QE o non QE? Ovvero, l'inutile dilemma.

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Riflessioni sul Quantitative Easing (QE) della BCE. Per una breve e non tecnica descrizione di che cosa sia il QE annunciato la settimana scorsa rimando alle schede del Corsera. Riassunto della mia conclusione: chi spera che il QE riporterà l'Europa sul sentiero della crescita economica duratura si illude. Rebus sic stantibus non mi aspetto neanche la breve fiammata che la "Abenomics" generò a suo tempo in Giappone. È una mossa politica, utile a gestire il trio Iglesias-Renzi-Tsipras durante il 2015-2016, oltre che a tentare, una volta ancora, di forzare le oramai inqualificabili elite politiche di buona parte dell'area Euro ad ammettere le loro responsabilità in questa stagnazione infinita. La cagnara mediatica della scorsa settimana ha, anch'essa, puri fini politici: creare le condizioni perché i paesi europei ricomincino a indebitarsi a go-go e si scordino persino di parlare di riforme. E questo temo sia il rischio peggiore.

La mossa della BCE era, a questo punto, quasi obbligata, vista la pressione politica montante e l'evolversi della situazione politica in Spagna, Italia, Francia e Grecia.

Così facendo la BCE, da un lato, cerca di allentare la pressione che svariati governi (l'italiano in primis) vanno facendo da tempo su di essa perché compia l'impossibile miracolo di far "ripartire la crescita" in assenza di radicali riforme strutturali nei vari paesi e, dall'altro, mette prospetticamente in scacco proprio i governi che il QE sono andati richiedendo con maggior forza. Fra un anno o due, quando la crescità non sarà ripartita, questi non potranno più dire "colpa della BCE che non fa quello che la Fed fa in America". Che poi si arrivi ad un redde rationem e le riforme si comincino a fare per davvero non mi sento proprio di sperarlo, pur augurandomelo.

Riassunte così le mie conclusioni, provo ad argomentare brevemente come e perché giungo alle medesime. Poiché l'esperienza USA viene additata da tutti come il modello da seguire, ecco qui e qua i grafici essenziali. Chi avesse bisogno di maggiori dati può trovarli agevolmente su FRED.

1) Effetto sui tassi d'interesse.

L'esperienza USA mostra che, fatto salvo il periodo iniziale di QE1, i tassi d'interesse (sia sui bond corporate, che sui mutui immobiliari, che sul bond decennale del Governo federale) non sono diminuiti durante i periodi di QE in modo maggiore o più rapido che durante il resto dei sei anni 2008-2014. Anzi, alla fine di QE3 tutte e tre queste classi di tassi d'interesse erano abbastanza superiori di quanto fossero nel 2012. La discesa recente è iniziata ad annuncio di chiusura del QE3 e continuata dopo la sua fine. A questo fatto occorre aggiungerne un secondo: i tassi d'interesse sul debito pubblico europeo sono, con l'eccezione di Grecia e Portogallo, tutti inferiori a quelli dei titoli USA di maturità analoga. In particolare, i tassi sul debito pubblico dei quattro maggiori paesi Euro (Francia, Germania, Italia e Spagna) sono tutti sostanzialmente più bassi di quelli USA. Il che, sia detto e ricordato, spiega abbondantemente perché durante l'ultimo anno l'Euro si sia deprezzato senza bisogno di alcun QE europeo ed in presenza, invece, del QE americano: rendimento sicuro per rendimento sicuro, anche 50-150 punti base di rendimento addizionale attirano capitali! Cos'altro possa ottenere un QE europeo dopo la chiusura di quello USA mi sfugge.

Al più ritarderà (come io mi auguro, ma questo è un altro discorso ed è alquanto più complicato) la spinta al rialzo dei tassi USA da parte della Fed: se il dollaro continua ad apprezzarsi rispetto all'euro, l'industria USA aumenterà la pressione perché i tassi da questo lato dell'Atlantico non crescano. Questa per me cosa buona e giusta perché, se dovessero crescere rapidamente, rischieremmo di assistere all'ennesima crisi finanziaria. Ma, ripeto, questo è un altro e più delicato argomento.

Questa differenza fra i tassi USA e quelli europei, ovviamente, si deve in buona parte al fatto che il tasso d'inflazione nell'area Euro è sostanzialmente minore di quello USA e le prospettive di rendimento reale sugli investimenti europei rimangono (per ragioni strutturali) ben peggiori di quelli USA ma, ricordiamoci, lo zero nominal lower bound (cioé il fatto che i tassi di interessi nominali non possono diventare negativi) vale anche per i tassi d'interesse sulle obbligazioni. In altre parole: se uno guarda ai dati attuali ed all'esperienza USA l'effetto sui tassi medi d'interesse sarà piccolo, molto piccolo. 

Infine, sia detto e ricordato anche questo, tutta l'esperienza a disposizione (oltre che la teoria economica) insegnano che puoi ridurre fin che vuoi i tassi sul debito pubblico: se le prospettive di rendimento sugli investimenti privati sono deboli, ed il rischio di credito bancario permane, per quanta liquidità la BCE metta loro in cassaforte comprandone i titoli in portafoglio, banche scarsamente capitalizzate non correranno di certo a prestare ad aziende con povere prospettive di profitti. In altre parole: ciò che conta sono i rendimenti attesi sugli investimenti privati e questi migliorano se e solo se cambia la produttività, l'innovazione e l'efficienza dell'economia reale oltre che, ovviamente, la capitalizzazione del sistema bancario. Nessuno di questi fattori potrà essere influenzato in modo significativo dal QE della BCE. Dopodiché ognuno può farsi tutte le fantasie che vuole sull'elasticità della domanda/offerta di credito privato ai tassi d'interesse, ma fantasie sono e fantasie rimangono.

2) Effetto sui portafogli delle banche

A mio avviso l'unico effetto leggermente "positivo" (virgolettato d'obbligo) che il QE del FRB ha avuto sull'economia USA è stato quello di finanziare surretiziamente la ricapitalizzazione del sistema bancario. Brutalmente, anche dopo il TARP ed i grandi acquisti degli anni 2009-2011 le banche USA avevano grandi quantità di titoli dubbiosi in pancia. I due QE seguenti sono stati molto utili a ridurne la consistenza, se non ad eliminarla. Questa operazione ha "sanato", almeno parzialmente, lo stato patrimoniale del sistema bancario USA. Che abbia poi aperto le porte ad altre potenziali bolle è probabilmente vero ma, di nuovo, questo argomento ci porterebbe lontani dal QE europeo quindi lo tralascio dopo averlo notato.

La domanda rilevante è la seguente: è possibile che il QE della BCE abbia un effetto analogo sul sistema bancario europeo? In parte ovviamente sì ma, francamente, credo sarà molto più limitato. Da un lato perché avviene in ritardo: se la BCE voleva "risanare" il sistema bancario europeo, specialmente quello del Sud Europa, usando il metodo Fed sarebbe stato molto utile cominciare anni fa, ora la situazione è piuttosto incancrenita e, soprattutto, le banche molto deboli sembrano concentrarsi nei paesi mediterranei (io includo sempre la Francia fra questi) e ciò richiederebbe un QE "discriminante" che privilegiasse le banche di alcuni paesi rispetto a quelle di altri. Dubito che i tedeschi sarebbero molto favorevoli ad una tale operazione che violerebbe comunque i parametri di proporzionalità a cui il QE della BCE deve attenersi. Insomma, forse gli acquisti della BCE potranno lentamente aiutare a migliorare lo stato patrimoniale di alcune grandi banche (trasferendo, peraltro, i loro rischi alla BCE stessa) ma dubito che questo effetto possa essere determinante. Questo è particolarmente vero, di nuovo, per i paesi mediterranei: qui le sofferenze delle banche tendono ad essere concentrate nel credito diretto alle piccole e medie imprese e, se non ho capito male, questi crediti non sono "securitized" né possono diventarlo facilmente. Questo implica che molto difficilmente potranno essere venduti alla BCE per liberare, tanto per non far nomi, Banca Intesa o Unicredit dal peso dei loro incagli verso la PMI italiana.

3) Effetto sul tasso d'inflazione

Cos'è successo all'inflazione USA durante i periodi dei tre QE? La risposta breve è "nulla". Quella lunga ricorda la temporanea caduta all'incipit della crisi ed il successivo rimbalzo, nel mezzo del 2009, in una banda compresa tra l'1 ed il 3 per cento con un chiaro ridursi del tasso d'inflazione ad una media prossima all'1,5% durante il periodo di QE3. C'è ragione che il QE della BCE ottenga un effetto molto diverso, alla luce dei trend mondiali e delle dinamiche europee in atto? Lo dubito, per almeno un paio di ragioni.

L'idea balzana secondo cui siamo in deflazione perché manca la domanda non tiene: l'inflazione è bassa anche negli USA o in Svizzera (per dire solo le due più ovvie) dove la domanda c'è e dove i capitali arrivano a valanga. Di nuovo, mettermi a teorizzare sulle ragioni strutturali della deflazione mondiale mi porterebbe lontano e - perché non ammetterlo? - nemmeno ho una teoria soddisfacente (su questo blog se ne è parlato brevemente qui e qui). Ma non avere una spiegazione chiara di un fenomeno (come non ce l'ho io nemmeno ce l'hanno alla Fed o alla BCE, credetemi) implica starsene buoni, studiare e non fare mosse azzardate. L'idea che 60 miliardi al mese di liquidità addizionale a stati e banche dell'intero sistema Euro possa fare la differenza è assolutamente balzana, appunto. 

L'inflazione viene quando famiglie ed imprese spendono soldi, ricevuti a credito o via trasferimenti, senza che a fronte vi sia una crescita della produzione di beni e servizi. Ora, a parte il fatto che in teoria il QE dovrebbe servire per far ripartire la produzione di beni e servizi, gli argomenti illustrati prima fanno dubitare che questa liquidità addizionale passi rapidamente da banche e governi a famiglie ed imprese. A meno che ... a meno che qualche governo buontempone non decida di lanciarsi in operazioni di spesa pubblica a go-go utilizzando tale liquidità ed aumentando fuori misura il proprio debito per fare trasferimenti. Ma, lasciando da parte il fatto che questo sarebbe comunque dannoso perché poi i debiti ti rimangono in groppa, dubito che il QE sia il preludio ad un grande allentamento dei vincoli di deficit comunitari. Con buona pace di Francesco Giavazzi e Guido Tabellini che, se non ho letto male, invece invocano proprio questo sulla base di un modellino implicito (quello cosiddetto "neokeynesiano") che sta facendo fallimento da almeno un decennio, nonostante la "macroeconomia ufficiale" continui insistentemente ad usarlo.

L'argomento di FG e GT è il seguente: il QE ha effetti reali positivi solo in presenza di politiche fiscali espansive. Mi piacerebbe proprio capire da quali dati essi abbiano potuto trarre tale conclusione - il "modello teorico", quello lo conosco e non regge proprio. Veniamo ai dati ed alla storia. Al momento abbiamo solo un esempio di QE, quello USA, il quale ha avuto tre fasi. La prima, di emergenza subito dopo la parte più acuta della crisi, venne praticata di fatto anche dalla BCE la quale, con il ritornare della normalità in una parte sostanziale del sistema finanziario europeo, ridusse di nuovo il suo portafoglio. La seconda (a cavallo del 2011) fu poca cosa e la terza, che durò dal quarto trimestre 2012 al medesimo del 2014, è stata forse quella più sostanziale (ha aumentato il portafoglio della Fed di circa 1500 miliardi di USD) ed è, in un certo senso, il "modello" per l'intervento annunciato la settimana scorsa dalla BCE. Bene, fatta eccezione per il 2009, durante questi anni la politica fiscale USA è stata molto poco "espansiva": il deficit federale USA si è ridotto continuamente (per un ammontare totale di quasi 1000 miliardi di USD) tra il 2009 ed il 2014, ritornando a valori inferiori a quelli pre-crisi! Se si considerano poi altre misure di spesa pubblica, che includano la spesa dei 50 stati e di altre agenzie, la contrazione è ancora maggiore. Di nuovo, non è questo il luogo per entrare nei dettagli (ma occorrerà farlo perché il mito della grande spesa pubblica USA che traina la crescita tale è, un mito) ma secondo i criteri standard il settore pubblico è stato molto più "espansivo" nell'area Euro durante gli ultimi 6 anni che non negli USA.

Rimane poi sempre la grande domanda, che si collega appunto al fallimento di fatto del modellino di cui sopra, ossia: a cosa dovrebbe servire, poi, questa inflazione addizionale? A risalire la curva di Phillips?

4) Effetto sui mercati finanziari e sui corsi dei titoli.

Non vi è dubbio che, dipendentemente da come la BCE sceglierà i titoli da comprare e da come articolerà il suo intervento sui mercati, l'impatto potrebbe essere sostanziale. Così è stato il caso negli USA ed è banale osservare che i QE americani sono stati una manna per il sistema finanziario in generale e per le banche più mal ridotte in particolare. Questo ha senz'altro finanziato una parte della sostanziale crescita nei valori azionari degli ultimi anni (oltre ai grandi investimenti in fracking e tech companies) ma che questo si sia direttamente trasformato in crescita reale e posti di lavoro produttivi è ben lungi dall'essere dimostrato. Succederà qualcosa di simile in Europa? Non lo so e non mi voglio arrischiare né a predirlo né a negarlo ma, francamente, lo dubito soprattutto perché il mercato azionario e corporate europeo è altra cosa da quello USA e reagisce molto meno alla disponibilità di liquidità bancaria.

Ad ogni buon conto, se qualcuno mi chiedesse quale possa essere l'effetto più evidente del QE della BCE scommetterei su una crescita dei corsi azionari e delle obbligazioni europee oltre che, con i caveat enunciati sopra, una ripresa della spesa pubblica a debito nei paesi mediterranei, Italia in testa. Che questi due probabili effetti siano ciò di cui abbiamo bisogno per mettere fine all'eterna recessione europea mi permetto, oggi come dieci o venti anni fa, di dubitarlo.

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Commenti

Ci sono 62 commenti

Che il QE, così architettato, sia un enorme (e ulteriore cessione al ricatto implicito alla concessione..scusate il gioco di parole) favore alla Germania che vedrà i suoi bond a rendimento negativo apprezzarsi ulteriormente (vista anche l'intenzione dell'agenzia del debito tedesca di cancellare per l'anno in corso 18miliardi netti di bond 5-30anni riducend drasticamente le emissioni - fonte report RBS think-beyondtheobvious.com/wp-content/uploads/2015/01/Rates_European-Weekly_12-January-2015.pdf)

 

?

L'effetto politico è anche aver dimostrato una volta per tutte che la BCE è indipendente non solo dalla politica,ma anche dalla Bundesbank.

sul lato tecnico aggiungo che ridurre la quantità di titoli pubblici presenti nelle banche è un'ottima cosa visto che era una delle cause del panico 2011-2012.

Non è detto., o almeno si dovrà esser cauti.

 

[ la BCE ] ...acquisterà infatti solo debito con investment grade. Di conseguenza, se il debito pubblico italiano viene declassato anche di una sola tacca, non potrà essere acquistato dalla BCE.

 

 

....'argomento di FG e GT e' il seguente: il QE ha effetti reali positivi solo in presenza di politiche fiscali espansive. Mi piacerebbe proprio capire da quali dati essi abbiano potuto trarre tale conclusione...il deficit federale USA si e' ridotto continuamente (per un ammontare totale di quasi 1000 miliardi di USD) tra il 2009 ed il 2014! Se si considerano poi altre misure di spesa pubblica, che includano la spesa dei 50 stati e di altre agenzie, la contrazione e' ancora maggiore. Di nuovo, non e' questo il luogo per entrare nei dettagli (ma occorrera' farlo perche' il mito della grande spesa pubblica USA che traina la crescita tale e', un mito) ma secondo i criteri standard il settore pubblico e' stato molto piu' "espansivo" nell'area Euro durante gli ultimi 6 anni che non negli USA....

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..A fronte di un PIL di 14mila miliardi nel 2009 il deficit federale USA è esploso a 1,4 trilioni nel 2009, di 1,294 trilioni nel 2010, di 1,299 trilioni nel 2011, di 1,086 trilioni nel 2012. In quattro anni l'America ha accumulato deficit pubblici di quasi 5mila miliardi di dollari, con deficit federali pari tra il 10 e l'8% del PIL. Non lo so, se questa non è stata una politica di bilancio pubblico espansiva...bisognerà cambiare il dizionario.

In Eurozona nello stesso periodo i deficit pubblici sono rimasti in media intorno al 5% del PIL, cioè circa la metà che in USA (e UK).

La contrazione del deficit USA è arrivata di colpo solo dal 2013 e ora è sceso bruscamente sui 500 mld e qui si può fare giustamente un discorso sul fatto che il PIL USA non ha rallentato affatto (c'è stato un boom di spesa per shale gas e di prestiti auto...). Ma perchè negare l'ovvio, che gli USA hanno tenuto deficit pubblici di 5mila miliardi cumulativamente dal 2009 al 2012 ? E in Italia come noto abbiamo aumentato le tasse e tenuto i deficit pubblici intorno al 3%. Cumulativamente nel 2009-2014 in Italia siamo stati sui 200 mld di euro di deficit, loro sui 5,000 mld di dollari, lo so che l'economia è 6 volte la nostra e l'euro valeva di più, ma anche proporzionalmente sono stati almeno TRE VOLTE MAGGIORI lo stesso di noi come "stimolo fiscale". Se noi avessimo seguito la ricetta USA (o inglese) avremmo risposto alla crisi con qualcosa come 600 mld di deficit invece che 200 mld in quattro anni ad esempio. Bisogna parlare in miliardi invece che in percentuali per capirsi. Come si fa a dire che se avessimo ad esempio pagato 400 miliardi di tasse in meno dal 2009 al 2012 (visto che da noi l'austerità è stata quasi tutta sul lato tasse) l'economia non avrebbe avuto effetti positivi ? 

Penso sia sfiducia nel sistema produttivo italiano, ossia nella capacita' di trasformare il credito in qualcosa di utile per crescere stabilente. Semplificando brutalmente, gli investimenti produttivi se sussistono i fondamentali si fanno a prescindere, non sono un po' di tasse in piu' o in meno o un minimo aggiustamento dei tassi a farti cambiare idea, queste cose servono solo a chi sta al margine, e stare al margine piaccia o non piaccia significa che non si sta facendo qualcosa di sufficientemente produttivo. Certo evitare di far chiudere questi ultimi e' cosa buona e giusta, ma bisogna anche domandarsi se farlo a colpi di deficit sia sostenibile sul lungo e se possa realmente portare ad un nuovo equilibrio stabile (quello piu' alto si spera).
Quindi il punto sta sempre sui "fondamentali", essere espansivi senza aggiustare i fondamentali porta a nulla (a meno di botte di culo estreme per cui il credito si incanali in un qualche "sentiero virtuoso" nonostante le sfavorevoli condizioni al contorno), quindi per forza bdi cose isogna prima pensare a quest'ultimi, e una volta sistemati i fondamentali.. beh, ci sara' da chiedersi se siano ancora necessarie azioni espansive di questo tipo.

Secondo dati OECD il deficit tra il 2007 e il 2009 negli USA è passato dal 3,6% al 12,7% del Pil e in Grecia dal 6,8% al 15,8%. Dal 2010 inizia a calare sia in America che nel paese ellenico e nel 2012 entrambi sono intorno al 9% del Pil (http://data.oecd.org/gga/general-government-deficit.htm). O si può parlare di austerity in entrambi i paesi, oppure in nessuno dei due.

per discutere seriamente occorre cercare di mettersi d'accordo su cosa si discute. Andiamo allora per ordine, partendo dalla fine del commento.

1) Che mi si rimproveri di non voler ridurre le tasse e' forse un po' troppo, no? Ho fondato un partito e dedicato quasi due anni della mia vita per cercare di ridurre l'imposizione di un 6% del PIL, almeno ...  Quindi, atteniamoci al tema sollevato nel mio post: che io sappia non vi e' stata alcuna riduzione del carico fiscale negli USA dal 2008 ad oggi. E questo, per me, chiude l'argomento tasse la cui riduzione fa sempre bene ma NON a causa del moltiplicatore (come il ragionamento che critico invece implica) e condizionatamente a riduzioni contemporanee o perlomeno veramente certe della spesa pubblica. 

2) Nel paragrafo criticato io faccio due cose. Da un lato critico l'articolo di G&T - il quale, mi son dimenticato di dirlo ma approfitto di questo commento per rilevarlo, insiste sull'idea balzana che l'area euro dovrebbe all'improvviso diventare un'unione fiscale, ossia uno stato, per mezzo della politica monetaria della BCE che fa risk-sharing del debito pubblico di ogni paese membro ... Errare, come fecero i due miei amici assieme a tanti altri all'inizio degli anni '90 pensando che l'euro avrebbe creato l'Europa politica e fiscale, e' umano. Ma perseverare nel medesimo errore concettuale auspicando ulteriori fughe in avanti 20 e passa anni dopo mi sembra decisamente un po' troppo - critico l'articolo di G&T, dicevo, perche' sostiene che l'effetto positivo del QE avviene solo via leva fiscale e moltiplicatore che farebbero cosi' crescere il PIL. L'articolo va letto con attenzione, ma questo dice (che gli spread possano abbassarsi molto ancora, visto dove sono arrivati, non so come possa loro venire in mente): che [QE+(politica fiscale espansiva)] => crescita GNP via moltiplicatore => debito diventa meno rischioso perche' piu' sostenibile.  Dall'altro, siccome sostengono che questa catena causale e' confermata dall'esperienza e siccome l'unica esperienza e' quella USA (si', c'e' anche la fallimentare esperienza giapponese che dura da 20 anni ... vogliamo usare quella? :)) io guardo ai dati USA.

3) Veniamo quindi alla questione del deficit USA. Ovviamente e' esploso nel 2009, come esplosero lo spagnolo, l'irlandese e quelli di svariati altri paesi europei che si trovarono a fronteggiare l'esplosione della bolla immobiliare ed il tracollo di una fetta sostanziale del loro sistema finanziario. Oltre ad una forte riduzione del gettito fiscale a causa della recessione. Da questo punto di vista il comportamento USA e quello europeo non sono stati per nulla diversi e citare una "media europea del 5% nel periodo" e' irrilevante, non contiene alcuna informazione sulle politiche fiscali specifiche di paesi diversi in circostanze ed anni diversi. A meno che non si abbia in mente la "austerita'" (si fa per dire) italiana e non si voglia argomentare che sarebbe stato meglio se nel 2009 e magari anche nel 2010 il governo Berlusconi avesse deciso di far esplodere il deficit italiano per "fare come in Spagna" pur in assenza di un'esplosione della bolla immobiliare e di una crisi (esplicita, che quella sotterranea c'era) delle banche ... E' questo l'auspicio?

4) Il "modello" (si fa per dire) di chi continua ad insistere che occorre maggior spesa pubblica in deficit per rilanciare l'economia "come hanno fatto negli USA" si basa, appunto, sul moltiplicatore della spesa. G&T stanno attenti nel loro articolo a non essere cosi' orrendamente naive e fanno anche cenno ad una riduzione del carico fiscale ma quell'articolo (come svariati altri che non ho avuto la pazienza di citare) auspica che si facciano deficit addizionali.

5) La dinamica del deficit USA, mi dispiace, e' quella che ho detto: riduzione dei valori ASSOLUTI anno dopo anno dal 2009 in poi. Mai scritto che la riduzione sia stata omogenea e, certamente, nel 2013 e 2014 e' aumentata. So what? Ricordiamoci che son calati i valori assoluti in un paese in cui, in ogni caso, non solo cresceva il PIL nominale ma crescevano i prezzi di poco meno del 2% in media. I valori reali sono quindi calati ad un ritmo almeno del 2% ...

6) La dinamica della spesa pubblica USA, federale e non, e' ancora piu' convincente. In questo sito ci si puo' divertire a guardare i dettagli dei dati sia per tipo di spesa che in ordine temporale.  La morale e' semplicissima: la spesa pubblica USA e' costante in valore nominale totale da circa 5 anni. Poiche' la popolazione USA, al contrario di quella europea, cresce, questo implica che la spesa pubblica nominale per capita si e' ridotta. E questo a fronte di una crescita del PIL nominale compresa fra il +4% ed il +5% all'anno ... 

Mi pare che una gran parte del deficit sia dovuto al costo delle guerre (Iraq, termiata nel 2011 e Afghanistan, in corso) e quindi (non so se accettate la provocazione) ad un investimento geo-politico. Poi si vedrà se come ogni investimento è andato bene o male. Il deficit dei PIGS in europa invece mi pare legato alla spesa gestionale corrente, in buona parte clientelare.

Osservazione acuta..che implica:

 

a fronte di uno scenario incerto (efficacia QE) sappiamo, con certezza, chi ne trarrà guadagno.

 

E' la Germania, sempre lei...incline ad utilizzare pervicacemente la strategia del massimo rendendo sempre più improbabile quel punto di equilibrio auspicabile in una "unione".

 

Lo trovo deprimente.

Una cosa che non ho capito (anche se in parte off-topic, in quanto esula dai punti discussi dal Prof. Boldrin) è la seguente. Il rischio di questa operazione viene in buona parte scaricato sulle banche centrali nazionali, giusto? Se (come mi pare di aver capito, ma non ne sono sicuro) la banca di ogni paese X si troverà in pancia l'80% dei titoli del medesimo paese X acquistati attraverso il QE, ciò non aumenterà la quota del debito sovrano di ciascun paese detenuta da attori domestici?
Se questo è vero, ciò non potrebbe avere anche la funzione di rendere meno "sistemico" l'effetto prodotto da evntuali default/ristrutturazioni e dunque anche rendere relativamente meno acuti i potenziali danni di eventuali uscite dall'euro?
Spero di non aver detto bestialità. 

 

Se (come mi pare di aver capito, ma non ne sono sicuro) la banca di ogni paese X si troverà in pancia l'80% dei titoli del medesimo paese X acquistati attraverso il QE, ciò non aumenterà la quota del debito sovrano di ciascun paese detenuta da attori domestici?

 

solo se la quota domestica iniziale è sotto l'80%, ovvio.  poi potrebbero essere acquistati un massimo di 150 bln di titoli italiani e vista   la dimensione del debito, la riallocazione non sarà decisiva.

 

 

potrebbe avere anche la funzione di rendere meno "sistemico" l'effetto prodotto da evntuali default/ristrutturazioni e dunque anche rendere relativamente meno acuti i potenziali danni di eventuali uscite dall'euro?

 

beh, detto in altro modo suona molto peggio: rende più facile la dissoluzione della costruzione comunitaria. i danni, eventualmente ridotti, poi non si ripartirebbero in egual misura fra i divorziandi, ma il vaso di coccio rischia di più.

in altro ambito, la cosiddetta balcanizzazione del credito, cioè banche e buoi dei paesi tuoi, non è ritenuta affatto positiva, riduce la concorrenza.

 

e concordo anche con il fatto che questo aspetto sia parte delle "misure autoprotettive" che i tedeschi, gli olandesi ed altri paesi del nord hanno richiesto.

Faccio fatica a dare loro torto: stanno in un club dove, insulti a parte, si continua a chiedere loro soldi a prestito per finanziare le spese allegre e la vita comoda di un gruppo di altri membri che non solo non intende mai fare i propri doveri ma che minaccia ogni due per due di andarsene gettando tutto all'aria e dimenticandosi dei debiti contratti, che sono enormi ... 

Non ci siamo proprio. Non mi sembra difficile da capire.

Senza scomodare Sen, Spinelli ed altri economisti (la mia laurea e' in ingegneria elettronica, prima di avere fatto Stanford + phd Imperial). Meglio proposta Bruegel: www.bruegel.org/publications/publication-detail/publication/403-the-blue-bond-proposal/

1) order of magnitude. gia' il solo ESM= Germany (27.1 per cento), Francia (20.4 per cento), Italy (17.9 per cent) e Spagna (11.9 per cent). Se Spagna o Italia vanno sotto, Francia e Germania vanno sotto.la Francia e' messa male. Molto male.

Germania= garanzia a supporto delle EFSF €211bn (£182bn). Se l' ESM presta a pieno regime, la Germania ha liabilities per €280bn (piu' esposizione indiretta  ECB and Target2),

germania= se contiamo le 'unfunded social security liabilities arriviamo ad un debt/GDP del 190%. Ci sono studi in lingua Tedesca che lo certificano. Qualcuno mi stima impatto su Germania in caso di un  default? 800 billion? 1 trillion?

Lo capiamo? Non mi sembra difficile...effetto sul tasso di inflazione??? defazione??? Phillips curve? ma di COSA parliamo? parliamo di integrazione stealth, che richiedera' una generazione (qui ci sono libri di storia a certificarlo)...

Coinvolgere anche il Prof. ZINGALES? Per fortuna non pago, per leggere...

bannatemi pure....but this stuff is ridiculous.

CHI paga e PER farecosa? Capiamo prima questo, come sta cercando di fare la Corte Costituzionale Tedesca...

Bonne chance

secondo me sei o da ricoverare o da ignorare visto non solo il tono ma il contenuto incoerente delle tue affermazioni.

Siccome alla prima meglio ci pensino i tuoi cari, io scelgo la seconda. 

Su #1 sono un po' dubbioso.  Fornisco immagine con la curva dei rendimenti dei governativi US 5 anni fa, un anno fa e attuale. Come si vede i rendimenti sono scesi in maniera piuttosto marcata - quelli reali non li ho sottomano ma mi immagino un andamento analogo viste le aspettative di inflazione non molto mobili durante il periodo di riferimento. Questo e' servito all'economia reale? C'e' un grafico in giro che plotta crescita del balance sheet Fed e S&P500, e diciamo che si nota una certa correlazione... Discesa del cost of capital, aumento degli investimenti, almeno in teoria. In pratica, ho letto da poco un abstract di paper empirico per cui investimenti dipendono da aspettative di crescita e molto meno da costo del funding, quindi l'effetto potra' essere stato marginale. Inoltre non escludo che periodo di dollaro debole abbia favorito industrie nazionali vs concorrenti stranieri.

Modello replicabile in UE? Mio grosso dubbio riguarda segmentazione mercati, non  esiste mercato dei capitali europeo ma tanti mercati dei capitali in concorrenza e credo che i soldi tenderanno a fluire dove sono fluiti fino ad oggi (e quindi UE core). Sulla seconda parte del ragionamento sono totalmente d'accordo invece, hai voglia a cercare di fare un "balance sheet swap" nei bilanci bancari togliendo titoli di stato e inserendo crediti alle imprese/famiglie. Prima di tutto bisognerebbe vietare a stati di aumentare stock di debito altrimenti si sa gia' dove finiranno i soldi del QE, secondo poi come fai notare se non cambiano condizioni lato offerta incentivi a investire rimangono bassi. Vedremo una spettacolare crescita dei mercati su nuovi massimi e poi chissa'.

 Sugli altri punti commento successivamente.

non appare, viene la home page di nFA ... 

Ma fa niente, i rendimenti li trovi nel link al NYT che ho messo nell'articolo o, sei hai pazienza, su FRED per svariate classi. E vale quanto ho detto. Il calo dell'ultimo periodo avviene DOPO l'annuncio della fine di QE3 e continua a QE3 finita. In ogni caso, sono tutt'ora superiori a quelli del 2012, prima che QE3 iniziasse. Possiamo, se vuoi, discutere all'infinito di aspettative (che nel 2012 tutti si aspettavano QE3 quindi era gia' scontato l'effetto, eccetera) ma non credo ne ricaveremo molto.

Questo implica che il resto del ragionamento tuo  sull'impatto dei tassi sugli investimenti va preso con le pinze, come d'altra parte mi sembra anche tu riconosca. Non solo: i tassi sono ancora piu' bassi in Europa! E allora? Com'e' che qui quell'elasticita' e' cosi bassa? Il punto e' sempre lo stesso: non si vuole riconoscere che il vecchio modellino "keynesiano" secondo cui la Banca Centrale riduce i tassi nominali/reali e questo fa ripartire gli investimenti perche' quella riduzione si trasferisce, pari pari, in maggior credito a minor prezzo per famiglie ed imprese, e' una fantasia.

I minori tassi permettono alle istituzioni finanziarie di fare le proprie operazioni di portafoglio a minor costo/rischio e, in quei casi, anche 30 punti base su svariati miliardi di portafoglio fanno fare tanti soldi. Che poi questo diventi o meno investimenti reali nel paese che ha ridotto i tassi (specialmente se la sua moneta e' moneta internazionale) e' tutto da vedersi e dimostrarsi. A mio avviso i dati dicono che, ai livelli in cui siamo, fa pochissima differenza. Certo, fossimo passati dal 10% al 7% sarebbe stata tutta un'altra storia, ma non e' quel che e' successo. 

Se non ho capito male, il QE serve anche a far tornare la maggior percentuale possibile di debito pubblico in patria. Forse per rendere più agevole una eventuale ristrutturazione futura dello stesso?

vedo che la domanda era stata fatta. Scusate ancora.

perchè come giustamente osservato i crediti non sono cartolarizzati e difficilmente potrebbero esserlo.

A voler essere Machiavellici però se gli stati (con un bella bad bank pubblica) rastrellano schifezze dalle banche poi a loro volta possono rifilare alla BCE i titoli emessi per comprare i crediti tossici delle banche

Per gli amanti della teoria del complotto Davide Serra si è affacciato sul mercato italiano dei NPL....

Oramai lo abbiamo in pancia praticamente tutto noi, un 75% almeno. Per l'italia cambia poco e in peggio, visto che il QE renderà i nostri rendimenti assolutamente non appetibili a fronte del rischio implicito. Per il debito greco è un'altra storia..è un problema massimamente tedesco..e, ancora una volta, il QE mira a risolverlo. Sì, non mi sono simpatici i tedeschi, sono i primi della classe ma collusi con la maestra ultimamente...troppo comodo.

questo cretino va bannato.  E' un disco rotto e fa rumori noiosi, sembrano le scoregge della coppia meloni/salvini.

Personalmente penso che il QE serva alle banche, tutte o quasi, visto che il problema di Basilea 3 si sta presentando per tutte, perchè un titolo pubblico con valore BBB vale ai fini del patrimonio molto meno di un AAA (mi sembra addirittura non possa essere conteggiato ai fini del Tier), molti paesi europei (Italia su tutti) si sta addirittura avvicinando alla soglia "spazzatura", ovvero la soglia oltre la quale le banche non possono nemmeno contabilizzarli, e il QE prevede una certa quantità di denaro mensile, ma non dice nulla su cosa succede, anche alla fine, se nel frattempo i titoli sono stati ulteriormente declassati.

Anche io penso che il QE sia in forte ritardo, e che ai fini dei tromboni nazionali avrà imptto nullo, ma il non farlo era ancora più rischioso: domattina l'Italia si potrebbe trovare al livello "spazzatura" e le banche italiane si troverebbero, tutte, con il sedere scoperto.

Non dimentichiamoci che la BCE ha come esplicito mandato "la stabilità del sistema finanziario" e un terremoto simile sarebbe altro che Armageddon, speriamo solo non sia troppo tardi.

...caro Boldrin, che ho letto con la massima attenzione.  Pur non essendo del mestiere, ero già convinto prima di leggere che la mossa della BCE abbia avuto intenti essenzialmente politici, quindi l'affermazione che "chi spera che il QE riporterà l'Europa sul sentiero della crescita economica duratura si illude" non mi ha minimamente sorpreso.

La mia domanda a questo punto è speculare al contenuto dell'articolo: Lei potrebbe spiegarci, in termini divulgativi, quale sono le ragioni e le spinte che hanno determinato la ripresa dell'economia US? In parole povere: perchè loro sì e l'Europa no? 

Certamente, negli US esiste una capacità di reazione, una "resilienza" della società e del suo  sistema economico che non è lontanamente paragonabile con le lentezze geologiche delle politiche europee. Ma parte questo aspetto forse più sociologico che politico, perchè in US sì e qui no? Che cosa è successo negli US che sarebbe salutare imitare? Su cosa sarebbe giusto agire? In che direzione? 

Grazie

Giuliano Delfiol, Firenze

scusate l'intromissione, è solo una battuta.

Premetto che sono un dilettante anch'io ma penso di poter dire con certezza che con la ripresa negli USA c'entri il boom dello shale gas e dello shale oil.

 

Su questo sito c'è una tabella in cui si vede il numero di posti di lavoro creato negli stati USA con lo shale e quelli senza shale nei primi i posti di lavoro sono cresciuto molto nei secondi sono appena riusciti a rifarsi delle perdite della crisi.

 

www.rischiocalcolato.it/2015/01/lo-scoppio-della-bolla-energetica-rappresentera-il-nuovo-crash-immobiliare.html

e qui non toccati.Ne parlano il Prof. Zingales, Bruegel, Amartya Kumar Sen, Spinelli, e qualche altro...'da ricoverare o da ignorare'. Il tema e': integrazione stealth dolorosa. decades. non pare difficile...

 

 

''Halve Greek debt and keep the eurozone together, by Reza Moghadam- FT oggi, piu' qualche altro 'piece'. Perche' l'Inghilterra e' fuori dallo schemino? bah...Magari non hanno 'studiato' a R.

 

Can Greece continue in the eurozone? That question is at the centre of a campaign of innuendo, threat and counter-threat playing out across Europe. It is a dangerous game.

The leftwing Syriza party, thrust to power in yesterday’s parliamentary elections, insists that austerity must end and official creditors must accept that some of Greece’s debt cannot be repaid. This message resonated with depression-weary voters. But it has elicited stern pronouncements from politicians in Berlin, commissioners in Brussels and central bankers in Frankfurt, who say such demands are inconsistent with euro membership. Everyone insists this is a debate about policy, not about Greece’s future in the euro. But talk of a Greek exit is back in the headlines.

The Europeans’ capacity to countenance, and even contribute to, the rhetoric of a Greek exit has been strengthened by market signals suggesting that an exit from the euro would damage Athens more than its partners. Asset prices have tumbled in Greece, but in the rest of the eurozone they have held steady. A banking union has taken shape. The European Central Bank has promised quantitative easing, in the form of across-the-board purchases of sovereign bonds. And Mario Draghi, ECB president, has offered reassurance with his pledge to do “whatever it takes” to protect the single currency.

A Greek exit is in no one’s interest. For Greece, whatever salvation a new and weaker drachma might offer, would be preceded by years of purgatory — bank runs, broken economic relationships, aggravated social strife. For Europe, breaking the taboo of euro exit will probably cause markets to reassess their benign view of other weak eurozone economies and the risk of contagion between them. If Greece leaves, Europeans can forget about collecting on their debt, which would be even less sustainable with a much depreciated drachma. But denying the possibility of a Greek exit is not enough. A credible solution is needed to prevent miscalculation and accident at the precipice.

Despite massive fiscal adjustment and the largest private sector debt restructuring in history, the Greek national debt has risen to 175 per cent of output. Current plans call for the primary fiscal surplus, which excludes the cost of servicing debt, to rise from 1.5 per cent of gross domestic product in 2014 to 4.5 per cent in 2016 and beyond. This would threaten social cohesion and wreck any prospect of economic recovery. Politically, it is out of reach. Meanwhile, the debt overhang is holding back investment and public confidence.

 

 

qui

Incredibile..anche a loro risulta il 75% dell'italico debito in italiche pance. A chi lo rifileremo? Sembra la storia di Totò e la fontana di Trevi. Un caro amico si domandava tempo addietro come avrebbero fatto a piazzare titoli di stato(italiani) con rendimento negativo alla clientela retail; presto detto: in base alla inarrestabile ristrutturazione merceologica che vede protagonisti i nostri istituti di credito, l'addetto ai titoli avrà gioco facile nel convincere "la nonna" che, a fronte di turbolenze nel mercato azionario, niente di meglio di un granitico BTP, oggi in offerta con copriletto in lana merinos, ferro a vapore con caldaia separata e batteria di pentole acciao inox 18\10 con coperchiotermostato e griglia interna per la cottura a vapore..che si sa i grassi fanno male.Se non vuole le pentole abbiamo la termocoperta..che l'inverno è lungo e i reumatismi in agguato.

Saluti,

Ciò che i politici europei potevano dare sull'altare delle “riforme” l'hanno già dato. La parola “riforma” l'hanno intesa in modo classico, direi reazionario ottocentesco, hanno aggredito lo stato sociale con una modernità stagionata, e contribuito, nel loro piccolo, ad aggravare la depressione del mercato.

Insistere ancora che dovrebbero colpire i privilegi, i rendimenti di posizione, il clientelismo, sembra davvero un sogno impossibile, come chiedere che taglino, più che il ramo su cui sono seduti, qualche cosa che gli è più a ridosso e più caro. Un controsenso tecnico. Tutto questo non è meno disperato che sperare nel moltiplicatore magico messo in moto da un pizzico deficit.

Ma anche l'uscita dall'euro appare come una temporanea goccia nel mare se '“ciò che conta sono i rendimenti attesi sugli investimenti privati e questi migliorano se e solo se cambia la produttività, l'innovazione e l'efficienza dell'economia reale”.

Così, forse, dico forse, invece della luna nel pozzo probabilmente Draghi ha comprato solo tempo, garantendo, a seconda dei casi: per le iniziative o per i sogni o per le paure di ciascuno. Si tratta di vedere se anche questa strada non determini un aggravamento della situazione, cosa sicura se ognuno è appostato solo per giocare di sponda con gli altri. L'equilibrio maledetto dei giochi non cooperativi di Nash, dove infine perdono stupidamente tutti.

professore vorrei capire una cosa, che continua a farmi pensare ma non so rispondere: se il differenziale dei rendimenti spiega la discesa dell'euro sul dollaro, come devo spiegare il fatto che i minori rendimenti euro sono dovuti al fatto che i titoli pubblici salgono, e se salgono significa che vengono comprati? e questo mi fa pensare che i soldi invece di andare verso i titoli usa vengano verso quelli euro.

grazie e perdonatemi se la domanda è stupida

ehmmm...................

ma l'effetto più rilevante non dovrebbe essere sul tasso di cambio €/usd, con deprezzamento dell'euro come sta già in parte avvenendo?