Poco più di sei anni orsono iniziammo noiseFromAmerika (nFA,con antica grafia) più o meno come un hobby, “per divertirci e discutere fra noi e con amici e colleghi” dicevamo nella presentazione. Da allora il sito ha acquisito una certa popolarità: un numero considerevole di hit giornalieri e soprattutto una folto numero di lettori affezionati, molti dei quali sono diventati amici, personali e/o digitali. Ci piace pensare che questo successo (notevole, almeno rispetto alle aspettative di partenza) sia dovuto alla relativa originalità, almeno per l’Italia, delle idee presentate e alla schiettezza del nostro stile retorico. Ci piace anche pensare di essere tra i pochi, in Italia, a distinguere con rigore analitico l’argomentazione intellettuale da quella politica. Con questo non intendiamo sostenere di non avere opinioni politiche o di essere magicamente capaci di tenerle a bada quando discutiamo. Semplicemente che ci sforziamo strenuamente d’astrarre sia dalle preferenze poltiche personali (abbastanza facile: non ci piace praticamente nessun partito esistente) sia dal vincolo di fattibilità politica quando discutiamo di politica economica. Se i dati che osserviamo e la teoria economica che ci aiuta a interpretarli ci suggeriscono la politica economica X, non diciamo mai Y, solo perché Camusso (o Bersani, Berlusconi, Marcegaglia, lo zio fascista, il cugino partigiano, la volontà popolare) non accetterebbe mai X, ma forse potrebbe finire per accettare Y. Le nostre analisi possono essere errate, imperfette, o distorte da preferenze politiche sub-conscie, ma ci siamo sforzati di non finire mai in quella forma di autocensura intellettuale che è l’internalizzazione del vincolo politico.
Il successo del sito è stato anche, ci pare, quello di dare visibilità e dignità intellettuale ad alcune idee già presenti in numerosi altri gruppi, blog, associazioni, ma che in Italia erano sempre state piuttosto marginali. A fronte della continua stagnazione economica, che è iniziata ben prima della crisi post-2008, alcune di queste idee hanno iniziato a essere accolte anche da piccole fette dei partiti tradizionali, ad entrambi i lati dello schieramento. Al di là delle etichette, oramai il cittadino d’ogni orientamento ideologico comincia a rendersi conto che il peso e gli eccessi dell'apparato dello stato e della mano pubblica nell’economia e nella società frenano la crescita e riducono il benessere. Forse un po’ immodestamente, pensiamo d’aver almeno dato un contribuito a catalizzare tale condivisione in certi gruppi persone e in certi ambiti culturali. In Italia, chiedere meno stato, meno tasse, meno privilegi ingiustificati, più efficienza, più meritocrazia e più mobilità sociale, è oggi un po’ meno illegittimo di ieri anche grazie a nFA.
In questi sei anni, destra e sinistra si sono avvicendate al governo provando ulteriormente (a noi era già chiaro nel febbraio del 2006!) l’incapacità della classe politica tradizionale di generare un vero rinnovamento del paese. Per aver argomentato (meglio: dimostrato) questo fatto che ora un numero sempre più grande d’italiani comincia a capire ci siamo presi tutti i tipi d’insulto: “ultraliberisti”, “servi dei padroni”, “anarco-fascisti’’ (sic!), “monetaristi” (non si sa perché, ma in Italia quest’ultimo è un insulto) oltre a qualche “comunisti” e parecchi “sinistrorsi” o similia. Altri hanno seguito la strada più silenziosa ma ben più letale di evitarci e ignorarci a ogni costo. Fa niente.
Le discussioni in cui ci siamo via via coinvolti non han fatto altro che evidenziare, settimana dopo settimana, quanto sia mediamente incapace e in malafede la classe dirigente italiana. Quella della politica, anzi e soprattutto, dalla quale tutto muove e che tutto controlla, ma non solo quella: il degrado iniziato con la politica e nella politica più di tre decadi orsono si va estendendo, anche a causa della sempre più forte fuga di giovani talenti d'ogni tipo all'estero, a tutti i comparti della società civile ed economica. Questa realtà, che vivendo negli USA chi da quindici chi da quasi trent'anni, percepivamo ma non eravamo in grado di quantificare, ci è apparsa nella sua sempre maggiore drammaticità durante questi sei anni di impegno civile quando abbiamo cominciato a toccarla con mano interagendo in varie forme con "lorsignori", come li avrebbe chiamati un signore controverso, certamente, ma di ben altro spessore che quelli di oggi.
L'accumularsi continuo di tale evidenza ci ha fatto riflettere prima sulla necessità e poi sull'opportunità di un nostro coinvolgimento più diretto non tanto "in politica" ma nello sforzo, immane ma urgente, di contribuire ad un ricambio radicale della classe dirigente italiana. Riflessione controversa perché, come i più affezionati fra voi ricorderanno, quando creammo il sito nel chi siamo scrivemmo: “Nessuno di noi vuole diventare deputato, senatore, ministro, governatore della banca centrale e via elencando. Siamo economisti, facciamo ricerca, e siamo contenti così. Lasciamo la politica romana (e quella di Washington) ad altri, più capaci di noi”. Dopo sei anni è venuto il momento di ripensarla, quella frase. Lo facciamo qui apertamente nel tentativo di mantenere quella diretta e franca relazione coi lettori (almeno con quelli affezionati cui questa lettera si rivolge) che crediamo abbia caratterizzato il blog.
La frase rimane valida: siamo ancora economisti, facciamo ancora ricerca, e siamo sempre abbastanza contenti così. Detto altrimenti, ora come allora nessuno di noi intende candidarsi al parlamento, a meno di circostanze veramente eccezionali. Ma crediamo anche che il progetto culturale iniziato col blog sei anni fa abbia in questa speciale fase storica del paese la capacità di svilupparsi e forse maturare compiendo un ulteriore, audace passo: quello di aiutare la nascita di un nuovo soggetto politico. La motivazione fondamentale è, appunto, la profonda convinzione che con questa classe politica il paese non ha scampo: qualsiasi tentativo di arrestare il declino e ricominciare a crescere passa preliminarmente attraverso un radicale cambio politico. E non stiamo parlando di destra verso sinistra, stiamo parlando di cambiare prima di tutto la classe politica, poi quella burocratica ed infine la struttura stessa dello stato italiano e le regole del suo funzionamento. La politica che ci interessa è definita dal combinato disposto di questi tre elementi, non dalla vuota e ideologica (perché praticamente vacua, come il loro identicamente pessimo governare dimostra) contrapposizione di bande rivali che, guidate da sempre più improbabili e volgari capitani di ventura, scorrazzano per il paese facendone scempio e appropriandosi delle sue residue ricchezze. Questa è la politica che vogliamo cambiare e da questo punto di vista, molto triste ma altrettanto vero, la distanza fra Berlusconi, Fini, Casini, Di Pietro, Bersani, Maroni e Vendola è infinitesima.
Bene, questo è ciò di cui c'è bisogno, siam tutti d'accordo e ce lo ripetiamo da anni. Ma è possibile? Non è forse una pia illusione pensare di cambiare la politica italiana? Forse, anzi: probabilmente. Ma la politica si fa con il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà. La politica, quella definita sopra, si fonda e realizza solo attraverso milioni d'atti individuali di volontà che negando l'orrendo esistente e il suo fatale incombere sulle nostre vite affermano la loro libertà individuale e collettiva. Questa, per noi, è la politica: tanti individui liberi che trovano ragioni e mezzi per cooperare in uno sforzo collettivo e volontario di negazione dell'esistente, di cambiamento della propria condizione di vita. Di nuovo: ma è possibile, anche solo lontanamente, il cambiamento? La risposta che ci siamo dati, dopo tormenti non indifferenti, è che forse sì, forse è possibile. Magari non ancora probabile, ma possibile lo è. Ed ecco perché.
Per i fatti che conoscete e l'accentuarsi settimanale dei sintomi del decadimento esiste oggi uno spazio poltico, lasciato aperto dalla caduta di Berlusconi, dal fallimento della Lega, dall'inconsistenza programmatica e umana del cosidetto "centro" e, forse soprattutto, dall’incapacità della sinistra di rinnovarsi e di diventare credibile agente di rinnovamento. Questo vuoto non può essere riempito né dalla protesta populista e messianica né da quella forma di encomiabile, da un lato, ma impotente, dall'altro, agitazionismo collettivo che la classe dirigente attuale chiama "anti-politica" e che noi riconosciamo come l'agitarsi infuriato, confuso, speranzoso ma impreparato di quegli strati della società civile maggiormente delusi dalla casta e maggiormente pregiudicati dal declino socio-economico che essa è andata provocando. In questo vuoto può entrare di tutto, anche qualcosa di molto pericoloso. In questo vuoto può, forse, entrare anche un'aggregazione politica nuova, fatta di gente nuova e con un programma chiaro e preciso di rinnovamento. Non si tratta di fare il partito di nFA e tantomeno di candidare noi stessi. Come dicevamo, siamo contenti così, la vita politica non ci attira. Ma esiste, per un brevissimo periodo di tempo che durerà certamente meno di un anno, l’opportunità per i vari gruppi che si riconoscono in idee simili alle nostre di avere un impatto diretto sulla politica, non solo attraverso le idee ma nei programmi e nei fatti.
Questo progetto politico è in fase di formazione e a esse hanno partecipato direttamente anche alcuni redattori di nFA. Gli altri nomi dei congiurati che hanno avviato il progetto sono apparsi sulla stampa: Oscar Giannino, Alessandro De Nicola, Carlo Stagnaro e Luigi Zingales. La lista dei più di duecento firmatari iniziali e i contenuti del manifesto verranno pubblicati domani (sabato) su alcuni quotidiani (il Sole 24 ore, il Fatto Quotidiano, il Foglio, e alcuni quotidiani locali con cui stiamo ultimando gli accordi ... ). Questi documenti e il breve “decalogo” programmatico, che la redazione di nFA ha contribuito a stilare, verranno allo stesso tempo pubblicati sul sito fermareildeclino.it (da domani il link diventerà attivo), dove potrete aderire all'iniziativa. Come potrete notare, tutti i redattori di nFA hanno firmato il manifesto e tutti noi ci impegneremo direttamente nell'elaborazione programmatica della nuova forza politica. E assieme a loro un grande numero dei collaboratori storici hanno compiuto la medesima scelta.
Cosa significa, questo, in concreto, per il sito? Per molti aspetti, non cambierà molto. Come detto, ci siamo impegnati, individualmente e come redazione (cliccate che vale la pena controllare il nuovo team: siamo in full force per l'occasione), a contribuire nelle prossime settimane alla formazione del programma del nuovo soggetto politico. Dovendo scrivere concrete proposte spendibili nell’arena politica, si dovrà necessariamente tenere almeno in parte conto del “vincolo politico”. Ma cercheremo sempre di esplicitare, se lo faremo, quali saranno i compromessi e perché abbiamo deciso di accettarli. Continueremo a “bastonare” non solo gli avversari, ma anche gli alleati quando ci parrà che dicano fesserie, nel nostro consueto stile, proprio perché crediamo nell’opportunità di influenzare il nuovo soggetto attraverso le nostre idee. Non faremo solo questo - il blog continuerà ad avere contenuti non finalizzati alla creazione del programma, ma (è inutile nascondersi dietro un dito) il tempo è quello che è (e il nostro lavoro è la ricerca e l’insegnamento; il blog e ora il programma sono il nostro tempo libero, il cinema ed il teatro come spiega uno di noi alla di lui consorte ...). Chissà, forse avremo un po’ più di esposizione mediatica, se l’operazione procede, ma nessuno si aspetti nFA in TV o in Parlamento - garanzia sia il fatto che siam tutti troppo brutti e vestiti male per "venire bene" in pubblico.
Abbiamo chiesto recentemente e chiediamo ancora ai lettori un supporto economico alla fondazione nFA (un dovuto e ritardatario resoconto delle spese effettuate sinora verrà pubblicato al più presto). Ci impegnamo esplicitamente a non usare tali fondi direttamente per il supporto del nuovo soggetto politico, ma solo per le finalità originarie: lo sviluppo di analisi approfondite pubblicabili sul sito, il supporto di conferenze e convegni come le giornate nFA, e così via.
Il finanziamento del soggetto politico avverrà separatamente e secondo regole molto chiare, spiegate sul sito fermareildeclino.it. Noi e gli altri promotori vogliamo da un lato garantire la massima trasparenza e dall'altro evitare che il nuovo soggetto politico sia finanziariamente dipendente da un ristretto numero di individui. In queste cose la forma è sostanza, e di partiti personali e opachi l'Italia ne ha già avuti fin troppi.
Noi, quindi, ci mettiamo all'opera. Sia chi avrà voglia di seguirci sia chi deciderà di intraprendere altre strade sarà sempre benvenuto sul sito. Le regole del dibattito restano le stesse: argomenti solidi, dati e no bullshit. Grazie a tutti e a presto.
Aux armes citoyens! Formez vos bataillons!
In bocca al lupo. Vedremo se gli italiani saranno pronti!