Previdenza: una riforma radicale

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Non si tratta di applicare cerotti, cambiare sistemi di calcolo, anni di computo. La riforma che propongo è decisamente radicale. Come nel caso della sanità non è frutto di fervida fantasia ma la constatazione che altri paesi adottano sistemi diversi e che questi hanno diversi argomenti a favore, pur non mancando quelli contro, come è ovvio per ogni "sistema". In questo documento prima illustro la proposta, chiedendo anche la vostra collaborazione per pesare i pro e contro, e poi passo alla possibile applicabilità: graduale o praticamente immediata. L'emergenza di questi mesi suggerisce pero' di decidere in fretta per una applicazione in tempi rapidi. Spero che il dibattito qui possa aiutarci a chiarire se agire subito o con la dovuta gradualità. Prima però bisogna vedere se l'idea di una pensione con una parte uguale per tutti è accettabile.

Immaginiamo un sistema completamente diverso dall'attuale. In parte lo si sta già facendo, affiancando i fondi pensione all'INPS. Tuttavia non funziona. I fondi pensione non decollano perché le trattenute INPS sono cosi' elevate ed il netto in busta è cosi' magro che nessun lavoratore puo' destinare grandi importi ai fondi pensione. Attualmente le trattenute previdenziali sono una giungla abbastanza complessa ed inestricabile (come troppe cose in Italia) ma arrotondando per semplicità abbiamo aliquote dal 17.4 al 18.8% per artigiani e commercianti (19.17% per i parasubordinati) e del 32.35% per i lavoratori dipendenti dello stato (41.6% per gli operai dell'industria).

Poi si sono altre trattenute (DS TFR CIG Malattia ANF Maternità) e per gli operai dell'industria arriviamo ad un totale del 50.16% (fonte un documento della CGIL Emilia Romagna sul cuneo fiscale). Oltre a questo 50% poi bisogna pure pagare le imposte progressive sul reddito. Le aziende poi pagano IRAP ed imposte sugli utili ed è inutile ricordare come tutto questo, unito ad una burocrazia asfissiante ed uno stato incapace di dare servizi di qualità, comporti una pesante tara sulla produttività e nella competizione internazionale.

Le aliquote contributive sono cosi' elevate perché tendono, malgrado il rapporto quasi 1:1 tra lavoratori e pensionati, a dare una pensione proporzionata allo stipendio percepito durante i periodi di contribuzione. Questo è pienamente legittimo per i sistemi a contributivi a capitalizzazione, dove veramente il prelievo viene accumulato in un fondo ed erogato come rendita, con gli interessi, quando si va in pensione. È meno lecito invece in un sistema a compartizione, in cui il prelievo di oggi viene subito versato nelle pensioni di oggi. In passato la riforma Dini ha cercato di sfuggire a questa trappola calcolando la pensione come simulazione di un sistema contributivo. Ma il sistema INPS rimane un sistema retributivo a compartizione. Le simulazioni sono differenti dalla realtà. Nulla di quanto versato all'INPS si accumula. Tutto viene immediatamente distribuito e le pensioni dei dipendenti superano (malgrado le aliquote elevate) il volume raccolto con i contributi. Lo stato interviene con una novantina di miliardi ogni anno ad integrare sia la previdenza che la parte di assistenza.

Allora immaginiamo che, come in altri paesi, il sistema retributivo a compartizione non distribuisca una pensione proporzionata ai versamenti fatti in passato ma che sia una sistema universale che eroga un importo uguale per tutti, pari al minimo vitale individuale. Poi con i fondi pensione uno integra e va oltre il minimo. Qui si' con rendite doverosamente proporzionate ai versamenti, con l'accumulo anno dopo anno degli interessi.

Un sistema simile, ripeto universale, sarebbe identico per dipendenti ed indipendenti quindi tutti dovrebbero obbligatoriamente contribuire. Quanto potrebbe incidere un sistema simile sulla busta paga o sui conti del lavoratore autonomo, dell'artigiano, del professionista? Indicativamente un 10-11% ma tutto dipende da quanto generoso è questo importo minimo, uguale per tutti. Quanto potrebbe erogare, ai pensionati di vecchiaia? Bene, per invogliare i beneficiari parto da un'ipotesi di mille euro netti (esentasse) a testa. Per essere universale e liberarmi concettualmente di problemi relativi alla vedovanza e reversibilità non che della necessità di assistenza per chi non ha mai lavorato, propongo che i 1'000 euro siano per tutti i gli over 65, anche se non hanno lavorato o contribuito (la moglie dedita a 40 anni di lavoro domestico in realtà ha lavorato ma non ha contribuito). Il calcolo è semplice e basta calcolare quanti sono gli over 65 per vedere quanto costa (1'000*12*totale_over_65). In base all'ultimo censimento 2001 (gli over 65 sarebbero quasi 11 milioni) il costo sarebbe di 128 miliardi e ritengo che sulla base dell'attuale popolazione attiva (circa 57.5%) 73.6 miliardi graverebbero sulla previdenza e 54.4 sull'assistenza (quindi sulla fiscalità generale). Da notare quindi che due anziani coniugi arriverebbero a prendere 2'000 euro netti al mese e che alla morte di uno dei due rimarrebbero sempre 1'000 euro al superstite, anche se non ha mai lavorato. Tre sorelle settantenni che vivono insieme avrebbero 3'000 euro al mese. Probabilmente la stragrande maggioranza dei pensionati oggi salterebbe sulla sedia, consapevole di avere tantissimo da guadagnarci. Se è vero infatti che la pensione media oggi è attorno ai 1'005 euro, 8 milioni di pensionati prendono meno di 1000 ed il 22% prende meno di 500 euro. Per una famiglia di due persone la soglia di povertà è di 999 euro e questa proposta eroga il doppio.

Una minoranza non esigua passerebbe da ricche pensioni d'oro ad importi che pero' sono decenti, dato che oggi a mille euro al mese non ci arrivano nemmeno moltissimi lavoratori. Questa è solo l'idea di massima, sia chiaro. Poi i dettagli chiedo a tutti voi di chiarirli ed arricchirli. Ma ora mi (vi) chiedo se un simile sistema sia auspicabile. Poi vediamo se è fattibile e come.

Vediamo intanto i benefici. Se la prima previdenza (retributivo a compartizione) incidesse per un 11% sul costo del lavoro (da dividere in parti uguali tra azienda e lavoratore) ed un secondo pilastro contributivo a capitalizzazione – vediamo poi se facoltativo oppure obbligatorio - incidesse per un 16% (anche qui in parti uguali) abbiamo finalmente spazio per un'assicurazione contro la disoccupazione degna di questo nome (direi che con un 3-4% abbiamo una raccolta sufficiente per l'attuale 8% di disoccupati) mentre gli altri prelievi (invalidità, infortuni, inabilità) costituirebbe un altro 3.3%. In tutto per il lavoro dipendente arriveremmo al 33-34% contro l'attuale 50%. Un taglio fortissimo al cuneo fiscale che comporta a:) buste paga piu' pesanti e rilancio dei consumi interni; b:) diminuzione dei prezzi dei prodotti e quindi anche in questo caso rilancio dei consumi ma anche c:) dell'esportazione. Rilancio dei consumi significa anche aumento dell'occupazione e della base impositiva se a parità di produttività serve piu' manodopera. Naturalmente anche il fatto che un buon 65-70% di pensionati avrà un considerevole aumento rilancerà i consumi interni, per lo meno per i beni di consumi di prima necessità. Ed anche il fatto che esiste una assicurazione disoccupazione che eroghi l'80 del salario assicurato (e sostituisce tonalmente la Cassa integrazione con un sistema universale) sostiene i consumi.

Un'altra parte dei risparmi puo' (anzi deve) andare a diminuzione del debito pubblico. Il bilancio dell'INPS passerebbe infatti da 194 miliardi di impegni e 287 di pagamenti (con 93 miliardi coperti dallo stato) a molto meno della metà. Il primo pilastro uguale per tutti costerebbe come visto 74 miliardi circa e la copertura assistenziale statale altri 55 circa. Il sistema del secondo pilatro sarebbe privato e quindi fuori dal bilancio dello stato). Il sistema pubblico inoltre sarebbe in equilibrio (anche ora lo è ma a caro prezzo) e non sarebbe in deficit. Ogni anno basta calcolare quanti sono gli over 65 (entrate meno uscite) e ricalcolare l'aliquota di prelievo. Molto dipende naturalmente dalla cosiddetta "base impositiva". È evidente che con un prelievo del 50% + imposte la fuga verso il sommerso è imponente ma se il prelievo diminuisse cosi' drasticamente, a quanta emersione potremmo assistere? Si rischia per risparmiare il 50% di prelievo ed avere in cambio pensioni che per il 70% dei casi sono da fame ma perché rischiare per risparmiare il 10% se la prospettiva è una pensione decente? Per alcuni decenni una parte di maggior introiti fiscali puo' essere mantenuto e andare a riempimento dellea voragine passata, con un positivo influsso sull'onere degli interessi pagati sul debito.

Prima di arrivare alla fattibilità vediamo se ho dimenticato qualche cosa. Sicuramente si: ho dimenticato le pensioni di anzianità. Se le avessero abolite un decennio fa non avremmo problemi ma ci sono e costano. Ora se la fattibilità prevedesse una gradualità (40 anni di tempo per introdurre il sistema, partendo dai giovani) è chiaro che le pensioni di anzianità non sarebbero un ostacolo. Basta abolirle, lasciando estinguere gradualmente quelle in essere, senza toccarne gli importi. Tuttavia l'emergenza di arrivare, dopo decenni di rinvii, a riforme strutturali importanti ci obbliga a prendere in considerazione l'ipotesi di partire immediatamente con una simile riforma. Il che vuol dire che, per esempio, dall'1.1.2012 cambierebbero istantaneamente trattenute e pensioni. Che fare allora con le pensioni di anzianità in essere? Anche per loro potremmo prevedere i 1'000 euro a testa ma non piu' esentasse e con una penalizzazione del 2% per ogni anno anticipato. Il sessantenne quindi prenderebbe 900 (il doppio se sono in due) e pagherebbe le imposte. Qualcuno si lamenta dei diritti acquisiti? Avrebbe ragione, ma in caso di default non ci sono diritti acquisiti e forse meglio 900 che nulla. Aver aspettato 20 anni a riformare seriamente la previdenza comporta cure da cavallo. Dalla proposta qui presentata ci guadagnano la maggioranza del pensionati e la totalità di lavoratori ed aziende. Non mi faccio un problema se qualcuno deve pur perderci. Libero se vuole di tornare a lavorare, visto che si presume che l'aumento dei consumi comporterà maggiore occupazione. Ma se rimane in pensione servono una ventina di miliardi (a scalare mano a mano che l'anzianità si trasforma in vecchiaia) e quindi si passa da un ipotetico 11% ad un 14% scarso, che diminuirebbe negli anni per tornare all'11% se le pensioni di anzianità venissero immediatamente abolite (e sarebbe ora).

Sicuramente ci sono altri aspetti da definire. L'assistenza sociale di chi è sotto i 65 anni, la reversibilità per chi è sotto i 65 anni. Sono tuttavia aspetti che pur importanti sono risolvibili, considerando l'enorme volume di risorse liberate da questo cambiamento. Inoltre passiamo da un sistema che genera debito ad uno che accumula capitali nei fondi, capitali che possono essere investiti nell'economia (obbligazioni, fondi, azioni, immobili). Questa riforma, unita a quella sulla sanità, mette nelle tasche degli italiani piu' soldi e la possibilità di scegliere tra diverse assicurazioni e diversi fondi pensione, avendo anche buste piu' pesanti nonché beni e servizi meno cari.

Ritengo che queste siano le riforme che il mercato si aspetta e che gli italiani dovrebbero accettare, anche se la medicina per qualcuno sembra amara. Personalmente mi sono trovato ad apprezzare questo sistema previdenziale (e quello sanitario) quando sono emigrato (il sistema esiste veramente e funziona), e con me milioni di italiani.

Questa è una proposta di massima e puo' essere approfondita ed arricchita con il contributo di tutti. In particolare vi chiedo se il concetto di una pensione uguale per tutti da abbinare ai costituendi fondi pensione sia accettabile e che tipo di implementazione (rapida o graduale) sia preferibile, considerata l'attuale situazione.

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Commenti

Ci sono 215 commenti

Francesco usi dati vecchi sugli over 65. Sono 12.200.000. Il costo del lavoro, sempre secondo l'Istat, è pari al 75% di reddito e 25 % di contributi (e non 50 e 50). Anche perchè se il prelievo fosse il 50 %, e a questo aggiungessimo i.v.a.,e balzelli vari avremmo una pressione fiscale del 100%.

Con questo non voglio dire che il tuo sistema sia sballato, solo che dovresti rivedere i conteggi.

Io, ovviamente, sono favorevole ad un sistema pensionistico completamente privato di tipo contributivo, e solo l'assistenza demandata aun organismo statale.

Scusa la domanda: a parte gli outliers ci sarebbe un motivo per il quale un ipotetico operaio/impiegato che ha versato i contributi e ha pagato le tasse dovrebbe vedersi decurtare la pensione a favore di un ipotetico commerciante/agricoltore che non ha pagato ne' tasse ne' contributi?

Grazie per le info sul numero attuale di over 65. Tra qualche giorno approfittero' di altri vostri eventuali suggerimenti e dati per attualizzare i calcoli.
Avevo trovato solo i dati dell'ultimo censimento ma questa banca dati è molto meglio.

Per quanto riguarda il costo del lavoro avevo preso i dati da questo documento della CGIL sul Cuneo Fiscale. Parto dal presupposto che i sindacati sanno bene a quanto ammontano le trattenute in busta. Basta sommare le percentuali di trettenute a carico del datore di lavoro a quelle a carico del dipendente (indicate dal documento) per vedere dove ho attinto i miei dati. Il documento ISTAT è interessante ma non compredo come faccia il calcolo. Se osservi la tabella "tav 9 segue" vedi che anche li' si arriva al 40% (anche 42% nelle costruzioni) e che il totale mostra una media del 36% (diversa dal 25 di tav 5). In questa tav 5 si parla di "costo del lavoro in senso stretto" e chi sa a cosa si riferisce puo' spiegarlo. Credo (a naso) che si riferisca al costo dei contributi che sono a carico dell'azienda, in quanto quelli a carido del dipendente, anche se effettivamente detratti e pagati dall'azienda, sono nominalmente a carico del lavoratore e non sono un costo dell'azienda, cosi' come non dovrebbe esserlo la parte di tasse del dipendente.

immagino che tu ti riferisca alla tabella  a pag 3 del documento del sindacato,in riferimento ai dati degli operai:li risulterebbe il 50,16% di ritenute previdenziali,pero' calcolato sul lordo retributivo e non sul costo del lavoro...secondo me il calcolo giusto dovrebbe essere 50,16/140,97=35,58% che sarebbe la percentuale di contribuzione previdenziale rispetto al costo del  lavoro (che sarebbe ancora piu' bassa se conteggiamo anche l'IRAP sul costo del lavoro...posto che mi pare comunque che alcune norme per detassare,magari almeno in parte, il costo del lavoro dall'IRAP siano state introdotte).O sbaglio?E comunque a me risulta che attualmente l'aliquota per i lavoratori dipendenti sia pari al 9,49 e quella a carico dei datori di lavoro (solo riguardo alla previdenza) il 23,51 (oppure come identificato a pag 2 il 9,19 e il 23,81) ,il cui totale fa 33 (sulla retribuzione in busta paga).Poi c'è una cosa che non mi quadra nella tabella:sotto la voce contributi prevenziali/azienda è scritto 32,7...mi pare un po' troppo,visto che gli altri contributi vengono poi messi a parte e la somma fa 40,97...secondo me hanno messo il totale dei contributi a carico sia di azienda che di lavoratore,salvo poi mettere di nuovo sotto i contributi a carico del dipendente...se la prima voce riguarda solo i contributi previdenziali a carico dell'azienda,allora mi sa che non sono 32,7 ma semmai 23,51...e infatti,nella pagina prima,dove ci sono anche i dati in euro,si vede che come aliquota previdenziale del datore di lavoro si computa il 23,81 e non il 32,7 che viene sommato al 7,13 e all'1,14 che fanno 8,27,uguale al totale dei contributi elencati nella pagina dopo.Utilizzando i dati contenuti a pagina due si ottiene che:contributi datore di lavoro 8.020 euro,contributi a carico del dipendente 2.297,5...totale 10.317,5 euro di contributi totali a fronte di un costo del lavoro (comprensivo dell'IRAP) pari a 34.423,35...facendo il calcolo percentuale,il peso di tutti i contributi diversi dalle imposte sul costo del lavoro ammonterebbe al 29,97 %...credo che il calcolo corretto sia proprio questo da fare e cioè il totale dei contributi pagata da datore e lavoratore in rapporto al costo del lavoro.O sbaglio?Se poi limitassimo il calcolo solo ai contributi previdenziali a fini pensionistici,la percentuale si ridurrebbe ancora e sarebbe:8250 (somma di 5.952,5 e 2.297,5) diviso 34.423,35 = 23,96% peso della contribuzione a fini pensionistici sul costo del lavoro.

 

Personalmente apprezzo molto il "concetto" di questa proposta. 

Come quella che hai fatto sulla sanit è una proposta sensata**, che si potrebbe anche riuscire a far accettare al paese, in quanto alleggerisce il ruolo dello stato senza eliminarlo.

Insomma: una proposta come quelle di Marco Esposito creerebbe barricate, questa ha più chances.

Accettabile teoricamente perchè, per essere accettata, qualcuno dovrebbe proporla e, fuori dal questo sito, proposte del genere non ne sento e mi domando perchè. L'opposizione dice che il governo non ha fatto le riforme che servono al paese, queste mi sembrano interessanti mentre da loro non ho sentito nulla se non vaghi discorsi.

PS

** quindi, quando deciderai di invadere il paese, alla testa di un manipolo di disperati, per imporle mi faccio trovare pronto a Ponte Chiasso :-)

 

Visto che mi chiede così gentilmente rispondo:

L'idea di base mi piace molto e ci penso da parecchio, da quando ho letto (qualche anno fa sulla pagina economica de LaStampa, credo) di un idea ancor più radicale definita allora "reddito di cittadinanza" che grossomodo prevedeva una cifra più bassa (poco meno della metà), ma per tutti i maggiorenni, finanziata con la fiscalità sui redditi e sostitutiva di ogni prestazione simile (assegni familiari, cassa integrazione, pensioni..); da profano non so se l'idea sia delirante o fattibile (a occhio direi delirante, comunque), ma da subito ho pensato: "però come sistema per le pensioni sarebbe ottimo". Quindi sono estremamente favorevole (se non ci sono gravi controindicazioni tecniche che io non ho gli strumenti per vedere).

Trovo che sia un sistema più equo (l'esempio della casalinga è perfetto), meno burocratico (quindi più economico nella gestione) e che permette una migliore pianificazione individuale.
Inoltre rispetto a un sistema completamente privato ha il vantaggio di fornire un paracadute accettabile per ogni situazine marginale (da chi ha scelto di non integrare per nulla a chi ha investito male, alla casalinga), anche scegliendo una cifra inferiore (con il sitema a regime quasi chiunque potrebbe avere un integrazione, quindi non bisogna calcolare la pensine fissa come unica fonte di reddito).

Credo però che l'unica implementazione possibile sarebbe graduale, per vari motivi:

  •  in molte situazioni individuali gli effetti immediati sarebbero drammatici e porterebbero a proteste generalizzate, per fare un esempio: un/a pensionato/a single che oggi prende tra i 1500€ e 2500€ (e ha un tenore di vita adeguato e pochi risparmi) si ritroverebbe la vita stravolta (e probabilmente dovrebbe pure cambiare casa, mentre adesso riesce anche ad aiutare figli e nipoti) senza averne colpa, senza avere la possibilità di regolarsi di conseguenza e neppure un'età in cui è facile adattarsi (l'avesse saputo prima avrebbe gestito diversamente il proprio reddito e adesso avrebbe un'integrazione adeguata, inoltre avrebbe guadagnato molto di più e i risparmi sarebbero adeguati alla situazione).
    Vero che quando si rischia il default i diritti acquisiti contano meno, ma perché scegliere queste persone? tanto vale fare una patrimoniale definitiva (tipo confiscare tutti i depositi bancari e assimilabili) e finanziare in quel modo il proseguimento delle pensioni in essere (e in parte quelle dei prossimi 10 anni, con una progressività simile a quella del "sistema misto" della riforma Dini).
  • anche se limitata ai soli pensionati e pensionandi (diciamo agli over 55) l'applicazione immediata sarebbe di fatto una manovra di redistribuzione del reddito in stile sovietico e credo che una rottura dei patti e del modello sociale così evidente e traumatica non potrebbe portare nulla di buono.
  • non si può sperare che gli attuali pensionati di anzianità trovino lavoro per compensare l'ulteriore riduzione proposta: l'incremento occupazionale è prevedibile, ma non automatico e sicuramente non immediato (mentre la nuova pensione scatterebbe subito), senza contare la concorrenza dei più giovani (il modello superfisso non è poi così folle su una scala temporale molto breve, no?).

 

Insomma: l'idea generale mi piace ed essendo lontano dalla pensione farei cambio molto volentieri

I motivi esposti mi sembrano tutti perfettamente condivisibili.

Una decina di anni fa immaginavo una implementazione in tempi lunghi (40 anni) iniziando dai giovani.
Oggi sono per tempi rapidi ma anche 5-10 anni vanno bene.
Un altro fattore che puo' ammorbidire il salto è quello di avere non un importo unico uguale per tutti ma una scala che va da quel minimo (1000) ad un massimo che è pari al doppio (la scala è calcolata sulla base degli importi versati con la simulazione DINI).

È pero' difficile da parte mia stimare i costi di una simile variante. Certo che non costa il doppio e forse non costa nemmeno per un fattore 1.5. Probabilmente tra 1.3 e 1.4.
Non conosco i percentili delle varie somme versate (quante persone per quali redditi) e quindi non so immaginare come si trasforma il costo rispetto all'idea (semplice) dell'importo uguale per tutti.

 

 

 

Credo però che l'unica implementazione possibile sarebbe graduale, per vari motivi:

 

Sulla carta anche a me piace, ma condivido i motivi di perplessità. Uno Stato non può riformare IMHO un sistema vitale come quello delle pensioni venendo meno agli impegni presi con i suoi cittadini (che hanno oltretutto pagato per decenni i contributi). Un sistema del genere sarebbe politicamente/socialmente praticabile soltanto se introdotto con gradualità, difendendo, per quanto possibile, i diritti maturati.

Mi piacerebbe però conoscere il punto di incrocio tra  "fattibilità" e  "utilità residua" di questa proposta: cioè che qualcuno (io non so farlo) calcolasse e proponesse un punto di compromesso tra rispetto degli impegni (nei confronti di chi è già o sta per andare in pensione) e una manovra ancora efficace.

Così com'è, sempre IMHO, è impraticabile anche se suggestiva.

nb: quando ho scritto non avevo ancora letto la replica di F. Forti.

 

un/a pensionato/a single che oggi prende tra i 1500€ e 2500€ (e ha un tenore di vita adeguato e pochi risparmi) si ritroverebbe la vita stravolta (e probabilmente dovrebbe pure cambiare casa, mentre adesso riesce anche ad aiutare figli e nipoti) senza averne colpa, senza avere la possibilità di regolarsi di conseguenza e neppure un'età in cui è facile adattarsi (l'avesse saputo prima avrebbe gestito diversamente il proprio reddito e adesso avrebbe un'integrazione adeguata, inoltre avrebbe guadagnato molto di più e i risparmi sarebbero adeguati alla situazione).

si potrebbe immaginare una qualche forma di compensazione temporanea e decrescente nel tempo per coloro che hanno versato contributi elevati per molti anni: prendono la pensione universale di 1000+ un indennizzo proporzionale a quello che gli pagherebbe un fondo complementare che avesse ricevuto i contributi in passato.  

Non molti anni or sono esistevano trattamenti pensionistici erogati non dall'INPS, ma da enti riconducibili a specifiche categorie professionali. Per esempio, alcune Banche e Casse di Risparmio avevano istituito fondi pensione che corrispondevano ottime pensioni ai dipendenti in quiescenza, utilizzando le rendite del patrimonio e, talora, contribuzioni delle aziende.

La riforma del sistema bancario nei primi anni '90 (legge Amato) ha portato alla trasformazione di quei fondi in fondi integrativi, assoggettando i dipendenti all'INPS. Col tempo, almeno alcuni di essi furono modificati, trasformando il diritto a percepire la pensione in quello a percepire un capitale; probabilmente la ragione di fondo era il crescere eccessivo degli oneri per le aziende, medio tempore trasformate in società per azioni e magari anche quotate.

Da questa vicenda trarrei due osservazioni:

1 - la proposta di Francesco Forti segnerebbe un parziale ritorno al passato, sottraendo all'INPS uno status di monopolista che - credo - la politica vorrà difendere;

2 - in ogni caso si porrebbe il problema del funding delle pensioni contributive: a carico dei soli lavoratori o con integrazioni da parte dei datori? si consideri che le casse previdenziali dei professionisti pongono a loro carico una certa contribuzione, parametrata al reddito professionale, ed un'ulteriore contribuzione integrativa calcolata sul fatturato, che è traslata sui clienti.

In realtà quello che propongo è che INPS rimanga (anche piu' di adesso) unico attore sul terreno per la previdenza retributiva a compartizione. Quindi non capisco come tu possa vedere un ritorno al passato che non voglio. Ho parlato di un sistema universale, unico per dipendenti ed indipendenti, ditte individuali (e parasubordinati).

Il problema del founding delle pensioni contributve a capitalizzazione lo vedo come a carico di entrambi, datori e lavoratori, in parti uguali (ognuno dell'8%, per esempio). Ma se un'azienda vuole invogliare le assunzioni, puoi anche offire prestazioni migliori (per esempio a suo carico un 10% per offrire tempi piu' rapidi di pensionamento oppure rendite maggiori).

 

 

Mi piace l'impostazione, la logica di fondo mi sembra quella che andrebbe applicata un po' a tutto, ossia lo stato garantisce a tutti un minimo per il resto ognuno fa per se.

Due osservzioni:

 

  1. Secondo me il post va integrato chiarendo meglio il significato delle percentuali ad es dallo scambio di battute con Marco Esposito uno che non mastica capisce veramente poco
  2. Come rilevato anche da altri commentatori la transizione E' la criticità principale, occorre trovare un modo intelligente di ripartire il peso del gap tra sistema attuale e sistema rifrormato

 

Sul punto 1 mi par di capire dal link di marco che secondo l'Istat fatto 100 il costo di un lavoratore per l'impresa circa 75  sono stipendio  circa 25 i contributi. E' così? Mancano pezzi? Stiamo dicendo quindi che se uno prende 1000€ lordi ne costa all'azienda 1333?  Io avevo in testa in rapporto tra costo del dipendente e retribuzione di tipo 1,7 o 2 includendo tutto (btw non solo i contributi. Poi però sullo stipendio lordo il lavoratore paga la sua parte di contributi (qualcosa tipo 11% del suo lordo?).Insomma io direi che va esposto in modo più chiaro sti contributi quanto pesano e su chi gravano e individuata una formulazione chiara la inserirei nel post.

Sul punto 2 se A sono le pensioni attuali e B l'ipotesi 1000€ direi che la differenza A-B direi che andrebbe  ripartita proporzionalmente nel tempo tra chi lavora e chi è già in pensione. Riducendo gradualmente sia i contributi che le prestazioni

 

 

Mischiare mele e pere fa male -).

L'Istat calcola il costo di un lavoratore includendo anche il TFR (adeguandosi quindi ad Eurostat), i contributi previdenziali sono il 20% circa dello stipendio di un lavoratore, poi ci sono altre trattenute, tasse comprese, che portano questo livello a 1,5/1,6.

Ho letto il documento linkato da FF, e l'errore è nella definizione di "cuneo fiscale", che è un'altra cosa, e non sono i contributi, a pag. 2 il grafico a torta riporta (correttamente) : retribuzione lorda 74%. Poi l'Istat considera l'universo globale, i parasubordinati pagano meno contributi I.N.P.S. e fanno scendere la media. Il dato esatto è quello dell'Istat, quello della CGIL è un documento per dimostrare che gli autonomi hanno maggiori vantaggi dei dipendenti. (il fatto che non vedranno un € dall'INPS sembra non interessare la CGIL).

Francesco, in quale paese è già applicato questo sistema?

Io avevo letto un articolo sul New York Times sul sistema previdenziale del Cile, un sistema a capitalizzazione individuale che sembra essere una buona alternativa.

Francesco, in quale paese è già applicato questo sistema?

Ho letto tutto l'articolo velocemente, ma per quanto ho capito, credo descriva il sistema che usiamo nel Regno Unito.

L'idea di base è sacrosanta, la pensione universale deve coprire il minimo vitale, oltre non può essere a rischio ed onere della comunità.

 

Io avevo letto un articolo sul New York Times sul sistema previdenziale del Cile, un sistema a capitalizzazione individuale.

 

A quanto ne so Olanda e Svizzera (ma ce ne sono altri) sono paesi in cui i fondi pensione - capitalizzazione privata regolata da legge nazionale - superano il PIL.

In Italia a superare il PIL è il debito, generato in 30 anni per vari motivi, tra cui  c'è una previdenza in rosso, e che per l'onere eccessivo sui salari disincentiva al lavoro e spinge verso il sommerso. 

Se Olanda e Svizzera sono ai primi posti nei sistemi previdenziali (oro e argento) un motivo ci sarà.

Il rapporto, per gli approfondimenti è qui.

Il fatto che la previdenza di base costi in CH il 10% sulla busta paga e che i fondi pensione siano attorno al 16% (quindi totale 26%) dimostra che si possono avere pensioni migliori pagando meno.

In Italia se da un lato ci sono 12.2 milioni di over 65 (come prima chiarito da marco esposito) va anche detto che i percettori di pensione sono 16 milioni. Ed i lavoratori dipendenti sono solo 12.

Insomma per far quadrare il cerchio, qualcuno ne soffrirà. Questo è il dramma di riformare un siste squilibrato ed iniquo. C'e sempre qualcuno che si incazza.

 

 

Una minoranza non esigua passerebbe da ricche pensioni d'oro ad importi che pero' sono decenti, dato che oggi a mille euro al mese non ci arrivano nemmeno moltissimi lavoratori.

 

Temo che la "minoranza" sia molto consistente e che la tua definizione di "decenti" sia molto diversa dalla loro (e dalla mia). Bisognerebbe perlomeno introdurre una clausola di salvaguardia del tipo - la pensione cumulata secondo i coefficienti attuariali non può essere inferiore ai contributi versati.

 

 

al che a quel punto,basta allo stato attuale,abolire le pensioni di anzianità,mandare tutti in pensione a 65 anni (che vengono automaticamente aumentati con revisione ogni 3-4-5 anni se le aspettative di vita aumentano) con il metodo contributivo,fissare un minimo vitale e chi non raggiunge quel minimo,lo si integra con la fiscalità generale (non tramite traferimento all'INPS,ma come assegno pagato dal ministero delle politiche sociali a parte,cosicchè sia evidente che è assistenza e a carico della fiscalità generale,l'INPS dovrebbe pagare solo assegni pensionistici legati a versamenti di contributi a meno che non si stabilisca che sia economicamente piu' conveniente come costi,continuare a far svolgere questa funzione all'INPS,naturalmente pero' tenendo ben separate le due gestioni).Probabilmente in questo modo potresti pure ridurre un pochetto le aliquote (anche se non certo forse all'11,magari all'equivalente del 20 sul costo del lavoro,invece che del circa 25),lasciando comunque il sistema in equilibrio di medio-lungo periodo.Comunque ritengo che il problema pensionistico in Italia in realtà sussista solo per il periodo di transizione...una volta che tutti andranno in pensione con il metodo contributivo e con aggiornamento corretto ogni tot anni dei coefficienti di trasformazione per tenere conto delle aspettative di vita,mi pare che il sistema stia in piedi e probabilmente a regime si potrebbero anche ridurre un pochino le aliquote...la questione si pone,invece,per gli anni da qui all'entrata a regime del sistema contributivo (che significa quando saranno morti tutti coloro che prendono la pensione ancora con il metodo retributivo o pro-rata).Al di la di tutto,io comunque proporrei che per coloro che vanno in pensione con il sistema retributivo,l'INPS calcoli anche a quanto ammonterebbe l'assegno pensionistico se andassero in pensione con il sistema contributivo.Se la persona in questione non ha ancora 65 anni,fino al compimento dei 65 anni,gli si da l'assegno calcolato con il sistema contributivo e solo dai 65 anni in avanti l'assegno pieno (rivalutato per gli anni in cui non l'ha preso) che avrebbe preso con il retributivo al momento del pensionamento.

Grazie per l'interessante proposta. Sono perfettamente d'accordo con te quando sostieni la necessità di cure da cavallo. Al momento le pensioni attraggono la quota preponderante della spesa per politche sociali. Dal momento che ci sono ("è possibile immaginare" sarebbe più corretto...) numerose altre poltiche sociali con effetti marginali probabilmente molto maggiori sul benessere e sulla crescita di lungo periodo, trovo che riformare il sistema pensionistico sia una priorità assoluta. 

Trovo che alcuni aspetti della proposta siano particolarmente innovativi:

  • universalità del trattamento: si tratta letteralmente di una rivoluzione per il nostro sistema. Se non sbaglio, il nostro paese ha un numero di trattamenti pensionistici violentemente superiore a qualsiasi altro paese OECD. Non solo. I trattamenti sono assai differenti e rispecchiano una cristallizzazione del balance of power nelle relazioni politiche e industriali del passato più che criteri attuariali. Non c'è bisogno di rimarcare quanto una completa equalizzazione semplificherebbe le procedure amministrative e renderebbe più trasparente il versamento dei contributi.
  • minimalità: affidare alla gestione statale solamente la copertura dei livelli minimi non può che aumentare lo spazio di scelta degli individui, lasciando alla competizione (si spera sempre agguerrita) la gestione dei risparmi personali. Questo permetterbbe di ridurre al minimo il prelievo contributivo "coatto", con relativo effetto positivo sulla disponibilità dei lavoratori a versare i contributi e sul costo del lavoro.

 

Ci sono tuttavia alcuni punti potenzialmente delicati:

  • finanziamento: la proposta sostiene l'universalità della pensione minima pubblica. Se non ho capito male, questa dovrebbe essere finanziata con un sistema pay-g con un prelievo contributivo sui lavoratori. Dal momento che il versamento pensionistico sarebbe universale, mi domando se non sarebbe più semplice caricarne il costo sulla fiscalità generale, coinvolgendo così anche redditi/rendite diversi da quelli da lavoro.


 

 

Se non ho capito male, questa dovrebbe essere finanziata con un sistema pay-g con un prelievo contributivo sui lavoratori. Dal momento che il versamento pensionistico sarebbe universale, mi domando se non sarebbe più semplice caricarne il costo sulla fiscalità generale, coinvolgendo così anche redditi/rendite diversi da quelli da lavoro.

 

 

Ipotizzo che per la quota di popolazione attiva (per esempio - non è cosi' ma facciamo finta - 50%) si provveda al finanziamento tramite prelievo contributivo (proporzionale) su chi lavora, mentre per la parte restante si provveda al finanziamento tramite la fiscalità generale (in parte proporzionale tranite imposte indirette ed in parte progressiva per le dirette). Quindi se dopo la riforma arrivassimo ad un allargamento della base contributiva (quelli che lavorano) possiamo subito diminuire la parte che viene finanziata dalla fiscalità generale.

La tua ipotesi comunque non è male. Mi pare che facciano cosi' in Svezia.

 

 

universalità del trattamento

Amen, la verità è che ci dovrebbe essere un'unica cassa obbligatoria per tutti!

lasciando alla competizione (si spera sempre agguerrita) la gestione dei risparmi personali. 

Attenzione, ci deve essere sempre l'opzione della gestione personale, come con i SIPP nel Regno Unito. Io il mio monte pensionistico me lo voglio gestire da solo. Se sbaglio, ho sbagliato io.

La proposta è assolutamente in linea con riflessioni sviluppate con amici e parenti. Riporto quindi elementi non solamente miei.

Il primo, già evidenziato, è l'iniquità di cambiare le carte in tavola a chi, come mio suocero, ha lavorato e versato contributi per oltre cinquant'anni (dai 14 ai 70) e ora percepisce un assegno decisamente decente, ma abbondantemente guadagnato. Questo mi fa propendere per una applicazione graduale, non applicabile alle pensioni di vecchiaia.

Secondo punto, non pensate che una pensione sociale, garantita a tutti, così consistente scoraggi ulteriormente il versamento dei contributi? Tenendo presente che sono certamente molti, se non la magioranza assoluta, coloro che non hanno uno stipendio superiore ai 1.300 euro e che, pagando i contributi, avrebbero quindi diritto ad una pensione di circa 1.000 euro. Meglio intascarsi tutto, magari pensando comunque ad un fondo integrativo, senza pagare Irpef, giovandosi delle facilitazioni per i redditi bassi (mensa gratis a scuola, niente ticket sanitario ...) e comunque prendendo una pensione uguale a quella ottenuta pagando anche solo un 10% di contributi e tutto il resto.

Prima proposta: introduzione graduale in 10-15 anni con parallelo passaggio immediato alla sola pensione di vecchiaia a 68 anni. Analisi e valutazione di diverso trattamento per le baby pensioni e pensioni di anzianità.

Seconda proposta: drastica modifica del sistema di ammortizzatori sociali legati alla disoccupazione, escludendo dalla pensione sociale tutti coloro che scelgono di non lavorare (e non parlatemi di casalinghe: è un'idea medievale quella di relegare una donna alla cura del focolare!). A tal proposito richiamo l'esempio della Danimarca dove viene corrisposta a studenti, disoccupati, cassaintegrati etc una somma pari allo stipendio minimo dei dipendenti pubblici al più basso livello, ma con l'obbligo di essere iscritto alle liste di collocamento, sostenre almeno due colloqui a settimana fissati direttamente dall'ufficio di collocamento (o simile) e non rifiutare più di tre lavori, a prescindere dalla qualifica.

 

Primo punto: applicazione graduale non applicabile alle attuali pensioni di anzianità.
Se l'anzianità venisse posta a 68 anni, come ormai sta si sta provvedendo un po' ovunque, e stante l'attuale aspettativa di vita (media donne e uomini) in Italia (82 anni) stai proponendo una graduale introduzione di 14 anni. Nel senso che tra 14 anni, decidendo ora, la riforma sarebbe operativa al 100%

Secondo punto: moral azard. E' un punto importante, che mi è già stato fatto osservare nella fase di pre discussione con chi mi sta piu' vicino. Occorre valutare i pro ed i contro. La garanzia di una pensione certa (perché economicamente sostenbile) di per sé aumenta la propensione al rischio durante l'età lavorativa (penso agli indipendneti e chi si butta per mettersi in proprio), cosi' come potrebbe aumentare la propensione all'ozio. Come bilanciare le due cose? La pensione sociale potrebbe essere inferiore, oppure quella lavorativa potrebbe in qualche modo essere legata al numero di anni di contribuzione, inserendo un premio se uno ha lavorarato di piu' (per esempio 20 anni su 40 rispetto a chi non ha mai lavorato).

Nota: stiamo già entrando nei dettagli di un sistema auspicabile, ma sono i dettagli quelli che contano.

 

 

e non parlatemi di casalinghe: è un'idea medievale quella di relegare una donna alla cura del focolare!

 

Non son d'accordo. Sarà che siam fermi al medioevo ma, in Italia, in diverse famiglie le donne son costrette a lavorare come casalinghe vuoi per i figli, vuoi per curare gli anziani, vuoi per curare persone con handicap, vuoi perchè il lavoro part time non vale la candela o non si trova. Non abbiamo, o meglio non abbiamo ovunque, i servizi sociali di supporto che può offrire la citata Danimarca, persino l'asilo nido in certe zone è un lusso!

 

A tal proposito richiamo l'esempio della Danimarca dove viene corrisposta a studenti, disoccupati, cassaintegrati etc una somma pari allo stipendio minimo dei dipendenti pubblici al più basso livello, ma con l'obbligo di essere iscritto alle liste di collocamento, sostenre almeno due colloqui a settimana fissati direttamente dall'ufficio di collocamento (o simile) e non rifiutare più di tre lavori, a prescindere dalla qualifica.

 

Bisognerebbe che gli uffici di collocamento italiani servissero a qualcosa, tieni conto che gli stessi che vi lavorano sono con contratto a tempo determinato. Personalmente mi sono iscritto quattro anni fa, mi avessero proposto qualcosa...

Nel Regno Unito funziona così: c'è una pensione statale, che è di £102.15 a settimana, che si può domandare dopo i 65 anni (diventeranno 66 fra qualche anno) se si è pagato 30 anni di contributi (o meglio, se si è lavorato guadagnando un certo minimo per 30 anni). Con meno anni di contributi (minimo 7 e mezzo), si piglia una frazione (con 7 e mezzo si piglia il 25%, cioé £25.54 a settimana).

Questa è la pensione statale di base. C'è un paracadute per gli over 80 residenti, che hanno tutti diritto almeno a £61.20 la settimana, indipendentemente dai contributi versati.

Oltre la pensione di base, ci sono 2 componenti statali aggiuntive, la pensione statale addizionale, ed il credito pensionistico.

La pensione statale addizionale è contributiva, e viene accumulata da chi guadagna più di un centinaio di sterline a settimana (quindi da tutti i dipendenti full time). Il contributo non è però molto elevato, per cui non si può arrivare ad ottenere più di £150 a settimana, e la maggior parte dei pensionati probabilmente non ottengono nemmeno la metà di quella cifra.

Il credito pensionistico è una deduzione sui redditi da capitale di circa £20 a settimana.

Oltre questo, il resto è tutto a rischio personale. Ci sono diversi tipi di piani pensionistici, tra cui i SIPP, che sono pensioni personali completamente autogestite (oltre a buoni, azioni ed oro, uno può comprarsi futures, opzioni, CFD e tanti altri strumenti) a proprio rischio e pericolo. Particolare interessante, lo stato restituisce l'imposta sul reddito pagata sulle cifre contribuite. Se quest'anno io mettessi £6000 nel mio SIPP, lo stato mi ritornerebbe indietro £4000, per cui avrei £10000 da investire. Il massimo totale esentasse in un SIP è £1.5 milioni, oltre si può andare, ma si inizia a pagarci tasse, per cui diventa meno conveniente.

Da notare per tutti che 100 sterline a settimana sono ben meno di 1000 euro al mese. La paga minima in UK è da fame, e chi si riduce a quella è povero.

Mi unisco al coro: il sistema ha MOLTO senso, ma il problema è la transizione.

trovo l'idea innanzitutto molto stuzzicante da un punto di vista teorico. si avvicina moltissimo al mio modello "lo stato ti dà un minimo (decente), per il resto vedi te". condivido alcune critiche, soprattutto quelle in merito alla gradualità (ahimé, riforme del genere da imporre in pochi mesi si possono realizzare solo coi carri armati**) ma penso che il sistema 1000=minimo 2000 o giù di lì=massimo sia una buona correzione.

 

unica domanda: gli immigrati? li calcoliamo nel computo? se versano per meno tempo? se non versano affatto (ricongiungimenti di familiari più anziani per lavoratori divenuti cittadini)? occorre pensare ad un modo per includerli nel calcolo - si tratta pur sempre di una fetta sempre più importante della popolazione.

** ma quando vuoi partire, fai un fischio :-)

 

unica domanda: gli immigrati? li calcoliamo nel computo? se versano per meno tempo? se non versano affatto (ricongiungimenti di familiari più anziani per lavoratori divenuti cittadini)? occorre pensare ad un modo per includerli nel calcolo - si tratta pur sempre di una fetta sempre più importante della popolazione.

 

Già. Questo è un aspetto che in Svizzera (che ha una percentuale altissima di immigati per motivi di lavoro ed è ambita come meta) è stato affrontato. Certo che li conteggiamo. Ma se poi decidono di tornare al paesello da pensionati, avranno come rendita un importo diverso. Infatti il minimo vitale (che qui ipotizziamo a 1000 €) è legato alla vita nel paese in questione (svizzera o italia) mentre altrove il costo della vita è diverso. Sul ricongiungimento di familiari anziani va detto che almeno in Svizzera è ammesso se esiste una certificazione (ed una documentazione all'altezza) sull'autosufficenza economica. Altrimenti non ti fanno entrare (e sei clandestino non puoi chiedere pensioni sociali).

La presenza poi di lavoratori è legata ad un permesso di lavoro (cosi' come un permesso per studenti è legata allo studio o quello turistico dura solo alcuni mesi). Se il lavoratore ha maturato la pensione dopo 40 anni di lavoro puo' rimanere, perché la definizione stessa di reddito vitale minimo certifica che è autosufficente, ma se uno di 63 anni arriva, lavora 2 anni e poi spera di rimanere ... avrà brutte sorprese.

Hai comunque evidenziato un aspetto importante. Appena si viene a creare un buon sistema assitenziale e previdenziale, occorre prevedere tutte quelle regole che servono a bloccare gli opportunismi. L'italia è un grande paese ma non puo' contenere 7 miliardi di abitanti.

 

 

Francesco la tua proposta di previdenza universale e' interessante e corrisponde piu' o meno a quanto accade nei Paesi civili ma, mi spiace fare il guastafeste, e' sbagliata e ingiusta in un sistema economico fortemente duale come quello italiano. Fissare una cifra uguale in tutta Italia (che verra' oltretutto poi finanziata prevalemente a Nord) e' ingiusto perche' il costo della vita, delle abitazioni e degli affitti e' significativamente diverso.

Il sistema attuale e' complessivamente scadente, e' anche ingiusto come il tuo per tutte le prestazioni assistenziali a cifra fissa in tutto lo Stivale, ma almeno nella parte contributiva mantiene una proporzionalita' sia pure molto attenuata tra quanto versato e quanto ricevuto, funzionale anche come gia' osservato ad incentivare i versamenti.

Ovviamente non avrei nessun problema ad implementare il tuo sistema in Italia regione per regione con contabilita' ermetica tra regioni diverse. In questo modo sarebbero i versamenti e l'evasione regione per regione che determinerebbero quante risorse sono disponibili per le prestazioni universali, che sarebbero anche democraticamente determinate in funzione delle reali necessita' medie della regione. In questo modo ogni regione sarebbe incentivata a perseguire l'evasione al suo interno invece che essere incentivata a permetterla per massimizzare i trasferimenti netti dal centro, come accade ora e ancora di piu' col tuo sistema.  Non bisogna dimenticare che siamo in Italia.

Ho visto diversi commenti sulle percentuali di contributi sul costo del lavoro. Mi sembra che i numeri di Marco Esposito siano piu' vicini a quelli che avevo cercato di determinare in Oppressione fiscale e detassazione degli straordinari.  I tuoi numeri mi sembrano eccessivi.

Fissare una cifra uguale in tutta Italia (che verra' oltretutto poi finanziata prevalemente a Nord) e' ingiusto perche' il costo della vita, delle abitazioni e degli affitti e' significativamente diverso.

E chi impedirebbe ai pensionati di Milano di trasferirsi a Catanzaro? Dopo tutto quelli di Pittsburgh vano a Miami...

Fissare una cifra uguale in tutta Italia (che verra' oltretutto poi finanziata prevalemente a Nord) e' ingiusto perche' il costo della vita, delle abitazioni e degli affitti e' significativamente diverso.

Innanzitutto nessuno impedisce al pensionato di spostarsi verso lidi meno costosi.

Poi, tenendo la pensione di base al minimo vitale, si mitiga molto l'eventuale problema che sollevi, ed in ogni modo, poi l'individuo può decidere di crearsi, a suo rischio e pericolo, un suo monte pensionistico, che potrà fare, se come ritieni tu in una determinata area i redditi sono maggiori.

 

Francesco la tua proposta di previdenza universale e' interessante e corrisponde piu' o meno a quanto accade nei Paesi civili ma, mi spiace fare il guastafeste, e' sbagliata e ingiusta in un sistema economico fortemente duale come quello italiano. Fissare una cifra uguale in tutta Italia (che verra' oltretutto poi finanziata prevalemente a Nord) e' ingiusto perche' il costo della vita, delle abitazioni e degli affitti e' significativamente diverso.

 

Mi attendevo che apparisse questa giustissima obiezione. Una cifra uguale per tutti (che per ora, se sostenibile, è nelle prime ipotesi ben superiore al minimo) ha sicuramente valore diverso in varie parti del paese.  Ritengo che, oltre a quanto già indicato da altri (il pensionato che si trasferisce al sud, dove la vita costa meno) se la cifra fosse insufficente in certe località a nord, sia compito degli enti locali integrare l'assegno, utilizzando le loro risorse. Considero anche che mi pare che l'80% degli italiani viva in casa di proprietà e un pensionato di vecchiaia ormai dovrebbe aver estinto ogni mutuo. Si tratterebbe eventualmente di predisporre piani di edilizia sovvenzionate ad affitti moderati per quei pensionati che non hanno una casa di proprietà.

perseguire l'evasione al suo interno 

o colpevolizzare solo il nord (qui)

se versano per meno tempo?

Come facevo notare sopra, nel Regno Unito danno la pensione pro rata, se versi 7 anni e mezzo, ti toccano £25 la settimana. Io sarei proprio per non mettere limiti, lavori 1 anno nella Repubblica Italiana, hai pagato i contributi, quando raggiungi l'età per la pensione ti tocca la pensione pro rata per quell'anno che hai versato (prendendo i numeri Britannici ad esempio, sono £3 a settimana).

Nel dibattito di questi giorni sul sistema pensionistico mi sembra non sia stato considerato sufficientemente il problema dell'incentivazione ai lavoratori per rimanere in servizio fino all'età pensionabile che potrebbe ridurre molte delle resistenze al passaggio al nuovo sistema.

Credo che uno dei maggiori problemi per i lavoratori anziani sia che se perdono il lavoro ben difficilmente troveranno qualcuno disposto ad assumerli (è già difficile per un cinquantenne, non oso pensare come possa essere per un sessantenne). A tale proposito si potrebbe valutare l'istituzione di "quote grigie" all'interno delle aziende riservando una percentuale di posti per i lavoratori "over 55" o in alternativa delle facilitazioni fiscali per chi li assume.

Un'altra proposta per facilitare il passaggio all'eliminazione delle pensioni di anzianità è la concessione del part time per i lavoratori che hanno maturato la contribuzione necessaria con la differenza di stipendio coperta dallo stato in una certa misura: ciò permetterebbe a quest'ultimo un risparmio rispetto all'erogazione di una pensione piena e al lavoratore di vedersi ridotto il carico lavorativo senza essere eccessivamente penalizzato sul piano economico.

Vedete controindicazioni in queste proposte?

Se fossero abolite le pensioni di anzianità, non c'è piu' il problema di incentivare i lavoratori a rimanere.
Rimane ovviamente il problema di incentivare i datori di lavoro a non espellere gli anziani dal mondo del lavoro. Eviterei quote grigie e penso che contributi decrescenti con l'età (per la capitalizzazione privata) possano essere una possibilità. Questo pero' implica che i giovani e/o quelli di mezza età paghino di piu', per compensare i versamenti nel fondo. Non esiste soluzione senza controindicazioni.

Salve. Vorrei porre un paio di obiezioni alle proposte di Forti.

A. Obiezioni teoriche

Il passaggio da un sistema a ripartizione a uno a capitalizzazione provoca di solito il riversamento sui pensionati e sullo Stato del rischio e della volatilità dei sistemi finanziari. Inoltre è problematico il passaggio da un sistema a ripartizione a uno a capitalizzazione perchè molti contribuenti prossimi alla pensione sono sforniti di un fondo pensione e quindi per molti decenni lo Stato dovrebbe continuare a erogare pensioni richiedendo molti contributi ai lavoratori correnti.

Secondo me la frase:

Inoltre passiamo da un sistema che genera debito ad uno che accumula capitali nei fondi, capitali che possono essere investiti nell'economia (obbligazioni, fondi, azioni, immobili). Questa riforma, unita a quella sulla sanità, mette nelle tasche degli italiani piu' soldi e la possibilità di scegliere tra diverse assicurazioni e diversi fondi pensione, avendo anche buste piu' pesanti nonché beni e servizi meno cari.

non sequitur, come dice il professor Boldrin, perchè comunque se ci rifletti le prestazioni pensionistiche devono uscire regolarmente dai fondi pensione più o meno come entrano i contributi dei lavoratori e quindi non si ha tutto questo risparmio aggiuntivo. Inoltre, non si mettono più soldi nelle tasche degli italiani con il suo sistema, perchè vengono sottratti da quelli che adesso hanno pensioni maggiori di 1000€ ( o dai corrispondenti maggiori contributi pensionistici). Non si possono "fare magie" se non si riduce la platea di pensionati.

Inoltre questa proposta provocherebbe il passaggio da un sistema pensionistico caratterizzato da funzione previdenziale (tasso di sostituzione costante) e assicurativo (parità tra versamenti capitalizzati e prestazione pensionistica) a una funzione principalmente assistenziale (un minimo a tutti). Questo è un grande sconvolgimento rispetto al passato e sicuramente non sarà accettato dalla stragrande maggioranza dei lavoratori che pagherebbero una montagna di contributi per ricevere pensioni minime. Inoltre questo costituirebbe un indubbio incentivo a non versare i contributi o parte di essi.

Infine, il sistema pensionistico è oggi fuori equilibrio perchè lo sono le variabili demografiche. Infatti:

SP/PIL * PIL/L * L/PEL * PEL/P = SP/P
dove:
SP = spesa pensionistica
L = lavoratori
PEL = Popolazione in età lavorativa
P = Pensionati
Questa relazione mostra chiaramente che senza un aumento di L/PEL ( Tasso di occupazione) e PEL/P (riduzione dell'invecchiamento) non si può sperare di mantenere SP/P (la pensione) costante senza incrementi in SP/PIL o PIL/L (produttività).

B. Obiezioni pratiche

Da un punto di vista politico digerire una proposta del genere non sarebbe affatto facile dopo anni passati a dire che è importante versare i contributi per il calcolo della pensione. Di colpo si avrebbe un sistema che garantisce a tutti una pensione minima fregandosene dell'ultimo stipendio (vedo comparire all'orizzonte una serie di bonus e consulenze che non rientrano nella base di calcolo del contributo previdenziale obbligatorio...)

Sarebbe forse meglio, IMHO, aumentare l'età pensionabile, restringere i requisiti per le pensioni di anzianità e passare tutti al sistema di calcolo contributivo (con eventuali correzioni se poi la prestazione è da fame). Inoltre, cosa assolutamente ESSENZIALE, è usare l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale appunto per fare previdenza e non assistenza.

 

Salve. Vorrei porre un paio di obiezioni alle proposte di Forti.

Michele, da come scrivi, e da quello che scrivi, si intuisce che tu abbia dedicato una certa parte della tua vita a studiare economia. Non so se tu l'abbia fatto in maniera strutturata o meno, ma l'hai fatto. Se persone come te se ne escono con quelle obiezioni e quei ragionamenti, persone che la pensano come me o come credo la pensi Francesco Forti sull'argomento, ci possiamo levare mano subito, non abbiamo speranza.

Bene, finalmente qualche obiezione teorica e pratica. Attendevo.
Tuttavia è bene precisare che io non intendo sostituire un sistema a ripartizione a uno a capitalizzazione e nemmeno passare da uno all'altro. Speravo di avelo fatto intendere nel mio testo ma se è necessario precisare, per mia carenza espositiva, lo faccio ora.

Intendo affiancare i due sistemi, in modo che insieme diano il massimo delle loro singole particolarità.

Ma sul piano teorico rimane qualche cosa da definire. "le prestazioni pensionistiche devono uscire regolarmente dai fondi pensione più o meno come entrano i contributi dei lavoratori e quindi non si ha tutto questo risparmio aggiuntivo". No. non sono equivalenti.

Da un lato ci sono 100 che tolti ora da x lavoratori, vanno dati (subito) oggi a y pensionati.

Dall'altro ci sono 100 che tolti ora da da x lavoratori, si accumulano per 40 anni con un interesse composto z e viene poi trasformato in un capitale o in una rendita al momento della pensione.

La mia proposta unisce le due cose:
1) un sistema del primo tipo, a ripartizione, teso a dare solo il minimo vitale
2) un sistema del secondo tipo, teso ad integrare il primo con contributi privati accumulati in un fondo - gestito privatamente sulla base di regole e paletti definite per legge.

Sistemi del genere sono definiti a "due pilastri" (ed in Svizzera già si prevede anche un terzo pilastro, facoltativo ... ma non corriamo troppo).

Che poi una simile proposta non sia affatto facile, si', sono d'accordo .... ma  furia di rinviare, procrastinare, siamo arrivati ad avere davanti solo decisioni non facili.

 

Il passaggio da un sistema a ripartizione a uno a capitalizzazione provoca di solito il riversamento sui pensionati e sullo Stato del rischio e della volatilità dei sistemi finanziari.

Chi è lo Stato? Per quale ragione il rischio in un sistema a ripartizione non sarebbe dello Stato, ed invece lo sarebbe in un sistema a capitalizzazione?

molti contribuenti prossimi alla pensione sono sforniti di un fondo pensione e quindi per molti decenni lo Stato dovrebbe continuare a erogare pensioni richiedendo molti contributi ai lavoratori correnti.

Se queste persone prossime alla pensione non hanno contribuito abbastanza per prendere più del minimo vitale, tough luck. O pretendi che sia io a pagare per loro?

Tra l'altro, dato che sei studente, se continui a pensarla in questa maniera, ti auguro (di cuore) di trovare un lavoro (a TI con l'art. 18) nella RI e di lavorarci tutta la vita, perché saresti un gran bell'ipocrita se te ne andassi a lavorare in paesi dove il sistema pensionistico funziona in maniera più civile ed equa. Spero non ti offrano mai, e tu non ti debba mai trovare nella condizione di dover accettare, contratti di parasubordinazione, ma se lo faranno, non ti potrai lamentare, perché le condizioni lavorative (e previdenziali!) di quei contratti sono la diretta conseguenza di questo buonismo iniquo con il culo degli altri (se dovessi sottostare, speriamo di no, ad uno di tali contratti, con il culo tuo!). Non vorrai mica diventare come quei cittadini italiani che vivono in paesi che sfruttano l'energia nucleare e poi votano contro il nucleare nei referenda della RI?

perchè vengono sottratti da quelli che adesso hanno pensioni maggiori di 1000€

Che se non hanno pagato contributi sufficienti, è cosa buona e giusta, ed arriva pure in ritardo.

sicuramente non sarà accettato dalla stragrande maggioranza dei lavoratori che pagherebbero una montagna di contributi per ricevere pensioni minime

Perché mai? Se il lavoratore ha pagato montagne di contributi, avrà un enorme monte pensionistico, ed al momento della pensione una gran bella pensione. Se non ha pagato montagne di contributi, avrà tempo per riflettere su Esopo, cicale e formiche.

il sistema pensionistico è oggi fuori equilibrio perchè lo sono le variabili demografiche

Amen. Vedi sopra.

Da un punto di vista politico digerire una proposta del genere non sarebbe affatto facile dopo anni passati a dire che è importante versare i contributi per il calcolo della pensione

Certo che è importante versare i contributi per il calcolo della pensione!

Sarebbe forse meglio, IMHO, aumentare l'età pensionabile, restringere i requisiti per le pensioni di anzianità e passare tutti al sistema di calcolo contributivo

Qui mi hai sinceramente confuso ...

Ho letto velocemente l'articolo e c' è del lavoro dietro,complimenti.

non sono d'accordo sul pilastro pubblico.Io francamente lo eliminerei del tutto,a mio parere è solo spesa pubblica inutile mantenere l'INPS per un servizio che può essere effettuato da privati.

Ho letto anche qualche commento sulla volatilità dei rendimenti sui mercati finanziari.

Dal 1900 al 2003 negli Usa ,per esempio, il premio medio annuo  per il rischio di mercato è stato di 7,6  sopra l'inflazione.Nei paesi maggiormente sviluppati in media,nello stesso periodo di riferimento il premio medio per il rischio di mercato è stato del 6%.Fonte Dimson,Marsh,Staunton.

Per chi non contribuisce invece propenderei per un'erogazione coperta dalla fiscalità generale.

Capitolo come gestire la fase di transizione?

La cosa che non approvo dell'articolo è fissare una pensione uguale per tutti a 1000,non distingue tra chi ha versato i contributi e chi non li ha versati, e tra coloro i quali li hanno versati, non distingue  tra chi ha avuto il merito di realizzare una carriera che lo ha portato al vertice nel suo settore professionale facendo aumentare la relativa  rendita pensionistica rispetto a chi ha avuto una carriera piatta.

Io per esempio alzerei a 1500 l'ammontare pensionistico a partire da una certa soglia di ammontare di contributi versati,manterrei i 1000 al di sotto di una certa soglia  ma abbasserei a 800 750 a tutti coloro i quali usufruiscono di una pensione non correlata ai contributi versati,baby pensionati,per incentivarli a rimettersi al lavoro.porterei alla stessa  cifra 800 750 tutti coloro ai quali vengono erogate pensioni d'oro ,e tra i politici sono in parecchi per esempio,rispetto ai contributi versati.Che facciano fronte alla diminuzione della pensione attraverso il proprio risparmio che è a dire il vero completamente immeritato e non dovuto e penso anche sufficiente a coprire la diminuzione del reddito.

P.S.ovviamante le cifre sono indicative e quindi non immagino se queste siano applicabili concretamente, certamente si potrebbero cambiare e rivedere, ciò che mi interessa è trasmettere i principi sui quali a mio parere, dovrebbe essere ispirata la riforma

 

 

I mille euro a tutti hanno il vantaggio della semplicita' e chiarezza pero' (mi scuso per l'analogia) assomigliano ai "tagli lineari".

Innanzi tutto perche' se un pensionato ha contribuito per una rendita di 1500 dovrebbe prendere 1000? La prima correzione la farei sul versante del livello minimo: la nuova pensione rivista e corretta non puo' essere inferiore alla rendita attuariale.

Secondo punto: 1000 euro nelle grandi citta' non bastano affatto se la casa e' in affitto. Tantomeno non si puo' dire ad un anziano di spostarsi di li' per trasferirsi in un posto dove non ha alcuna relazione ne' di amicizia ne' familiare. Correzione: la pensione non andrebbe ridotta a 1000 se maggiore. Io fisserei un tetto massimo (piuttosto) intorno i 2500 euro. In questo modo chi dovra' subire una decurtazione non la vivra' in maniera drammatica.

Terzo: (domanda gia' posta sopra) ci sarebbe un motivo per il quale un ipotetico operaio/impiegato che ha versato i contributi e ha pagato le tasse dovrebbe vedersi decurtare la pensione a favore di un ipotetico commerciante/agricoltore che non ha pagato ne' tasse ne' contributi? In altri termini io suggerirei di non aumentare le pensioni minime fino a mille euro perche' molti non hanno (per vari motivi) contribuito affatto.

 

La cosa che non approvo dell'articolo è fissare una pensione uguale per tutti a 1000,non distingue tra chi ha versato i contributi e chi non li ha versati, e tra coloro i quali li hanno versati, non distingue  tra chi ha avuto il merito di realizzare una carriera che lo ha portato al vertice nel suo settore professionale facendo aumentare la relativa  rendita pensionistica rispetto a chi ha avuto una carriera piatta.

Io per esempio alzerei a 1500 l'ammontare pensionistico a partire da una certa soglia di ammontare di contributi versati,manterrei i 1000 al di sotto di una certa soglia  ma abbasserei a 800 750 a tutti coloro i quali usufruiscono di una pensione non correlata ai contributi versati,baby pensionati,per incentivarli a rimettersi al lavoro.porterei alla stessa  cifra 800 750 tutti coloro ai quali vengono erogate pensioni d'oro ,e tra i politici sono in parecchi per esempio,rispetto ai contributi versati.Che facciano fronte alla diminuzione della pensione attraverso il proprio risparmio che è a dire il vero completamente immeritato e non dovuto e penso anche sufficiente a coprire la diminuzione del reddito.

 

Già, sono tutte idee che mi frullavano già per la testa e non volevo complicare troppo la cosa.
Intendevo fin da subito presentare un modello semplice, non una proposta organica, completa in ogni dettaglio. Sono lieto pero' che i dettagli e le obiezioni siano emerse qui, spontaneamente. 

Durante il week-end vedo di aggiornare la proposta con i numeri che sono stati portati e con le obiezioni. 1) per chi ha lavorato, la pensione minima è tale se si raggiunge un certo numero di anni di contribuzione. Sotto quel numero di anni vi è una riduzione. La pensione sociale, per chi non ha mai lavorato o non ha contribuito abbastanza, deve essere inferiore a quella che a regime prende chi ha lavorato 40 anni per la parte retributiva a compartizione. Chiaro che per calcolare i costi dovrei avere numenri che per ora non ho. 2) ipotesi di pensione minima e massima (tipo 1000 / 2000) proporzionale ai versamenti, per attenuare la riforma nel periodo che precede. Anche qui l'idea è buona ma non ho i dati che servono per calcolare il costo e quindi il prelievo sulle retribuzioni e sui redditi autonomi.

 

 Ho letto quasi tutti i commenti e mi sono sorte un paio di domande; qualcuno ha fatto presente che vi sono in Italia svariati personaggi che godono di trattamenti pensionistici assolutamente sproporzionati ai contributi versati.

Se "depurassimo" il sistema di queste storture macroscopiche quale sarebbe la situazione?

Una volta "raddrizzate" queste storture ci sarebbe ancora bisogno/quali sarebbero i correttivi da apportare?

Scorrendo tutti i commenti qui sopra ne trovi uno che mostra il grafico della piramide dell'età.

Si dice "piramide" perché tale era secoli fa ed ancora oggi in paesi come l'Iran.

Ma da noi assomigia piu' che altro ad una bottglia della coca cola.

Una volta raddrizzate le storture (e va fatto) il 99% dei problemi rimane.

 

Non entro nel merito della discussione (è più bello A o B o C), ho riscontrato degli errori nei dati di partenza e l'ho segnalato, poi non ho avuto tempo per approfondre i dettagli, ma ho letto vari commenti (Michele Fiorino su tutti) che riscontravano una serie di lacune e incongruenze nel post, con anche le rispste di FF, che riassumo in : ho scritto una cosa basandomi sul sistema svizzzero, ma non ho idea di cosa succederebbe in Italia, nè ho i dati.

Mi dispiace far notare che non è da nFA procedere in questo modo.

i dati, i maledetti dati, o si hanno e si scrive (magari ce ne sono altri che descrivono altri aspetti non presi in considerazione), o non si scrive. Ci vogliamo far ridere dietro ? Quelli di nFA non sanno nemmeno trovare dei dati ? Avrei capito un post sui vantaggi comparati dei ssitemi pensionistici, ma questo tale non è, mi sembra solo un procedere a tentoni e per tentativi. Alla faccia del metodo scientifico.

Caro Marco, in effetti in questo caso è stato usato un approccio diverso. Ho teso a puntare sul concetto, piu' che sui dati. Il concetto è quello di una pensione di base uguale per tutti, unita ad una (da costruire nel tempo) costituita con l'accumulo nei fondi pensione. A questo concetto ho associato dei dati di massima, da approfondire a seconda delle varianti che sarebbero scaturite dal dibattito qui.
Non numeri precisi (985 o 1026) ma un simbolico 1000, un prelievo dell'11% (non 11.24%). Tanto per capirci e vedere come cambia la busta paga rispetto ad oggi. Con i dati sugli over 65 che ci hai segnalato abbiamo varie  possibilità: possiamo aumentare l'aliquota di prelievo al 12.82% (invece dell'11.24) o possiamo ridurre l'importo minimo uguale per tutti a 880 euro, invece di mille. E ovviamente possiamo anche seguire une delle infinite vie intermedie. Ma non era certo questo lo scopo della discussione che ho presentato. Lo scopo era discutere sulla auspicabilità di tale sistema (pensione uguale per tutti) e sui tempi di una sua eventuale applicabilità. I numeri a questi livelli di analisi possono essere anche grossolani (+/- 10%). Infatti rispetto alle attuali trattenute previdenziali in busta (e quelle del datore di lavoro) 11 oppure 12 percento non fanno molta differenza. Non è che stante l'attuale prelievo in busta, qualcuno di noi possa dirci che 11% è accettabile mentre 12% no. Visto poi l'elevato ricorso al sommerso, anche i dati sulla possibile base impositiva (in caso di emersione almeno parziale) sono tutti ignoti e da stimare a spanne.

Quanto a dire che "non ho idea di cosa succederebbe in Italia" penso che se rileggi bene il testo vedrai che di idee su cosa succederebbe ne ho e sono esposte. Poi si puo' non essere d'accordo, ci mancherebbe.

 

Dal sito istat ricavo questo grafico:

Rispetto a quanto sopra riportato da Alessandro, vengono riprtate le età reali (2010), non le classi.
La riga verde indica approsimativamente la zona in cui dovrebbe partire la pensione di vecchiaia (oggi 65, in molti paesi si va verso il 67) mentre la riga azzurra indica da dove inizia il grosso dei pensionati di anzianità (in base alle tavole istat [dati 2008] dovrebbero essere 2'943'032 casi che si aggiudicano  55'467 milioni (55 miliardi e mezzo) pari al 29% dell'intera spesa previdenziale (191 miliardi nel 2008).

Come potete vedere esiste un blocco (il baby boom) che oggi è tra i 35 ed i 45 anni di età e che è costituito all'incirca da un milione di persone per anno. In 11 anni (35-45) sono 10 milioni e 780mila persone. Se costoro avranno anche solo in parte la possibilità di andare in pensione di anzianità a 60 anni, tra 20 il sistema esplode. Eliminando le pensioni di anzianità e portando le pensioni di vecchiaia a 67, abbiamo mediamente 27 anni di di tempo, partendo adesso con i fondi pensione, per fare in modo che  costoro avrenno una pensione dignitosa (anzi, due con la mia proposta) che non gravi sui pochi lavoratori (550'000 potenziali per anno) che avremo tra 25-30 anni (immigrazione a parte).

 

 

 

 

Francesco, forse non hai postato il link giusto per le tavole ISTAT. Con il tuo link escono link a 200 files xls a 20 a 20 per una categoria di pensione.

La somma del totale pensioni (17,7 milioni) di vecchiaia, invalidità e superstiti (tavole 2,3,4) è maggiore del totale pensioni (16,8 milioni) di tavola 1 e non c'è traccia delle pensioni di anzianità, o forse mi sfugge qualcosa: per favore aiutami a capire

Per il tuo ragionamento mi pare dovrebbe essere corretto considerando:

1) che una pensione di anzianità che decorra da 65-n anni dopo n anni sostituisce una di vecchiaia pur rimanendo sempre denominata "anzianità"

2) il progressivo approsimarsi al regime (2020) della riforma Dini : con la Dini una pensione di 20k€ con il sistema retributivo si riduce almeno a 14-15 k€ 

La tua analisi sembra implicare che tutti quelli in età lavorativa lavorino, mante invece in Italia ci sono una quindicina di milioni di "inattivi" dai 15 ai 64 anni. Se ne teniamo conto dovremo fare due considerazioni:

1) con le regole attuali questa gente non prenderà pensioni, se non quella (miserrima) sociale, mentre con la tua ipotesi gli spetterebbero i famosi mille euro netti (esentasse) a testa. Costa di più o costa di meno?

2) qualsiasi politica di immigrazione appare quanto mai inopportuna: ogni possibile sforzo dovrebbe puntare sul mettere al lavoro almeno una parte di questa gente, che sono già qui e in qualche modo bisogna mantenere, anzichè importare altra manodopera, a prescindere dalle sue qualità personali e professionali.

Dal sito istat ricavo questa tabella:

Taballa scaglioni pensioni per età e classi di importo

I 191 miliardi qui sopra scomposti, sono una parte (la previdenza di vecchiaia) dei 241 miliardi riassunti nella tabella 1.  La differenza è data dalle alte "missioni": assistenza, sostegno del reddito etc.

Nell'anno 2008 gli over 65 erano 12 milioni (11'945'986) ma quelli con una pensione di vecchiaia erano 8'466'316 (quasi il 71%).

Osservando i dati e fatto tesoro di varie osservazioni emerse, specifico meglio la proposta individuando un importo di 1000 euro per chi ha lavorato e di 800 come sociale minima agli over 65 (entrambi esentasse).  La maggiore delle due diventa reversibile al superstite.

Per quanto rigarda due anziani coniugi avremmo queste tre possibilità:

1) entrambi hanno lavorato: 2000 euro esentasse.
2) nessuno ha mai lavorato: 1600 esentasse
3) uno ha lavorato e l'altro no: 1800 esentasse.

Gli importi medi (singoli ) che si ricavano da tabella due sono piu' bassi e non sono esentasse.
La somma da erogare con questa ipotesi è la stessa (135 miliardi) segno che vi è una diversa distribuzione (equa dipende da come la pensano coloro che prendono di piu' o di meno) degli stessi importi. 135 miliardi non è molto diverso dai 128 che stimavo inizialmente e sposta di poco l'aliquota di prelievo che serve ad erogare una pensione per tutti gli over 65, uguale per tutti.

Rimene il nodo dell'anzianità (vedere piu' sopra la piramide dell'età ed il baratro che si prepara) ma il 28% degli importi è dato da casi di età 55-59 (che si risolvono mediamente in 7 anni e mezzo, trasformandosi in vecchiaia, mentre il 69% dei casi è dato dalle classi 60-64, che in due anni e mezzo tendono a sparire, rientrando nella gestione ordinaria della vecchiaia. L'importante è bloccare subito l'emorragia, poi dopo pochi anni diventano un onere gestibile.

 

Già va meglio, ma devi tener conto di altre osservazioni: il moral hazard e le differenze territoriali (che Alberto Lusiani ha evidenziato, e mi trovano perfettamente d'accordo).

Ci metto un altro granello di sabbia: le pensioni, o comunque erogazioni, di tipo flat comportano una gigantesca redistribuzione, che nel caso dell'Italia sarebbero non solo reddituali, ma anche geografiche: è fin troppo evidente che sarebbe il Nord a pagare la maggior parte dei costi nella tua ipotesi. Hai previsto dei correttivi ? La pensione flat minima quanto sarebbe un azzardo morale anche per l'evasione fiscale ?

 La maggiore delle due diventa reversibile al superstite.

Perchè? Anche se il coniuge superstite non ha lavorato prende la minima da 800€, giusto?

 

Per quanto rigarda due anziani coniugi avremmo queste tre possibilità:
1) entrambi hanno lavorato: 2000 euro esentasse.
2) nessuno ha mai lavorato: 1600 esentasse
3) uno ha lavorato e l'altro no: 1800 esentasse.

Però in questo caso come dice giustamente Esposito, ci sarebbe un grosso incentivo a non versare mai contributi. Secondo me funzionerebbe meglio senza dare il minimo possibile a chi non ha mai versato contributi, spostando la gestione di questi dall'INPS a un altra agenzia appositamente creata per fare assistenza ai disoccupati e pensionati senza contributi.

Poi mi è venuto un altro dubbio: questo cambio riguarderebbe seduta stante tutti i pensionati correnti? Cioè adesso a chi è nella classe 3000€+ verrebbe imposta la pensione fissa da 1000€? Oppure attueresti delle modifiche graduali tamponando con altre misure nel breve? 

Questo è importante perchè se si vuole veramente fare un cambiamento del genere senza rivoluzioni e forconi è necessario procedere gradualmente...

io sta tabella non l'avevo trovata nel tuo link

I 191 miliardi qui sopra scomposti, sono una parte (la previdenza di vecchiaia) dei 241 miliardi riassunti nella tabella 1.  La differenza è data dalle alte "missioni": assistenza, sostegno del reddito etc

 

nei 55 miliardi e rotti che tu attribuisci alle sole pensioni di anzianità ci sarà una parte importante della differenza 241 - 191, in particolare delle pensioni di invalidità vengono erogate a età basse, copn il tuo calcolo le consideri tutte nel range over 65.

 

o.k. resta il fatto che le somme non tornano e non solo con il numero ma anche i valori.

Ma non è importante perchè per la dinamica del costo disponiamo di dati sicuramente ottenuti con simulazioni ben più sofisticate (io sono un "San Tommaso" ma quando la materia è molto complessa tendo a credere ai risultati prodotti da chi ci ha lavorato mesi con programmi complessi e completi)

L'avevo già postato ieri:

questa simulazione fatta con proiezioni demografiche, leggi, ipotesi di crescita, stima delle retribuzioni pensionabili e quanto altro disponibili a fine 2010 mostra che baby boom o non baby boom (che comunque la simulazione di INPS/MINISTERO considera) la spesa raggiungerà un picco di mezzo punto più alto dell'attuale (8 miliardi attuali) nel 2045 restando più alta dell'attuale dal 2035 al 2050. (è corretto considerare la spesa su pil e non in valore assoluto) 

La spesa non mi preoccupa. Mi inquieta invece il gettito dei contributi paradossalmente perchè il baby boom non continua e in seconda istanza per la difficoltà a creare posti di lavoro.

Alla fine quello che importa è l'equilibrio ossia spesa = gettito contributivo.

 

 

 

La spesa non mi preoccupa. Mi inquieta invece il gettito dei contributi paradossalmente perchè il baby boom non continua e in seconda istanza per la difficoltà a creare posti di lavoro.

E oltre a questo troppo spesso si fanno previsioni del tutto irrealistiche che comprendono stime di crescita per 2,5-3% annui fissi del pil su 40 anni... totalmente irrealistico allo stato attuale.

o.k. resta il fatto che le somme non tornano e non solo con il numero ma anche i valori.

Relativamente ai fogli excel (le tavole istat linkate) per me i conti tornano ma se passo anche per il bilancio INPS (un mega PDF di cui appena posso vi mando il link) allora si' che faccio una grande fatica a far quadrare il tutto (numeri e valori). Ci sono, tra l'altro una cinquantina di miliardi di "partite di giro" il cui significato non è chiaro ma fa quadrare il loro bilancio. Piacerebbe anche me far quadrare i conti della mia attività inserendo qualche miliardo di "partite di giro" che vuol dire tutto e niente come numero e valori.

Intanto ripeto dove trovare le tavole excel su "I beneficiari delle prestazioni pensionistiche".

Qui trovate l'indice delle tavole

 

 

 

 

Francesco,correttissimo il ragionamento di innalzare l'età pensionabile e di eliminare le pensioni di anzianità per ridurre la spesa previdenziale,ma quale è il ragionamento che la porta a ritenere utile un doppio pilastro.

Il mio ragionamento è:sistema a capitalizzazione ,ognuno si paga la propria pensione,che a parità di rendimento rifletterà l'ammontare di contributi versati e quindi la capacità e il merito del singolo e lasciare alla fiscalità generale il compito di assistere coloro i quali non hanno contribuito, con l'erogazione della pensione sociale,che deve permettere una vita dignitosa ma allo stesso tempo non deve costituire un incentivo a non versare i contributi.E poi, secondo me, in questo modo coloro i quali  volessero fare i furbetti ci penserebbero  su parecchie volte dato che non è facile dopo avere adottato un determinato stile di vita per decenni riuscire a vivere solo di pensione sociale.A tutto vantaggio ,inoltre,della base imponibile.

,ma quale è il ragionamento che la porta a ritenere utile un doppio pilastro.

Immagino (e sento) che alla fine c'è un punto interrogativo.

Si, dici bene piu' sotto ma non è solo un problema di utilità o opportunità.
I ragionamenti che possiamo fare osservando la piramide dell'età ci dicono che un sistema a capitalizzazione è immune da shock demografici - anche se non immune da shock economici - per cui il suo sviluppo diventa un imperativo. Tuttavia non si puo' trasformare un sistema a compartizione in uno a capitalizzazione (bisognerebbe stoppare per 40 anni le pensioni, o limitarle pesantemente) e quindi il sistema a due pilastri diventa il punto di equilibrio che permette di combinare solidarietà e ottime pensioni.

 

Prima di tutto,  sono in debito di un punto interrogativo '?',......'gli amici sono amici ma i conti devono tornare',vecchio proverbio cinese :-)

Ovviamente, tutte le volte che si passa da un sistema ad un altro ci sarà una generazione chiamata a pagare 2 volte ,una volta per pagare la pensione a chi è adesso in pensione e un'altra per pagare la propria pensione. Per questo ragionavamo su come permettere ai lavoratori di oggi di accumulare nel fondo per pagarsi la propria pensione e abbassare di un certo ammontare i contributi da versare all'INPS in maniera tale da permettere il pagamento delle pensioni ai pensionati di oggi, avendo cura, allo stesso tempo, per quanto possibile, di differenziarne l'erogazione sulla base dei contibuti versati dai pensionsionati di oggi ,pensione massima/minima.

Una volta superata la fase di transizione ,da gestire senz'altro attentamente,io non vedo la necessità di un pilastro pubblico, da mantenere in vita,cosa che mi pare lei sostenga nella sua proposta.Difatti, avremmo nel sistema a capitalizzazione i contribuenti che versano ai fondi tutto l'ammontare dei contributi massimizzando il montante e chi non versa riceve l'assegno sociale.Mantenendo il pilastro pubblico corrispondente ad una pensione di 1000 euro  da erogare a tutti gli over 65 o 67,da finanziare mediante i versamenti dei lavoratori sottrarremmo risorse a chi versa di piu,per  un ammontare pari alla differenza di tutti i contributi versati all'INPS obbligatoriamente e la pensione di  1000 fissa  che riceverà,  ai quali si aggiungerà il costo,  pari al rendimento che avrebbe ricevuto se avesse investito nei fondi.

dico bene o mi son perso qualcosa?

Riguardo agli shock economici ,è senz'altro vero ,nel 1931 negli USA si registrò una perdita del 43,9% a cui seguì però un rendimento del 57,6%nel 1933,ma nel lungo termine ,che è l'orizzonte che ci interessa i rendimenti sono tutti positivi,tra il 5% e l'8% in media

La lascio c è la prima della Juve,speriamo bene :-)

 

Riguardo agli shock economici ,è senz'altro vero ,nel 1931 negli USA si registrò una perdita del 43,9% a cui seguì però un rendimento del 57,6%nel 1933,ma nel lungo termine ,che è l'orizzonte che ci interessa i rendimenti sono tutti positivi,tra il 5% e l'8% in media

 

sarebbe bello avere i commenti di chi andò in pensione fra il '31 e il '33.

temo siano ormai tutti morti

Mi sembra non solo ragionevole, ma anche adatta al carattere degli italiani; inoltre, avrebbe il pieno appoggio della mia generazione (baby boomers), che andrebbe con il contributivo e quindi - mediamente - non arriverebbe ai 2000 euro attualizzati e quindi sarebbe ben lieto di "accontentarsi" di 1000 ed avere la possibilità di liberare risorse "costruendo" una rendita per il futuro (personalmente ho realizzato 30 kW di fottovoltaico e punto ai 100 kW per raggiungere i 40.000 Euro/anno)

Per curiosità, quanto costa in Italia installare 30 kW di fotovoltaico. A margine nota che il rendimento derivante dal "conto energia" dura per un certo numero di anni, poi si arresta. Sarebbe seccante che ció avvenisse proprio quando ne hai più bisogno.

Step 1:

  • A tempo zero (anche il mese prossimo) tutti i pensionati (soggetti eleggibili per ricevere una pensione in base all'età) ricevono un importo "flat" al posto della pensione che prendevano prima
  • L'importo è variabile per tenere conto delle differenze geografiche, diciamo da un min 500€ nelle aree con prezzi più bassi a un max di 1000€ nelle principali città
  • L'importo è erogato dallo stato centrale e finanziato dalle imposte
  • Chiamiamo T' il totale delle imposte post riforma per distinguerlo da T che è il totale pre riforma

 

Step2:

  • Sempre a tempo zero, l'INPS e tutti gli altri enti previdenziali ricevono il mandato di gestire la transizione e venire gradualmente liquidati
  • Durante la transizione prelevano contributi sufficienti ad erogare una indennità integrativa a chi è andato in pensione prime del tempo 0
  • L'indennità integrativa è proporzionale ai contributi effettivamente versati rivalutati in qualche modo (crescita reale del Pil?) dedotto quanto già percepito grazie alla flat
  • L'ammontare aggregato dei contributi post riforma  lo chiamiamo C' per distinguerlo da quelli pre riforma che totalizzavano un importo C

 

Vincoli: 

  • C' decresce nel tempo fino a diventare zero e gli enti previdenziali riducono il personale fino a sparire
  • a tempo zero (T'+C') < (T+C)  e la distanza tra i due termini si amplia nel tempo
  • Per i soggetti che tra flat e integrazione sono sotto una certa soglia possibili benefit tipo: mezzi pubblici gratis, buoni pasto, (in mancanza di abitazione di proprietà) buoni affitto etc.
  • Le pensioni di invalidità vengono sostituite da particolari criteri di eleggibilità per accedere all'importo flat che per chi è invalido è più elevato
  • La differenza T'-T si può eventualmente modulare in modo da favorire l'equità sociale (es aumento iva su alcuni beni di lusso, addizionale irpef su redditi più elevati, imposta sulle transazioni finanziarie etc)

In sintesi:

 

  • Da tempo zero nessuno percepisce più della rendita equivalente al cumulo di contributi effettivamente versati quindi l'onere più elevato ricade su chi pre riforma  prendeva più di quanto ha dato
  • Gli enti previdenziali rimangono a "simulare" una pensione integrativa finchè rimane in vita  chi è andato in pensione a t-1

Anche questa è una soluzione. Vedo un p' di problemi a stabilire l'importo "geografico" (immagino le discussioni infinite) e poi visto che comunque questo ammontare uguale va comunque gestito e distribuito, non azzererei INPS per spostare la gestione altrove (in un ministero) ma la lascerei all'INPS stessa, opportunamente a personale ridotto.

Oppure se avessimo un federalismo come si deve darei la gestione a livello locale (comune) che stabilisce l'importo e lo finanzia con la sua raccolta tributaria.

L'importo è variabile per tenere conto delle differenze geografiche, diciamo da un min 500€ nelle aree con prezzi più bassi a un max di 1000€ nelle principali città

Il resto ancora non l'ho capito, ma su questo punto sono in disaccordo. La pensione dello Stato centrale deve assicurare il minimo vitale medio (e quindi deve richiedere contributi per quello).

Salve Dr. Forti,
purtroppo non sono riuscita a leggere tutti i commenti ..., spero di non ripetere concetti già discussi.
Un piccolo dubbio. Lei dice: "L'assistenza sociale di chi è sotto i 65 anni, la reversibilità per chi è sotto i 65 anni. Sono tuttavia aspetti che pur importanti sono risolvibili, considerando l'enorme volume di risorse liberate da questo cambiamento."
... e che sarebbero affrontati come? Incaricando regioni ed enti locali, nell'ambito delle loro funzioni di formazione/lavoro e di assistenza, di favorire la ricollocazione nel mondo del lavoro o di provvedere alla temporanea integrazione del reddito (sino al raggiungimento del 65° anno d'età) con gli strumenti a disposizione (come ad es. lavori socialmente utili, borse lavoro o concessione contributi), previo reale :-) trasferimento di risorse e mezzi?
Un piccolo OT. Per quanto concerne l'età pensionabile, ho letto (*) in merito all'idea di lasciare la libertà ai cittadini "...data un'età media pensionabile per categoria e qualifica stabilita dall'autorità politica ... di scambiare tra di loro diritti ad anni pensionabili ..." un po' come già accade per le emissioni inquinanti. Cosa ne pensa/pensate? Può essere utile per agevolare la transizione verso l'inevitabile allungamento dell'età pensionabile stessa e l'inserimento dei giovani? On line non ho trovato gran che e mi piacerebbe che venisse approfondita.
Grazie per l'attenzione, Orsola
(*) L. Becchetti "Il denaro fa la felicità?", Laterza, 2007 - pag. 81 e ss.

 

 

Salve Dr. Forti,

 

Sul piccolo dubbio: per l'assistenza sociale si', mi pare che sia una costante praticamente di ogni paese civile che questo compito sia svolto localmente, per esempio nei comuni. Naturalmente si tratta di fare in modo che i comuni abbiano le risorse per farlo, o trasferendo risorse (variante che non condivido, essendo federalista) oppure meglio facendo in modo che localmente ci sia l'autonomia impositiva necessaria. Per la reversibilità in casi under65 penso che il compito sia ancora nazionale.

Per quanto riguarda quella idea di scambio (immagino giovani con anziani) ci sono varie perplessità (per esempio l'anziano va in pensione in cambio dell'assunzione di un giovane ma quest'ultimo dopo 5 mesi viene licenziato ....) e direi che ogni pensionamento flessibile debba partire da alcuni caposaldi.

1) se termini di lavorare prima del limite di vecchiaia (qualunque sia) devi sapere che la pensione a compartizione (la rendita calcolata) inizi a prenderla sempre e solo quando raggiungi l'età stabilita per legge.
2) La rendita inoltre sarà decurtata di una percentuale per ogni anno di mancato versamento.

L'attuale sistema, che permette a chi ha uno stipendio medio alto di andare in pensione prima (le penalizzazioni economiche ci sono ma chi ha uno stipendio elevato puo' permettersele) mi pare iniquo perché di fatto chi ha uno stipendio basso non puo' permettersi le penalizzazioni e rimane al lavoro fino al temine di vecchiaia. Di fatto chi ha uno stipendio basso paga la pensione a chi, con uno stipendio alto, smette prima di lavorare. In un sistema a compartizione questo è una sorta di robin hood alla rovescia (tanti i poveri finanziano pochi ricchi). In effetti il 29% del volume economico delle pensioni erogate (vecchiaia e anzianità) riguarda i prepensionamenti e quindi essendo i contributi prelevati sotto forma i imposta proporzionale, il 29% dei contributi che i lavoratori pagano, vanno a finanziare chi puo' permettersi economicamente un prepensionamento.

@Francesco Forti: a suo tempo, mi pare di aver capito che il tuo articolo descrivesse una proposta di massima, una sorta di work in progress. Dato che mi è capitato di vedere l'articolo citato (su ILI), mi chiedevo se avessi in mente di prepararne una nuova versione.

Scusa alessando, vedo ora casualmente questa tua richiesta ... era un po' che non passavo di qua e ci sono tornato dopo aver visto l'interventi di Alberto.

In effetti avevo preparato un testo con due nuove varianti ma la redazione non lo ha giudicato abbastanza completo (e non aveva tutti i torti). Nel frattempo sono stato preso da vicissitudini familiari e di lavoro ed il tempo mi è mancato. Sono tante (troppe) le cose che vorrei fare e scrivere ... Vedo che alle pensioni hanno messo mano e quindi non è il caso di modificare troppo spesso le regole.

Vediamo se le vacanze natalizie mi danno tregua. Volevo scrivere anche qualche cosa sulla crescita e su come è bloccata dalle dimensioni troppo ridotte delle imprese italia e da tutto quello che impedisce loro di crescere.

Ho sentito che 40 anni di contribuzione non coprono la spesa necessaria a fronte dell'attuale aspettativa di vita: visto che il tema è quanto mai di utilità e che molte persone sembrano invece considerare la pensione di anzianità come "già pagata" dai contributi, ho cercato in rete dei dati riguardanti la copertura della spesa pro capite per le pensioni di anzianità rispetto ai contributi versati, ma senza successo. Qualcuno sa indicarmi qualche fonte?

 

Ho sentito che 40 anni di contribuzione non coprono la spesa necessaria a fronte dell'attuale aspettativa di vita: visto che il tema è quanto mai di utilità e che molte persone sembrano invece considerare la pensione di anzianità come "già pagata" dai contributi, ho cercato in rete dei dati riguardanti la copertura della spesa pro capite per le pensioni di anzianità rispetto ai contributi versati, ma senza successo. Qualcuno sa indicarmi qualche fonte?

 

Aspetto anche io una risposta su questa domanda da parte di qualcuno col dottorato in economia. Temo, data la pessima qualita' delle classi dirigenti italiane, che non esistano studi seri che confrontino l'equita' tra i versamenti e prestazioni pensionistiche dal punto di vista del singolo lavoratore.

Con molta approssimazione, a me risulta che nel nord Italia i versamenti pensionistici oggi come oggi coprono le erogazioni, anzianita' compresa, anzi le regioni meglio ammnistrate e senza problemi di denatalita' precoce (Veneto e Lombardia) sono in attivo.  Il sistema a ripartizione italiano tuttavia richiede perche' l'equilibrio continui che il rapporto tra attivi e pensionati rimanga costante, e cio' non e' vero, il rapporto diminuira' molto in tutti gli scenari ipotizzabili. Il passivo esistente oggi nel sistema pensionistico e' addebitabile direi esclusivamente alle pensioni assistenziali nel Sud Italia, sia pensioni di invalidita' in misura circa doppia rispetto al Nord, sia pensioni sociali corrispondenti a insufficienza di contributi, spesso dovuti ad evasione fisco-contributiva pressoche' totale.

L"espressione "40 anni di anzianita' contributiva" poi e' parecchio ambigua, almeno nel bordello Italia. Nel corso degli ultimi 40 anni la quota di salario netto (o alternativamente del costo totale del lavoro) che obbligatoriamente e' stata versata per la pensione e' variata violentemente sia nel tempo, sia per tipo di contratto di lavoro. Specie in passato poi c'erano trattamenti previdenziali molto differenziati, con diverse casse separate. Inoltre ci sono miriadi di casi particolari di contributi figurativi, tipicamente a favore di politici e loro associati, come ad es. la legge Mosca che ha dato la pensione ai portaborse di partito senza versare alcun contributo alla fine della prima Repubblica. Poi ci sono i riscatti ad es. di anni di studio o di militare, a fronte di contributi il cui importo e' variato anche violentemente nel tempo, come d'uso in Italia senza seguire alcun calcolo ragionevole di equita' ma solo col l'umore e la necessita' di cassa del cialtrone di turno al governo. Poi ci sono tutti gli artifizi messi in atto da Stato, sindacati e grandi industrie italiane assistite per scaricare sulle pensioni i lavoratori con eta' maggiore di 50 anni, che nello stupido sistema contrattuale italiano, con progressione salariale di anzianita' tendenzialmente infinita, costituiscono un peso per i conti aziendali, questi artifici sono conosciuti come "scivoli", "mobilita' lunga", "cassa integrazione in deroga".  Tipicamente portano alla fruizione di pensioni di tutto rispetto da ~50 a ~85 anni.

Infine 40 anni di anzianita' contributiva possono o meno essere sufficienti in rapporto alla vita media attesa di fruizione. Se corrispondono a qualcuno che ha lavorato da 14 anni a 53 anni, e ha ~30 anni di attesa media di fruizione, saranno insufficienti.

Un metodo per fare onestamente i calcoli a livello individuale sarebbe elaborare un calcolo di tipo contributivo onesto e accurato non pro-rata a partire da oggi, ma su tutti i contributi reali e non figurativi versati. Inoltre, se si vogliono farei conti aggregati correttamente, occorrerebbe fare una distinzione chiara tra contributi che corrispondono ad una pensione futura (salario differito), e contributi e tasse che non corrispondono a questo, ma corrispondono invece a tasse pure e semplici o al piu' a contributi di tipo assicurativo che finanziano reddito in presenza di determinati eventi come disabilita'.  A questo punto sarebbe possibile distinguere anche le erogazioni tra erogazioni assistenziali ed erogazioni corrispondenti al c.d. "salario differito".

Questo ti potrebbe essere utile

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002611-351.html

non si parla esplicitamente di pensioni di anzianità, ma quando si dice

Come si vede, il regalo è tanto più alto quanto più bassa è l'età a cui l'individuo si ritira dal mondo del lavoro: ad esempio, a un'età di pensionamento di 55 anni si associa un Pvr pari a 178, mentre al lavoratore che va in pensione a 60 anni si associa un Pvr pari a 150.

credo ci si riferisca a quelle. 

 

vorrei porre una domanda: ci sono o ci sono stati altri sistemi pensionistici nel mondo che si sono basati su un sistema retributivo? siamo un caso unico?