Le origini regionali del debito pubblico Italiano

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“È la somma che fa il totale”  Antonio de Curtis in arte Totò 

La dinamica del debito italiano apparentemente segue, sebbene amplificata, quella di molti altri paesi.  Tuttavia l’inizio del trend positivo  precede, di almeno un quinquennio, l’anno dello schock petrolifero, che segna l’inizio del trend positivo per quasi tutti i paesi. Come vedremo questo potrebbe essere un primo indizio della “specialità regionale”  italiana, perché il timing coincide con la fine della convergenza dei redditi delle regioni Italiane. 

La dinamica del debito Italiano apparentemente segue, sebbene amplificata, quella di molti altri paesi.  Tuttavia l’inizio del trend positivo precede, di almeno un quinquennio, l’anno dello schock petrolifero che segna l’inizio del trend postivo per quasi tutti i paesi. Come vedremo questo potrebbe essere un primo indizio della “specialità regionale”  italiana, perché il timing coincide con la fine della convergenza dei redditi delle regioni Italiane. 

Figura 1 

Average of Belgium , France, Germany, Greece, Ireland, Japan, Spain, Sweden, UK, USA (source IMF) 

Le teorie del debito-deficit di tipo normativo, sia keynesiane che neoclassiche, mal si conciliano con un trend positivo del debito. Infatti per motivi diversi esse prevedono deficit in recessione e surplus in espansione, quindi entrambe un debito stazionario.

Alesina e Perotti (1994) elencano una serie di teorie che cercano di spiegare l’evidenza empirica di cui sopra. Un primo approccio usa il cosiddetto ciclo politico-economico:  un corpo elettorale che soffre di illusione fiscale viene indotto a votare politici opportunisti che adottano politiche espansive alla vigilia elettorale per accapparrarsi più voti. In questo contesto, l’instabilità politica e le numerose elezioni anticipate generano maggior debito. Un altro approccio immagina generazioni non altruiste impegnate in una lotta redistributiva in cui il deficit diventa un modo per aumentare il reddito disponibile  della propria generazione. Un maggior peso degli anziani potrebbe indurre, in questo contesto, un maggior debito. Un altro gruppo di modelli considera il debito come una variabile strategica utilizzata da partiti politici molto polarizzati per limitare l’azione dei partiti avversari: se ci indebitiamo oggi e domani perdiamo le elezioni, i nostri avversari hanno le mani più legate. Anche in questo ambito, l’instabilità politica, la polarizzazione ideologica e la frammentazione inducono un più alto debito. Alcuni ricercatori si sono invece focalizzati sul contesto istituzionale in cui il budget viene definito, sia in termini di regole procedurali che di contesto internazionale in cui si colloca il paese, ad esempio i vincoli fiscali imposti da unioni fiscali e/o monetarie. Maggiori e più stringenti vincoli esterni aiutano i governi a imporre un maggior rigore fiscale.

Infine, si possono definire come modelli di interessi geografici contrapposti quei modelli che considerano le problematiche che sorgono nei contesti in cui il beneficio della spesa pubblica e il suo costo non coincidono territorialmente. Legate a queste problematiche sono le tematiche sul federalismo, sull’opacità delle regole della distribuzione della spesa pubblica e delle tasse e del commitment del governo centrale al rigore fiscale e al non bail-out degli enti decentrati.

Quale di questi approcci potrebbe essere il miglior candidato a spiegare la dinamica del debito pubblico italiano?

Una serie di lavori di Galli e Padovano (1998,2002,2005) tenta di rispondere a questa domanda. I risultati appaiono non univoci ma la frammentazione politica appare giocare il ruolo previsto di aumentare il debito mentre i vincoli esterni (SME , EMU) determinerebbero la sua diminuzione. Il peso degli anziani sulla popolazione sembrerebbe aumentare il debito mentre non trova riscontri l’importanza del ciclo politico. Al di là delle possibili obiezioni, peraltro in parte superate con l’uso di opportune metodologie econometriche, resta il fatto che l’ipotesi di un ruolo nella dinamica del debito di un meccanismo di interessi geografici contrapposti non viene testato. Ciononostante, alcuni recenti lavori sui residui fiscali suggeriscono invece che la dimensione di questi squilibri siano tali da condizionare  perfino gli avanzi primari nazionali.

 

 

 
 

 

POPULATION

 
 

FISCAL RESIDUALS (millions of euros)

 
 

GDP                   (millions of euros)

 
 

FISCAL RESIDUAL/GDP

 

 
 

NORTH

 
 

26’413’323

 
 

-66’549,80

 
 

805’681,27

 
 

-8,26%

 
 

CENTRE

 
 

20’723’669

 
 

-16’239,23

 
 

306’867,76

 
 

-5,29%

 
 

SOUTH

 
 

11’230’452

 
 

56’217,97

 
 

343’349,19

 
 

16,37%

 
 

ITALY

 
 

5’8367’444

 
 

-26’849,02

 
 

1’428’251,35

 
 

-1,88%

 
 

Average values for years 2004-2006 our elaboration on Staderini and Vaddala (2009)

 

Si tratta solo di un indizio, che per verificare necessita di una serie storica dei deficit (non solo primari) delle varie aree, al netto del fiscal gap generato da gap di reddito. Mauro L., Carmeci G. e Buiatti (2012) affrontano il tema da questi due punti di vista: quello dei dati e quello econometrico. Le ricostruzioni dei residui fiscali partendo dal bilancio pubblico sono complesse e non riescono ad andare molto indietro negli anni ed infine sono al netto dei trasferimenti per interessi. Tuttavia esistono relazioni di contabilità nazionale che consentono in linea teorica di ricostruire il deficit o il risparmio pubblico. In particolare, partendo dalla identità Risparmi totali (Stot) - Investimenti (I)= Esportazioni nette (NX) si ottiene per l'Italia sistema SEC:

 

Sg = - S_fam - S_imprese + Itot - IPubblico + NXest + NXinter

 

Il risparmio pubblico è dato dal risparmio delle famiglie (-) , da quello delle imprese (-) dall’investimento totale al netto di quello pubblico dai saldi delle partite correnti verso l’estero e verso le altre regioni (inter). Quest’ultimo è il dato più critico da trovare, ma esistono stime dei flussi netti delle partite correnti che indicano disavanzi per il sud ed avanzi per le altre regioni. Il risultato è che le nostre stime basate sulla relazione precedente  al netto di NXinter saranno distorte:  il deficit del sud sarà sottostimato e il surplus del nord sottostimato.

Incrociando vari basi dati: Wolleb and Wolleb (1990), Istat Conto Economico Consolidato delle Amministrazioni Pubbliche, Istat Conti Economici regionali, Ministero Tesoro, Banca d’Italia , Prometeia,  il risultato, dopo un lungo lavoro,  è riportato nella seguente  figura:

Figura 2 : Il risparmio pubblico per macro aree su pil regionale, nazionale ufficiale  (BDI) e nazionale stimato

Si noti l’incredibile livello di risparmio pubblico negativo (deficit) delle regioni meridionali che di fatto guida tutta la dinamica del debito nazionale. Al fine di eliminare ogni dubbio, si consideri la figura successiva che  riporta i deficit su base PiL  Italiano confermando I risultati precedenti che poi sono peraltro molto allineati con i residui fiscali di Banca d’Italia nel periodo 2004-2006.

Figura 3: Risparmio Pubblico per macro aree su PIL Italiano e totale  

La domanda che a questo punto ci si può porre è la seguente. Questi deficit così ampi sono causati da qualche meccanismo di common pool (problemi di asimmetria tra chi paga e chi riceve il beneficio della spesa pubblica) e/o  di voto di scambio (pork barrell politics) o più banalmente  il risultato di gap di reddito permanenti e di fiscalità progressiva? Abbiamo stimato a questo scopo una regressione statistica dei deficit regionali sui valori ritardati di  gap di reddito, popolazione e il peso degli eletti nelle varie macro regioni nel governo. In particolare il deficit del Sud non risulta legato al gap di reddito ma dal peso politico che ha nel governo in linea con ipotesi di politiche clientelari  tipo do ut des.

Quando si passa a verificare la capacità statistica delle varie teorie sul debito di spiegare la dinamica del debito nazionale (nella scia  dei lavori di Galli e Padovano) e nel modello empirico si inseriscono i residui dei modelli di deficit regionali  di cui sopra, la capacità esplicativa del modello statistico migliora notevolmente e alcune variabili come il peso degli anziani perdono di importanza mentre rimane rilevante il ruolo dei vincoli esterni dei trattati.

Sia da un punto di vista dei dati sia da un punto di vista econometrico ci sembra sia possibile affermare che è dimostrata l’estrema rilevanza degli squilibri fiscali regionali per spiegare la dinamica del debito Italiano. Gli stupefacenti squilibri fiscali delle regioni meridionali per quantità e durata richiedono una spiegazione che come abbiamo visto non sembra essere semplicemente il permanere di un divario di reddito accoppiato ad un sistema fiscale progressivo. Anche in questa ipotesi, che peraltro la nostra analisi non conferma, comunque si renderebbe necessario un  approccio al tema del debito Nazionale secondo un approccio di sviluppo regionale più che macroeconomico in senso stretto.

La nostra analisi econometrica evidenzia piuttosto come sia necessario indagare sui meccanismi istituzionali che generano meccanismi di common pool e di politiche pork barrel. Solo un cambiamento radicale nell’assetto istituzionale dello stato che metta fine o almeno limiti questi processi degenerativi può sperare di intaccare alla radice le cause degli squilibri fiscali italiani.    

Referimenti Bibliografici   

Alesina, A. and R. Perotti, 1994, The political economy of budget deficits, NBER Working Paper No. 4637

Buiatti C.,Carmeci G., Mauro L. (2012) The origins of Public Debt of Italy: a Geographically Dispersed Interests issue? Mimeo,  University of Trieste, http://www.econ.units.it/intranet/gest_upload/upload.asp?rad=MACROECONOMICS%20-%20MAURO

Galli E. and Padovano F., 1998, The Main Determinants of Public Deficits in Italy (1951-1991) Testing Three Alternative Explanations, Journal of Public Finance and Public choice/Economia delle Scelte Pubbliche,XVII, No. 2-3, 1998

Galli E. and Padovano F., 2002, A comparative test of alternative theories of the determinants of Italian public deficits (1950-1998), Public choice 113, 37 - 58

Galli E. and Padovano F., 2005, Sustainability and determinants of Italian public deficits before and after Maastricht, CESIFO Working Paper 1391

Wolleb, E. and G. Wolleb, 1990, Divari regionali e dualismo economico, il Mulino

 


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Commenti

Ci sono 24 commenti

 

 

La domanda che a questo punto ci si può porre è la seguente. Questi deficit così ampi sono causati da qualche meccanismo di common pool (problemi di asimmetria tra chi paga e chi riceve il beneficio della spesa pubblica) e/o  di voto di scambio (pork barrell politics) o più banalmente  il risultato di gap di reddito permanenti e di fiscalità progressiva?

Abbiamo stimato a questo scopo una regressione statistica dei deficit regionali sui valori ritardati di  gap di reddito, popolazione e il peso degli eletti nelle varie macro regioni nel governo. In particolare il deficit del Sud non risulta legato al gap di reddito ma dal peso politico che ha nel governo in linea con ipotesi di politiche clientelari  tipo do ut des.

 

Si potrebbe avere qualche dettaglio su questo ultimo passaggio? Perchè invece a me parrebbe che la causa sia proprio un gap di reddito combinato con una politica fiscale forse eccessivamente progressiva. E questo, come direbbe Totò, "a prescindere" dalla qualità della spesa in certe regioni meridionali.

Ci saremmo aspettati che la relazione tra deficit e reddito pro capite nel tempo fosse negativa invece per il Mezzogiorno è positiva (ma non singificativa). Mentre il deficit sembra spiegato dalla variabile peso degli eletti della macroregione nel governo.




Table 3.1              General models

OLS regression results for the Italian macro-regions; sample period 1965-2007.

Dependent variable: Government Surplus as percentage of GDP (GS)

 

 

Regressors

 
 

North-west

 
 

North-east

 
 

Center

 
 

South

 
 

CONST.

 

 
 

-29.7995

(46.869)

 
 

10.326***

(43.174)

 
 

-245.0410**

(112.8641)

 
 

-127.882

(191.151)

 
 

RPOP(-2)

 

 
 

27.626

(133.645)

 
 

1265.819***

(213.996)

 
 

427.903

(393.366)

 
 

621.677*

(324.076)

 
 

RYPC(-2)

 

 
 

21.088 (12.521)

 
 

60.936***

(9.882)

 
 

133.913*

(76.091)

 
 

-167.336

(131.216)

 
 

PW(-2)

 

 
 

-0.346 (10.326)

 
 

6.583

(11.758)

 
 

62.284***

(9.884)

 
 

-17.042

(11.0505)

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

Adj. R-squared

 
 

0.012

 
 

0.748

 
 

0.570

 
 

0.387

 
 

S.E. of Regression

 
 

2.729

 
 

1.945

 
 

3.316

 
 

5.416

 
 

N. obs.

 
 

43

 
 

43

 
 

43

 
 

43

 

Notes: *, **, *** denote significant at the 10%, 5% and 1% levels, respectively.

Newey and West’s s.e. are reported in parentheses.

 

 

 

 Table 3.2             Final models

Regression results for the Italian macro-regions; sample period 1963-2007.

Dependent variable: Government Surplus as percentage of GDP (GS)

 

 

Regressors

 
 

North-west

 
 

North-east

 
 

Center

 
 

South

 
 

CONST.

 

 
 

-22.440**

(10.784)

 
 

-299.830***

(37.301)

 
 

-186.136**

(83.882)

 
 

-297.37***

(86.960)

 
 

RPOP(-2)

 

 
 

 

 
 

1235.437***

(197.662)

 
 

 

 
 

789.188***

(236.990)

 
 

RYPC(-2)

 

 
 

21.016** (8.196)

 
 

59.898***

(9.052)

 
 

155.066*

(78.068)

 
 

 

 
 

PW(-2)

 

 
 

 

 
 

 

 
 

60.085***

(8.374)

 
 

-28.374**

(11.377)

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

Adj. R-squared

 
 

0.097

 
 

0.750

 
 

0.570

 
 

0.355

 
 

S.E. of Regression

 
 

2.604

 
 

1.936

 
 

3.250

 
 

5.557

 
 

N. obs.

 
 

45

 
 

43

 
 

45

 
 

43

 

Notes: *, **, *** denote significant at the 10%, 5% and 1% levels, respectively.

Newey and West’s s.e. are reported in parentheses.


l'articolo è molto interessante ma non riesco, da profano, a seguirne facilmente lo svolgimento. il primo problema di comprensione viene dalla prima tabella, dove per giunta c'è un puntino al posto sbagliato sulla popolazione totale italiana. cosa si desume da questa tabella?

qual'è l'indizio che occorre verificare?

la prima domanda dell'articolo è:

 

Quale di questi approcci potrebbe essere il miglior candidato a spiegare la dinamica del debito pubblico italiano?

 

non mi è chiara la risposta, anche se capisco che non ci sono dati sufficientemente chiari per rispondere univocamente.

l'articolo continua con:

 

La domanda che a questo punto ci si può porre è la seguente. Questi deficit così ampi sono causati da qualche meccanismo di common pool (problemi di asimmetria tra chi paga e chi riceve il beneficio della spesa pubblica) e/o  di voto di scambio (pork barrell politics) o più banalmente  il risultato di gap di reddito permanenti e di fiscalità progressiva?

 

da dove discende l'esigenza di porsi queste domande, e perchè queste.

la conclusione, infine, indica che i primi due meccanismi indicati causano questo deficit molto grande, auspicando una modifica dell'assetto  istituzionale italiano. ok, questo è più facilmente intuibile anche per me, anche se non riesco a mettere insieme deficit, common pool, pork barrel politics e gap di reddito permanenti.

 

complimenti comunque per l'articolo comunque interessante anche se un po' per "iniziati" (una mano a capirne il senso la dà Lusiani sopra) che è un po' che non si vedevano su questi lidi.

grazie e saluti

Mi dispiace di non essere stato chiarissimo anche se ci ho provato, mi creda.

La prima tabella trasforma i residui fiscali banca italia in deficit primari sul pil e serve a dimostrare la rilevanza degli squilibri fiscali regionali per il risultato nazionale.

Che le regioni ricche contribuiscano di più di quelle povere discende dal sistema fiscale progressivo che fa pagare proporzionalmente di  più i ricchi. Ci si attenderebbe però che quando i gap diminuiscono questo effetto venga diminuito. Per il mezzogiorno non sembra il caso (in effetti  è il contrario anche se  statisticamente non significativo). Quello che emerge è che il deficit aumenta quando il mezzogiorno ha più potere politico che potrebbe essere un segnale di voto di scambio. 

L'articolo effettivamente abbonda di tecnicismi, dovra' essere l'autore a dare la sua interpretazione autentica in forma piu' divulgativa.  La mia personale comprensione di quanto esposto e' come segue.

Rispetto ad altri Paesi OCSE comparabili l'Italia ha un debito maggiore, risultato di una somma di deficit pubblici statali mediamente superiori. Cosa causa questi extra-deficit?  L'articolo elenca alcune ipotesi esplicative studiate e pubblicate nella letteratura economica, ipotesi esplicative che mi sembra siano spiegate in maniera comprensibile a tutti, per cui non ripeto.
Il resto dell'esposizione presenta ipotesi di spiegazione alternative come causa extra-deficit pubblici italiani, seguendo ipotesi di studio che sono presenti nella letteratura economica internazionale (che fornisce la terminologia oscura al lettore non economista) ma - chissa' perche' ... - sono assenti sia nelle discussioni politiche nazionali, sia negli studi economici nazionali. Riassumendo, la possibile spiegazione degli extra-deficit italiani a livello di Stato potrebbe essere che essi sono conseguenza, o comunque sono correlati, ai gigantesti deficit e avanzi del bilancio pubblico a livello di regioni o macro-aree (vedi tabella): un grandissimo avanzo del 8% del PIL nel centro-nord, e un mostruoso deficit annuale del 16% del PIL nel Sud.

A questo punto si presentano due ipotesi di spiegazione di questi grandissimi squilibri regionali del bilancio pubblico.

Ipotesi 1) gli extra-deficit nascono perche' la politica di governo e' sensibile al consenso di moltitudini di elettori localizzati in regioni dove c'e' interesse primario a ricevere maggiore spesa pubblica ma senza pagarne i costi in termini di maggiori tasse, costi che vengono invece scaricati sui cugini "ricchi" di altre regioni. Questo corrisponde a "modelli di interessi geografici contrapposti quei modelli che considerano le problematiche che sorgono nei contesti in cui il beneficio della spesa pubblica e il suo costo non coincidono territorialmente." e "qualche meccanismo di common pool (problemi di asimmetria tra chi paga e chi riceve il beneficio della spesa pubblica) e/o  di voto di scambio (pork barrell politics)" del testo dell'articolo.

Ipotesi 2) i deficit/avanzi regionali sono semplice conseguenza meccanica e diretta di diversi livelli di reddito pro-capite, tassati in maniera progressiva (corrisponde a "più banalmente  il risultato di gap di reddito permanenti e di fiscalità progressiva")

Studiando le correlazioni sulle serie storiche dei deficit/avanzi regionali la conclusione e' che gli squilibri pubblici regionali non trovano giustificazione nei diversi livelli di reddito pro-capite regionali, mentre appaiono essere correlati (e per me ovviamente causati) semplicemente dal livello di influenza dei politici meridionali nel governo centrale.

Intanto complimenti anche da parte mia. Avrei incluso nell'articolo i risultati econometrici stimati perche' credo  siano la parte piu' importante della versione accademica di questo post.

 

Ci sarebbe anche da trarre delle conclusioni di policy. Oltre a questi deficit regionali, sappiamo anche che l'impatto di tasse e spesa sono regionalmente skewed. In sostanza, per risolvere il deficit nazionale le politiche finora adottate vogliono ricorrere ad un aumento di tasse. Questo significa voler aumentare ancora di piu' il surplus da regioni virtuose per compensare il deficit di altre regioni (guardiamo per esempio all'impatto regionale dell'IMU che e' piu' accentuato su delle regioni piuttosto di altre). Invece una diminuzione della spesa pubblica diminuirebbe il deficit totale riducendo di piu' il deficit meridionale piuttosto che aumentare il surplus settentrionale.

 

Insomma, se si vuole ridurre il deficit totale bisogna giustamente vedere come e' composto, e adottare una politica fiscale che si focalizzi chirurgicamente sulla fonte del problema. Non si puo' piu' pretendere di salvarsi spremendo sangue dai sassi.

Sono d'accordo, in effetti guardare i dati in questo modo disaggregato spiega il profondo errore della politica di rientro basata sulle tasse.  Non solo sono procicliche, e passi, eravamo sull'orlo del baratro, ma  essendo distorsive stanno colpendo asimmetricamente le regioni del centro nord che sono già in surplus totale per oltre 5 punti. Da questo punto di vista forse il severo giudizio sulla manovra meno irpef più iva.... andrebbe ri-ponderato? Teniamo presente che i deficit regionali del mezzogiorno aumentano incredibilmente proprio con la riforma fiscale degli anni 70 che sposta in gettito dalle imposte indirette a quelle dirette.

Grazie per questo interessante articolo, le cui indicazioni collimano con le mie personali convinzioni politiche, secondo cui il secondo maggior problema dell'Italia dopo lo sfascio della giustizia specie civile consiste proprio nei modi e nella cultura politica con cui il potere centrale "gestisce" le differenze di reddito regionali e l'acquisto di consenso con la spesa pubblica.

L'incentivo dei politici a "comperare" consenso nelle regioni povere tassando maggiormente le regioni ricche, acquistando piu' voti nelle regioni povere di quanto se ne perdono nelle ricche a causa dei diversi livelli di reddito (e dei paraocchi ideologici diffusi nel centro-nord) e' un elemento secondo me dominante della politica italiana e ne spiega abbastanza bene le distorsioni, la scadente qualita' e i continui fallimenti.

Riguardo a cosa determina i trasferimenti netti dal centro-nord al sud, per quanto strano possa sembrare non sono tanto le aliquote progressive IRPEF (nel Sud i redditi sono piu' sperequati, e ci sono molti redditi statali elevati che non sfuggono al fisco, quindi ci sono parecchi redditi IRPEF elevati), ma altri "strumenti" di politica fiscale tipici dell'Italia.

Lo "strumento" piu' importante secondo me come entita' e' il molto maggiore livello di evasione fiscale del settore privato dell'economia nel Sud rispetto al resto d'Italia (vedi Padoa Schioppa e l'evasione fiscale, Trasferimenti di ricchezza tra regioni italiane).

Altri "strumenti" attivi nel determinare i residui fiscali sono le prestazioni assistenziali dovute (pensioni sociali) e non dovute (false invalidita').

Andando ancora piu' nel dettaglio, anche alcune recenti norme approvate dal governo presunto nordista Berlusconi-Tremonti-LN, contribuiscono ad aumentare i trasferimenti nord-sud in maniera anche stupida quando si considerano gli incentivi impliciti (social card di Tremonti e premio Gelmini ai 100 della maturita') .

Gli studi elencati prendono in considerazione il "peso degli eletti nelle varie macro regioni nel governo". Probabilmente questa e' una delle migliori ipotizzabili variabili esplicative nel determinare i residui fiscali. Credo si possano trovare correlazioni anche col livello di consenso ai partiti delle maggioranze di governo nelle diverse macro-aree. Come osservava gia' Turati alla fine del 1800, una costante della politica italiana e' il maggior consenso al governo centrale nel Sud rispetto al Nord (dove il consenso al governo tende ad essere in minoranza).

 

Solo un cambiamento radicale nell’assetto istituzionale dello stato che metta fine o almeno limiti questi processi degenerativi può sperare di intaccare alla radice le cause degli squilibri fiscali italiani.

 

Concordo. Secondo me questo dovrebbe essere il punto n.1 o n.2 di FiD, non il n. 10.

Far risalire tutto al clientelismo è troppo semplicistico. Anche nell'amministrazione regionale Siciliana, che può essere presa ad esempio di clientelismo sfacciato - da sradicare, per carità - i dipendenti sono ventimila, su cinque milioni di abitanti.

 

Invece si spiega benissimo con l'assenza di un'idonea base produttiva: dovendo garantire prestazioni idonee nella scuola, nella giustizia, nella pubblica sicurezza, nella sanità, evidentemente queste spese non saranno coperte dalle tasse prodotte sul posto, ma dovranno essere sostenute con quelle prodotte nel resto del paese.

 

C'è qualche alternativa?

L'autore non lo dice esplicitamente, ma leggendo fra le righe mi sembra di capire che la soluzione suggerita sia di eliminare la spesa sociale, ma solo nelle regioni del sud: niente scuole, niente ospedali, niente pensioni etc. Oppure un aumento della tassazione, sempre nelle sole regioni del sud, fino al punto di finanziare localmente tutta la spesa sociale: sarei curioso di sapere il livello delle aliquote necessario.

Caro Luciano,

lei ignora le ragioni storiche e politiche che sono alla base delle differenze regionali italiane. Queste differenze sono il frutto dell'unificazione italiana, e del mantenimento della stessa. Delicati equilibri interanzionali non permettono nè un riequilibrio della politica fiscale come da lei auspicato. Nè la dissoluzione dello stato italiano in sottoregioni. Il primo garfico che lei mostra dimostra inequivocabilmente che la grande divaricazione dei debiti pubblici fra l'Italia e la media dei paesi da lei considerata avviene intorno ai primi anni ottanta. Responsabile di questo evento è il cosiddetto divorzio fra banca d'Italia e tesoro e l'esplosione degli interessi sul debito. Nello stesso periodo la spesa pubblica italiana è diminuita. La fonte di quello che dico è una recente pubblicazione sull'andamento storico della spesa pubblica italiana mi sembra edito dal ministero del tesoro. il testo è facilmente reperibile in internet. 

cordiali saluti

 

m.

la fonte che riferivo al post precedente la trovate al seguente link

 

www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Servizio-s/Studi-e-do/La-spesa-dello-stato/La_spesa_dello_Stato_dall_unit_d_Italia.pdf

 

lo studio è condotto dalla ragioneria generale dello stato. la statistica parte dall'unità e arriva al 2009.

 

buona lettura

 

 

m.

Nella tabella sui residui fiscali si legge che al Sud abitano 11.2 milioni di persone, mentre al Centro 20.7 milioni. Credo che i due dati siano invertiti ( demo.istat.it/pop2010/index.html ). Per il resto, è un articolo interessante.

Si me ne scuso, nel paper è corretto, deve essere stata l'importazione della tabella a creare problemi.