L’analisi economica sottostante l’Agenda Monti e’ sostanzialmente condivisibile: la crisi ha richiesto interventi fiscali di emergenza volti a rassicurare investitori e partner politici e commerciali dell’affidabilita’ dell’Italia come debitore, della sua capacita’ di sostenere sacrifici per garantire i debiti; nel medio periodo pero’ il paese deve tornare a crescere e nel contempo ridurre il rapporto debito-pil per evitare ricadute; la crescita richiede liberalizzazioni profonde, in molti settori e mercati, e minore imposizione fiscale su famiglie e imprese; la riduzione del rapporto debito-pil non puo’ quindi ragionevolmente avvenire solo attraverso nuova crescita (perche’ la crescita richiede minore imposizione e quindi maggior debito, coeteris paribus) ma necessita invece di importanti tagli di spesa pubblica.
L’unico (ma importante) neo dell’analisi e’ la mancanza di riferimento alcuno ai mercati finanziari e soprattutto al settore bancario (tranne un generico “migliorare l’accesso al credito” a p. 8). La sua organizzazione industriale poco competitiva, la sua inefficiente governance che lo porta a dipendere in modo perverso dal settore pubblico, la sua sottocapitalizzazione e la struttura del suo portafoglio, eccessivamente esposta verso il debito pubblico, dopo la crisi, sono gravi e pericolosi vincoli alla crescita del paese. L’omissione e’ grave non solo perche’ vizia l’analisi, ma perche’ essendosi Monti da sempre occupato del settore bancario, sia accademicamente che come consulente, essa potrebbe segnalare una sorta di sottomissione ideologica e/o psicologica che avremmo preferito non dover rimarcare.
La filosofia dell’Agenda, stabilita esplicitamente gia’ dalla prima pagina e declinata poi a mezzo di esempi verso la fine, e’ quella della economia sociale di mercato. In buona sostanza, liberismo economico associato ad sistema di welfare e ad un sistema fiscale redistributivo che lo finanzi. Non c’entra molto con l’analisi di cui sopra. E’ una etichetta che Monti vuole sia attaccata a se’ e al suo programma – una garanzia per la Chiesa, i moderati ovunque essi siano, e anche per certa sinistra.
Ma veniamo alle proposte di politica fiscale specifiche piu’ importanti:
- pareggio di bilancio strutturale dal 2013
- riduzione del rapporto debito-pil del 5% l’anno a partire dal 2015 fino ad un rapporto stazionario del 60%
A parte questo, il resto e’ nebbia: si parla di dismissioni del patrimonio pubblico senza dettagli riguardo a come (alla Cassa Depositi e Prestiti?) /cosa/quanto/quando? e soprattutto solo all’interno dell’espressione “valorizzazione/ dismissione del patrimonio pubblico” (p. 4); si parla di spending review con cambiamenti strutturali della spesa ma senza dettagli, sostituiti da espressioni come <<non […] solo “meno spesa”, ma “migliore spesa”>> (p. 5; lo dicevo che mi sarei lamentato della mancanza di dettagli e dati); si parla di ridurre le tasse ma sempre associando l’espressione a qualificativi del tipo “se si tiene la rotta”, “non appena le condizioni generali lo consentiranno” (p. 5); si parla anche di “trasferimento [del carico fiscale] sui grandi patrimoni” (p. 5), che puzza di patrimoniale, ma non la solita vecchia buona patrimoniale, roba nuova avanzata, associata a “meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitale”; non si parla di federalismo fiscale, e si accenna genericamente ad un “federalismo responsabile e solidale” e soprattutto “che non scada nel particolarismo e nel folclore” (p. 21).
Il “folclore” si’ quello ci terrorizza. La strategia, espressa dal governo Monti (Vittorio Grilli in particolare), di far transitare qualunque pezzo del paese in dismissione da una Cassa Depositi e Prestiti (CDP) legata a filo doppio a politica e Fondazioni bancarie, quella non ci fa paura. No. Nemmeno una spending review che cerca cerca e trova bruscolini ci fa paura. Ma il folclore… non ci dormiamo la notte.
Tra gli altri interventi di politica economica si parla di
- liberalizzazioni nei settori delle industrie a rete, servizi pubblici locali, lavoratori autonomi e professioni, energia
- decentramento della contrattazione salariale
- riforma della giustizia
- riforma della scuola
- vari interventi di semplificazione burocratica
Sempre pochi dettagli. Alcune parole quasi rivoluzionarie sulla scuola: “autonomia e responsabilita’ come principi fondanti”, “meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici […] e degli insegnanti” (p. 10; anche se poi per questi ultimi si prevede solo carota senza bastone). E poco altro: sulla giustizia, la riforma va “continuata”; mentre sull’universita’ si fa riferimento ad un fantomatico “piano di investimenti in capitale umano” (p. 10).
Pur senza mai riferire alla politica industriale, che Monti lo sa che non si fa, si prospettano vari interventi che si potrebbero qualificare come tali: la creazione di un “Fondo per le ristrutturazioni industriali” (p. 8), l’attuazione della ”Agenda digitale” (p.11), vari interventi nella “economia verde” (p. 11-12), una nuova “strategia energetica nazionale”, protezioni alla economia agricola (p. 13), strategie di intervento nel turismo in “partnership pubblico-privato” e “intese” con “le fondazioni di origine non bancaria” (p. 13; perche’ solo quelle di origine non bancaria?), investimenti in ricerca.
Un capitolo a parte e’ quello sul welfare, quello in cui si declina, come dicevo, in che cosa consista il “sociale” in “economia sociale di mercato”. Il tutto e’ motivato da concetti alti: merito, responsabilita’, trasparenza. Alcuni obiettivi sono mirati e precisi: i giovani, le donne… ma un “Piano Occupazione giovanile (p.16)? Quote rosa (p. 17)? Si propone anche la “detassazione selettiva dei redditi da lavoro femminile” (p. 17). Non cosa pensare di questo. Si esprime la determinazione a spostare la protezione dell’occupazione dall’impresa al lavoratore, cosa buona e giusta – fondamentale direi in Italia, oggi. Altri obiettivi sono invece un po’ ridicolmente velleitari: “ridurre a un anno il tempo medio del passaggio da una occupazione all’altra”. E poi c’e’ una lista di provvedimenti relativamente minori e inorganici; ma tutto ok, direi, a prima vista.
Per il resto l’Agenda naturalmente sottolinea i successi del passato governo, da quelli veri come la ristabilizzazione di una certa credibilità dell’Italia in Europa, a quelli veri con qualche ombra come la riforma delle pensioni, a quelli sostanzialmente inesistenti come le liberalizzazioni.
Insomma, luci e ombre. Poche luci. Tra le frasi piu’ belle c’e’ senza dubbio “aperti ma non disarmati sui mercati globali” (p. 9).
pari e patta con le esternazioni di Fermare il Declino
grazie Bisin
trovo questo post illuminante perche' sottolinea tutto cio' che va bene e non va bene di entrambi i "papabili" nella piazza .
Se così fosse, dovrebbero cadere le resistenze che molti aderenti da FiD manifestano ad intese con Monti. Ma credo che non avverrà.