Ferragosto, onestà intellettual non ti conosco

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Infuria il dibattito intorno ai dati sulla crescita del PIL nel secondo semestre 2014 in Europa. In questo breve post non pretendo di fare alcun punto profondo sullo stato delle economie europee, voglio solo sventare il goffo tentativo di Matteo Renzi di prendere impunemente per i fondelli gli italiani.

Si, il PIL reale in Italia ha fatto -0,2% tra marzo e giugno 2014, ma anche in Germania è successa esattamente la stessa cosa, e neppure la Francia ha brillato con suo 0,0%. Quindi, conclude Matteo Renzi, non c'è un problema Italia, perché tutta l'Europa è in frenata.

Questa a me pare una buona scusa per giustificare il niente di veramente incisivo sul piano delle riforme economiche fatto fin qui dal suo governo (d'altronde come potrebbe, prigioniero com'è di questa maggioranza?). C'è infatti una doppia disonestà intellettuale in questa lettura dei dati, che risulta evidente se poniamo pari a 1 il PIL reale di Italia, Germania, Francia e Spagna a fine 2011 e tracciamo la dinamica fino alla fine di giugno 2014, come nel grafico qui sotto.

 

La prima disonestà è selezionare il gruppo di confronto in modo da vedere solo quello che si vuole vedere. Non si capisce perché Renzi e molti altri (basta guardare i titoli dei giornali stamattina) stiano bellamente ignorando, per esempio, il fatto che nel secondo trimestre 2014 il PIL reale in Spagna ha fatto +0,4%. Quantomeno, non tutta l'Europa è in frenata.

La seconda disonestà è ignorare la dinamica durante i 2 anni precedenti. Tra l'1 gennaio 2012 e il 30 giugno 2014 la variazione del PIL nominale (rispetto al quarto trimestre 2011) è stata pari a +2,2% in Germania, +0,5% in Francia, -1,2% in Spagna e -4% in Italia. Quantomeno, se l'Europa è in frenata noi siamo in caduta libera e quindi un problemino Italia c'è. Questo diventa ancora piu' evidente se restringiamo il confronto tra l'1 gennaio 2013 e il 30 giugno 2014 (cioè poniamo il PIL reale pari a 1 nel quarto trimestre 2012): +1,9% in Germania, +0,7% in Francia, +0,9% in Spagna e -1,2% in Italia

Il confronto più interessante per l'Italia è infatti proprio con la Spagna, perché la caduta del PIL reale tra il 2009 e il 2012 (rispetto al 2008) è stata simile in questi due paesi: -5,7% in Italia, -5,6% in Spagna. In un articolo apparso su La Repubblica domenica 10 agosto 2014 e intitolato "La lezione della Spagna così ha ripreso a correre", Federico Fubini suggerisce che la mini-ripresa iniziata in Spagna nel 2013 (e che il dato del secondo trimestre 2014 conferma) è dovuta a un misto di riforme strutturali (mercato del lavoro, nello specifico), tagli alla spesa pubblica che hanno consentito corrispondenti tagli del cuneo fiscale, e ricapitalizzazione delle banche.

Naturalmente l'articolo di Fubini non prova niente (nel senso in cui gli economisti empirici intendono l'evidenza causale) ma suggerisce ipotesi interessanti. È certamente interessante la correlazione tra l'aver fatto quelle cose (seppur in modo timido, come spiegato nei commenti qui sotto) e i segnali di ripresa in Spagna da un lato, e il non averle fatte (il Jobs Act è per ora fermo a un decreto lavoro che introduce una serie di mini-palliativi e peggiora ulteriormente lo stato dei precari; per la spending review abbiamo visto come è stato trattato Cottarelli e, corrispondentemente, di quanto è stato possibile ridurre il cuneo fiscale; infine, alcune banche si stanno lentamente ricapitalizzando ma il sistema è ancora molto debole e fragile) e la cronica recessione in Italia dall'altro.

Sul suo blog, Alberto Bagnai commenta l'articolo di Fubini con un ragionamento tecnicamente corretto ma che non coglie un punto che a mio modo di vedere è più importante in questo momento. Bagnai argomenta che dall'inizio della crisi la produttività (il rapporto tra prodotto e ore lavorate) in Spagna è aumentata perché sono diminuite le ore lavorate (è diminuito il denominatore, cioè). Il punto importante che non coglie è che dal 2013 sta aumentando anche il numeratore (mentre in Italia continua a diminuire), lentamente ma più velocemente che in Germania, Francia e Italia. L'aumento del numeratore (il prodotto) è tipicamente condizione necessaria all'aumento del denominatore (le ore lavorate). Vedremo nei prossimi mesi se ci saranno segnali tangibili sull'occupazione e le ore lavorate in Spagna.

Mi fermo qui: non voglio prendere posizione su cause ed effetti (cosa che richiede serio lavoro scientifico), ma questi sono i dati e le correlazioni che gli italiani devono tenere a mente e che invece Matteo Renzi fa finta di non aver visto. Sarebbe molto bello se iniziare a essere intellettualmente onesti fosse parte del #cambia[r]verso, anche a costo di un po' di voti.

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Commenti

Ci sono 32 commenti

credo che il -0.2% per l'italia nel secondo trimestre si riferisca a gdp reale non nominale. i numeri di italia, germania e francia corrispondono al press release di eurostat di q2 real gdp growth. link a eurostat

Armando ha ragione. Quasi quasi correggo io subito,  ma vediamo cosa dice Giulio quando ritorna dalla gita di Ferragosto :)

Dove dice quel documento che il gdp e' reale e non nominale?

si avete, ragione, adesso correggo, ma tanto con inflazione zero non cambia niente :-)

Corretta - ma vecchia: e' soprattutto tra 2008 e 2011 che, in Spagna, la produttivita' cresce perche' son sparite le imrpese ed i lavoratori marginali! - l'osservazione di Bagnai.

Giusta quella tua sul fatto che da un anno il denominatore ha smesso di diminuire ed ha ricominciato timidamente a crescere. Vediamo.

Approfitto per dire due cose che vorrei avere il tempo di dire distesamente ma non ce l'ho. 

1) Questa riscoperta della Spagna mi fa un po' ridere. Da Il Foglio ad Alesina han scoperto che la Spagna sta (leggermente) meno peggio di noi e che qualcosina hanno fatto. Whow!  Avendolo detto 6 (sei) anni fa sono solo particolarmente impressionato dal ritardo con cui gli "osservatori" italiani se ne accorgono ... Soprattutto perche' la Spagna di riforme dal 2011 in poi ne ha fatte POCHISSIME ed i tagli son insufficienti! Se hanno un minimo di ripresa e' perche' erano meno marci to begin with e perche', grazie al crollo delle cajas, son stati COSTRETTI a ripulire il sistema finanziario.

2) La Spagna ha riformato pochissimo, fatta salva la pulizia forzosa (ed incompleta) del sistema bancario ed una proposta di riforma delle pensioni che il governo ha paura di approvare e rimanda. I tagli della spesa sono insufficienti e continuano ad avere un deficit strutturale che viaggia attorno al 6%, insostenibile. Persino io son convinto che dovrebbero cercare di aumentare la pressione fiscale di uno o due punti, almeno temporaneamente, ma per farlo devono rivoluzionare il sistema fiscale e Montoro non arriva nemmeno a capirlo.

3) Un po' di riforma del mercato del lavoro c'e' stata, ma e' cosa minima. Va detto che la parte rilevante nulla ha a che fare con i folli dibattiti italiani attorno al 18 ma con la possibilita', per aziende in crisi economica, di derogare altogether dal contratto collettivo di lavoro e cercare accordi aziendali o di impianto.

Eppure persino questo pochissimo ha fatto e fara' la differenza. Morale: una classe politica cosi' di merda come l'italiana ce l'ha solo l'Italia, e si vede. 

ha fatto una riforma e di non poco conto - la riforma Fornero delle pensioni. Nel lungo periodo è paragonabile a quella del mercato del lavoro. Purtroppo è impopolare fra i pensionandi, appoggiati da parte del PD e dal sindacato (pieno di pensionati e pensionandi) e quindi i politici non solo non se ne vantano  come dovrebbero per aumentare l'appeal dell'Italia ma fanno di tutto per smontarla con tutte le scuse. Per fortuna il tentativo di prepensionare 4000 insegnanti è fallito, ma ci riproveranno.  La Madia crede fermamente nella staffetta generazionale

In Italia al contrario della Spagna la produttività è crollata durante la crisi (http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100803_00/testointegrale20100803.pdf).

 

Quindi, conclude Matteo Renzi, non c'è un problema Italia, perché tutta l'Europa è in frenata.

 

Questa non è una scusa per reclamare le correzioni del ciclo previste e quindi avere piu' tempo (almeno un anno in più) per il pareggio d bilancio?

questi dati

''Se restringiamo il confronto tra l'1 gennaio 2013 e il 30 giugno 2014 vediamo questo: +1,2% in Germania, +0,1% in Francia, +1,3% in Spagna e -0,3% in Italia''

vanno dal 3°trimestre 2013 al 2°trimestre 2014.


si, c'era un altro refuso, grazie, ho corretto i numeri.

Secondo le stime Ameco (http://ec.europa.eu/economy_finance/ameco/user/serie/ResultSerie.cfm) dal 2007 al 2014 il Pil pro capite reale sale del 5,9% in Germania, in calo nelle altre grandi nazioni europee: Francia -1,8%, Regno Unito -4%, Spagna - 6,9%, Italia - 10,8%. Unione Europea - 0,8% (alcuni paesi piccoli e la maggior parte di quelli dell'Est si sono ripresi). Insomma il paragone è impietoso, ma Renzi può sempre tirar fuori il - 22,8% della Grecia.

Si potrebbe provare, con un altro grafico, a fare la stessa cosa col debito.

Fare 100 del debito pubblico al primo gennaio 2012 e seguire gli andamenti.
Quelli italiani, con andamento mensile, sono qui ma non trovo i dati numerici mensili di FRA, DE, ES.

Ho visto che il nostro debito si impenna, quello spagnolo ancora di più mentre quello tedesco è un po' calato, quello francese sale ma piu' lentamente. Questi dati (Eurostat visualizzati tramite Gooogle data explorer) si fermano al 2013.

PS: ai renziani bisognerebbe anche far vedere i dati sulla disoccupazione, cosi' si esaltano di meno.

Qual'è il margine d'errore delle stime del PIL?

Lo 0.2% del PIL italiano sono circa 3.2 miliardi di euro, non esattamente noccioline, ma, stando a Wikipedia, l'evasione fiscale è stimata tra 255 e i 275 miliardi di imponibile, ovvero tra il 16,3% e il 17,5% del PIL.

Se lo stato riesce a perdere traccia di tutti questi soldi, e non sa nemmeno quanti sono al netto di un margine di errore di 20 miliardi, dubito che riesca a tener traccia di variazioni di 3.2 miliardi.

Siccome a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, temo che ci troviamo di fronte ad una situazione mediatica analoga a quella dei sondaggi politici: ogni settimana fior di sondaggisti, opninionisti e politicanti si sperticano in raffinate analisi di variazioni dello 0.1-0.2%, su sondaggi con un margine di errore nominale di almeno il 2%.

il margine di errore è probabilmente anche superiore, ma lo 0.2% si riferisce alla stima migliore disponibile. A differenza delle elezioni, non c'è una controprova 'reale' e quindi bisogna agire come se la stima fosse perfetta. In ogni caso, il reddito evaso, se di fonte legittima, è compreso nel PIL totale.

l'astuto renzi aveva addocchiato un grappolo stento e basso, dichiarandosi capace di afferrarlo. avendolo mancato, era meglio tacere piuttosto che negare l'esistenza del grappolo e in subordine, sostenerne l'irrilevanza.

 

l'evasione fiscale è stimata tra 255 e i 275 miliardi di imponibile, ovvero tra il 16,3% e il 17,5% del PIL.

 

e questo è un fatto! come direbbe l'ispettor-capo clouseau. mi permetto di travalicare le tue intenzioni, che erano ben diverse:  quando si cita questo dato, molti ( non tu) sospirano epperò si tranquillizzano, come davanti a una risorsa al momento difficile da utilizzare ma cmq imponente. "chessarà mai un buchetto di qualche miliardo, quando lo si può recuperare dalla lotta all'evasione?", più o meno. ricordiamoci di tremonti, che lo scrisse nero su bianco nella manovrina correttiva dell'estate 2011.

tutto quello che si recupera dall'evasione deve andare a sollievo di chi già  paga, non può essere speso ancora e prima! è un principio ovvio, che mi pare sia stato inserito a fatica anche nella legge delega della riforma fiscale, vedremo lì se l'atleta renzi avrà voglia di saltare e con quali risultati.

 

 

 

 

 

L'errore sulla _variazione_ del PIL e' molto piu' piccolo dell'errore sulla stima del PIL (e del PIL sommerso, che e' incluso). Secondo me a naso l'errore sulla variazione del PIL e' dell'0rdine del 0.1% mentre l'errore sulla stima del PIL a parita' di potere d'acquisto per fare confronti internazionali e' dell'ordine del 5%. L'errore sulla variazione e' inferiore perche' diversi errori sistematici di misura si cancellano al primo ordine facendo la differenza o il rapporto tra PIL di un anno e dell'anno precedente.

Approfitto per chiedere delucidazioni su un articolo che ho letto qualche tempo fa riguardante la riforma delle pensioni attuata in Cile a fine anni 80 da Jose Pinera (Chicago boy molto criticato da una vetusta sinistra italiota e non solo in quanto ministro negli ultimi due anni del governo autoritario di Pinochet). Voi l'avete letta (chiedo in particolare a Michele Boldrin)? E' pensabile riuscire ad applicarla in Italia (Sempre se avessimo una classe politica scevra da ideologie e preconcetti idioti)? Io l'ho trovata "illuminante" in termini di equilibrio finanziario e soprattutto di libertà di scelta lasciata al lavoratore. Potreste dirmi se è solo una mia impressione o se questo tipo di sistema può effettivamente reggere? Vi allego il link dell'articolo che ho letto www.josepinera.com/josepinera/Jp_ABC_Revolucion_pension_it.htm