L'Italia produce poca ricerca. In tutti i settori

/ Articolo / L'Italia produce poca ricerca. In tutti i settori
  • Condividi

Il mio post di 15 giorni orsono ha prodotto un sacco di caciara inutile. In esso si confutava la tesi (avanzata altrove) che in Italia si produca ricerca in quantità soddisfacente dimostrando che, date le caratteristiche socio-economiche del paese, si dovrebbe produrre di più. Secondo costoro, siamo noi economisti ad avere una visione distorta perché le università italiane sono particolarmente carenti nelle scienze sociali, mentre invece sono di eccellenza in quelle naturali. Dati disaggregati alla mano, il succo della storia è lo stesso: trattasi di mito ancora tutto da dimostrare

Non ho nessuna pretesa corporativa di difendere i miei colleghi economisti italiani. In questo sito del resto, non abbiamo mai perso l'occasione di evidenziare le carenze dell'università italiana e di alcuni suoi esponenti nella materia che più conosciamo, anche denunciando pubblicamente molte sconcezze riscontrate in fase concorsuale. Non ho la pretesa di dire l'ultima parola sul tema, ma vorrei mettere almeno sollevare qualche punto interrogativo a beneficio di chi legge quanto scrivono e sostentono i sostenitori del suddetto mito. Se qualcuno ha dati migliori di questi, che ce li mostri e saremo ben contenti del sapere che in Italia siamo fra i primi al mondo in qualche disciplina. La qual cosa non smentirebbe, in ogni caso, la mia tesi di fondo: nell'università italiana si sprecano risorse, ed è urgente (ancorpiù se il sottoscritto avesse torto) redistribuirle da parassiti a produttivi. 

Le critiche al post precendente miravano ad un bersaglio diverso, quello della produttivita' scientifica del sistema universitario, che richiede dati ulteriori per essere valutata. Qualcuno se ne è poi accorto: meglio tardi che mai, anche se il tema è complesso e dubito sia esauribile nell'ambito di un blog post. Focalizziamoci allora ancora sulla produzione e chiediamoci se, almeno in qualche disciplina, l'Italia abbia una produzione scientifica commensurabile alle sue dimensioni socio-economiche .

Ho usato lo stesso criterio del post precedente calcolando la produzione di ricerca (articoli e citazioni), pro capite e per euro di PIL, per dodici diverse aree scientifiche. Pur con i suoi limiti (ampiamente evidenziati) di essere una misura imperfetta della produttivita', confrontare la quantità di ricerca prodotta con la dimensione di un paese in termini economici e di popolazione è certamente un criterio utile per comparare la produzione di ricerca nelle varie discipline. I dati provengono originariamente dal database SCOPUS e sono stati scaricati da SCIMAGO; le aree riportate in quel sito sono state aggregate in modo da rispecchiare il più possibile la classificazione delle aree tematiche dell'ANVUR. I dati scaricati riguardano articoli e citazioni prodotti nel periodo 1996-2010. I dati su PIL e popolazione sono stati estratti da PENN World Table, usando l'anno 2000 come riferimento. 

La tabella sottostante riporta la posizione dell'Italia nella classifiche mondiali del numero di citazioni e di articoli, pro capite e per dollaro di reddito prodotto.  Per confrontare queste posizioni, si ricordi che l'Italia è l'ottavo paese al mondo in termini di PIL (al decimo aggiustando per potere d'acquisto) e al diciannovesimo per popolazione. Più popolosi di noi sono i seguenti nove simpatici paesi: Indonesia, Pakistan, Nigeria, Bangladesh, Vietnam, Filippine, Etiopia, Congo, Tailandia, oltre ad altri quattro paesi cui non sono sicuro vogliamo paragonarci nel campo della produzione scientifica (Messico, Egitto, Iran, Turchia). Insomma, volendo essere benevolenti, per dichiararci soddisfatti vorremmo nella tabella numeri non troppo lontani dal 10, e possibilmente qualche casella con numeri sotto il 10

 Materia% Doc mondialiCit/PIL rankCit/Pop rankNrDoc/PIL rankNrDoc/Pop rank
Scienze matematiche e informatiche4.0231243927
Scienze fisiche3.8330193719
Scienze chimiche3.2932245027
Scienze della terra3.1739235325
Scienze biologiche3.9024203121
Scienze mediche4.0622193221
Scienze agricole e veterinarie2.7060277629
Ingegneria civile/architettura2.6939284727
Ingegneria industriale2.5042285432
Scienze dell'antichità, letterarie, artistiche2.5635244531
Altre scienze sociali*1.6547297336
Economia e statistica2.2938304932

*Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Legge; Scienze politiche

La tabella parla da sola. Chiaramente nessuna disciplina si trova in una posizione che rispecchi le dimensioni economiche e di popolazione dell'Italia. Qualche disciplina fa meglio e qualche altra fa peggio, come è ovvio che sia, ma non vedo differenze sistematiche fra economia e statistica e le mitiche scienze naturali dove, a sentir qualcuno, saremmo in vetta al mondo. La posizione italiana, nelle 4 classifiche che riporto, mi sembra mediocre ovunque: il valore migliore (19esimo posto) è ottenuto da Scienze mediche e fisiche nell'indice delle citazioni per capita mentre la peggiore (76esimo posto) è quella di Scienze agricole e veterinarie nell'indice del numero di documenti per capita. Fra questi due estremi c'è un po' di tutto e la varianza campionaria è vasta assai. 

Questo implica che, mentre è vero che la media campionaria di matematica+fisica+biologia è leggermente migliore di quella di economia+statistica (relativamente parlando quelle tre scienze fanno meglio in Italia che le altre due), è pure vero che essere attorno alla 20esima (o 30esima) posizione mondiale implica (1) essere MOLTO al di sotto di dove di dovrebbe essere dato il ranking dell'Italia in termini di PIL per capita e popolazione e, (2), non essere poi molto meglio di chi è in 30esima (o 40esima) posizione mondiale. Sempre paese di seconda categoria si è, in entrambi i casi. Non indico, per pudore, i paesi che ci stanno accanto. 

Due precisazioni per evitare dibattiti inutili. I dati bibliometrici (la quantità di articoli e citazioni) vanno usati con cautela: è facile scrivere un articolo, più difficile scrivere un articolo che abbia impatto scientifico e questo secondo fatto è più difficile da misurare. Serve però come base di partenza per un ragionamento che poi può essere sviluppato con considerazioni più precise. È possibile che una scarsa posizione in classifica per una materia mascheri un valore speciale dei pochi articoli pubblicati. Ma questo va provato con altri dati, che non ho al momento a disposizione. 

Come quello precedente, anche questo post vuole semplicemente sbugiardare una specifica affermazione fatta da molti teorici del "va tutto bene, madama la marchesa, abbiamo solo bisogno di più fondi", che è la posizione dominante nell'accademia italiana. Nel post precedente volevo dimostrare falso che l'ottava posizione nelle classifiche mondiali del numero di articoli pubblicati e citazioni ricevute costituisca un risultato positivo. È, invece, un risultato men che mediocre perché ci piazza all'ultimissimo posto fra i paesi industrializzati, superati da un paese molto più piccolo di noi quale il Canada. Soprattutto: è un risultato negativo perché, una volta che si controlli per reddito e popolazione l'Italia fa molto peggio di quanto ci si dovrebbe aspettare viste le perfomances degli altri paesi. Chiunque voglia argomentare che è solo una questione di fondi e non di altro dovrebbe, d'ora in poi, partire dalla constatazione che la quantità di ricerca prodotta in Italia è, in tutti i campi, di gran lunga inferiore a quella che il paese dovrebbe saper produrre.

Questo secondo post t
oglie anche di mezzo un altro mito, ossia che gli "economisti parlano male" dell'università italiana perché in preda ad un attacco di "invidia penis" per le scienze naturali. Come ho detto sopra, cosa facciano, in media, i nostri "colleghi" italiani ci interessa davvero pochino, credetemi: siamo andati a studiare all'estero e ci siamo rimasti proprio perché l'italia non era esattamente il posto migliore né per studiare né per lavorare. Di difendere l'onorabilità del barone di economia e commercio vis-a-vis, per dire, quella del barone in medicina, m'interessa meno di niente. Le statistiche dimostrano semplicemente che, in media, "questo o quello, per me pari sono ...". Del resto, una ricerca ha suggerito che anche in fisica le procedure di reclutamento italiane sono molto influenzate dall'anzianità di servizio e poco dalla produttività scientifica. E storie come questa, l'ultima, dello scenziato fuggito all'estero saranno anche aneddotiche, ma quando gli aneddoti sono così tanti una regolarità spiegabile ci sarà pure. Sarà anche a causa delle risorse, ma perché allora non chiederle ai colleghi improduttivi prima che alla collettività?

Infine, ribadisco che anche in questo caso non intendo fare inferenza sulla produttività scientifica del sistema-Italia, tantomeno dell'università italiana, né globalmente né per singoli campi. Per farlo, occorrerebbe (i) depurare dai dati gli articoli prodotti in enti non-universitari, (ii) conoscere le risorse effettivamente spese in ricerca universitaria globalmente ed in ogni settore e, (iii) decidere come trattare articoli scritti da ricercatori con affiliazioni in diversi paesi (i quali sono probabilmente fra i più produttivi). Visto che mi ci son messo, azzardo comunque due ipotesi. Se depurassimo i dati italiani da quelli extra-universitari scopriremmo che negli enti come il CNR (i quali contribuiscono in modo sostanziale ad evitare all'Italia un'ancor peggior figura a livello internazionale) si fa relativamente molta meno ricerca nelle scienze sociali che nelle scienze naturali. Quanto al denominatore, nel calcolo della produttività si scoprirebbe che, a causa dell'uniformità salariale, gli scienziati sociali italiani (in particolare economisti, giuristi e scienziati politici) sono pagati relativamente meno in Italia che all'estero rispetto agli scienziati naturali il che farebbe aumentare la loro posizione nella classifica della produttività (per euro investito) rispetto alle altre discipline. Ma, ripeto, queste sono solo congetture che hanno bisogno d'un notevole lavoro di pulizia dei dati micro per essere testate, lavoro di pulizia che richiede tempo, pazienza e, soprattutto, le informazioni adeguate. Lo farò o lo faremo quando la ricerca (quella vera) ce ne concederà il tempo.  

Nel frattempo vale però la pena ricordare che è inutile seguire le scorciatoie proposte da un poeta nel post precedente. Suggerisco due banali riflessioni a chi, protetto dall'anonimato, sperimenta l'imbarazzo nella solitudine del proprio schermo. Va ricordato come quei dati siano costruiti: "Between 2006 and 2010, Thomson Reuters indexed 237,713 papers that listed at least one author address in Italy". Tale metodologia andrebbe rapportata alle differenti modalità affiliative nelle distinte discipline, modalità altamente non omogenee. Consiglio poi di fare attenzione alle apparenti anomalie in quei dati - davvero l'Italia ha un vantaggio comparato nelle scienze spaziali? - riflettendo su COSA vogliano dire quelle deviazioni dalla media MONDIALE nei diversi campi del sapere. Per iniziare a capirlo suggerisco di dare un'occhiata alle medesime statistiche per gli altri paesi europei; aiutino: ecco Francia, Germania, UK e Spagna. Forse, così facendo, l'acuto occhio poetico prestato alla statistica sociale sarà capace d'individuare il pattern rilevante ...

Si capirebbe forse allora che dietro all'altisonante retorica della baronia italiana si nasconde la solita per niente gradevole caratteristica: l'ignoranza. Ci spiace per chi, in buona fede, vive la situazione penosa dell'università italiana e chiede, sempre in buona fede, di poter lavorare con strumenti e risorse degne di un paese moderno. Questa richiesta di maggiori fondi funge purtroppo da copertura per l'ulteriore spreco di risorse da parte della baronia parassitica. Alcuni ricercatori e professori che fanno capo al gruppo Roars sono fra i più produttivi in Italia e fra i più riconosciuti all'estero. Farebbero bene a capire il prima possibile che il loro laboratorio o dipartimento e' un'oasi nel deserto descritto dalla tabella precedente e che l'unico modo di essere credibili nella richiesta di maggiori risorse (delle quali sono certo che l'università ha bisogno) è la rottura dello status quo per creare una situazione in cui i fondi possano essere fruiti dai laboratori ed i ricercatori che siano in grado di usarli al meglio. Focalizzarsi sull'aumento delle risorse invece che sullo spreco significa, alla fine, aumentare gli sprechi e fare arrivare ai bravi solo le briciole. Le risorse vanno prima redistribuite meritocraticamente, e vanno redistribuite tutte: stipendi, fondi di ricerca ed insegnamento. 

Infine, trovo sgradevole la denigrazione sistematica che alcuni operano nei confronti di chi, come questo blog, cerca di esporre dati utili alla comprensione della situazione. Si vorrebbe forse nascondere questi dati? Protestate con Scimago che li pubblica, io li ho solo copiati e rapportati alla popolazione. Anche in questo post, la tabella fotografa una situazione spiacevole: se non vi piace la mia banalissima "interpretazione" saltatevela e guardatevi semplicemente i numeri. Quelli non si possono occultare.

Indietro

Commenti

Ci sono 71 commenti

Non capisco assolutamente la procedura adottata (fossi un refereee per questo articolo chiederei pesanti correzioni): l'affermazione che il numero di pubblicazioni/citazioni per euro di PIL in Italia sia bassa è un dato e non ho motivi per metterlo in dubbio. Quello che non mi torna è la conclusione: l'efficienza di un qualcosa, che sia una macchina o un sistema scientifico, è sempre un rapporto tra quanto gli si da e quanto ne si ottiene. Il rapporto sopra citato non è sicuramente questo: si è offerto il risultato CIT/PIL quando servirebbe il risultato CIT/SPESA. Si potrebbe quindi affermare da questi dati che l'italia scientifica produce troppo poco rispetto al PIL. Che è peraltro esattamente ciò che dice chi afferma che l'Italia spende troppo poco in ricerca. Infatti visto che detta F=SPESA/PIL la frazione di PIL investita in ricerca quello che si è mostrato è riscrivibile come CIT*F/SPESA e un suo lavoro troppo basso può risultare SIA da un eccesso in SPESA SIA da un F troppo scarso. Mostrare i dati CIT/SPESA chiarirebbero (parzialmente) questa situazione.

Insomma, grazie per i dati ma le conclusioni mi sembrano quantomeno affrettate.


Uno studente di fisica in Francia dove la ricerca Italiana è molto apprezzata (forse troppo).

Giuro che se arriva un altro di questi commenti, comincio a cancellarli di sana pianta. Cito dal post:

 

Infine, ribadisco che anche in questo caso non intendo fare inferenza sulla produttività scientifica del sistema-Italia, tantomeno dell'università italiana, né globalmente né per singoli campi. 

Per farlo, occorrerebbe (i) .... 

Ma infatti io mi riferivo, mi scuso per non averlo scritto esattamente (stavo editando il post ma a questo punto rispondo qui) all'affermazione:

 

"Focalizzarsi sull'aumento delle risorse invece che sullo spreco significa, alla fine, aumentare gli sprechi e fare arrivare ai bravi solo le briciole."

 

 

"Chiunque voglia argomentare che è solo una questione di fondi e non di altro dovrebbe, d'ora in poi, partire dalla constatazione che la quantità di ricerca prodotta in Italia è, in tutti i campi, di gran lunga inferiore a quella che il paese dovrebbe saper produrre"

 

Non mi sembra chiaro il passaggio tra il dato originale e queste affermazione (per giunta grassettate)  appunto poi alla luce di quello che Lei stesso afferma nel seguito e che ha solertemente citato.  Non vedo dove lei stia dimostrando che c'è uno spreco piuttosto che una mancanza di fondi con un valore che lei stesso ammette non poter distinguere tra le due cose. Ragionando al limite, un paese che non investisse per nulla in ricerca potrebbe avere le migliori menti del mondo e il miglior sistema università del mondo ma nelle sue tabelle otterebbe sempre zero. Come, certamente, un paese che investisse TUTTO il PIL in ricerca e poi lo sprecasse al 100%. Non dico che quello che dice non possa essere vero, tutt'altro. Dico che non mi sembra affatto che i dati che da non dimostrino la sua tesi. 


Per fare un paragone termodinamico: data la cara formula PV=nRT Lei mi mostra dati in cui mi dice che la T è bassa. E poi conclude che la pressione deve per forza essere bassa (scrivendolo in grassetto), pur ammettendo che bisognerebbe conoscere i dati sul volume. Io le rispondo solo che lavorare su due variabili ignorandone la terza vuol dire non poter avere una soluzione. Sicuramente è possibile che la P sia bassa, ma in caso di un volume orribilmente basso, anche una pressione assurdamente alta è compatibile con i dati mostrati.  Non sto quindi falsificando i suoi risultati, ma dicendo che non sono conclusioni necessarie dei dati e per questo ho aperto con il paragone con il referee. 

non credo ci sia neanche bisogno di rispondere, ma lo faccio in uno slancio di compassione. Non mi pare sia obbligatorio fare tutti i passaggi logici in tutti i post, si può anche fare uno sforzo, da parte del lettore intelligente, di interpretare quanto letto sulla base anche di altri dati e considerazioni svolti altrove, per esempio il post di Michele di ieri, dove viene dimostrato che almeno alcuni (molti) docenti nullafacenti vengono strapagati, a scapito di quelli produttivi. 

Comunque, ripeto, la logica (altrui) è "in italia nonostante lo schifo di risorse che abbiamo facciamo bene, quindi dateci di più. È vero che magari così facendo qualcosa verrà sprecato ma siccome facciamo in media benino, non più di tanto". Io questo "benino" non lo vedo né nell'abbondante evidenza aneddotica, né dai dati, in nessuna disciplina. La realtà è che si fa male PERCHÈ le risorse sono sprecate. Non è possibile altrimenti, d'altra parte in un sistema che si basa sui volonterosi senza incentivarli, a che serve pagarli di più? Se sono volonterosi lavorano lo stessso!  Se aumentiamo le risorse lo spreco aumenta senza creare incentivi per eliminare i parassiti e incentivare/premiare i bravi e volonterosi. A sistema attuale, aumenti di risorse servono solo ad alimentare il malaffare.

Se dovessi scegliere, confesso, preferirei spendere eventuali risorse nella scuola primaria e secondaria, almeno lì so che i docenti sono TUTTI malpagati: sia quelli bravi che quelli parassitari. Nell'università no.

 

Per confrontare queste posizioni, si ricordi che l'Italia è l'ottavo paese al mondo in termini di PIL (al decimo aggiustando per potere d'acquisto) e al diciannovesimo per popolazione. [...] volendo essere benevolenti, per dichiararci soddisfatti vorremmo nella tabella numeri non troppo lontani dal 10, e possibilmente qualche casella con numeri sotto il 10.

 

La tabella di produttivita' scientifica riporta piu' o meno produzione scientifica diviso PIL. Il fatto che l'Italia abbia in valore assoluto come Stato un PIL al ~10 posto nel mondo non implica per me nulla riguardo la sua posizione "naturale" per produttivita' scientifica. Se istantaneamente l'Italia fosse divisa in 20 parti uguali, il PIL assoluto di queste regioni cadrebbe al 50esimo posto nel mondo ma non si vede perche' la loro produttivita' dovrebbe seguire la stessa strada.

La posizione dell'Italia per molti aspetti (PIL pro-capite, indice di sviluppo umano) e' intorno alla 20sima posizione nel mondo, vicina alla Spagna, agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati: quella e' la posizione in cui mi aspetto di vedere la sua produttivita' scientifica. Disaggregando l'indice di sviluppo umano nelle tre componenti PIL pro-capite, salute (vita media, mortalita' infantile) e istruzione risulta che l'Italia fa meglio della 20sima posizione per PIL e salute, ma fa peggio della 20sima posizione mondiale per istruzione. Insomma l'Italia e' un Paese un po' sopra gli ultimi industrializzati per produzione economica e salute e un po' sotto per istruzione. La produttivita' scientifica appare consistente con ma un po' peggiore, specie per alcune discipline, col livello medio di istruzione degli italiani. Le scienze dure sono intorno alla 20sima posizione, le altre discipline sono intorno a 25-30. Tutte queste considerazioni, lo ricordo al lettore potenzialmente disattento, riguardano il complesso della societa' italiana, non il suo solo settore accademico.

Premesso questo obietto anche io che questi specifici dati non sono quelli che userei io per affermare che e' insensato il teorema di alcuni secondo cui il problema primario dell'accademia italiana e' la carenza di risorse. Sia chiaro che personalmente non condivido il teorema e sono convinto che l'Universita' italiana si puo' migliorare con riforme meritocratiche e semplicemente con l'abolizione di molte assurdita' e stupidaggini prettamente italiane inesistenti nei Paesi piu' avanzati.

Rimane comunque anche vero che rispetto alla media il finanziamento pubblico italiano e' inferiore, direi a spanne che in Italia e' il 70% della media UE o della media OCSE, inoltre la spesa privata in ricerca e' 3-4 volte inferiore alle medie. Se lo Stato mette nuovi fondi penso anche io verrebbero sprecati a meno di non esautorare completamente i gruppi di potere dal potere di allocarli. Ci vorrebbe un organismo terzo, o l'NSF USA, oppure l'ERC con rimossi i membri italiani, per fare un'allocazione sensata in base al merito.

I dati che userei io per mostrare che gli accademici italiani non usano bene le risorse loro assegnate sono il bilancio tra giovani istruiti in entrata in Italia rispetto a quelli in uscita, e in generale il divario tra il contributo alla societa' di chi entra e chi esce dall'Italia.  L'Italia e' cosi' stupida che non solo esporta giovani istruiti senza compensazione, ma acquisisce anziani superpagati di produttivita' ridotta dal resto del mondo, che specie in passato avevano anche carichi didattici estremamente ridotti. Poi va citata l'assenza sostanziale di correlazione statistica tra remunerazione e avanzamento accademico e produttivita' scientifica, e i livelli statisticamente abnormi di congiunti e parenti pagati dai contribuenti al seguito del barone capostipite.

Insomma il succo del tuo discorso è che l'italia è mediocre anche in pil pro capite e sviluppo umano, tanto vale accontentarsi. Può essere, motivo in più a supporto della mia tesi. 

Pero' alla fine della fiera c'e' un punto che non si puo' ignorare, qualunque sia l'interpretazione dei dati di cui sopra: alla fin fine sia io che gli accademici che pretendono piu' risorse vogliono redistribuzione di risorse. But there is no free lunch, c'e' un vincolo di bilancio, solo che loro vogliono soddisfarlo togliendo risorse da qualche altro settore (sanita? pensioni? scuola primaria?) A me pare semplicemente assurdo che non si voglia PRIMA DI TUTTO mettere mano all'interno del settore per eliminare vaste aree di docenza improduttiva. Si comincino a far insegnare almeno sei l'anno corsi ai ricercatori sotto la mediana, che per l'italia significa: zero pubblicazioni nella stragrande maggioranza dei settori. Davvero, questa idea bislacca dei diritti quesiti e' dura da scalfire. Come si fa a chiedere risorse altrove se non si mette in ordine il proprio settore?

 

Insomma, volendo essere benevolenti, per dichiararci soddisfatti vorremmo nella tabella numeri non troppo lontani dal 10, e possibilmente qualche casella con numeri sotto il 10.

 

Non capisco da dove viene fuori questo numero 10.

Per semplicita', diciamo che normalizziamo per la popolazione prendendo un sottoinsieme di paesi che vede l'Italia in 10 posizione. Se pero' normalizzi l'output della ricerca per la pololazione, non c'e' alcun motivo per cui un paese dovrebbe mantenere la posizione (la normalizzazione dovrebbe proprio servire eliminare questa dipendenza).

Per esempio fare un esempio estremo: la Cina, che come popolazione sara' al primo posto, quando dividi produzione/popolazione precipitera' in basso (probabilmente ben sotto l'Italia).

 

C'e' qualcosa che mi sfugge?

nel post precedente di Moro la tabella allegata faceva vedere proprio ciò che dici a proposito della Cina

che la cina produce poco pro capite evidentemente. Ti pare strano? A me no. 

ti sfugge la buona volonta e la mente aperta che sono necessarie per capire, Carlo.

 

L'accademico medio italiano e' veramente una delusione. Fate ridere, sinceramente, tanto e' il denial.

RIPETO: qualche genio, parecchi geni infatti, continuano a pubblicare post, articoli e libri sostenendo che la ricerca in Italia va benissimo e che l'universita' e' di ottima qualita' perche' negli indicatori quantitativi di ricerca l'Italia e' OTTAVA in classifica. 

Quindi, dicono costoro, l'universita' italiana funziona bene perche', visto, siamo ottavi.

Bene, il buon Andrea (che davvero ha tanta pazienza) cerca di farvi osservare che SICCOME L'ENTITA' AL CUI LIVELLO AVVIENE LA MISURAZIONE E' LO STATO-PAESE E LA VARIABILE MISURATA E' IL VALORE ASSOLUTO TOTALE DI ARTICOLI E CITAZIONI ALLORA LA DIMENSIONE DELL'ENTITA' AL CUI LIVELLO SI MISURA CONTA (un po' come nei film porno a buon mercato). 

Anche se lo IAS fosse uno stato-nazione IN QUESTA particolare classifica farebbe una magra figura perche', alla fine, allo IAS ci sono pochissime persone! Quindi, la dimensione del paese CONTA ed una maniera ragionevolissima di misurare la dimensione e' la popolazione. Infatti, e non a caso, nella maledetta classifica che tutti citano come fiore all'occhiello del bel paese la Cina (non un faro della ricerca scientifica mondiale fino a poco tempo fa ed anche oggi ...) e' li' bella in alto sopra l'Italia! Capito?????

Idem per il PIL per capita. Siccome: (i) la ricerca costa, (ii) l'universita' e' un lusso, (iii) dedicarsi alla ricerca e non a far soldi e' pure un lusso, ALLORA piu' ricchi si e', per capita, piu' e' facile che ci si dedichi  alla ricerca. QUINDI vale la pena di tener conto del PIL per capita al fine di capire se l'Italia fa bene o meno.  CAPITO????

E qui verrebbe da  dilungarsi a spiegarvi perche', alla fine della fiera, le due determinanti fondamentali della produzione scientifica e dell'attivita' universitaria (quando queste ultime sono misurate come integrali o totali) sono proprio la popolazione ed il reddito. Tutto il resto, storicamente, viene dopo. Ma tralascio, che non ho la pazienza di Andrea. 

Ribadisco pero' il punto: togliersi le fette di salame dagli occhi e cercare di CAPIRE cosa uno sostiene, prima di criticarlo! 

Le tabelle illustrano ulteriori aspetti di due dati ben conosciuti: che in Italia si investe poco in ricerca rispetto al PIL e che il numero dei ricercatori rispetto alla popolazione è basso, rispetto ad altri paesi industrializzati. Sarebbe più interessante (e probabilmente sorprendente) misurare la produttività, visto che lo scopo del post è quello di suggerire azioni per migliorarla. Se la tesi che si vuole dimostrare è che è necessario spostare risorse da chi non produce a chi produce, io non credo ci sia nessuno che non sia d'accordo. Il problema però è che questi dati dimostrano anche che il sistema della ricerca è sottodimensionato rispetto al PIL e alla popolazione. Quindi queste risorse dovrebbero anche essere aumentate. Se invece l'autore tende a dimostrare che la qualità della ricerca è mediocre in tutte le aree scientifiche, questo non consegue dai dati mostrati, perché li bisogna normalizzare con le risorse effettivamente a disposizione (risorse finanziarie, ma anche numero di ricercatori). Concludo invitando l'autore a considerare anche altri dati, come il numero di ERC italiani finanziati nelle varie materie o altro e magari facendo due chiacchiere con qualcuno in ambito scientifico di cui si fida per capire se è verosimile la tesi che vorrebbe presentare. Aggiungo questo articolo che è pertinente e riporta in primo piano i due aspetti che menzionavo all inizio: www2.cnrs.fr/en/1588.htm

che guardare agli ERC sarebbe perlomeno interessante. 

Sono d'accordo. Il confronto più appropriato tra i vari paesi mi sembra vada fatto sul numero totale di ricercatori.

Reperire il dato non è facile, soprattutto per quanto riguarda la separazione tra il settore degli enti di ricerca pubblici (inclusa l’Università) e le imprese, ma per l’Europa aiutano le statistiche Eurostat, come questa. Per quanto riguarda gli investimenti, è noto che l’Italia investe in ricerca circa l’1% del PIL, a differenza degli altri paesi concorrenti, che investono intorno al 2-3%. Come potete facilmente verificare, i dati (e le conclusioni) cambiano completamente se si usano queste normalizzazioni.Come esempio, si possono vedere i dati di questo blog, che però non ho controllato.

Per quanto riguarda la fisica, una delle ultime statistiche complete la potete trovare qui in valori assoluti (l’Italia è ottava) e qui , dove l’Italia è decima se il dato viene normalizzato alla popolazione. Non trovo i dati per un confronto sul numero dei fisici, se non quello che mostra che i laureati in Fisica in Germania sono 4 volte quelli laureati in Italia.

L’eccellenza Italiana è presente, con una mappa a pelle di leopardo. Per citare la fisica medica, l’unico centro italiano per la cura dei tumori dell’occhio con fasci di protoni si trova a Catania. Sta entrando con successo in operazione il secondo centro in Europa (ce ne sono solo altri 3 in Giappone e uno in Germania) per la cura di tumori con fasci nucleari di ioni carbonio. Il centro si trova in Italia, a Pavia. L’acceleratore è stato interamente costruito dai fisici nucleari e tecnici italiani.

 

 

Ho preso i dati pubblicati in questo sito e il numero di ricercatori pubblicato recentemente da Eurostat  (Table 1).

Ho considerato solo i alcuni paesi europei, perché i dati mi sembrano più affidabili. Ecco il risultato:

 

 

Paese

 
 

Numero

Ricercatori

(x 1000 FTE)

 
 

pubblica-

zioni

 
 

Pubblica-

zioni

normaliz-

zate

 
 

citazioni

 
 

Citazioni normaliz-

zate

 
 

Svizzera

 
 

25,1

 
 

309.549

 
 

12,33

 
 

6.007.936

 
 

239

 
 

Italia

 
 

105,8

 
 

762.290

 
 

7,20

 
 

9.861.600

 
 

93

 
 

UK

 
 

235,4

 
 

1.533.434

 
 

6,51

 
 

24.535.306

 
 

104

 
 

Svezia

 
 

49,3

 
 

304.831

 
 

6,18

 
 

5.410.618

 
 

109

 
 

Francia

 
 

234,2

 
 

1.021.041

 
 

4.35

 
 

14.056.535

 
 

60

 
 

Germania

 
 

327.5

 
 

1.396.126

 
 

4.26

 
 

20.437.971

 
 

62

 

 

Si possono anche fare i confronti solo con i ricercatori pubblici, ma mi sembra che il risultato non cambi molto, anche se il rank italiano scende di un po’. A questo punto, i casi sono due:

1) I dati Eurostat sul numero di ricercatori sono sbagliati;

2) la politica italiana di ricerca e innovazione è drammaticamente deficitaria; quello che manca non è tanto la qualità dei ricercatori (peraltro sempre migliorabile, vedi la Svizzera), mancano proprio i ricercatori.