT, CY and AT (starting in 2004) and DE (starting in 2005).

 

Cosa esattamente implichi il passaggio ad una "continuous quarterly survey" non mi è chiaro ma la fonte della discontinuità sembra essere questa.

Giuseppe, sul salto anomalo vedi lo scambio sotto, non e' questo l'aspetto rilevante.

L'aspetto rilevante e' che in Italia i lavoratori scoraggiati sembrano essere negli ultimi (quando i dati sono comparabili tra paesi) molto piu' che negli altri paesi, relativamente alla forza lavoro. La prima spiegazione che mi viene in mente e' che il processo di ricerca del lavoro da noi e' difficoltoso sia per la struttura del mercato sia per la struttura sociale.

La variabile e' definita nelle statistiche OCSE come

Persons who are not seeking employment because they believe that there is no work available, but who nevertheless like to have work.

Cioe' vorrebbero lavorare ma non credono ci sia lavoro disponibile quindi non cercano e aspettano. Aspettano che la domanda incontri meglio la loro potenziale offerta. Oppure aspettano che l'amico giusto gli dica che gli ha trovato il posto giusto. Oppure aspettano che i genitori si stufino di mantenerlo e lo mettano alla porta. Cose del genere sono rilevanti e puntano appunto alla struttura del mercato del lavoro ma anche della societa' e delle famiglie.

Questa la mia prima interpretazione. Naturalmente ce ne sono altre possibili, lascio ad altri commenti il compito di suggerirle.

Un calcolo simile per gli Stati Uniti pone la disoccupazione "reale" al 17.1% (definizione U-6 secondo il BLS).

Questo calcolo differisce assai dai numeri riportati nel grafico presentato nell'articolo per gli USA. A questo punto, direi che sarebbe interessante avere metodologie condivise, in modo che le analisi diventino realmente comparabili.

Approfitto per suggerire una riflessione che, pur non alterando - probabilmente - la sostanza del problema, mi pare dovrebbe essere presa in considerazione: non sono convinto che tutti i lavoratori italiani in cassa integrazione debbano essere considerati disoccupati, al fine di operare una corretta comparazione internazionale. Mi spiego. Se non esistesse questo istituto - e le imprese avessero libertà di adeguare il personale alle necessità del momento - certamente la forza lavoro in eccesso sarebbe espulsa dal sistema produttivo. Però, a mio avviso, non tutta: la mia esperienza d'imprenditore mi porta a ritenere che si cercherebbe di mantenere all'interno delle aziende quanta più possibile professionalità la situazione consentirebbe, dal momento che la formazione richiede investimenti in termini di tempo e risorse. La quota di lavoratori, tecnicamente in eccesso, che rimarrebbe non è facilmente conteggiabile - dunque, ahimé, l'incertezza nei dati è inevitabile - ma la programmazione del futuro aziendale spinge anche a decisioni che potremmo definire "d'investimento in risorse umane".

Ciò non toglie, naturalmente, che il sistema italiano sia ampiamente da rivedere, puntando sull'adeguamento degli skills alle nuove prospettive, anziché sulla conservazione "forzosa" del posto di lavoro. Ma questo sarebbe un discorso da trattare a parte.

Non e' cosi' perche' stai aggiungendo i marginally attached, che sono quelli che hanno cercato lavoro negli ultimi 12 mesi. Il numero che cercavi e' 10.8%, ma e' sbagliato pure quello perche' mettono al denominatore labor force + discouraged, mentre i dati sopra hanno al denominatore solo labor force

Impressionante il dato tedesco, con la disoccupazione addirittura in calo urante la crisi!

Qualche idea sul motivo? Non credo sia la diminuzione delle ore lavorate, che se capisco bene si aplica alla forza lavoro di un' azienda che prevede una ripresa dell' attivita' nel prossimo futuro.

Se guardi bene vedi che il tasso di disoccupazione stava diminuendo fortemente prima della crisi. Quest'ultima ha rallentato il processo in corso, quindi l'effetto non e' diverso da quello che osserviamo per gli altri paesi, almeno qualitativamente.

"Ora, se prendiamo la definizione tecnica di disoccupazione (non essere impiegati sul mercato ricevendo un salario ed essere in ricerca attiva di tale impiego) non c'è nulla da aggiungere e i numeri sono quelli. Ma se guardiamo per un momento alla sostanza al di là delle etichette statistiche (chi sono e cosa fanno le persone che ci sono dietro ai numeri, diceva Soru ...) allora ci sono due osservazioni rilevanti."

Quando si dice essere in ricerca attiva di tale impiego, si intende "di un qualunque impiego" oppure "di un impiego gradito"?

Come si classifica il caso di uno che cerca un posto da manager ma trova solo posti da muratore? O di una che vuole fare la giornalista ma riceve solo offerte da badante?

dipende:

  • se intanto fa il muratore/badante è occupato
  • se non fa nulla ma cerca lavoro è disoccupato
  • se non cerca nemmeno è scoraggiato

 

Ma come siete tutti lì (oltretutto in Piazza Montecitorio..) e la buttate quasi per caso ? Ma certo che ci vediamo !

E poi solo a Roma e in Terronia niente ?

Tesoro, Roma È in Terronia. Ne è la capitale. Aspetta un paio di giorni e spunta un post lungo lungo che spiega perché!

:-)

Ci sono stime? Come ci si pone davanti a questo parametro? Si possono considerare occupati anche se non partecipano al pagamento dei contributi?

be', certo, seguendo la stessa logica di guardare alla sostanza oltre le definizioni statistiche dovremmo per ogni paese sottrarre la percentuale di lavoratori in nero sulla forza lavoro in bianco, un'impresa difficile (anche se non impossibile).

 

Si ci sono stime. In realta' quello che sappiamo dell'economia sommersa e' proprio basato sulle stime del lavoro nero. L'ISTAT stima la produzione nazionale in diversi modi, ma due indagini sono fondamentali, quella sulle imprese (chiede alle imprese i loro bilanci) e quella sulle forze di lavoro. In entrabe le indagini vengono raccolte informazioni sugli occupati nei vari settori produttivi. Da decenni gli occupati che risultano dalle indagini svolte sulle imprese indicano livelli di occupazione molto piu' bassi, per quasi tutti i settori. La differenza tra le due indagini fornishe dunque una stima del lavoro in nero che poi viene anche utilizzata per "ricalcolare" il PIL.

 

Primo, in Italia nell'ultimo anno si è fatto ricorso massiccio alla cassa integrazione. I cassintegrati sono de facto disoccupati (sono persone che non lavorano ma vorrebbero lavorare) ma non lo sono secondo la definizione usata dall'istat (che si appoggia sul fatto che non dichiarano di cercare lavoro perché ricevono uno speciale sussidio in virtù del quale sono solo "sospesi" dalla prestazione ma restano legati al datore di lavoro). L'articolo di Giornalettismo linkato sopra documenta che questi sono il 3,1% della forza lavoro. Prendiamo nota.

 

Forse la mia e' una questione di lana caprina, ma siamo sicuri che tutta la CIG sia de facto disoccupazione? Le ore di CIG di chi l'anno scorso ha avuto solo una riduzione di orario (caso personale: 1 giorno alla settimana di cassa per circa 9 mesi) sono paragonabili ad una frazione di disoccupato?

Questo, non equivale a sostenere che un lavoratore part-time e' un  "mezzo disoccupato"?

Per mettere nel conto la Cassa Integrazione, non sarebbe meglio utilizzare una misura correlata alle "ore lavorate", invece che allo stato degli individui?

Sono d'accordo, Giuseppe, e la questione in effetti non e' di lana caprina ma sostanziale nel ragionamento che facciamo.

Se vogliamo essere rigorosi dal punto di vista della sostanza economica al di la' di cosa c'e' scritto sulle etichette dovremmo pesare i cassintegrati in base alla riduzione di orario che subiscono. Vediamo se troviamo la distribuzione rilevante per essere ancora piu' precisi (se qualcuno sa dove trovarla puo' segnalarcela, per favore?)

Un lavoratore part-time e' un mezzo disoccupato se lavora part-time non per scelta ma perche' non riesce a trovare niente a tempo pieno. Nelle statistiche del BLS linkate sopra da Andrea Asoni si fa anche questo conto.

 

Vorrei fare due osservazioni:

1) la cassa integrazione non identifica uno status di non occupazione, ma è il risultato della necessità di flessibilità delle aziende. Infatti in molti casi le aziende utilizzano questo strumento per ridurre le ore lavorate aggregate (es. un giorno a settimana, o qualche ora a settimana). A mio parere è quindi un'imprecisione sommare il tasso di disoccupazione con il tasso di cassintegrazione.

2) il tasso di partecipazione in Italia è condizionato dal lavoro nero che ne deprime artificialmente i valori. Inoltre desumere che gli inattivi, cioè coloro che per diversi motivi non rientrano nella forza lavoro, ne siano esclusi per motivi assimilabili a quelli dei lavoratori scoraggiati mi sembra quantomeno tendenzioso.

L'utilizzo della CIG per ridurre temporaneamente l'eccesso di capacità (di natura ciclica) delle aziende risponde alla necessità di aggiustare il costo del lavoro alleviando le pressioni sui margini, senza dover abbassare il livello occupazionale (e quindi intaccare il capitale umano) su cui si è investito negli anni precedenti. In definitiva, mi sembra corretto che ciò non abbia effetti statistici sul tasso di disoccupazione. Anche la Germania ha adottato interventi ad-hoc di politica fiscale che consentono temporaneamente una riduzione dell'espulsione di forza lavoro limitando quindi una significativa risalita del tasso di disoccupazione.

Il problema segnalato al punto 1) dovrebbe essere risolvibile distinguendo tra CIG ordinaria vs. straordinaria

1) la cassa integrazione non identifica uno status di non occupazione,

Sono abbastanza d'accordo con le tue osservazioni, ma va fatta una precisazione: la CIG non identifica nemmeno lo status di occupazione come classificato dall'istat. Non capisco perché per identificare i disoccupati non usino il criterio usato per gli altri lavoratori, e cioé la risposta a queste domande (semplificando alcuni dettagli): 1) hai lavorato la scorsa settimana? Risposta: NO 2) hai cercato lavoro attivamente (per esempio mandando un curriculum, telefonando ad un datore, etcc..) almeno una volta nelle ultime N settimane (N=4 negli usa, non sono riuscito a trovare il parametro per l'italia) e se lo trovi sei disposto a cominciare in un tempo ragionevole? RIsposta: SI.

Chiaramente un cassintegrato può rispondere si o no sia alla domanda 1 che alla domanda 2. Classificarlo come occupato è alquanto arbitrario.

 

 

 

2) il tasso di partecipazione in Italia è condizionato dal lavoro nero che ne deprime artificialmente i valori. Inoltre desumere che gli inattivi, cioè coloro che per diversi motivi non rientrano nella forza lavoro, ne siano esclusi per motivi assimilabili a quelli dei lavoratori scoraggiati mi sembra quantomeno tendenzioso.

 

Non vedo dove si effettui l'assimilazione né, quindi, dove sia la "tendenziosità", whatever that means.

In ogni caso: il lavoro nero c'è anche altrove (specialmente in Spagna, dove non ho l'impressione sia così inferiore all'italico!) quindi i condizionamenti a cui ti riferisci (di nuovo, non so cosa siano visto che implicherebbero che i lavoratori in nero si dichiarino completamente inattivi quando intervistati) varrebbero anche negli altri paesi.

Francamente, non riesco a seguire l'intera discussione, che mi sembra del tutto bizantina. Un classico caso del dito che indica la luna e tutti a parlare di come è tagliata male l'unghia del dito. Abbiamo semplicemente cercato di rendere i dati italiani comparabili a quelli degli altri paesi che non hanno istituzioni "socialmente interessanti" come la CIG.

Idem per il lavoro nero: sembrate Brunetta che, in una delle sue insensate sparate pubblicitarie per fallire nella corsa a sindaco di Venezia, s'era inventato che il lavoro nero è bello e fa bene perché dà flessibilità al sistema. Il lavoro nero è solo una misura di un paese che non funziona, sia fiscalmente che nel mercato del lavoro. Il lavoro nero, lo sa anche mia nonna, è scarsamente produttivo e concentrato in attività marginali: non scrivono software né inventano nuove medicine, i lavoratori in nero. In ogni caso: ci vorrebbero circa due milioni di lavoratori in nero IN PIU' della Spagna per arrivare al loro tasso di occupazione. Ed il loro tasso di occupazione fa schifo, sia chiaro, visto che hanno il 20% di disoccupazione.

Alla fin fine, il numero che conta è quanti sono gli occupati in proporzione agli occupati potenziali.

La differenza nei tassi di attività ed occupazione "rilevate" nei vari paesi rimane, con o senza CIG.

I vari proclami sull'occupazione italiana che fa meglio delle altre pure rimangono, falsi.

 

Vorrei far presente che il conteggio della cassa integrazione è problematico in quanto non sempre è "a zero ore". Anzi, di solito la cassa integrazione viene utilizzata riducendo l'orario di lavoro e non la forza lavoro. Ad esempio un'azienda in difficoltà può decidere di lasciare a casa del tutto la metà dei dipendenti oppure dimezzare a tutti l'orario di lavoro mettendo tutti in cassa integrazione a metà dell'orario...

in effetti l'articolo www.giornalettismo.com/archives/62234/%EF%BB%BFitalia-disoccupazione-reale/ parla di "monte ore della Cassa integrazione guadagni"

Una domanda da ignorante in materie economiche e statistiche: perche' la popolazione carceraria (quella costituita da cittadini italiani tra i 16 ed i 64 anni) non viene presa in considerazione nel calcolo del tasso di disoccupazione de facto?

Vi ringrazio anticipatamente per la vostra risposta.

 

credo per i seguenti motivi

1) non è che nn voglian lavorare

2)non è che non siano piu o meno preparati per un lavoro anche work intensive

3) sono obbligati a non lavorare, e quindi cnsiderare tra gli svogliati chi magari vuole ma non può, sarebbe statisticamente ingiusto

La forza lavoro si calcola sommando chi lavora (occupati) a chi sta cercando lavoro (disoccupati). I detenuti sono forzatamente fuori da entrambe le definizioni, quindi non vengono calcolati per convenzione.

Si calcola la forza lavoro in questo modo: sia per ragioni di semplicità; sia perchè non tutti cercano o hanno bisogno di cercare un lavoro. Il post di Giulio e Michele evidenzia i limiti di questo sistema di calcolo nell'attuale situazione italiana ("cassintegrati" e "scoraggiati").

Nell'analisi della situazione interna ad una nazione è comunque un dato potenzialmente importante.  Anni fa la sinistra USA contestò i successi nella lotta alla disoccupazione di non ricordo più quale presidente (Repubblicano of course) sostenendo che non considerasse l'altissimo numero di carcerati.

 

Vari lettori hanno gia' sollevato dubbi sul fatto che la tutti quelli in cassa-integrazione debbano essere conteggiati tra i disoccupati. Io ne ho altri due:

1) Come mai il grafico dei lavoratori scoraggiati si impenna nel 2004? Non sembra aver niente a che fare con la recente crisi. Forse un ulteriore prova che in Italia abbiamo inziato a stare male molti anni fa?

2) Ha senso comparare il tasso di occupazione tra paesi quando sappiamo che in Italia c'e' una percentuale altissima (direi piu' alta della Spagna) di lavoro in nero?

 

 

 

2) Ha senso comparare il tasso di occupazione tra paesi quando sappiamo che in Italia c'e' una percentuale altissima (direi piu' alta della Spagna) di lavoro in nero?

 

Hai qualche statistica (spannometrica, ovviamente) su questo dato ? La Spagna si regge sull'edilizia e sul turismo, che sono proprio i settori ad altissima percentuale di lavoratori in nero in Italia. Comunque è un buon punto.

 

 

1) Come mai il grafico dei lavoratori scoraggiati si impenna nel 2004? Non sembra aver niente a che fare con la recente crisi. Forse un ulteriore prova che in Italia abbiamo inziato a stare male molti anni fa?

2) Ha senso comparare il tasso di occupazione tra paesi quando sappiamo che in Italia c'e' una percentuale altissima (direi piu' alta della Spagna) di lavoro in nero?

 

Sulla (1) si e' gia' chiarito coi vari commenti sopra.

Sulla (2), tre cose.

Primo, l'occupazione si misura con dati survey non con dati di iscrizione all'Inps, per dire. In principio l'intervistatore puo' andare da un lavoratore in nero e quello puo' dire (correttamente) che lavora. Quindi e' molto probabile che le stime ufficiali includano gia' parte dell'occupazione in nero (un'altra parte di certo dice no perche' teme che l'intervistatore sia un funzionario Inps camuffato).

Secondo, e' difficilissimo, anche per questo motivo, capire in prospettiva cross-country quant'e' il lavoro in nero che sfugge alle statistiche su occupazione

Terzo, i lavoratori in nero non pagano ne' tasse ne' contributi pensionistici. Quindi dal punto di vista della societa' puo' aver senso non contarli, nel senso che il tasso di disoccupazione gonfiato da' una misura di quanti potenziali lavoratori o lavoro in nero non stanno contribuendo alle due cose.

Non dovrebbe aumentare anche il denominatore? Voglio dire, il tasso di disoccupazione ufficiale è D/FL = D/(O+D).

Voi trovate il 15,8% facendo: (D+cassaint.+scoreggiati)/(O+D)

Non avrebbe più senso fare: (D+cassaint.+scoreggiati)/(O+D+cassaint.+scoreggiati) ?

Sennò, aumentate il pool delle persone che si possono considerare disoccupate solo al numeratore e non al denominatore....

Il tasso di disoccupazione aumenta comunque rispetto a quello ufficiale (perché il numeratore aumenta il proporzione più del denominatore che c'ha O tra le balle), però di meno.

Concordo

 

 

Voi trovate il 15,8% facendo: (D+cassaint.+scoreggiati)/(O+D)

Non avrebbe più senso fare: (D+cassaint.+scoreggiati)/(O+D+cassaint.+scoreggiati) ?

 

 

divertente la battura sugli scoreggiati :-D

si, avrebbe piu' senso ma il risultato non cambierebbe di molto perche' gli occupati sono il grosso e il numeratore aumenterebbe comunque molto piu' velocemente del denominatore

 

Da profano,studente di economia da pochi anni vorrei dire che secondo me,quando vengono emessi i comunicati sulla forza lavoro da parte dell'ISTAT,occorrerebbe che questi contenessero anche il dato di quanti sono i pensionati tra i 15 e i 64,quanti sono coloro che studiano ancora,quanti sono gli scoraggiati (basterebbe chiedere anche questo) e via dicendo,dando un maggior dettaglio mediante ulteriori domande rispetto a quelle classiche:non credo che cio' sarebbe incompatibile con le norme e le metodiche adottate fin'ora,per avere omogeneità con gli altri stati.Anzi,si dovrebbe proporre ad Eurostat di rendere ancora piu' dettagliati questi documenti comprendendo queste aggiunte.Mi pare che sarebbe molto importante capire,appunto,quanti sono i pensionati in quella fascia di età,visto che pare che l'Italia abbia una media di pensionamento piu' bassa degli altri paesi europei e i pensionati sono comunque persone che hanno un reddito garantito (per quanto ci siano pensioni basse o altri problemi) e che possono avere un peso non da poco tra gli inattivi.Ritengo anche io che sia difficile,con i dati non di dettaglio,stabilire che i cassaintegrati possano essere assimilati a disoccupazione...allora occorrerebbe andare a valutare in ogni paese europeo i vari strumenti quali appunto quelli tedeschi di riduzione di orario di lavoro per fare delle comparazioni.E anche per fare valutazioni nel tempo,in Italia allora bisognerebbe ricostruire i dati degli anni passati inserendo anche per gli altri anni i dati di cig e di scoraggiati:e a questo proposito visti i dati del 2007 di scoraggiati che già vengono dati sopra il 4%,nonostante il 2006 il 2007 siano stati anni di crescita di PIL superiore rispetto agli anni precedenti e abbiano visto l'occupazione crescere di diverse centinaia di migliaia di posti di lavoro,come lo valutate?Non é un po' strano?Teoricamente,non dovrebbero diminuire gli scoraggiati,in periodi di discreta crescita di occupazione?Scusate magari le banalità,ma sono solo uno studente di economia da 3 anni e vorrei capire meglio le varie questioni.

l'insigne nministro sacconi, obietterebbe che questo approccio è scientificamenter abagliato. Infatti alcuni mesi fa stigmatizzò così un documento della Banca d'Italia che tra i disoccupati, oltre a quelli rispondenti alla definizione ufficiale includeva gli "scoraggiati" http://www.corriere.it/economia/10_gennaio_15/bankitalia-situazione-economica_448c3cae-01df-11df-866a-00144f02aabe.shtml

Le epidemie hanno di positivo che con i vaccini o per altre cause, passano. Questi mai grazie all'antivaccino di un voto parecchio discutibile. Ma pare che comunque si voti si sbaglia.

e il dato degli scoraggiati dell'OCSE si ferma al 2008:é pari al 4,1 sia nel 2008 sia nel 2009...bisogna vedere quale sia nel 2009 e nel 2010:sicuramente,vista la crisi,dovrebbe essere superiore,pero' se vogliamo fare un confronto con gli anni passati,per capire quale sia stata la crescita della disoccupazione compresa gli scoraggiati,occorerebbe avere il dato del 2010 e a questi sottrarre quello del 2008 anno di inizio della crisi.

errata corrige:é pari al 4,1 sia nel 2007 che nel 2008

buonasera,il tasso di disoccupazione e' del 55 e rotti %, l'economia e' in fase di recessione, le famiglie stentano ad arrivare alla fine del mese, la corruzione imperante dilaga, un conflitto d'interesse caratterizza il Nostro paese, la magistratura viene sconfessata, la corruzione e' alle stelle,l'attuale  classe dirigente e' incapace di guidarci o quantomeno miope,Tremonti non e' all'altezza del compito cui e' incaricato,l'euro crolla, la produzionee industriale langue.

Questa e' l'impressione o meglio l'immagine che cercate di dare dell'Italia : forse e piu' sicuramente e'  la fotografia che caparbiamente Vi sforzate di scattare utilizzando una vecchia reflex obsoleta di colore.............rosso ed avvalendoVi al contempo di rullini obsoleti ideologicamente.

Sempre di piu' mi convince l'operato di Joseph Mccarthy.Non correva dietro alle steghe;aveva

compreso che alcuni personaggi si davano un grand'affare per propinare tesi politiche che si sono manifestate  in toto fallaci.distinti saluti.massimo belardi.

 

Fantastico.

Dai, Voltremont, perché usi un "nome piumato" per mettere i tuoi commenti?

 

Morale: il tasso di occupazione fra le persone in età lavorativa è del 55,21% in Italia e del 59,14% in Spagna.

 

Oltre al problema del lavoro sommerso, che tocca l'Italia un 4~5% in piu' della Spagna (vedi qui, anche se non sono studi recenti) non sottovaluterei il grosos problema del lavoro femminile. In Italia sono poche le donne che lavorano. Il tasso medio di occupazione (UE 15) è del 50% per le donne e del 66% per gli uomini. Dati simili (ma uno 0.5% in meno) per UE 25. 

In Italia:

Tasso d'attività delle donne (15-64 anni)200638.3
Tasso d'attività degli uomini (15-64 anni)200661.5
Tasso di disoccupati20066.6
Tasso di disoccupati delle donne20068.5
Tasso di disoccupati degli uomini20065.2
Durata settimanale del lavoro (in ore)200639.3

Se vediamo gli stessi dati UE15

Tasso d'attività delle donne (15-64 anni)200649.8
Tasso d'attività degli uomini (15-64 anni)200665.9
Tasso di disoccupati20067.7
Tasso di disoccupati delle donne20068.5
Tasso di disoccupati degli uomini20067.1
Durata settimanale del lavoro (in ore)200640.3

Statistiche comparate (gli stessi dati per ogni stato UE + CH)

Ciao

Francesco

 

Per il convegno a roma del 27 Maggio, come si può partecipare? E' necessario aderire attraverso mail, telefono o altro? Grazie!

Verifico, ma credo sia sufficiente mandare una email a Folder

 

via Santa Maria in via 12
00187 Roma
info@centrostudifolder.it

Salve, sono un vostro lettore da alcuni mesi, questo è il mio primo commento.

Mi pare di capire che i lavoratori in nero sono considerati non occupati. Se si, perchè? Non considerate il fenomeno di entità rilevante, o è solo che non ci sono dati affidabili a riguardo?

 

P.S. complimenti per il sito, è fantastico!

 

EDIT: chiedo scusa, mi sono accorto solo ora di non aver visto un altro commento che poneva la stessa questione.

 

La vostra analisi si basa su un'assunzione fondamentale che appartiene a quelle assunzioni che fondano il modello superfisso, ovvero che se invece della CIG dessimo sussudi di disoccupazione come in altri paesi, il cassintegrati non si troverebbero comunque un altro lavoro e rimarrebbero non-occupati. Io ho forti dubbi che quest'ipotesi abbia alcun senso. Credo che anche in recessioni importanti come questa una buona percentuale di lavoratori si riattrezzerebbe per altri lavori. Anzi, questo, io credo, e' uno dei problemi piu' seri della CIG, che impedisce una riallocazione del lavoro da settori meno produttivi a settori piu' produttivi e scarica la poca produttivita' delle imprese in difficolta' sui contribuenti.

Sul 4.1% poi non ho ben capito, non dovrebbe aumentare anche la FL? se cosi' il tasso e' il 15.15% secondo il vostro calcolo (FL(vera)=1.043*FL(senza gli scoraggiati)).

Vincenzo. Giusta osservazione. Ma non inficia l'analisi. Anzi, ne rafforza le implicazioni.

Noi calcoliamo ciò che fanno questi signori ora (NON lavorano, NON cercano un lavoro) e non cosa farebbero se la CIG non ci fosse. Noi intendiamo solo far presente che la situazione è peggio, molto peggio, di quanto venga dipinta. E lo è a causa di leggi e politiche adottate, non perché l'ha predetto la vergine a fatima nel quarto e mai menzionato segreto dei giovani pecorari.

Il tuo ragionamento dice che SE la CIG non ci fosse ALLORA quel 3,1% non sarebbe tutto disoccupato. Possibile, anzi probabile. Infatti, se non ci fossero tante delle cretinate che paralizzano il mercato del lavoro e l'economia italiana molti di più sarebbero occupati, invece di quel miserrimo 55 e qualcosa %.

Right, that's EXACTLY our point.

Però, ora come ora, date queste istituzioni e queste politiche, quei signori occupati non sono. Noi, semplicemente, lo riportiamo per smascherare le bugie di chi continua a sostenere che va tutto bene, madama la marchesa, e che lui o loro han fatto le migliori politiche possibili.

Bugie.

P.S. Sull'aggiustamento scoraggiati hai ragione, c'era già un commento sopra che ci aveva pizzicato.

Se applicate correttamente (ma le deroghe sono state molto numerose negli ultimi anni):

- la CIG è uno strumento di flessibilità, un accantonamento che le imprese fanno pagando contributi più elevati per beneficiare di costi di personale più bassi in periodi di riduzione della domanda

- la CIGS servirebbe per gestire situazioni di crisi e ristrutturazione profonda, che prevede anche la ricollocazione in nuove imprese, la cessione di rami d'azienda etc

- la MOBILITA' è lo strumento di sussidio che chiude definitivamente il percorso lavorativo nell'azienda e concede benefici a chi assume

Non sono strumenti mal congegnati, ma almeno la CIGS dovrebbe godere degli stessi sgravi contributivi della mobilità. Sarebbe inoltre utile studiare incentivi per chi passa da lavoro dipendente a lavoro autonomo (es.sgravi fiscali): di fatto oggi si inizia in nero o con un prestanome per non perdere i benefici della CIGS.

Teniamo conto tuttavia che le facilitazioni agli "uscenti" sono anche penalizzazioni all'ingresso dei nuovi entranti.

La variabile su cui agire concretamente è il tempo di esecuzione dei turnaround e la rimozione di alcuni vincoli, quali ad esempio la forte ostilità sindacale alle ricollocazioni di rami d'azienda o piccoli team (quello che spregiativamente chiamano "spezzatino")

 

 

La vostra analisi si basa su un'assunzione fondamentale che appartiene a quelle assunzioni che fondano il modello superfisso, ovvero che se invece della CIG dessimo sussudi di disoccupazione come in altri paesi, il cassintegrati non si troverebbero comunque un altro lavoro e rimarrebbero non-occupati. 

Be', e chi impedisce ai cassintegrati di cercare un nuovo lavoro? A me la CIG pare una forma di sussidio di disoccupazione.

 

Non dimentichiamo che un dato è utile e va considerato nell'utilizzo che ne viene fatto.

Ovviamente qualsiasi studioso che si approccia all'utilizzo dei dati deve conoscerne la composizione della sua provenienza. Pertanto il tasso di disoccupazione vuole dirci delle cose; se noi vogliamo considerare ammortizzatori sociali e "scoraggiamento" in un nostro modello possiamo benissimo inserirli; il tasso di disoccupazione non è un dogma (come del resto non lo è il PIL o altri indicatori che conosciamo) e pertanto può essere considerato con più o meno variabili dentro di esso, soprattutto in scienze sociali come l'Economia che richiedono elasticità mentale molto alta.

Pertanto confrontare meramente dati statistici senza dettagli può essere propagandistico - ma può esserlo altrettanto nel modo inverso, cioè nel modo in cui sembra strutturato questo articolo.

il tasso di disoccupazione non è un dogma [...] e pertanto può essere considerato con più o meno variabili dentro di esso, soprattutto in scienze sociali come l'Economia che richiedono elasticità mentale molto alta.

Esattamente. E' proprio quello che abbiamo fatto: abbiamo avuto elasticita' mentale e abbiamo considerato altre variabili violando la "statistica ufficiale" e traendo informazioni utili da quella sostanziale. Ma l'abbiamo fatto in maniera assolutamente trasparente e non mi pare che abbiamo fatto propaganda di alcunche'.

 

Come altri,  non considero corretto il conteggio delle CIG nella disoccupazione, anche se una buona percentuale di queste potrebbe trasformarsi in mobilità.

Invece il conteggio degli scoraggiati o comunque la valutazione dei non occupati mi sembra rilevante ed indicativa di una realtà occupazionale ben peggiore di quella mostrata dai dati ufficiali.

Purtroppo i dati statistici non sono omogenei e penso vadano maneggiati con grande prudenza, qualità che non ho .

Sull'occupazione gli stessi dati eurostat e quelli ameco a mio giudizio non si incontrano ( avrei giurato che eurostat era l'unica sorgente di ameco, ma evidentemente mi sfugge qualcosa ).

Assumendo la disoccupazione reale ben diversa da quella mostrata dai tassi ufficiali ( scoraggiati, non occupati ecc.. ) ho per curiosità confrontato il Misery Index Moody con un indice dove si somma al deficit il tasso di "non occupazione" ( per intenderci in Germania è un 30% in Italia un 43% sempre calcolato sulla fascia di popolazione da 15 a 64 anni ).

L'ho chiamato Decadence Index, in quanto tra i non occupati mi sono immaginato anche qualche nobile decaduto che vive, finche può,  di rendita. :)

Per rendere assolutamente non scientifica e discutibile la cosa ho "omogeneizzato" il dato della "non occupazione" dandogli un peso arbitrariamente simile a quello "disoccupazione" utilizzato da Moody ( niente di complicato, ho diviso per 5 ) .

Risultato...incollo sotto i due grafici.

E' la prima volta che scrivo qui; se il "divertissment" pecca di eccessivo dilettantismo o di eccessivo onanismo mentale, ben felice di subire caustiche censure.Misery Index Modificato

 

Non ti dispiace, vero, dirci a chi si riferiscono le linee colorate ?