Pubblicati i TIMSS e PIRLS 2011

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Segnaliamo la pubblicazione dei risultati delle rilevazioni OCSE sull'apprendimento degli alunni di quarta elementare (nella lettura, in matematica e nelle  scienze), e di terza media (in matematica e nelle scienze). 

Da una lettura veloce, non sembrano esserci grosse novità rispetto alla rilevazione precedente svoltasi 4 anni prima. Migliorano leggermente i risultati in matematica degli studenti delle medie (che erano molto scarsi nel 2007), che rimangono comunque fra i peggiori dei paesi industrializzati. Sostanzialmente stabile tutto il resto, compreso il risultato sopra la media degli alunni delle elementari nella lettura e generalmente una performance migliore degli alunni delle elementari rispetto a quella degli studenti delle medie nelle altre materie. 

Rimangono le differenze regionali che abbiamo commentato in precedenza. La correlazione con la latitudine è davvero sorprendente e non sarebbe male che l'INVALSI intraprendesse un'indagine speciale per capire quali fattori possono spiegare perché una struttura centralizzata possa generare risultati così diversi e capire cosa ci sia di totalmente sbagliato al sud, di mezzo sbagliato al centro, e di appena accettabile al nord. 

Nel seguente grafico, che confronta i risultati delle macroregioni rispetto alla media nazionale, la sigla PIRLS si riferisce ai risultati dei test di lettura (IV elementare), e TIMSS ai risultati in matematica (MAT) e nelle scienze (SCIE) in quarta elementare (IV) e terza media (VIII). Credo non servano ulteriori commenti. 

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Commenti

Ci sono 103 commenti

Alle elementari e alle medie, almeno in Sicilia, la mia personale esperienza mi dice che quello che manca è l'insegnamento in madrelingua. Alle medie avevo un insegnante di matematica ed uno di educazione tecnica che spiegavano anche in Siciliano, più o meno di nascosto dal resto degli altri insegnanti, ed i risultati mi sembravano chiaramente dar loro ragione, ma per quanto mi pare di capire erano mosche bianche (alle medie sapevo di un docente di Inglese in altra sezione che facesse altrettanto e basta, anche se c'erano altri docenti che occasionalmente si esprimevano in madrelingua, non erano tutti inflessibili propalatori dell'idioma "nazionale" costi quel che costi, anche se questi ultimi purtroppo erano la maggioranza assoluta).

 Vero è che sono passati ormai tra oltre il quarto di secolo e oltre i 3 decenni da allora, ma dalle mie conversazioni con Siciliani ben più giovani di me, mi par di capire che per molti continui a persistere una migliore capacità di comprendere ed esprimersi in Siciliano rispetto ad altri idiomi (a Palermo, Messina e Catania invece probabilmente è da tempo emersa una sorta di sintesi tra Italiano e Siciliano, quella spesso chiamata "Italiano regionale di Sicilia", abbastanza simile a quello usato nei telefilm del Commissario Montalbano o all'idioma colloquiale usato negli uffici della Regione Siciliana per intenderci).

 Probabilmente anche solo permettere l'insegnamente dell'Italiano (e dell'Inglese) in Siciliano gioverebbe non poco.

1. Anche nel nordest il problema del dialetto è forte, però i risultati alle elementari sono migliori che al centro, dove dialetto e italiano sono molto più simili, rispetto sia al Veneto sia alla Sicilia.

2. dalla 4a elementare alla 3a media il problema della comprensione dell'italiano dovrebbe attenuarsi molto, in Sicilia come in Veneto. Però, mentre nel nordest c'è un forte miglioramento delle prestazioni, in sud+isole c'è un peggioramento.

Quindi l'ipotesi sul dialetto non sembra reggere, almeno come fattore molto rilevante.

Le lingue italiane regionali non esistono solo in Sicilia, ma ovunque. L'italiano regionale pugliese non è l'italiano regionale ligure o piemontese o veneziano. Per i linguisti moderni, ampi strati della popolazione italiana è di fatto in regime di diglossia (potrei dire bilingue, ma la diglossia è un concetto diverso dal perfetto bilinguismo). Neanche il toscano coincide più con l'italiano standard.

Trovo però molto interessante questa osservazione sull'uso del siciliano per fare capire la matematica. Sarò un romantico, ma non posso fare a meno di immaginare quei colleghi siciliani come persone pragmatiche che i problemi se li pongono e trovano soluzioni.

L'italiano standard però serve, c'è poco da fare. Serve molto banalmente per la mutua comprensione.

Sì può ragionare sui tempi e sui modi in cui gli studenti devono arrivare all'italiano standard. Non è un mistero per nessuno il fatto che gli studenti italiani, anche all'università, scrivano coi piedi e che la grammatica, a volte, sembri un inutile impaccio.

Probabilmente usare il dialetto nella primaria, o anche dopo, in modo tale da non rendere la scuola alienante ed estranea può essere importante e utile, ma senza dimentare che, oh, l'italiano tocca da sapello, nun c'è sta 'gnente da fa.

... di quanto discusso ed emerso (sardo e siciliano sono lingue) credo sia comprensibile la difficoltà per i bambini di IV elementare di quelle regioni esprimere al meglio competenze linguistiche in una lingua diversa da quella "madre". Probabilmente i dati scarsi del centro e del sud indicano la distanza tra lingue/dialetti (glissando per ora sulle differenze) e italiano in termini grammaticali e di vocabolario.  Il nord-est pero' sembra ben messo e visto che anche il veneto è (per i veneti) una lingua credo che le differenze andrebbero cercate nella struttura grammaticale. Se è simile, non è difficile trovare una chiave unica di lettura ed esprimersi bene in italiani anche a 9 anni. Certo che alla fine vale la raccomandazione dell'autore: " non sarebbe male che l'INVALSI intraprendesse un'indagine speciale per capire quali fattori possono spiegare...".

Se fosse semplicemente che al sud è meno conveniente, o almeno percepito come tale, investire il proprio tempo nello studio?

Voglio dire, se non si hanno prospettive di migliorare la propria condizione economica ( perché i posti per persone qualificate non ci sono o sono riservati a chi vi accede non per merito ), l' unica motivazione di avere una buona educazione è prettamente culturale, e la scuola diventa un inutile perdita di tempo, un po' come la naja.

 

PS: A proposito di dialetto e italiano, mi viene in mente che in Sardegna per insegnare a riconoscere la differenza fra è/e e ha/a si fa tradurre la frase in lingua locale. Nonostante questo la conoscenza dell' italiano scritto è a livelli spesso drammatici, a partire dalle semplici frasi per gli auguri natalizi...

 

In Veneto non esistono le doppie (errore ortografico tipico), ma il dialetto aiuta moltissimo coi congiuntivi.

Quando avevo 16 anni ho passato un mese in Sardegna in bassa stagione, tra Marzo e Aprile (se c'erano altri turisti, non li ho visti). Facevo base a La Maddalena, ma ho girato un po per quasi tutta l'isola, anche se la maggior parte delle interazioni con i Sardi le ho avute in quella che allora era la provincia di Sassari (La Maddalena, Olbia, Palau, Alghero, Sassari) e a Cagliari.

La mia impressione, certo aneddotica, da sedicenne era che i Sardi parlassero in media l'Italiano molto meglio dei Siciliani. A volte mi capitava nei mercati o nelle botteghe che mi si rivolgessero in Sardo, ma quando si accorgevano che non capivo, passavano immediatamente all'Italiano, con una rapidità ed una precisione che non avevo mai riscontrato in frequenza paragonabile tra i madrelingua Siciliani in scenari simili.

Non vorrei mettere in dubbio quanto riporti sulla conoscenza drammatica dell'Italiano scritto, ma in luce di quell'esperienza, lo trovo abbastanza sorprendente.

In quasi tutte le tabelle manca il dato della Francia: cosa vuol dire?

Mia figlia ferquenta la scuola internazionale, la matematica la insegnano solo in inglese , gli studenti a casa devono fare i compiti su un sito (A memoria www.mathiseasy.com o simile)  in cui svolgono anche delle "gare", il server stabilisce, a seconda dei paesi collegati e del livello acquisito chi sono i partecipanti alle gare. Mia figlia non ne ha mai vinto una o quasi, è puntualmente battuta da ragazzi della Turchia, Iran, India e altri paesi che consideriamo "terzo mondo".
E' semplice: o la scuola capisce che si evolve e si deve battere a livello mondiale, come le imprese, o saremo una nazione di camerieri e facchini. L'insegnamento in dialetto aiuterà pure la comprensione degli alunni, ma non li aiuterà domani a non diventare camerieri.

 

L'insegnamento in dialetto aiuterà pure la comprensione degli alunni, ma non li aiuterà domani a non diventare camerieri.

 

Io non capisco la ragione per quale sdoganare l'uso delle madrelingue degli studenti e dei docenti, dovrebbe necessariamente produrre camerieri e facchini. Se un ragazzo non va avanti perché al tema in classe non sa scrivere due parole in Italiano una dietro l'altra, e all'ennesimo zero tagliato si demoralizza e ci leva mano, quando magari scrivendo in Siciliano potrebbe scrivere un bel tema e prendere un bell'otto, a partendo da lì costruirsi una buona educazione anche in Italiano e le altre materie, perché mai dovremmo preferire la prima alternativa alla seconda?

Un possibile indirizzo di ricerca finalizzato a capire il perché delle differenze regionali nella capacità linguistiche indicate dagli studi invalsi e qui esposti da Andrea Moro potrebbe essere il seguente.

Partendo da due distinti filoni di studio, uno quello sull'istinto del linguaggio (Pinker, Chomsky) e l'altro quello sulle relazioni tra genetica e linguistica (Geni, Popoli e Lingue, di Luigi Cavalli Sforza) e osservando le differenti origini etniche dei popoli italiani si potrebbe ipotizzare che l'istinto ad imparare bene una lingua (che è genetico) sia diversamente distribuito nelle popolazioni, così come sono distribuiti diversamente altri fattori soggetti a selezione (altezza, robustezza, …).

In Italia, Cavalli Sforza ha indicato due grandi filoni etnici: quello di origine medio-orientale, prevalentemente al sud e quello di origine nordica-celtica, prevalentemente al nord. E se queste due etnie avessero diverse attitudini ad imparare le lingue diverse da quella “madre”? Molto spesso si sente dire che gli italiani hanno difficoltà nelle lingue, anche se a dire il vero ci sono numerose e positive eccezioni. Molti di noi abbiamo conosciuto bambini stranieri che invece hanno imparato rapidamente l'italiano, anche meglio di certi italiani. L'ipotesi che questa abilità o predisposizione per le lingue sia genetica e che sia diversamente espressa nelle varie etnie non è impossibile.

So però che uno studio simile percorrerebbe un sentiero minato, o come minimo molto scivoloso. Le critiche di razzismo si sprecherebbero ed infine anche se fosse vero a cosa approderemmo? Nella impossibilità “genetica” di porre rimedio alle differenze nella capacità di apprendimento? Non lo so, ovviamente. La mia è solo una proposta di indagine, non una sentenza. Penso però che se quella fosse la realtà, non è detto che la soluzione non possa essere trovata in un diverso metodo di insegnamento, da usare per chi ha difficoltà “strutturali” nell'apprendimento delle lingue, italiano compreso, visto che viene vista come seconda lingua, diversa dall'italiano, in molte regioni d'Italia. Una volta capite le ragioni profonde delle difficoltà, da li' puo' anche emergere un metodo di insegnamento che dia migliori risultati. Molto scientifico e poco “politico” per cui sarà difficile che prenda piede nella scuola italiana.

 

Per fortuna i geni nordici di mia madre mi hanno consentito l'apprendimento di lingue straniere, combattendo l'influsso dei geni terronici di mio padre. Scusate ma, a parte gli interventi pieni di buon senso di Esposito e Lovecchio, il resto della discussione mi sembra un delirio balcanico. Lo sapete che in prima elementare in veneto insegnano l'italiano? Che in alta valbrembana parlano un dialetto folle e hanno insegnanti che , quelli sí , vengono dalla Sicilia? Sulla differenza genetica che impedirebbe l'apprendimento delle lingue straniere io glisserei, per rispetto a Cavalli-Sforza. Sará che i piú famosi attori dialettali milanesi nella storia sono stati dei napoletani, che conosco un siciliano che parla 6 lingue (avrá sangue normanno?) Sará che una mappatura genetica è l'ideale perché non servirebbe a risolvere il problema (che è altrove) ma ci consentirebbe di sprecare soldi pubblici , ci farebbe ridere dietro all'estero e si potrebbero fare dibattiti infiniti sull'argomento. Insomma perfetto per l'Italia. dai, Francesco; lasciamo stare...

Mi sa che la discussione sta uscendo dal vaso.

E' sicuro che i bambini imparano le lingue più velocemente degli adulti, così come è provato che i bambini bilingui hanno maggiori abilità ad imparare un'ulteriore lingua. Ma addurre giustificazioni genetiche mi pare essere un'astrazione esagerata e fuori luogo.

 

La differenza nell'apprendimento dell'italiano ma anche della matematica o delle scienze tra Sicilia e Veneto (cioè due regioni in cui le lingue locali sono parimenti utilizzate), è dovuto principalmente a questo:

 

 

Mio fratello e mia sorella che invece finirono nella scuola dalla reputazione dubbia (e dove effettivamente i problemi derivavano maggiormente dalle situazioni socioculturali delle famiglie di provenienza, piuttosto che dalla quasi generale monoglossia degli studenti), dubito abbiano dovuto studiare 1 minuto in 3 anni (passati perlopiù in garage adattati a classe) per prendere la licenza media.

 

Scuole nei garage in Veneto non ne ho mai viste. E' la diversa richiesta sociale verso gli alunni che fa la differenza.

 

In questo report supportato dall'Economist:

http://thelearningcurve.pearson.com/the-report/towards-an-index-of-education-outputs

si trova che i paesi con la migliore performance educativa sono Corea del Sud e Finlandia.
I due sistemi educativi sono molto differenti (così come le popolazioni dal punto di vista genetico):

Finlandia

 

 

Finland is a wonderful case study. Kids start school later; school hours are shorter than most others; they don’t assign homework; their teachers are in front of kids less. By one estimate, Italians go to school three years longer

 

Corea del Sud

 

South Korea’s schools are frequently described as test-driven, with a rigid curriculum and an emphasis on rote learning. Most striking is the amount of time spent in study.
The government has become so worried about the extent of these studies that it has banned hagwons from being open after 10pm, but still needs to send out patrols to shut down those which mask illegal, after-hour teaching by posing as self-study libraries.

 

 In Finlandia lo studente italiano probabilmente si rilasserebbe tanto da non fare niente, in Corea del Sud invece impazzirebbe per la mole di lavoro da fare...

 

Ciò che accumuna i due sistemi invece è questo:

1.

 

One element of this is the importance assigned to teaching and the efforts put into teacher recruitment and training

 

2.

 

Both systems also have a high level of ambition for students and a strong sense of accountability, but again these are “articulated differently. In South Korea, accountability is exam driven; in Finland, it is peer accountability, but the impact is very similar

 

3.

 

The two societies are highly supportive of both the school system itself and of education in general.

 

Reclutamento degli insegnanti, responsabilizzazione dagli studenti, visione sociale positiva dell'educazione e supporto al sistema scolastico.

Anche volendo tralasciare tutte le implicazioni etiche e guardando asetticamente la situazione, la cosa non mi sembra che possa stare in piedi.

Se non altro per il fatto che in Italia ci sono stati intensi flussi migratori interni, anche negli ultimi decenni, e se ci fosse stato un fondo di verità in tutto ciò si sarebbe visto, e si vedrebbe tutt' ora, un trend decrescente dei risultati del nord che si dovrebbero così avvicinare progressivamente a quelli del sud.

Poi certo, ci sarebbe anche la possibilità che il gene che  regola le  buone capacità linguistiche regoli anche voglia di emigrare e capacità "riproduttiva" nella società nordica, per cui il nord conserva il suo distacco nei test per selezione naturale.

Oppure si potrebbe semplicemente pensare che in effetti qualche fattore determinante ci sia, ma che sia sociale/organizzativo più che genetico.

la diatriba sui dialetti , madrelingua, bilinguismo per quanto interessante porta fuoristrada e mi stupisce che le guidelines di nfa non vengano applicate : il moderatore interviene solo una volta su 49 commenti  lasciando andare alla deriva questo argomento interessante . per favore focalizziamo . basta digressioni interessanti ma fuorvianti

cara giuliana, e chi di norma dovrebbe stabilire la strada ed il fuori strada?

Ricapitolando:

1) si pubblicano i nuovi dati

2) si evidenziano come sempre le disparità regionali, con tanto di grafico autoesplicante

3) si auspica un'indagine speciale per capire

Noi che ci stiamo qui a fare se non provare stimolare filioni di indagine?

Mi pare che ci sia una sorta di brainstorming e secondo me è concettualmetne sbagliato, in queste fase, dire chi è in strada e fuori strada (De Bono, pensiero laterale, cappelli di colori vari e dintorni).