Un federalismo municipale contro le imprese e senza responsabilità

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Il 3 marzo scorso è stato approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri il decreto attuativo sul finanziamento dei comuni (cosiddetto ''federalismo municipale''). Se si guarda al contenuto di questo decreto, insieme a quello (ancora in fase di approvazione) sul finanziamento delle regioni, le linee generali del nuovo regime di finanza pubblica locale sono ormai abbastanza chiare. Le notizie sono brutte, se non pessime. Da un lato la responsabilizzazione delle amministrazioni locali è chiaramente insufficiente. Dall'altro, vi è un serio rischio di aumento della pressione fiscale, soprattutto sulle imprese.

Introduzione

Mi si perdonerà la pignoleria da accademico, ma vorrei iniziare questo post con un brevissimo riassunto della conventional wisdom intorno al federalismo fiscale. Lo faccio, oltre che per pignoleria, perché mi pare che il dibattito attuale prosegua in modo totalmente disancorato dal corpo di analisi teorica che gli economisti hanno sviluppato.

Per ragionare è utile considerare i due casi estremi in cui si può organizzare il finanziamento degli enti locali, in modo che risultino più evidenti vantaggi e svantaggi.

  • Finanziamento centrale, ossia lo stato centrale raccoglie le tasse e poi le ripartisce tra gli enti locali in base a qualche criterio (tipicamente demografico). L'ovvio vantaggio di questo metodo è di tipo assicurativo: mette i cittadini al riparo da oscillazioni nella pressione fiscale o nella quantità di servizi erogati che dipendono da variazioni della base imponibile locale. Rimane il rischio, difficilmente diversificabile, legato all'andamento dell'economia nazionale. L'ovvio svantaggio è la mancanza di responsabilizzazione degli amministratori locali: non esiste alcun incentivo a limitare la spesa. In effetti, se è possibile ottenere risorse addizionali in caso di deficit, l'incentivo va in direzione esattamente opposta.
  • Completa decentralizzazione. Agli enti locali viene assegnata una base imponibile che possono colpire con tassazione. Gli enti determinano sia l'entità delle spese sia le aliquote. Vantaggi e svantaggi sono esattamente speculari a quelli del finanziamento centralizzato. Da un lato, i cittadini sopportano un rischio maggiore, dato che quanto pagano di tasse e quanto ricevono in termini di servizi dipenderà non solo dal rischio aggregato dell'economia nazionale ma anche dalle variazioni idiosincratiche della base imponibile locale. Dall'altro, gli amministratori locali vengono resi pienamente responsabili delle loro scelte di spesa, dato che queste possono essere finanziate solo con maggiori tasse sui propri elettori.

I sistemi concreti utilizzati per il finanziamento degli enti locali cadono, come è logico attendersi, tra questi due estremi; una parte del finanziamento arriva dallo stato centrale e funziona come copertura assicurativa minima, mentre agli enti locali viene comunque garantita una certa autonomia su specifiche base imponibili (tipicamente gli immobili).

La teoria economica offre anche alcune indicazioni su quali sono le caratteristiche delle basi imponibili da assegnare agli enti locali (un riassunto recente si può trovare qui). In primo luogo, dato che tipicamente è bene restringere la capacità di indebitamento degli enti locali, la base imponibile dovrebbe essere scarsamente sensibile al ciclo economico. In tal modo si evita un andamento pro-ciclico nell'offerta di servizi pubblici locali. In secondo luogo, la base imponibile non può essere troppo mobile, dato in tal caso la tassazione diventa troppo difficile e viene a mancare il finanziamento. Parentesi per prevenire l'obiezione di chi dice ''è bene che la concorrenza tra enti tenga le tasse basse'': se si vuole veramente tener basse le tasse su una certa base imponibile, lo stato centrale può sempre dire che non va tassata; se la si assegna come fonte di finanziamento agli enti locali allora deve essere possibile usarla - nel caso italiano questo è rilevante per l'IRAP e il finanziamento delle regioni. Infine, nella misura in cui questo è possibile, è bene individuare basi imponibili la cui distribuzione non sia drammaticamente disuguale sul territorio nazionale. Questo ovviamente è un problema particolarmente spinoso in Italia.

A questo si può aggiungere un principio di carattere generale, che riguarda sia il governo centrale sia quelli locali: servizi pubblici che offrono benefici individuali (come ad esempio sanità e istruzione) dovrebbero essere il più possibile finanziati mediante tasse pagate dagli utilizzatori di tali servizi. Ovviamente interventi di carattere distributivo per favorire l'accesso a tali servizi di persone a basso reddito sono sempre possibili, ma come principio generale è bene che la redistribuzione avvenga a livello centrale.

I contenuti del federalismo municipale

Come si colloca il decreto sul federalismo municipale, che ha passato l'approvazione definitiva, rispetto a questo quadro analitico? Il ''nuovo'' modello di finanziamento dei comuni si basa su quattro componenti: compartecipazioni a imposte decise centralmente, imposizione sugli immobili, addizionale IRPEF e possibilità di imporre nuove tasse (come la tassa di soggiorno). Non staremo qui a descrivere in dettaglio la legge, potete trovare un riassunto abbastanza esaustivo in questo articolo del Sole 24 Ore (e se siete di corsa guardate qui o qua). Cercheremo invece di valutare la qualità della legge in base alla teoria economica esistente.

Il meccanismo della compartecipazione che, nella nuova normativa, si applica a IVA, varie imposte sugli immobili e cedolare secca sugli affitti, riunisce gli aspetti peggiori del sistema centralizzato e di quello decentralizzato. Il suo funzionamento può essere inteso guardando alla cedolare secca sugli affitti. Lo stato centrale ha deciso che il reddito degli affitti non andrà a integrare la base imponibile IRPEF ma verrà assoggettato a tassazione separata, del 21% o del 19% a seconda dei casi (un provvedimento che in verità non ha nulla a che vedere con il federalismo). Parte dei soldi raccolti, per l'esattezza il 21,7% nel 2011 e il 21,6% dal 2012, verrà data ai comuni nei quali gli immobili in affitto sono situati. Come si vede in questo modo si elimina il meccanismo di carattere assicurativo proprio del finanziamento centralizzato, dato che le entrate di ciascun comune sono ora esposte al rischio di variazioni locali del gettito, senza offrire i vantaggi che derivano dalla responsabilizzazione degli amministratori locali. Infatti i comuni non possono variare l'aliquota di questa imposta, essa non dipende da loro. L'unica cosa che possono fare è spenderne il gettito che viene, comunque, determinato centralmente. Insomma, il meccanismo ha gli stessi deleteri effetti del finanziamento centralizzato senza averne i benefici assicurativi.

La compartecipazione per la cedolare secca sugli affitti è almeno chiara in termini dei numeri implicati. La determinazione del meccanismo di compartecipazione IVA, invece, merita di essere citata per intero dato che tocca punte da teatro surrealista.

 

La percentuale della compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto prevista dal presente comma è fissata, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del 2 per cento al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. In sede di prima applicazione, e in attesa della determinazione del gettito dell’imposta sul valore aggiunto ripartito per ogni comune, l’assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito dell’imposta sul valore aggiunto per provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune.

 

Le difficoltà tecniche con cui si scontrerà l'attuazione pratica di questa norma sono già state segnalate da altri, e non è il caso di ripeterle qui. Basti qui dire che al momento non è chiaro se sia effettivamente fattibile imputare l'IVA agli enti appropriati. E facile, molto facile in verità, vedere dove tutto l'ambaradan andrà a parare. Il meccanismo della compartecipazione IVA era infatti usato (e con tutta probabilità continuerà a essere usato) per il finanziamento delle regioni. La pratica invalsa, che con ogni probabilità continuerà intatta, era quella di determinare ex post l'aliquota di compartecipazione mediante estenuanti trattative tra stato centrale e regioni. Come ha di recente ricordato il presidente COPAFF Luca Antonini (audizione del 2 marzo scorso, disponibile sul sito della commissione) la compartecipazione IVA ''ha, da tempo, assunto la forma di un trasferimento negoziato'', per cui ''l'aggancio tributario versione IVA del finanziamento della spesa per la sanità maschera, in realtà, un mero trasferimento dal bilancio statale''.  Con il ''nuovo federalismo'' si aggiungeranno i comuni all'allegra brigata dei negoziatori incessanti. Le regioni, in Italia, sono 20; avete presente quanti sono i comuni?

Si tratta in effetti di una forma particolarmente scadente e pericolosa di trasferimento centralizzato. La ragione è che la quantità dei trasferimenti, anziché essere determinata ex ante in base a regole chiare e rigide, verrà determinata ex post al tavolo negoziale. Oltre a generare maggiore incertezza in termini di risorse disponibili, l'esperienza del passato suggerisce che gli enti locali riusciranno a spuntare trasferimenti più alti se si presenteranno al tavolo negoziale con bilanci in deficit, il ché fornirà un ovvio incentivo all'espansione della spesa locale.

Un possibile effetto benefico delle norme sulla compartecipazione sta nel coinvolgimento degli enti locali nella lotta all'evasione, in particolare per l'emersione degli immobili ''fantasma''. Come tutte le previsioni di maggiore gettito basate sulla lotta all'evasione, è opportuno esercitare al riguardo molta cautela. Aspettiamo dunque a vedere quali saranno gli effetti reali. Va notato comunque che  queste norme potevano essere introdotte senza far alcun riferimento al meccanismo della compartecipazione.

L'imposizione sugli immobili, che dovrebbe essere la chiave di volta del nuovo sistema, diventerà effettiva a partire dal 2014. In principio questa imposta soddisfa molti dei requisiti teorici che un buon sistema di finanziamento locale richiede, ed è ampiamente usata nel mondo. La novità è limitata, dato che in sostanza si tratta di una riproposizione del meccanismo dell'ICI assieme a una unificazione e razionalizzazione di altre imposte esistenti che colpiscono il patrimonio immobiliare. Il meccanismo attuale prevede una limitata, ma non irrilevante, possibilità per i comuni di cambiare le aliquote: l'aliquota base è centralmente stabilita allo 0,76% del valore dell'immobile, ma i comuni possono aumentarla o diminuirla dello 0,3 (aliquote ridotte si applicano agli immobili dati in locazione). Questa maggiore aderenza ai principi della responsabilizzazione degli amministratori locali è pero sostanzialmente vanificata dal divieto di colpire gli immobili adibiti a prima abitazione. Si tratta del proseguimento di una politica populista e deleteria che aveva iniziato il governo Prodi e che il governo Berlusconi ha peggiorato. Anche in questo caso sembra quindi che il nostro legislatore sia riuscito nel piccolo miracolo di ottenere gli effetti negativi evitando quelli positivi. Data la diffusione del possesso dell'abitazione in Italia, la base imponibile sarà limitata e costituita essenzialmente dagli immobili di chi non vota alle elezioni locali: seconde case e imprese. La ridotta base imponibile virtualmente assicura che i comuni non avranno grossi spazi di riduzione delle imposte. Non solo: poiché le seconde case sono di fatto concentrate nei comuni situati in zone turistiche la distribuzione territoriale di questa base imponibile è fra le più diseguali che si possano immaginare. Dato che nemmeno avranno gli incentivi a farlo (perché ridurre le tasse a chi comunque non vota?) è molto probabile che l'effetto netto sarà un aumento delle imposte, soprattutto sulle imprese. Alcune stime preliminari situano al 20% l'incremento nella tassazione per gli immobili strumentali, senza contare i possibili aumenti discrezionali dei comuni. Alla fine sembra che di questo si sia accorta perfino la signora Marcegaglia, che ha rilasciato al proposito dichiarazioni caratterizzate dall'usuale coraggio (nota per chi ha poco senso dell'umorismo: la frase è ironica). Il sospetto che l'introduzione della nuova imposta sia stato ritardato al 2014, ossia a una data sicuramente posteriore alle prossime elezioni, per non render chiare le sue conseguenze all'elettorato è a mio avviso più che legittimo. In ogni caso, a Cortina e Capri si preparano a festeggiare, a Mestre e Catanzaro abbastanza di meno.

L'addizionale sull'IRPEF è anch'essa soggetta a varie restrizioni in termini di aliquota e non è nullla di nuovo. Si tratta comunque dell'aspetto più visibile dell'aumento di tasse indotto dal federalismo municipale, dato che non solo è immediato ma è anche retroattivo. I comuni possono infatti, se lo deliberano entro il 31 marzo, applicare un'addizionale dello 0,4% all'imponibile IRPEF relativo al 2010. È una pessima abitudine italiana, che una volta di più si rivela bipartisan, quella di istituire tasse retroattive (sono sicuro che molti lettori ricordano la ''tassa per l'Europa'' del primo governo Prodi). È un sintomo della improvvisazione e del dilettantismo con cui questo governo ha affrontato la questione del finanziamento degli enti locali. Negli anni passati si sono cancellate fonti di entrata (ICI, trasferimenti statali e addizionali) senza alcun piano chiaro in mente e per ragioni di pura propaganda. La concessione della possibilità di tassare retroattivamente il reddito serve a dare una boccata di ossigeno ai comuni. Chiaramente il governo spera in questo modo di continuare a poter affermare di non aver messo le mani nelle tasche degli italiani, assegnando la colpa agli enti locali. La realtà è ben diversa.

Poco da dire infine sulle nuove tasse. L'imposta di soggiorno in principio dovrebbe dare responsabilità agli amministratori locali, ma è strettamente regolata dal centro sia nella quantità (non più di 5 euro), sia nelle modalità di esercizio (deve essere proporzionale al prezzo dell'albergo, può essere applicata in alcuni comuni e non in altri), sia nella destinazione del gettito (che ''è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, etc. etc.''). Nella misura in cui la domanda è rigida può anche essere scaricata sui clienti degli alberghi, ossia su non-elettori, con ulteriore effetto deresponsabilizzante. Le restrizioni scritte nella legge sono probabilmente generiche e inefficaci, ma rappresentano un segnale in più di come il governo non creda veramente all'autonomia degli enti locali. L'imposta di scopo è di fatto una addizionale all'imposta sugli immobili, da istituire per finanziare opere pubbliche. Difficile al momento dire che impatto potrà avere.

Sostenibilità della normativa

Il nodo cruciale su cui da sempre si sono infranti i disegni di riforma federalista è quello della disparità delle basi imponibili tra nord e sud.  Da questo punto di vista la nuova normativa prosegue semplicemente la lunga tradizione di far finta di niente, delegando a trattative future la ricomposizione degli squilibri.  La legge prevede un ''Fondo sperimentale di equilibrio'' della durata di tre anni, che poi verrà sostituito da un fondo perequativo, a sua volta articolato su due componenti, etc. etc. etc.  La determinazione delle quantità dovrebbe essere legata ai famosi fabbisogni standard che però nessuno sa bene come determinare e la cui approvazione definitiva è ancora in alto mare (qui trovate il decreto approvato lo scorso novembre e qui un commento di Arachi e Zanardi). E abbastanza facile prevedere che la determinazione dei fabbisogni standard si tramuterà in poco più di un esercizio di contrattazione politica teso alla rideterminazione del livello dei trasferimenti. Data la perdurante incertezza sulla materia e dato l'impianto complessivo della legge, che di fatto non fa alcun serio tentativo di responsabilizzare gli enti locali, la previsione più plausibile è che la perequazione continuerà a essere affrontata come è stata affrontata finora, ossia con trattative ex post e provvedimenti speciali. Nulla di nuovo sotto il sole.

Alla luce di queste considerazioni è semplicemente stupefacente la valenza politica che è stata assegnata al provvedimento. I dirigenti della Lega Nord sembrano convinti che questi provvedimenti valgano il prezzo di accettare qualunque compromesso su tutti gli altri aspetti dell'azione governativa. Il fatto è che perfino per i ristretti interessi di casta degli amministratori del Nord, che evidentemente sperano di ottenere più risorse senza assumersi troppe responsabilità, questa legge fornisce benefici abbastanza limitati. Almeno parte dell'elettorato della Lega sembra essere convinto di doversi aspettare grosse cose da questo provvedimento. Sarebbe interessante sapere quanti di questi elettori sono coscienti che la maggiore repressione dell'evasione fiscale e l'aumento della tassazione sulle imprese sono tra le poche novità della legge. È infine abbastanza deprimente il tono generale del dibattito che si è venuto svolgendo. Comprensibilmente, le organizzazioni degli amministratori locali hanno puntato al reperimento di sufficienti risorse per i loro enti. Ma in questo braccio di ferro le possibili reali innovazioni che si potevano auspicare, in termini di maggiore responsabilizzazione e riduzione della tassazione, sono completamente scomparse dal radar. L'ennesima occasione persa.

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Commenti

Ci sono 100 commenti

Da "leghista" mi sembra che l'articolo sia del tutto condivisibile.

Tuttavia, una risposta alla domanda:

 

perché ridurre le tasse a chi comunque non vota?

 

non potrebbe essere:

          perché può votare comunque con i piedi?

 

non potrebbe essere:
          perché può votare comunque con i piedi?

No, perche' nel caso che discute Sandro andandotene non porti via con te la base imponibile, che e' cio' che fa funzionare il meccanismo "votare con i piedi". L'immobile resta dov'e', anche se tu lo vendi.

P.S.: mentre scrivevo e' riaffiorato un ricordo d'infanzia :-) una storia di Topolino intitolata "Zio Paperone e il deposito semovente", in cui Paperone per evitare l'applicazione di una nuova tassa municipale ad hoc sul contenuto del suo deposito mette i cingoli all'edificio e lo trapianta altrove. In questo caso funziona.

Ho letto velocemente ma direi che condivido tutte le osservazioni.  Purtroppo non ho tempo ma sarebbe interessante fare una ricerca negli atti parlamentari per vedere concretamente come siano state discusse e votate le eventuali proposte sensate e utili che fossero emerse su questo tema, magari anche per caso. Come anche quali politici e quali partiti abbiano fatto proposte ed emendamenti nella giusta direzione e quali no. La mia impressione e che cercando un consenso parlamentare ampio, nel contesto politico-culturale italiano, il risultato sara' sempre grosso-modo simile a questo.

 

 

La mia impressione e che cercando un consenso parlamentare ampio, nel contesto politico-culturale italiano, il risultato sarà sempre grosso-modo simile a questo.

 

In altre parole, la colpa se la legge fa schifo e danneggia l'Italia ed il Nord anzitutto NON è di chi la legge l'ha voluta, scritta, spinta, sbandierata e fortissimamente sostenuta sino alla fine (BS è ancora al potere e fuori di galera SOLO perché la LN voleva in cambio questo aborto).

No, la colpa è di quelli che, non volendola from the start, l'hanno criticata ed alterata (pochissimo, tra l'altro, visto che ha viaggiato blindata da vari mesi a questa parte e che, comunque, stiamo parlando di decreti attuativi, Alberto. Ossia roba scritta dal governo della LN ed approvata a colpi di maggioranza. Ma non ti rendi conto su quali insaponati specchi ti stai arrampicando?

P.S. Certo che, se a scrivere i decreti han messo i 42 neuroni dell'intera famiglia Bossi (39 il padre, 3 il figlio) in cooperazione con i 7 di Calderoli, i 4 di Castelli e gli 11 di Borghezio, il risultato diventa, all'improvviso, ovvio.

Bene. Quindi ammetti che la Lega Nord ha accettato (o proposto, o scritto, o condiviso) una legge orrenda a fini puramente propagandistici, ed in cambio ha accettato di tenere in piedi un governo pessimo con un presidente del consiglio screditato a livello mondiale, e ha votato/promesso di votare leggi ad personam e/o riforme demenziali della giustizia. O vuoi sostenere che la Lega avrebbe scritto una legge perfetta ma il cattivo Berlusconi glielo ha impedito?

Alberto, perchè non apri gli occhi ed ammetti la realtà? Please :-)

PS ho battuto Boldrin di 3 minuti!

 

scusa Alberto, ma io proprio non (ti) capisco.

Stando all'articolo di Sandro (e mi pare che tutti gli osservatori concordino su questo), questa norma aumenta la già pesante pressione fiscale.

Francamente non mi è chiaro dove sta la differenza con le politiche di Bersani o di Vendola. Con la piccola differenza che almeno con quelli lì non ci troveremmo con BS al potere.

Mi pare di capire che la Lega avrebbe portato a casa un minimo successo. Ma se il risultato è solamente quello di far rimanere al nord delle tasse che si pagano in più mi sembra un successo a dir poco surreale.

Mi sa che c'è qualcosa che mi sfugge...

 

Ho il dubbio - o la certezza ? - che questo sia solo l'assaggio di quanto si prepara per il cosiddetto 'federalismo regionale' e soprattutto il 'federalismo provinciale' (ma le provincie, con la riforma federale, non dovevano essere eliminate ???), ora che il Geniale Calderoli ha ben 4 mesi di tempo in più per mettere a terra il ricco prodotto dei suoi neuroni.

Il modello federale spaghetti & polenta taragna si svilupperà così nella sua pienezza : 'io Stato mi tengo i miei soldi, voi varie entità federali procuratevi i vostri come meglio credete, e ognun per sè'.

Il modello federale spaghetti & polenta taragna si svilupperà così nella sua pienezza : 'io Stato mi tengo i miei soldi, voi varie entità federali procuratevi i vostri come meglio credete, e ognun per sè'.

Sintesi perfetta. E intanto io mi posso scordare aumenti di stipendio almeno fino al 2015.

 

ma le provincie, con la riforma federale, non dovevano essere eliminate ???

 

Per favore non facciamo andare in vacca una discussione che era iniziata per bene con tutti i link e le citaziondi su cosa si discute, e senza le pagliacciate tipiche dei talk show all'italiana.  Chiedo di vedere i riferimenti sui "federalisti" che secondo te hanno proposto l'abolizione delle province.

Se uno Stato federale nasce dalla confederazione di Stati esistenti si ha almeno una visione economico finanziaria chiara della nuova entità in quanto gli stati confederati hanno una loro contabilità che al massimo richiede una armonizzazione dei metodi.

Se si vuole invece creare uno stato federale partendo da uno stato centralista occorre invece creare una contabilità delle singole entità da federare ( Regioni ) che sia uniforme nei metodi tra le singole entità e con la contabilità preesistente dello stato centrale.

Ed ancor prima occorre risolvere alcuni nodi , fra questi :

--- come regionalizzare alcune spese che non lo sono quali i costi del debito , la difesa , l'amministrazione centrale , la rappresentanza internazionale

--- se attribuire l'IVA , Accise , tasse su assicurazioni e su attività bancarie  in base alla residenza di chi le riscuote o di chi la paga.Lo stesso per le imposte dirette ed i contributi sociali versate dai sostituti di imposta spesso con residenza diversa dai soggetti di cui sono sostituti.

Penso che proprio a ta le scopo sia stata creata nel 1994 la struttura Banca Dati Conti Pubblici Territoriali (CPT) ai cui dati fanno riferimento tutti coloro che si cimentano in conti economici relativi al federalismo.

I dati prodotti ad oggi non sono che la somma di movimenti in out registrati in ogni regione con i seguenti problemi :

--- mentre la contabilità nazionale assume come perimetro le P.P.A.A. i C.P.T. assumono l'S.P.A. ( settre pubblico allargato )

--- la contabilità nazionale è per competenza i C.T. per cassa

--- nei C.P.T. non sono stati non dico risolti ma neppure affrontati i problemi citati sopra di regionalizzazione di alcune spese e di attribuzione di alcune imposte.

--- ad oggi c'è solo una sottocomissione dedicata ad armonizzare la spesa in conto capitale rilevata dai C.P.T. con quella dello Stato ( 8,2% della Spesa Pubblica ) e l'armonizzazione non è ancora completata.

--- Gli ultimi dati disponibili oggi sono quelli del 2008.

Per capire quanto sopra basta scorrere i manuali ( 387 pagine ) i cui links mi sono stati inviati dalla responsabile del progetto alla quale avevo chiesto semplicemente se , e nel caso , come fosse considerato il debito pubblico dai C.P.T.

pag 1 -126           www.dps.tesoro.it/documentazione/docs/cpt/Guida%20CPT_Parte%20I_def_finale.pdf

Pag 1 - 272

www.regione.fvg.it/rafvg/export/sites/default/RAFVG/AT12/ARG14/allegati/Guida_cPT_approfondimenti.pdf

Pag 273 - 329  http://www.dps.mef.gov.it/documentazione/docs/cpt/ParteII_capIV.pdf

Pag 331 - 344  http://www.dps.mef.gov.it/documentazione/docs/cpt/ParteII_capV.pdf

Pag 345 - 352     www.dps.tesoro.it/documentazione/docs/cpt/ParteII_capVI.pdf

Pag 353 - 387      http://www.dps.mef.gov.it/documentazione/docs/cpt/ParteII_capVII.pdf

In questa situazione a mio avviso si puo dire tutto e dimostrare tutto e il federalismo economico è costruito sulle sabbie mobili.

Altro aspetto che mi lascia perplesso sono i costi standard unitari della Sanità : ma che senso ha un costo unitario che dipende per più di due terzi da costi fissi?

Posso diminuire il costo di una T.A.C. pagando meno l'attrezzatura , diminuendo i costi di manutenzione riducendo il personale addetto ma anche facendone molte inutili , come ci ha insegnato in Lombardia Poggi Longostrevi.Non sarebbe più corretto assumere la spesa sanitaria capitaria eventualmente corretta secondo le caratteristiche della popolazione?

Secondo me si stanno facendo solo chiacchiere per non affrontare i veri problemi del paese come ad esempio la corruzione che mangia oltre quattro punti di P.I.L.  

 

 

Secondo me si stanno facendo solo chiacchiere per non affrontare i veri problemi del paese come ad esempio la corruzione che mangia oltre quattro punti di P.I.L.

 

Ecco, questo e' un buon esempio di benaltrismo.  Mettiti d'accordo con Brighella, votate PD, FLI o UDC, e vedrete che la corruzione scompare e il PIL-pro-capite italiano cresce al 2.5% come Francia e Germania. Auguri.

Una obiezione sulla natura del patrimonio edilizio che farebbe da base imponibile per i comuni

Data la diffusione del possesso dell'abitazione in Italia, la base imponibile sarà limitata e costituita essenzialmente dagli immobili di chi non vota alle elezioni locali: seconde case e imprese. La ridotta base imponibile virtualmente assicura che i comuni non avranno grossi spazi di riduzione delle imposte. Non solo: poiché le seconde case sono di fatto concentrate nei comuni situati in zone turistiche

Eppure almeno nelle grandi città esiste anche un congruo patrimonio di case d'abitazione acquistate espressamente per fare reddito affittandole, o diventate tali a seguito di eredità ecc. e che appartengono a residenti.

Una stima di questo patrimonio e di come cambierebbe l'imposizione fiscale su di esso potrebbe essere utile

 

 

Su questo punto hai perfettamente ragione Marino. A Milano, Roma e in qualche altra città c'è probabilmente una fetta, anche se molto minoritaria, di popolazione che è abbastanza ricca e che affitta case nello stesso comune. Non ho purtroppo stime di quanto sia diffuso il fenomeno. Però, visto che in media circa l'80% della popolazione vive in casa propria o a usufrutto gratuito, sarei molto stupito di apprendere che i numeri sono molto rilevanti. Ma a parte questo, resta il fatto che la legge lascia ben poco spazio ai comuni. Se ti devi finanziare principalmente con tasse sugli immobili ma gran parte degli immobilii sono sottratti alla base imponibile, mettere tasse alte sui pochi immobili che si possono colpire è praticamente una scelta obbligata. In molti comuni lo faranno a cuor leggero, dato che i proprietari di seconde case non votano. Altrove lo faranno con il cuore pesante, ma saranno costretti a farlo lo stesso.

Non sono diventato scemo, e non è un commento ad una partita sportiva (ma il modo di sorridere, in un covo di interisti).

Volevo scrivere un post sui conti dei Comuni, ma ho visto che è impossibile, data la disimogeneità o la stranezza dei dati.

Prendiamo Milan(o) e Napoli: Qui Napoli e qui Milan(o).

Napoli ha 432 mln di entrate tributarie e Milano 625 mln, Napoli ha (secondo Wikipedia) 0,959 mln di abitanti, Milano ne ha 1,317mln, pro-capite sono € 450 per Napoli, € 482 per Milano. Non è tutta la differenza del mondo (anche perchè a Napoli c'è la TARSU più alta d'Italia).

I trasferimenti correnti (quelli dello Stato centrale, e presumibilmente basati sulla spesa storica) sono quasi uguali: 734 mln e 765 mln rispettivamente, anche se Napoli specifica che solo 616 mln sono dello Stato Centrale, Milano invece non distingue). Su questi dovrebbe incidere il federalismo municipale, ma non sono in grado di predire di quanto.

Dove Milan(o) straccia Napoli 3 a 0 è sul totale finale: Milano prevede ben 8 miliardi di Euro di entrate in conto capitale, di cui ben 5 miliardi per prestiti (parentesi imprenditoriale: sia Milano che Napoli mettono i prestiti/mutui nelle entrate, se lo faccio io mi arrestano, invece questa classificazione è regolata da una legge dello stato, ai comuni è consentito).

Napoli ha un bilancio totale di circa 4 miliardi di euro, Milano il triplo (11,7mld). Milan-Napoli 3 a 0...-).Non sono assolutamente in grado di valutare l'impatto del decentramento fiscale, però se questi sono i criteri penso che non sarebbero devastanti,anche laddove si prevede il decadimento automatico dei sindaci che sforano, perchè se non cambiano le norme sui prestiti finanziari, ovvero  continuano a essere classificate come entrate abbiamo l'ennesima presa in giro: faccio un prestito e chiudo in pareggio.

Quindi attenzione che le nuove norme unificano i criteri, ma non cambiano niente: i prestiti (entrate in conto capitale...) continuano a essere ammessi. Oserei dire tutto come prima, perchè per non aumentare le tasse basterà continuare ad accendere prestiti a futura memoria. Milano è già molto avanti su questo punto, rispetto, ad esempio, a Napoli (che comunque non sta a guardare..)

Di assoluta evidenza nel bilancio di Milano sono 5 miliardi di euro (se vi sembran pochi..) per crediti concessi/riscossi, non si specifica cosa sono, ma potrebbero essere i famosi derivati del Comune di Milano. Se vi volete divertire, io leggo bilanci, redigo bilanci, ma il bilancio dei Comuni mi sembrano altamente criptici, e quello di Milano in particolar modo. Vi ho risparmiato Roma, anche perchè, come vedete nel link, è Roma che risparmia i suoi dati. Li fornisce solo su appuntamento...

Se sono online. gli unici dati con qualche senso sono qui (a meno di meri errori di compilazione o di gustosi window dressing). Degli altri numeri che si trovano in giro meglio non fidarsi, se non si sa chi li ha elaborati e con che metodologia.

 

- L'imposta di scopo esisteva già. Non l'ha usata (quasi) nessuno. E' stata solo parzialmente riformata, ma non vedo perchè dovrebbe essere utilizzata più di prima;

- L'addizionale IRPEF è sbloccata (immagino, per TUTTI i Comuni) se viene approvato un regolamento altrimenti - ma quindi deduco che i 60 giorni debbano passare! - è sbloccata solo per quelli che ancora non l'hanno applicata o in cui essa non supera lo 0,4%. Può aumentare al max dello 0,2% annuo (quindi lo 0,4% ma in due anni). Continuo a non capire cosa voglia dire, nel decreto, "graduale cessazione, anche parziale, della sospensione del potere...": cosa è una cessazione parziale?

Nell'articolo Sandro evidenzia il "sotto tono" di Marcegaglia. Tenuto conto che il Corriere del Veneto riporta lamentazioni fortissime di commercianti, artigiani ed imprese ì stupefacente il silenzio delle organizzazioni datoriali. -Se non s'incazzano neppure più per quattrini ed aumenti di pressione fiscale davvero non si capisce a cosa servano. E si svilisce il ruolo dei loro esponenti come classe dirigente.

corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2011/4-marzo-2011/federalismo-municipale-commercianti-artigiani-bocciano-aumentano-tasse-190151028800.shtml

 

 

Il prpoblema della Marcegaglia è che si sta esaurendo la sua figura come interlocutore di peso (e relativo carisma) nel sistema economico del paese. Da quando si è insediata alla presidenza degli Industriali richiede in continuazione che siano messe in cantiere riforme.

Onestamente, dopo il centesimo appello a Riforme, dovrebbe cominciare a prendere atto che nessun politico è in grado (poco importo se per motivi psicologici, di preparazione o di movimento) di raccogliere la balla al balzo.

Forse, sarebbe ora che si mettesserò a proporre le famigerate riforme di cui hanno bisogno gli industriali (e lasciate stare il vs articolo 18: ci risiamo?).

Qualcuno glielo dice alla fanciulla che esiste la possibilità di avanzare proposte intelligente, senza aspettare che siano gli altri a fare le mosse?

 

NB: eppure, trovo che sia dotata di gran coraggio. Hanno pure provato a lanciarle la macchina del fango adosso e lei ha saputo reagire benissimo. però non basta purtroppo per fare bene.

Visto che in Italia tanti hanno la casa di proprietà (o più di una) non si potrebbe introdurre una imposta che abbia 2 componenti:

  1. Una decisa dallo stato centrale e ad esso destinata con funzione perequatrice
  2. Una decisa dall'ente locale (comune o regione che sia, non mi piacciono le province) che rimane sul territorio e responsabilizza gli amministratori locali

 

Inoltre sarebbe opportuno che lo stato finanziasse i trasferimenti agli enti locali esclusivamente con i proventi della componente 1 e che ci fosse un obbligo di pubblicare periodicamente (stampa e web) a cura degli enti locali un riepilogo molto sintetico indicante:

  • quanto delle entrate dell'ente derivano dal prelievo sul territorio e quanto da trasferimento dello stato
  • come queste grandezze sono variate negli ultimi 3-5 anni

Gli immobili delle imprese potrebbero anche essere assoggettati esclusivamente alla componente 1.

In questo modo:

  • Diventa trasparente quanto ogni ente locale prende e quanto da
  • Gli amministratori nazionali sono responsabilizzati perchè si vede come gestiscono la perequazione a livello nazionale
  • Gli amministratori locali sono responsabilizzati perchè si vede quanto tassano e se hanno migliorato/peggiorato la gestione rispetto agli esercizi precedenti
  • Lo stato centrale può compensare gli inevitabili* squilibri dovuti a disomogeneità del territorio

*Premesso che in Italia gli amministratori allegri sprecano denaro e che i trasferimento Nord-Sud sono eccessivi, credo che esista un livello minimo di redistribuzione territoriale non eliminabile e presente un pò in tutto il mondo è così?

 

 

un modestissimo suggerimento: riscuotere questa tassa attraverso la bolletta elettrica.

Difficile da evadere, automaticamente rateizzata, quindi meno pesante di un versamento unico, permetterebbe di comunicare al contribuente tutti i dati su come è composta l'imposizione,  indirettamente stimolerebbe il risparmio energetico (il consumo è l'unica voce che puoi ridurre)

buona proposta.

Andrei oltre.In due parole, bisognerebbe rielaborare l'assegnazione delle competenze (senza entrare nel merito della vicenda, è assurdo che un comune, Vicenza, possa ostacolare la decisione dello stato di allargare una base militare), ad es. riaccentrando la sanità tagliando un gran numero di enti locali assolutamente inutili (arriverei a tagliare le regioni e parte delle province, m'accontento del solo taglio a livello provincia) e dopo di che, una volta assegnate le competenze ai restanti enti locali, stabilire per legge il vincolo di pareggio di bilancio e il divieto assoluto di salvataggio. In più gli amministratori responsabili di fallimenti di comuni ecc, non dovrebbero essere più candidabili.

A fianco di questo lo spostamento della tassazione sulle cose, e quindi la tua proposta, lo vedo senz'altro come un metodo efficace per un'amministrazione più efficiente.

 

Visto che in Italia tanti hanno la casa di proprietà (o più di una) non si potrebbe introdurre una imposta che abbia 2 componenti:

  1. Una decisa dallo stato centrale e ad esso destinata con funzione perequatrice

  2. Una decisa dall'ente locale (comune o regione che sia, non mi piacciono le province) che rimane sul territorio e responsabilizza gli amministratori locali

Inoltre sarebbe opportuno che lo stato finanziasse i trasferimenti agli enti locali esclusivamente con i proventi della componente 1 e che ci fosse un obbligo di pubblicare periodicamente (stampa e web) a cura degli enti locali un riepilogo molto sintetico indicante:

  • quanto delle entrate dell'ente derivano dal prelievo sul territorio e quanto da trasferimento dello stato
  • come queste grandezze sono variate negli ultimi 3-5 anni

 

La tua proposta e' una proposta che - secondo me - ogni persona minimamente istruita ed onesta puo' proporre e condividere.  Nella sostanza, la Lega Nord lo propone da sempre, cito testualmente la costituzione proposta dalla LN nel 1994, sottomessa in Parlamento come disegno di legge costituzionale nel dicembre 1994 da Speroni e altri:

 

Art. 130
 Ogni ente territoriale previsto dalla Costituzione sostiene le spese
relative ai propri compiti in modo autonomo, salvo diversa disposizione della
Costituzione.

Art. 131
 La redazione dei conti pubblici deve essere fondata sui principi della
trasparenza e della chiarezza, in modo che siano individuate le fonti, la
natura, la destinazione e l'entita' delle entrate e delle spese annuali,
pluriennali e permanenti.

 La Federazione e' competente a prevedere la concessione di aiuti finanziari
a Stati o a Regioni per investimenti di particolare importanza in tali
aree,[...] Tali aiuti devono essere autonomamente
evidenziati nei bilanci dei rispettivi enti territoriali a seconda che siano in
uscita o in entrata
. La politica di coesione e di solidarieta' tra gli Stati
e le Regioni e' attuata dalla Federazione mediante risorse derivanti da
specifica imposizione federale. [...]

 

Il problema e' che, in Italia, i politici (e non solo) sono in maggioranza disonesti e spesso anche poco istruiti. La disonesta' deriva principalmente dall'interesse personale e purtroppo, per come funziona lo Stato italiano oggi e in varia misura fin dalla sua unificazione, i politici di Roma e del Sud Italia hanno come interesse personale la continuazione e l'ampliamento del flusso di ricchezza erogato dal potere centrale a Roma usando le tasse riscosse nel Nord del Paese, pertanto non sono favorevoli ad ogni provvedimento che limiti o anche solo che renda chiaro e trasparente questo trasferimento di risorse.

La struttura nazionale dei partiti politici italiani rende conveniente anche per i politici del Nord Italia collaborare con i loro colleghi del Sud alla spoliazione delle tasse dei contribuenti del Nord perche', date le risorse disponibili ottenute con il fisco, se l'obiettivo e' quello di comperare consenso con la spesa pubblica, allora il consenso da comperare e' piu' economico nel Sud Italia, dove c'e' meno reddito, e anche piu' sperequazione e maggior vantaggio dei residenti nell'accedere alle risorse pubbliche.

Quindi se tu presenti la tua proposta nel Parlamento italiano una maggioranza di politici proporra' e approvera' emendamenti tali da 1) ridurre la trasparenza e le conoscenze sull'intervento perequativo 2) spostare quanto piu' possibile la tassazione da locale a statale, nella sostanza, con vari  trucchi all'italiana.

Ti faccio un singolo esempio di queste procedure disoneste che ben conosco, cosi' rispondo anche ad una vecchia domanda sull'alleanza tra LN e sinistra.

Nel 1995 la LN, in rotta con Berlusconi, meditava se e in quale misura allearsi con PDS + PPI.  Il PDS fece le sue avances, D'Alema parlo' di costola della sinistra, e piu' concretamente il PDS offri' la proposta dell'IRAP, come base di collaborazione politica, una tassa regionale per finanziare l'autonomia delle regioni.  Suonava bene, e ricordo ancora la presentazione che ne fece alla LN toscana Vannino Chiti. La LN a quel tempo si e' alleata col CS in misura limitata alle regionali del 1995, ma il CS ha comunque autonomamente approvato l'IRAP. Tuttavia l'IRAP e' stata elaborata coi soliti trucchi disonesti all'italiana: sostanzialmente 1) l'aliquota dell'IRAP e' sostanzialmente fissata dallo Stato 2) attraverso vari meccanismi all'italiana, tramite trasferimenti a Roma e ritrasferimenti da Roma alle Regioni, non conta praticamente nulla quanta IRAP viene riscossa nella Regione X e quanti soldi ha la Regione X per le sue competenze, principalmente la sanita'.  Ripeto: non conta nulla.  Nella sostanza, tutti i soldi vanno a Roma, e poi anno per anno Roma ripartisce i soldi finanziando le sanita' regionali, con l'usuale mercato delle vacche che chi legge i giornali conosce, e regolarmente pagando tutti i deficit e sforamenti rispetto alle promesse dell'anno prima. Sandro Brusco ti potra' confermare che questa procedura disincentiva gli amministratori onesti ed efficienti e incentiva ad essere spreconi e disonesti.

Come cigliegina finale sulla torna, non pochi anni fa la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza sull'IRAP dove afferma testualmente che non si tratta per nulla di un'imposta locale o regionale ma e' a tutti gli effetti, in base alle norme che la regolano, un' imposta statale, il fatto che si chiami Imposta Regionale sulle attivita' Produttive e' solo l'ennesima presa per i fondelli per i sudditi, operata dallo Stato italiano.

 

Non capisco come si possa ancora credere che la LN sia un partito riformista con a cuore il futuro del paese.

Fatevi due risate.

www.corriere.it/politica/11_marzo_09/alpini-maggioranza-battuta_301afbfc-4a45-11e0-8210-720c80ef41f5.shtml

 

Che c'entra scusa?

La Lega non sarà un partito riformista, ma perchè lo si evincerebbe da questa notizia?

Che invece non abbiano a cuore il futuro del paese mi sembra che non ne abbiano mai fatto mistero, bruciano tricolori e parlan di federalismo o secessione.

PS

Comunque ricordo, ai tempi della prima Lega Lombarda quella "via da Roma ladrona", alcuni politici democristiani che parlavano della necessità di meridionalizzare il corpo degli Alpini (allora di leva).

Loro temevan la secessione, mentre questi volevan solo un po' di posti statali assicurati.

 

Avendo perso l'aggancio riprendo qui la questione fiscale. Ho apprezzato i vostri competenti interventi che, permettetemi, trovo un po' sganciati dalla realtà. Purtroppo tutti i vostri dati, studi e tabelle assortite non tengono conto che ci troviamo ad aver a che fare con personaggi non molto lontani da "Ivo Perego" di Albanese, gente a cui il concetto stesso di "tasse" fa venire l'orticaria fulminante sia che gliele si chieda in calabrese o in bergamasco. Il loro discorso è molto più semplice:"oggi non pago Roma, domani non pagherò Casalpusterlengo".

E i signori "padani" sono molto bravi a insaponarli!