Le quote di Bankitalia: la solita porcata

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Mercoledì è stato approvato dalla Camera un provvedimento che comporta la rivalutazione del valore patrimoniale delle azioni Banca d’Italia. Il provvedimento, dal contenuto un po’ tecnico, non è però troppo difficile da comprendere nella sostanza. Lo diciamo subito con lo stile diretto che ci ha sempre caratterizzato e attirato tanti amici e tanti “amici”: il provvedimento  fatto approvare con urgenza alla Camera è una porcata. Fondamentalmente esso contiene una (legale) truffa contabile a favore dei bilanci di alcune banche del paese e dell'erario, oltre che un sostanziale trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche.

Andiamo per ordine. Per ragioni storiche gli azionisti della Banca d'Italia sono alcuni istituti bancari italiani (più, per il 5,66%, INPS e INAIL). Banche centrali fondate da istituti bancari (pubblici come in Italia o privati come ad esempio negli Stati Uniti) sono storia comune a molti paesi sviluppati. Le quote oggi possedute da Intesa, Unicredit, eccetera sono eredità delle quote originarie delle banche fondatrici di Banca d’Italia.

Tuttavia, in Italia come altrove, le banche centrali  si sono nel corso della storia  emancipate, legalmente e funzionalmente, dagli istituti fondatori. La Banca d'Italia in particolare è un ente di diritto pubblico dal 1936, e tale è rimasta anche dopo la (cosiddetta) privatizzazione delle banche dei primi anni '90. In praticamente tutti i paesi le banche centrali hanno il monopolio della creazione della moneta, il che fornisce loro risorse reali denominate per motivi storici con il termine pittoresco "signoraggio". Francesco Lippi ha spiegato qui, poco tempo fa, come funzioni, quindi non ci dilunghiamo.

Fino ad oggi, il valore nominale delle quote societarie della Banca d’Italia è rimasto arbitrario, non essendo tali quote commerciabili. Per far sì che la maggior parte degli introiti da signoraggio restasse al Tesoro (com'è doveroso, dato che le banche centrali hanno il monopolio della produzione di moneta solo esse producono signoraggio) questo valore nominale è stato mantenuto a soli 156.000 euro ed è stato posto un limite ai dividendi pagabili ai "soci" fondatori (non più di 4% delle riserve).  La politica di distribuzione dei dividendi è sempre stata, giustamente, molto prudenziale; e quindi alle banche, come dividendi, andavano pochi spiccioli. La lista degli azionisti e l'ammontare esatto delle quote si trova qui. Anche il controllo della governance della Banca d’Italia è di fatto e sostanzialmente lasciato a Tesoro e Parlamento: i “soci”, anche se partecipano formalmente a definire i soggetti che controllano e vigilano sulla gestione amministrativa della banca, non hanno voce in capitolo nella definizione delle funzioni istituzionali della Banca. 

Insomma, i “soci” fondatori di Banca d’Italia ad oggi non sono che un residuo storico: non hanno controllo della banca, non possono commerciare le proprie quote e da esse ricevono dividendi minimi ed indipendenti dagli introiti da signoraggio, che vanno invece (giustamente) al Tesoro. I soci hanno invece il privilegio di nominare qualche amico a sedere in qualche poltrona (il consiglio superiore, il collegio dei sindaci) per svolgere compiti di consulenza e controllo certamente importanti oltre che remunerative. Lo fanno, facciamolo notare visto che ci siamo, con procedure poco trasparenti e completamente estranee al processo democratico che dovrebbe invece caratterizzare una funzione pubblica di tale importanza. Se di riforma si voleva parlare, forse si poteva cominciare da lì. 

Ed invece, a seguito del provvedimento oggi approvato alla Camera, altre cose cambieranno. E cambieranno in peggio.  

1. Innanzitutto il valore delle quote azionarie passa a 7,5 miliardi di euro. Questa ricapitalizzazione avviene a fronte delle riserve statutarie della Banca che sono abbondanti. Al 31/12/2012 il patrimonio netto (capitale+riserve) della Banca d'Italia ammontava a circa 23 miliardi di euro. Da un punto di vista sostanziale questo patrimonio è pubblico e appartiene al Tesoro, perché è stato accumulato grazie al potere di monopolio fornito dalla legge all'emissore di moneta, non attraverso l'attività  e gli investimenti dei soci, come avverrebbe per una qualsiasi azienda privata. Il valore delle quote è arbitrario, come dicevamo, e quindi la ricapitalizzazione è nella sostanza un trasferimento dal Tesoro alle banche che detengono le quote. Questo trasferimento non ha alcuna contropartita diretta per il Tesoro ed è per le banche puramente contabile, cioé può essere contabilizzato a bilancio ma non comporta in sé trasferimento di attività né di liquidi.

Ma secondo la BCE, "in conseguenza all’operazione di ricapitalizzazione autorizzata dal decreto legge, le quote devono essere registrate nei conti patrimoniali degli azionisti nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione al valore precedente l’operazione". Le plusvalenze sulle quote andranno quindi a concorrere pienamente al common equity tier 1, indicatore utilizzato ai fini del calcolo degli indici di patrimonializzazione secondo la normativa di vigilanza bancaria. Il trasferimento quindi, anche se solo contabile, ha il vantaggio di far apparire le banche maggiormente capitalizzate ai fini degli stress test previsti in occasione dell’Unione Bancaria in sede BCE.

2. Le quote sono rese trasferibili, si dice, al fine di permettere ai soci di rispettare un limite massimo del 3% per la quota di partecipazione. Essendo trasferibili il loro valore non è più arbitrario ma determinato dal mercato. Semplificando, il valore delle quote di Banca d'Italia sarebbe il valore scontato dei dividendi previsti futuri (è una approssimazione, ma serve per fornire almeno un'ordine di grandezza per valutare quanto valga il trasferimento). Se la Banca d'Italia non pagasse dividendi il valore di mercato delle quote sarebbe nullo e l'operazione sarebbe unicamente contabile come si diceva sopra; un'operazione comunque molto conveniente per le banche interessate. Se invece la Banca d'Italia iniziasse a pagare dividendi tutti gli anni sul nuovo capitale, il tasso a cui scontare tali dividendi dovrebbe essere un tasso privo della componente di rischio, perché è ragionevole che tale sia un investimento nell'istituto di emissione, diciamo 1-2%. Quindi se la Banca pagasse l'1-2% in dividendi il suo valore di mercato sarebbe approssimativamente quello determinato arbitrariamente dal legislatore, 7,5 miliardi. In questo caso l'operazione comporterebbe un trasferimento sostanziale, non solo contabile, di 7,5 miliardi alle banche, tramite una serie di dividendi futuri che non sono, in alcun senso, dovuti. Anzi, son regalati perché vengono dal signoraggio e Intesa o Unicredit con il signoraggio non c'entrano proprio! Se i dividendi fosseri maggiori, in aspettativa le quote della banca potrebbero avere sul mercato un valore addirittura maggiore. 

Per agevolare tale processo di ricomposizione dell'azionariato, la Banca d'Italia ha facoltà di riacquistare temporaneamente le quote. In questo caso la Banca d’Italia (il Tesoro in ultima istanza) trasferirebbe sostanzialmente, non solo contabilimente, liquidità alle banche oggi proprietarie in cambio di quote azionarie. In altre parole, il Governo/Tesoro prima rivaluta contabilmente le quote delle banche in Banca d'italia e poi se le ricompra al nuovo elevatissimo prezzo perché altrimenti la Banca d'Italia perderebbe indipendenza (che non è vero perché i soci contano poco o nulla, come abbiamo visto). Chiaro? Limpido, Recoaro! Si noti che il trasferimento sostanziale dal Governo/Tesoro non necessita dell'atto di ricomprare le quote, che potrebbe avvenire come no, ma sta invece nei dividendi che la banca pagherà in futuro, da cui il valore delle quote in effetti dipende. La trasferibilità delle quote rende il il trasferimento liquido per le banche, che possono vendere le quote invece che aspettare il flusso annuale di dividendi, ma l'ammontare del trasferimento dipende dai dividendi. Come dicevamo, con dividendi dell'1-2%, il trasferimento sarebbe di 7,5 miliardi. Più alti i dividendi, più alto il trasferimento. 

3. Le quote riceveranno una remunerazione massima pari al 6% del loro (nuovo) valore nominale, portando il valore dei dividendi distribuiti ad un massimo di 450 milioni di euro (contro i 70 milioni di utile attribuiti nel 2012). Il 6% è un dividendo folle, per un investimento senza rischio. 70 milioni sarebbero circa l'1%, molto più appropriato. Si noti però che se 70 milioni l'anno di dividendi sono un "regalo" alle banche (che hanno investito un capitale minimo un secolo e passa fa e che, soprattutto, non contribuiscono affatto a generare i rendimenti che vengono dal signoraggio), questo provvedimento comporta un regalo aggiuntivo, a parte la questione della liquidità, solo nella misura in cui i dividendi effettivi aumentino in futuro rispetto a quelli che erano previsti prima che fosse approvato il provvedimento. È difficile dirsi se questo sia il caso, visto che sia precedentemente che ora la legge fissa solo un tetto massimo ai rendimenti. In altre parole: i dividendi futuri saranno lasciati alla discrezione del governatore e del direttorio, ossia sarà una decisione politica da prendere ogni anno. Sussidiamo banche private con i proventi del signoraggio o no? Non sappiamo chi si sia inventato questa cosa ma ci chiediamo se davvero Ignazio Visco possa condividere un'idea del genere. Come è possibile accettare che un governatore debba essere posto, dalla legge, nella situazione di chiedersi, ogni anno, se deve o meno sussidiare banche private usando i proventi del signoraggio? Una porcata del genere farebbe bestemmiare qualsiasi economista degno di tale titolo. Perché Visco non dice nulla?

 4. La ricapitalizzazione sarà tassata come plusvalenza e genererà quindi introiti fiscali per il governo. In questo modo l’operazione si configura come una trasferimento contabile indiretto dalla Banca d’Italia al Tesoro - in altre parole, una parte del patrimonio della Banca, che appartiene al Tesoro ma è fuori bilancio, verrà contabilizzato tra le entrate fiscali. Si parla di 1-1,5 miliardi di euro. Lo stesso per la tassazione sugli aumentati dividendi che le banche socie percepiranno a seguito della ricapitalizzazione delle quote. Un'operazione certamente dal sapore piuttosto sgradevole: un paese che mette le mani nel patrimonio della banca centrale per risolvere problemi fiscali è un paese arrivato a raschiare il fondo del barile. 

Come abbiamo detto la ricapitalizzazione è arbitraria. Ma vale la pena notare quanto grande sia. Per dare un'idea, se un capitale iniziale di 156mila euro del 1936 avesse avuto un rendimento del 6% per 78 anni, e se non fossero stati distribuiti dividendi (che invece son stati distribuiti), oggi varrebbe 14,7 milioni, cioé circa un cinquecentesimo della valutazione imposta dalla riforma. Quindi, o la rivalutazione è eccessiva, o la banca ha avuto un rendimento molto più alto. Vale la seconda: il rendimento è certamente molto più alto; non per l'acume strategico dei soci, ma perché la banca svolge un ruolo pubblico insostituibile ed in regime di monopolio concesso dallo stato, ed è dunque giusto che i rendimenti da essa conseguiti rimangano alla collettività come è stato per quasi 80 anni. Qui invece si prevede di distribuire ai soci attuali e futuri l'1% (se si rimane alle cifre attuali), o addirittura fino al 6% calcolati su un capitale enormemente più alto rispetto a quello effettivamente investito.  

Da un altro punto di vista, un'azienda che distribuisce 70 milioni l'anno (o più) di utili senza rischio per l'investitore corrispondono certo ad un capitale di circa 7,5 miliardi. Ma perché si dovrebbe continuare a distribuire 70 milioni l'anno a chi non ha mai investito nell'azienda, salvo qualche bruscolino 80 anni fa?

Il provvedimento prende almeno tre piccioni con una fava: le banche si ricapitalizzano semplicemente con un tratto di penna; riceveranno trasferimenti monetari, almeno potenzialmente, tramite maggiori dividendi oltretutto immediatamente liquidabili; per un anno il governo riceve in cambio un introito tramite la tassazione delle plusvalenze. Il relatore per la maggioranza, on Marco Causi (PD) non prova nessuna vergogna ad ammettere che l'operazione serve a coprire i mancati introiti dell'abolizione dell'IMU. 

Spiace che il Movimento 5 Stelle abbia avuto il monopolio o quasi dell'ostruzionismo parlamentare. Purtroppo chi spesso straparla tende a non essere preso sul serio; e chi protesta su tutto ogni tanto ne azzecca una, e questa è una di quelle volte. I "compagni" del PD che difendono a spada tratta il provvedimento sui social networks farebbero meglio a riflettere prima di parlare. O forse no, forse hanno riflettuto e si son detti: anche la "nostra" banca ci guadagna ed a Siena saranno contenti. Vero, Matteo Renzi?

Lasciamo ai lettori un giudizio sulla note rilasciata ieri  dal Tesoro:

 

Nessun regalo alle banche. Nel corso del dibattito parlamentare svoltosi negli ultimi giorni alla Camera dei Deputati per la conversione in legge del decreto Imu-Bankitalia la polemica politica ha spesso preso il sopravvento sulla realtà dei fatti così che alcuni interventi hanno prospettato effetti del provvedimento del tutto fantasiosi e infondati.

 

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Commenti

Ci sono 144 commenti

Bello e chiaro il vostro articolo.

Questo periodo, però

 

Spiace che il Movimento 5 Stelle abbia avuto il monopolio o quasi dell'ostruzionismo parlamentare. Purtroppo chi spesso straparla tende a non essere preso sul serio; e chi protesta su tutto ogni tanto ne azzecca una, e questa è una di quelle volte.

 

è piuttosto disastroso sul piano politico (rifletteteci): la REALTA' è che

1) il m5s è in Parlamento

2) il m5s, insieme a pochi altri si è opposto con decisione a questa truffa.

Se volete prendere una posizione politica fatevi coraggio e dite dite "anche se in altro non siamo d'accordo in questo siamo d'accordo". E' piuttosto penoso leggere "il m5s ha detto una cosa giusta ma solo perché protesta sempre gli è andata di culo, noi saremmo stati più bravi".

che tutti grillini, partendo dal vertice, non sappiano nulla di questo e di qualunque altro argomento, e  abbiano colto solo l'occasione di mostrarsi. 

basta aiutare le banche!!! è slogan che si appiccica bene, finora ne anno imbroccati parecchi (acqua, bene comune! giù le mani da cuba! :-)) ed è solo per questo che vincono le elezioni. c'è poco da stare allegri.

Capisco il tuo punto di vista. Però è vero che dal m5s e dai suoi parlamentari si sentono un sacco di fregnacce, (per esempio, per restare in tema, quando qualcuno si mette a parlare di signoraggio) il che fa diminuire la loro credibilità. Che fossimo d'accordo era implicito. 

Condivido l'articolo, tranne che per questo:

 


Per dare un'idea, se un capitale iniziale di 156mila euro del 1936 avesse avuto un rendimento del 6% per 78 anni, e se non fossero stati distribuiti dividendi (che invece son stati distribuiti), oggi varrebbe 14,7 milioni, cioé circa un cinquecentesimo della valutazione imposta dalla riforma.

 

Non bisognerebbe considerare che i 300 milioni di lire del 1936 versati dalle allora banche pubbliche, oggi varrebbero molto di più (senza considerare i rendimenti fino ad oggi dei frutti delle riserve)?
Qui una tabella di rivalutazione.

Il conto e' chiaramente un po' a spanne, e pensavamo di aver tenuto conto dell'inflazione in quel 6% che per un titolo risk-free e' alquanto generoso. Comunque, seguiamo la tua logica. 300 milioni nel 1936 valgono 300 milioni di euro nel 2014, euro piu' euro meno. Non e' che un titolo esente da rischio ti dia molto di piu' dell'inflazione, quindi siamo a meno di 1/20 di quanto ammonta la rivalutazione; ma siamo generosi, diamogli l'1% di rendimento annuo sopra l'inflazione. Viene un capitale di 652 milioni dopo 78 anni. Sempre meno di 1/10 di quanto valutato dai "saggi". 

Tieni conto pero' che in quel periodo dividendi sono stati effettivamente distribuiti, non sono stati reinvestiti nel capitale, quindi non e' ovvio che 300 milioni di lire di allora oggi costituirebbero 300 (o 659) milioni di euro di capitale. 

Una domanda: le banche, nel tempo, hanno messo in bilancio diverse valutazioni delle proprie azioni Bankitalia; da questo link (segnalato in uno dei commenti al post di Boldrin su Facebook) sembra, però, che alcune banche abbiano rivalutato le proprie azioni in misura superiore a quelle del decreto approvato in legge ieri - do per assodato che i dati di quell'articolo siano corretti. Ad es., Mps avrebbe valutato le azioni € 57.600  l'una, Carige addirittura € 73,719 l'una, mentre secondo il decreto di ieri ogni azioni varrebbe €25,000. Ora, spero di non aver fatto confusione, non sono della materia, ma mi sbaglio se dico che l'effetto "regalo" andrà a sparire in questi casi, e anzi, che queste banche (che, incidentalmente, sono tra le più in difficoltà in Italia, mi pare) si ritroveranno con una minusvalenza nel patrimonio?

Secondo il grafico linkato, e' una rivalutazione notevole per tutti tranne che per carige e mps. Non ho idea degli aspetti fiscali, ma se i dati sono quelli vedrai che troveranno un'altra soluzione per mps che un favore non si nega mai agli amici. Il gran favore comunque e' ad intesa e unicredit che posseggono assieme meta' delle quote. 

un punto che manca completamente alla vostra analisi,  peraltro chiara e leggibile come poche,  è " quale disegno o volontà politica esprime il governo con questo decreto?"

aiutare con soldi pubblici aziende pubbliche di loro già quasi monopoliste sul mercato, non danneggia particolarmente il mercato. la concorrenza e l'efficienza era e resta un sogno nel settore e questa tornata di aiuti, peraltro di misura  modesta secondo me, non ha molta importanza, detto fuori dai denti.magari davvero bisognava tappare un buco dell'IMU

la porcata è la assoluta, indiscussa, bipartisan volontà di mantenere gli attuali assetti di controllo sulle banche, tramite le fondazioni. se non si riformano adesso, cogliendo l'opportunità di una crisi epocale, non,o si farà mai e poi mai e poi mai.

 

 

se non si riformano adesso, cogliendo l'opportunità di una crisi epocale, non,o si farà mai e poi mai e poi mai.

 

 

 

è " quale disegno o volontà politica esprime il governo con questo decreto?"

 

non c'è un disegno, o quanto meno una strategia a lungo termine. l'orientamento è sempre quello: tirare a campare è meglio che tirare le cuoia. andare a tavoletta contromano in autostrada pregando di non schiantarci

e non è un discorso che riguarda solo il favore fatto alle banche, ma è estendibile a diversi blocchi sociali: dai pensionati d'oro (ai quali si chiede un contributo di solidarietà) al jobs act di renzi (modifica dell'art. 18, ma solo per i nuovi assunti) passando per alitalia, le perdite ripianate delle aziende pubbliche locali  e la finta abolizione delle province. tutti provvedimenti ''tampone'' che rivelano l'assoluta incapacità ed il coraggio di riformare, mentre spagna ed irlanda tornano a crescere, dopo avere attraversato un periodo ben peggiore del nostro. alla faccia di coloro i quali continuano ad abbaiare contro l'europa

Probabilmente c'e' un refuso

 

Per ragioni storiche gli azionisti della Banca d'Italia sono alcuni istituti bancari italiani (più, per il 5,66%, INPS e INAIL). 

 

Sono "partecipanti al capitale" anche compagnie assicurative: e.g. Generali. E questo rende ancora piu' grave un intervento che "droga" alcuni (pochi) operatori di un mercato importante come quello delle assicurazione. 

Sarebbe interessare capire se perlomeno per le assicurazioni potrebbe configurarsi un "aiuto di stato"

politico - bancarie. Separiamo  il management delle banche dalla politica? A.D. 2014

Inoltre, non ci ho ancora fatto un pensiero, ma...non si potrebbe trattare di 'aiuti di stato' (sul Δ prezzo rivalutazione).

Dividend discount model, a 2 stadi.....:) Spiace per quanto sto per scrivere, ma...lieto di essere espatriato...anni fa..

.http://www.bancaditalia.it/media/notizie/aggiornam_quote_capitale_BdI/en_quote_capitale.pdf

C'è una premessa interessante:

"..oltre che un sostanziale trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche". Che è poi quello che bene o male sostengono i grillini in Parlamento in queste ore, "ci rubano la banka!11!!!" "tutto pakato dai contribuenti!!1!!11" ecc.

Ma poi non c'è nessuna dimostrazione della cosa. L'unica cosa che si può trovare è questa:

"Da un punto di vista sostanziale questo patrimonio è pubblico e appartiene al Tesoro, perché è stato accumulato grazie al potere di monopolio fornito dalla legge all'emissore di moneta, non attraverso l'attività e gli investimenti dei soci, come avverrebbe per una qualsiasi azienda privata."

Che è una cosa completamente priva di fondamento. I "contribuenti", ex art. 53 co. 1 Cost., sono coloro che pagano le imposte. Il gettito delle imposte è andato a finanziare la ricapitalizzazione della Banca d'Italia? No, perché le risorse finanziarie per la ricapitalizzazione provengono da... la Banca d'Italia.

Dire che il patrimonio è sostanzialmente del Tesoro mi sembra un cavillo nemmeno ben costruito. Il patrimonio è della Banca d'Italia, non del Ministero del Tesoro. Altrimenti, secondo la vostra idea, anche il patrimonio del monopolista fiscale sarebbe del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Il che non ha senso.

Quindi non ho capito dove sarebbe il trasferimento di fondi dei "contribuenti".

Grazie e buona giornata

 

Devi capire un come la banca d'italia genera "entrate" e, dunque, profitti. Li genera perché le è stato concesso il monopolio di emissione della moneta, tramite il "signoraggio" (vedi articolo di Lippi collegato). Lo stato ha benevolmente concesso solo a questa banca questo potere. Non perché le banche fondatrici siano state brave ad inventarsi chissà quale nuovo prodotto finanziario o commerciale, ma perché si sono trovate al posto giusto nel momento giusto. Quindi non c'è alcuna ragione che queste banche ricevano alcuna distribuzione di profitti. Possiamo, quello sì, restituirgli l'investimento iniziale fatto, ma quello è già stato abbondantemente fatto in passato a mio parere. 

Il governo potrebbe, da domani, inventarsi una nuova "banca d'italia", togliere la concessione a quella vecchia e darla a quella nuova. 

Da ignorante di economia, ho letto con interesse l'articolo di Bisin, e mi e' sembrato molto chiaro. Mi rimane pero' una domanda. Si ha l'impressione che lo stato abbia fatto un regalo alla banche private , in cambio di 1 miliardo di Euro per la seconda rata dell'IMU. Io invece l'ho visto come anche come un modo per lo stato di "Ringraziare" le banche che sono costrette a mettersi in pancia titoli di stato italiano, che e' un comportamento che io come risparmiatore invece mi guardo bene dal fare. Comprare titoli di stato italiano indebolisce le banche (lo intuisco dalla correlazione tra quotazione in borsa della banca e spread) ed ora lo stato le rafforza con questa operazione.

Crescita delle consorelle: DDM a due stadi...Viene da ridere...Sono di corsa, magari dopo faccio 2 conti...

www.bancaditalia.it/media/notizie/aggiornam_quote_capitale_BdI/en_quote_capitale.pdf

Inoltre, ma quanto costa ri-comprare?

vs. USA
  Total US GDP - +3.2% in Q4 (fonte: Bureau of Economic Analysis; +2.74% su base annuale;
personal consumption expenditure - > +2.26
export - > +1.48
Ora maggiore attenzione - pare - ai per capita data.

ITALI(de): la crescita la vedono solo reverend Cleophus Saccomannus e le consorelle.

Dalle proiezioni ufficiali diffuse nei giorni scorsi, si ricava che per le grandezze più importanti il testo approvato produce una situazione pressoche' identica a quella del testo di ottobre. Roba modesta, che incide pochissimo sulle prospettive future..La spesa primaria, corrente e in conto capitale, dovrebbe diminuire di 3.2 punti in tre anni...

le proiezioni più recenti (21 gennaio, quasi l'altro ieri) del Fondo monetario danno per l’Italia una crescita reale dello 0,6 per cento nel 2014 e dell’1,1 per cento nel 2015.

A.D 2014. viva i pensionati a 55 anni (1983)

 

'source' wikipedia

La meritocrazia è una forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito, e non di appartenenza lobbistica, familiare (nepotismo e in senso allargato clientelismo) o di casta economica (oligarchia).

 

Nel comunicato ufficiale di Banca d'Italia del 23.12.2013 si dice che la rivalutazione azionaria non avrà effetti sul patrimonio delle banche ai sensi di Basilea III (in vigore dal gennaio 2014).
D'altronde la rivalutazione, quand'anche fosse imputabile ai fini patrimoniali per Basilea III avrebbe effetti transitori, per via di quel 3% massimo di quote che ogni istituto può detenere (oltre al fatto, come qualcuno ha fatto notare, che alcune banche avevano già aumentato il valore delle quote detenute in Bd'I), il punto è chi ci sarà una forte iniezione di liquidità a quelle banche (Intesa S.Paolo e Unicredit) che detengono la maggioranza di Bd'I, liquidità che quelle banche potranno utilizzare per, ad esempio, rafforzarsi patrimonialmente, oppure destinare a crediti, investimenti, whatever, ed è una liquidità ottenuta a costo zero e senza vincoli di restituzione, da questo punto il circuito rivalutazione/patrimonio ha dei passaggi in più che sono anche arbitrari (potrebbero decidere di prendere quella paccata di soldi e lanciarli con un aereo sulle principali città italiane, ad esempio).

Sul passaggio: "a spese dei contribuenti", è evidente che la Bd'I molto probabilmente dovrà riacquistare le quote di Intesa-S.Paolo e Unicredit, poichè non può stampare moneta lo farà attingendo dalle proprie riserve (23 miliardi come detto dal magic trio), quelle riserve non sono della banca d'Italia, ma di tutti noi, così come il patrimonio dello Stato. Ad esempio si poteva fare la stessa legge (max 3% delle quote), ma senza rivalutazione, ce la saremmo cavata con du' spicci.

le riserve sono parte del patrimonio della Banca d'Italia, vincolate a copertura di rischi specifici (finché questi sussistano).

 

Ad esempio si poteva fare la stessa legge (max 3% delle quote), ma senza rivalutazione, ce la saremmo cavata con du' spicci.

 

Sarebbe stato come fare un esproprio di una casa rimborsando il valore catastale e non di mercato. Non il massimo della correttezza ( né, temo, della legalità ).

Domanda laterale: i proventi da signoraggio che rimangono al tesoro possono essere iscritti a qualsiasi voce di bilancio? nel senso, possono essere spesi per qualsiasi cosa?

Le banche private, secondo il decreto, potranno avere fino a un massimo del 3%, perciò se prendiamo Unicredit e Intesa-San Paolo che detengono intorno al 50% in totale, queste dovranno nei prossimi tre anni cedere l'eccesso e se non trovano acquirenti sul mercato Bankitalia è costretta ad acquistare le quote. Come verrà definito il valore di queste? Influirà il fatto che sul mercato l'offerta di quote Bankitalia neccessariamente salirà, visto che chi ha più del 3% è costretto a cedere? Infine, se tutti hanno un massimo del 3% di conseguenza i dividendi che si spartiranno saranno realtivamnte alti?

Capisco che secondo alcuni potrebbe essere una domanda sciocca, ma non sono un esperto di economia e ci tengo a capire esattamente il significati di questo decreto.

posso darti la mia lettura, con un certo sprezzo del ridicolo (l'anonimato serve solo a questo) il decretino non è il trionfo del bildenberg e delle banche private padrone del mondo. è un rattoppo affrettato e tecnicamente mal concepito(ad es. anche nel punto del limite del 3%  in mancanzi di qulunque mercato delle quote) per  alcuni problemi, piccoli, di finanza pubblica, talmente scassata però da non permettere altro. le due banche italiane che ne ricavano indubbi benefici, se la passano male e sono per certo una sentina di vizi, ma avrebbero potuto benissimo aspettare altri mesi o anni. (la questione della rivalutazione delle loro quote è carsica, compare e scompare da almeno 15 anni).

non ci sono trame complesse, ma piccolissimo cabotaggio politico che tira a campare.

la malafede, la porcata,  allora non è nella portata del provvedimento, ma nella  volontà di NON riformare l'assetto proprietario e la corporate governance del sistema bancario italiano. questi sono ciechi e stolti, la questione per loro non esiste neanche.

Una cosa che ancora non mi e' chiara e' "perche'".

Come giustifica il Governo questa operazione di rivalutazione del capitale?

In che modo, secondo il governo, aiuterebbe l'economia italiana?

Mi pare di capire che prima o poi le quote oltre il 3% debbano essere trasferite ad altri soggetti e che BdI stessa possa temporaneamente riacquistarle. Quali sarebbero i vincoli di questo processo di trasferimento? Ad esempio, ci sono limiti temporali (entro quando e a partire da quando dovrà avvenire il trasferimento delle quote)? Vincoli sui soggetti acquirenti (e.g. soggetti stranieri)? A che prezzo riacquisterebbe BdI e a che prezzo possono scambiarsi le quote direttamente i soggetti privati?

Non sono riuscito a trovare riferimenti sulla scadenza temporale, però c' è un piccolo incentivo a farlo subito, ed  è che il dividendo non verrà distribuito per la parte eccedente la quota del 3%.

 

 

5. Ciascun partecipante non puo' possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore al (( 3 per cento. Ai fini del calcolo delle partecipazioni indirette si fa riferimento alle definizioni di controllo dettate dagli ordinamenti di settore dei quotisti. )) Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia

 


Per quanto riguarda l' italianità, i possessori e compratori di quote  sono tenuti ad avere sede ed amministazione centrale in Italia ( nella bozza bastava essere in Europa ), chi non lo fosse è tenuto a venderle.

Sul valore, faccio prima a far parlare il decreto:

 

6. La Banca d'Italia, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati al comma 5, puo' acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime. Tali operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore con il parere favorevole del Collegio Sindacale ed effettuate con i soggetti appartenenti alle categorie di cui al comma 4, (( con modalita' tali da assicurare trasparenza, parita' di trattamento e salvaguardia del patrimonio della Banca d'Italia, con riferimento al presumibile valore di realizzo. )) Per il periodo di tempo limitato in cui le quote restano nella disponibilita' della Banca d'Italia, il relativo diritto di voto e' sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia.

 

Le quote di Bankitalia derivano il proprio valore dal flusso cedolare (io preferisco chiamarlo così, perché in fondo non si tratta di un vero e proprio dividendo) ricevuto dalle banche azioniste. Se non erro, questi pagamenti avvengono sin dal 1936 ed il pagamento per l'anno 2103 sarà di €74 milioni. Sulla base di questo valore iniziale (che corrisponde allo 0.5% delle riserve) e di successive proiezioni al rialzo (ma è vero che le riserve crescono nel tempo, sia per effetto del signoraggio, che per il reddito da investimento - non sono sicuro che quest'ultimo punto vi sia chiaro, a giudicare da alcune vostre frasi -) il comitato di saggi stima un valore delle quote di €5-7.5bn. A me questa stima sembra coerente con le assunzioni che vengono fatte nel documento dei saggi (http://www.bancaditalia.it/media/notizie/aggiornam_quote_capitale_BdI/Valore_quote_capitale_BI.pdf) e nel vostro intervento non trovo specifiche critiche su tali assunzioni. Comunque, al di là dei tecnicismi sulla scelta dei tassi da utilizzare, la vera discriminante per il valore delle quote (lo scrivete anche voi) è l'entità del flusso cedolare. Ora qui sta il punto: se il flusso cedolare ipotizzato nel documento dei saggi è coerente con quello distribuito dal 1936 ad oggi, allora la valorizzazione delle quote è neutrale, nel senso che non sta dando alcun indebito vantaggio alle banche, rispetto a quello che nella prassi è già avvenuto nel passato. Non vedo nel vostro intervento alcun dato o analisi che aiuti a capire se è stato così e la trovo una grave mancanza. Peraltro, se così fosse, non vedo nemmeno dove sia l'arbitrio contabile, visto che l'asset ha effettivamente quel valore. Insomma, se c'è veramente quello che chiamate "trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche" (il flusso cedolare), allora non può esserci quello che chiamate "una (legale) truffa contabile a favore dei bilanci di alcune banche del paese e dell'erario" (la plusvalenza): delle due, l'una. Trovo che questa sia una forte inconsistenza del vostro ragionamento.

Interpretando il vostro pensiero, credo che la questione che vi stia più a cuore sia quella del trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche, ovvero del flusso cedolare. Ma, allora, la radice del problema sta nel fatto che le banche private sono azioniste della banca centrale e che lo statuto di quest'ultima consente un tale prelievo: ecco allora la vera 'battaglia' che vorreste combattere, rispetto alla quale la valorizzazione delle quote è stata assolutamente neutrale. Una battaglia che avreste dovuto intraprendere non da oggi, ma sin da vent'anni fa, visto che l'attuale assetto azionario è il lascito delle privatizzazioni degli anni '90: all'epoca, le quote Bankitalia non sono state scorporate dagli istituti e conferite (ad esempio) ad una fondazione. Imputarne la colpa a Letta, all'attuale Parlamento e financo a Matteo Renzi mi sembra strumentale. Quasi uno straw man argument.

l'étiologie secondo Pierre de Gasquet, a seguire, Les Echos. Mi ricorda un po' Telecom Spagna (o Argentina)...la compagnia ex (?)  statale con la rete pubblica intorno...

Fuor di battuta, non mia pare che il bersaglio sia - direttamente - di natura politica. Ovvio che rappresenta l'esito di un....'banchellum', o banchettum. Si sa, del resto, a taluni Italiani piace (anche) la poppa materna di mamma STATO.

Pierre de Gasquet | 26/12 | 06:00

<<Coup d'envoi à la réforme de la Banque d'Italie>>

 

« Un embellissement artificiel »

 

« Les évaluations de nos services ont été partagées par un groupe d'experts de haut niveau, choisis pour leur indépendance indiscutable », a souligné le gouverneur de la Banque d'Italie, Ignazio Visco. Parmi les experts figuraient l'économiste Andrea Sironi et l'ex-Premier ministre grec Lucas Papademos. Techniquement, l'augmentation de capital de 7,5 milliards d'euros sera réalisée à travers l'utilisation des réserves de change de la banque centrale en vue de sa transformation en « public company ». Les banques auront deux ans pour réduire leur participation sous la barre des 5 %, ce plafond pouvant être réduit à 3 % à la demande du Sénat

Particulièrement visés, Banca IntesaSanPaolo et UniCredit, qui détiennent à eux seuls plus de 55 % de la Banque d'Italie, pourraient réaliser des plus-values respectives de 2,5 et 1,4 milliard d'euros, selon les calculs de Goldman Sachs. « On va créer un imbroglio : la banque centrale n'a pas besoin d'un tel patrimoine car elle ne risque pas de faire faillite », ajoute l'économiste Fulvio Coltorti, ex-directeur des études de Mediobanca. Il note qu'à un tel niveau de valorisation, la Banque d'Italie aura un capital social équivalent à trois fois celui de la Bundesbank (2,5 milliards d'euros) et sept fois celui de la Banque de France. De son côté, la Bundesbank a déjà émis des objections en demandant que les participations des banques soient comptabilisées au chapitre « assets for sale ». L'ancien vice-président de la Bundesbank, Christoph Zeitler, a même évoqué une « opération de comptabilité créative » et le risque de distorsions liées à un « embellissement artificiel ». A court terme, la Banque d'Italie a, toutefois, précisé que « la revalorisation des participations n'aura pas d'impact sur le niveau de fonds propres réglementaires des banques participantes au 31 décembre 2013, en vue de l'"asset quality review" de la BCE ». A charge pour le législateur italien de préciser les prochaines étapes...eccecceccecc

 

 Anche  se non c'entra direttamente, ricordo che in campagna elettorale Berlusconi aveva promesso non solo l'abolizione dell'IMU, ma anche la restituzione di quella del 2012. Il piano Brunetta  prevedeva di portare la rivalutazione non  a  7.5 miliardi, ma a 22 miliardi.  

L'incasso una tantum del Tesoro sarebbe stato di oltre quattro miliardi di euro. Mi chiedo se i milioni di italiani che hanno rivotato Berlusconi per l'ennesima volta erano consci di questo.

Un'altra considerazione che mi viene in mente è la seguente: ma se per ricavare 1 miliardo per l'IMU è stato fatto tutto questo lavorio contabile, in che stato reale sonoi le  finanze pubbliche?

Il vero tema dei temi da affrontare. vs. 1) spesa previdenziale/pensionistica  2) numero di pensionati (+0.3% annualizzato: Banca Mondiale) 3) numero di disoccupati (disoccupazione giovanile e scarsa partecipazione al lavoro delle donne) e ZERO crescita.

Mi piacerebbe un editoriale su come/cosa fare per fare ripartire investimenti ed iniziative produttive a valore aggiunto (: università, R%D; tagliare cuneo fiscale; migliorare la competitivita' disastrata del paese, ecc.)

Brunetta è il cretino economico, come definito persino da uno come Voltremont... Non starei molto dietro ad ascoltare le fregnacce di taluni.

Le finanze pubbliche non sono messe bene, in quanto si spendono male i soldi, il PIL non cresce quindi anche il gettito non aumenta, l'evasione resta sempre alta, il debito pubblico pesa come un macigno sulla ripresa. Tutto questo per non fare le riforme e liberare il Paese dalla longa manus dello Stato e dei partiti.

L'asse PD-PDL conosce i rischi di un eventuale cambiamento, per questo preferiscono naufragare portandosi dietro tutti noi.

Cari amici, scrivete:

 

 

La politica di distribuzione dei dividendi è sempre stata, giustamente, molto prudenziale; e quindi alle banche, come dividendi, andavano pochi spiccioli. 

 

 

Guardando i bilanci di BI degli ultimi 10 anni (quelli online)  non e' proprio vero che fossero pochi spiccioli. Nel 2012 sono intorno a 70 milioni  di dividendi.  Questi sono derivanti da attivita non-collegate-al-signoraggio (su questo punto torno sotto).    Capitalizzando questo flusso di dividendi a tassi di mercato non si arriva molto lontani da 7 miliardi.   Il calcolo del 7,5 miliardi tiene conto del tasso di crescita di questi dividendi (intorno al 5 per cento negli ultimi 10 anni, e piuttosto stabile, ho controllato dai bilanci, i dettagli del conto eseguito  sono pubblici, BI li ha postati qui).    

 

Mi pare che volendo criticare la manovra si debba partire dalle ipotesi sottostanti a questa attualizzazione (dividendi, loro tasso di crescita, tasso di sconto).  Ma con un flusso intorno a 70 milioni l'anno  si arriva velocemente a valori tra 3.5 miliardi (sconto reale 2 per cento) e 7 miliardi (sconto reale 1 per cento).    La cosa  che  piu' conta  (per capire se cé'stata una qualche appropriazione ïndebita")   e' il valore attuale dei flussi attesi futuri.  Il resto (come lo si consegna nel tempo al titolare)  e' questione  neutrale da un punto di vista attuariale (stesso discorso per i proventi che vanno al tesoro, che sono un anticipo di un flusso che sarebbe arrivato in futuro).   Ho pochi dubbi che i nostri pessimi parlamentari  abbiano legiferato ora per trovare un po' di "risorse",   ma e' un attingere dai flussi futuri che, almeno dal punto di vista attuariale , e' neutrale. 

 

 Il flusso di dividendi alle banche partecipanti esiste da sempre (sarebbe interessante averne una serie storica piu lunga, purtroppo i bilanci online non vanno molto indietro).   Quindi la vosta critica  non riguarda questa legge, ma il fatto che le banche partecipanti  ricevano dividendi.  Questo punto (che come ho detto mi pare esista da sempre, forse piu importante da quando le banche sono private)  e' difficile da dipanare. I documenti parlano di capitale accumulato non legato al signoraggio.  Vorrei capire meglio come sono fatti  i conti.  A Roma (e nel resto d'Italia) BI ha un enorme patrimonio immobiliare, e' possibile che parte degli investimenti inizali si sia rivalutata, non lo so, ma prima di parlare vorrei analizzare i conti (non li ho trovati online).

 

ps. Ho appena visto un commento simile al mio (probabilmente scritto meglio) di  Hermann Bollinger, che condivido.  

 

 

 

A Roma (e nel resto d'Italia) BI ha un enorme patrimonio immobiliare, e' possibile che parte degli investimenti inizali si sia rivalutata, non lo so, ma prima di parlare vorrei analizzare i conti (non li ho trovati online).

 

bonifiche ferraresi è controllata con oltre il 60% del capitale da banca d'italia. ha storia plurisecolare, un rilevante patrimonio di terreni agricoli e capitalizza ai corsi attuali oltre 200 milioni di euro.

Domande per Francesco Lippi (di cui ho apprezzato moltissimi il pezzo sul signoraggio e  dintorni). Mi scuso a priori per una certa mancanza di sintesi e per le eventuali imprecisioni, ma la passione con cui sto seguendo questa vicenda è inversamente proporzionale alla mia competenza.

Assumendo allora per buoni i calcoli effettuati in base al modello DDM (allegato 3 del documento BdI per il MEF) e sorvolando per un attimo sull'analisi comparata dei modelli stranieri (allegato 2), e trascurando anche il fatto che il decreto abbia alla fine optato per il limite superiore della forchetta, restano aperte un po' di domande proprio sulle premesse illustrate nella premessa del documento (le prime tre pagine).

Cito dal documento

Il modello caratterizzato da una proprietà privata del capitale va preservato: l’assetto proprietario e la struttura di governance hanno garantito per decenni la piena indipendenza della Banca d'Italia. (…) L’assetto azionario della Banca va però rivisto, per almeno tre ragioni. In primo luogo, i processi di concentrazione (…). Ciò non ha creato problemi di sostanza, grazie alle norme che limitano i diritti dei partecipanti, ma è necessario evitare la possibile (erronea) percezione che la Banca possa essere influenzata dai suoi maggiori azionisti. In secondo luogo, occorre evitare che si dispieghino gli effetti negativi della legge n. 262 del 2005, mai attuata, che contempla un possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca. (…). In terzo luogo, è necessario modificare le norme che disciplinano la struttura proprietaria per chiarire che i partecipanti non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca riveniente dal signoraggio (…).

Ora, seguendo il loro stesso ragionamento, per decenni, gli azionisti hanno assicurato indipendenza alla banca avendo da un lato pochissimi costi (fondamentalmente solo l'immobilizzo della quota di capitale sociale, versata nel 1936 - quando la maggior parte di loro erano pubblici - cifre non altissime, ma certamente non simboliche al momento del versamento - grosso modo i 300 milioni di lire di allora equivalgono a 300 milioni di euro di allora) e dall'altro, tralasciando i vantaggi provenienti dai poteri di nomina, anche pochissimi ricavi (se ho capito bene, almeno fino a qualche anno fa, i dividendi erano poco più che simbolici, certamente lo erano per la parte relativa al capitale, ma ritengo anche per la parte relativa alle riserve, corretto?) 

Quindi, ad esempio un istituto di credito che partecipava al capitale di Banca d'Italia, rispetto a un suo concorrente che non vi partecipava, aveva pochissimi vantaggi/svantaggi competitivi, è corretto? Se vogliamo nemmeno la pubblicità derivante dal far parte di un prestigioso club che assicurava l'indipendenza di Bankitalia, perché, se ho capito bene, fino a dieci anni fa non era nemmeno noto al pubblico l'elenco degli azionisti.

Bisognerebbe ora capire per quale motivo Banca d'Italia: 1) negli ultimi anni si sia sentita in dovere di aumentare progressivamente i dividendi (in particolare quelli sulle riserve) fino ad arrivare ai 70 milioni dell'ultimo anno e alla media del 5% di incremento annuo, che sono serviti come base per i calcoli (trasformando gli azionisti da qualcosa di simile ai membri di un club di tutela dell'indipendenza dell'istituto in veri e propri investitori, investendo zero, tra l'altro). 2) come è possibile che dei tecnici di Banca d'Italia, possano, senza cadere in un conflitto d'interesse, giudicare “negativi” gli eventuali effetti di una legge del parlamento, sia pure mai attuata (262/2005), che riguarda direttamente l'istituto per cui lavorano 3) e perché comunque, volendo aggirare la legge del 2005 e volendo mantenere privata la proprietà, ma  paventando gli effetti della eccessiva concentrazione, non si obbligano gli istituti che eccedono il 3% a cedere le quote a istituti analoghi semplicemente in base ai prezzi di acquisto rivalutati a prezzi attuali? (È vero che alcuni istituti hanno rivalutato le quote in loro possesso a livelli assurdi nello stato patrimoniale, ma la stessa differenza di queste rivalutazioni mostra l'arbitrarietà dell'operazione)

E poi, ovviamente, resta sullo sfondo anche la domanda più generale: perché debba ricevere dei dividendi chi non fa nulla né dal punto di vista di impiego delle risorse umane e di capitale, né dal punto di vista del rischio.

Correzione: sì la frase che hai citato ci è sfuggita da una vecchia versione.

Nel merito del resto del tuo commento sono d'accordo. Abbiamo scritto che, dati i 70 milioni, un valore di 7 miliardi è ragionevole (un po' altino a dir la verità, alcuni dei critici che leggiamo altrove dicono che andrebbe usato un tasso maggiore senza rendersi conto che in questo caso il valore del capitale risulterebbe inferiore, per giustificare 70 milioni annui).

Però non ti pare che l'onere della prova sia da parte di chi pretende di dimostrare che vale così tanto? Nessuna rivalutazione ragionevole del capitale iniziale arriva alla cifra ora stabilita. Tantomeno se i dividendi distribuiti (la cui serie storica sarebbe davvero interessante vedere) sono del valore degli ultimi anni.

A me fa un po' di tristezza che si siano consultati tre "saggi" che non si sono nemmeno lontanamente chiesti quale sia un flusso di dividendi ragionevole. Hanno assunto il flusso attuale, aumentandolo annualmente per giunta, senza tener conto che quello attuale è stato approvato da assemblee nelle quali sedevano i rappresentanti dei soci con un evidente conflitto di interessi; l'impressione è che abbiano scelto opportunamente, se dobbiamo giudicare dagli ultimi anni, le cifre più altre possibili che non generassero proteste da parte.

e mi piacerebbe capire come rispondereste a un articolo del genere in cui l'opinione sembra opposta alla vostra.

 

micheledisalvo.com/2014/02/le-balle-di-grillo-su-bankitalia.html

 

Per quel che conta, cioè quasi nulla, io sono molto più d'accordo con quello che scrive Michele di Salvo (che non conoscevo), piuttosto che con Bisin, Boldrin e Moro. Se hai la pazienza di leggere i tre commenti che ho scritto in precedenza capirai perché, ma finora nessuno di loro mi ha risposto e chissà se lo faranno mai, quindi non puoi trovare un contraddittorio.

Rispondo che si fa un sacco di confusione, parlando di cose che c'entrano poco (la banca è pubblica o no?, etc...) ma poi  si assume che sia giusto o equo continuare con la politica di distribuzione dei dividendi recente (anzi, si giustifica la riforma sottolineando che il massimale è stato diminuito -di poco-, per grazia ricevuta...ci mancherebbe anche che l'avessero aumentato).

La verità che andrebbe sottolineata invece è che on c'è nessun motivo ragionevole perché  redditi da signoraggio vengano distribuiti a soggetti privati. Se lo si è fatto sinora, è ora di smettere. Il fatto che inizialmente siano stati soggetti privati a concedere il capitale è stato un ingiustificato privilegio concesso a pochi in un periodo in cui, ricordiamo, l'Italia non era esattamente un esempio di democrazia. Nessuno che si soffermi su questo fatto storicamente evidente. Se vogliamo essere equi, calcoliamo quanto abbiamo dato ai soci sinora, restituiamogli il capitale iniziale, diamogli anche una remunerazione ragionevole (sottraendo i dividendi dati sinora, che sospetto siano stati alquanto generosi), tenendo conto di quanto segue.

Se io ti presto 100 milioni e tu mi prometti una remunerazione del 5%, l'anno prossimo mi dai 5 milioni, ma il capitale prestato rimane 100 milioni, non c'è nessuna ragione per rivalutarlo, neanche per inflazione, perche' quello e' il capitale, e gli interessi non li ho reinvestiti. Se poi io con quei soldi faccio i miliardi perché decido di usare questa "impresa" per le attività che solo io posso realizzare, perché ho per legge il monopolio di questa attività, non devo per forza darti di più. Anche perche' con un tratto di penna (una nuova legge) potrei togliere la concessione a stampar moneta a questa impresa e darla ad un'altra. Ora, i benpensanti cominceranno a fare dei distinguo sul fatto che i soci iniziali hanno "investito" in bankitalia con capitale di rischio, non con obbligazioni remunerate ad un tasso fisso. Beh in base a questa logica, altro che 70 milioni l'anno dovremmo dargli. Bankitalia rende ben più di 70 milioni. Il signoraggio sono 1-2 percentuali di PIL se non sbaglio. Però non sarebbe giusto, per ovvi motivi: il signoraggio è della collettività; per questo motivo è giusto distribuire lo 0% del signoraggio. 

commento che vorrebbe essere in risposta a quello di Andrea "Rispondo che si fa un sacco..." ma che per qualche motivo l'editor mi impedisce di scrivere come risposta diretta...

Leggo che i dividendi in questione derivano da attività che non sono legate al signoraggio, anche se non mi è per nulla chiaro da dove. Questo non dovrebbe essere rilevante quando ci si chiede cosa è giusto fare delle quote? Ad esempio se sia giusto pagare ai possessori al massimo un indennizzo per il capitale versato e rientrare in possesso delle quote o se abbia senso cercare di valutarle sulla base dei flussi di dividendi attesi in futuro come si è fatto?

 

Leggo che i dividendi in questione derivano da attività che non sono legate al signoraggio, anche se non mi è per nulla chiaro da dove

 

si è accumulato un patrimonio mobiliare e  immobiliare, oppure anche le bonifiche ferraresi, società quotata, che ho citato prima.

Questo articolo e' stato molto utile, anche vista la scarsita' di spiegazioni chiare sui giornali. Pero' nonostante questo non sono ancora riuscito a farmi un opinione. Vorrei che gli autori spiegassero meglio delle cose che ancora non mi sono chiare:

1 Perche' pensano il provvedimento sia una porcata

2 Quali sarebbero state le alternative. E quali sono i pro e i contro delle diverse alternative e dello status quo

3 Se le banche possedevano le quote perche' e' ingiusto rivalutare le quote? A molti non piacciono l'investimento ma e' ingiusto che si aspettino un qualche ritorno dall'aver investito soldi tanto tempo fa?

4 Questo provvedimento rende il sistema finanziario piu' stabile? C'e' un qualche beneficio in relazione alla crisi finanziaria/economica che ha colpito l'Italia negli anni passati?

5 Se e' una rivalutazione puramente nominale di delle quote che in realta' non danno poteri decisionali, questi sono soldi fittizi giusto? Cioe' il contribuente italiano e lo stato in realta' non ci hanno rimesso niente? Allora perche' non fissare una somma ancora piu' alta dei 7.5 miliari? E i dividendi sono soldi sottratti agli Italiani o una giusta rimunerazione del capitale investito dalle banche private? Quanti di questi tornano allo stato attraverso le tasse?

6 Se il decreto e' davvero una porcata, il Movimento 5 Stelle ha avuto ragione a fare ostruzionismo nell'ultimo giorno utile o hanno usato modi e tempi sbagliati? Avrebbero potuto protestare prima ad esempio? Il provvedimento si poteva migliorare?

7 Se il problema verso sono le nomine pubbliche perche' nessuno propone una riforma di come vengono fatte le nomine pubbliche?

Grazie. 

 

1 Perche' pensano il provvedimento sia una porcata

 

Le banche italiane sono in parte dei politicanti italiani, il sistema bancario italiano é in sofferenza anche per via di decenni di scelte sciagurate da parte di una selezionatissima porzione della sua dirigenza (trombati & tromboni), il provvedimento realizza una inizione di soldi nostri, dei cittadini, nelle tasche loro, dei politicanti, in cambio per noi di nulla immischiato con il niente.

 

2 Quali sarebbero state le alternative. E quali sono i pro e i contro delle diverse alternative e dello status quo

 

Nel Regno Unito lo Stato ha ricapitalizzato RBS e Lloyds perché non si potevano rifinanziare sul mercato, e si é comprato le azioni, ora le sta risandando, e quando saranno risanate si venderá le azioni. In Italia si poteva anche fare di meglio, spezzettando quei mostri ipertrofici che sin dalla loro creazione hanno ingolfato il sistema paese.

 

3 Se le banche possedevano le quote perche' e' ingiusto rivalutare le quote? A molti non piacciono l'investimento ma e' ingiusto che si aspettino un qualche ritorno dall'aver investito soldi tanto tempo fa?

 

Le banche non hanno mai posseduto niente. Il fatto di avere assegnato delle quote é sempre stata una finzione, le banche fino a fine anni 90 ricevevano un rimborso spese per il fastidio di essere costrette a fare un po di retroazione e fingere di impegnarsi a farla, e non si sarebbe mai dovuto andare al di la di quello.

 

4 Questo provvedimento rende il sistema finanziario piu' stabile? C'e' un qualche beneficio in relazione alla crisi finanziaria/economica che ha colpito l'Italia negli anni passati?

 

Il provvedimento va in senso chiaramente "pro business", ed in direzione opposta al "pro market". Regaliamo miliardi, nostri, a banche che hanno giá dimostrato di non saper reggersi sui loro stessi piedi, giganti d'argilla creati artificialmente e che rendono il sistema piú fragile.

 

5 Se e' una rivalutazione puramente nominale di delle quote che in realta' non danno poteri decisionali, questi sono soldi fittizi giusto? Cioe' il contribuente italiano e lo stato in realta' non ci hanno rimesso niente? Allora perche' non fissare una somma ancora piu' alta dei 7.5 miliari? E i dividendi sono soldi sottratti agli Italiani o una giusta rimunerazione del capitale investito dalle banche private? Quanti di questi tornano allo stato attraverso le tasse?

 

No, questi sono soldi reali, che si stanno pappando dal patrimonio della BdI. Il contribuente italiano ci sta rimettendo 7 miliardi e rotti, oggi, perché se gli riesce questa, chi gli impedisce di rifare il giochino altre n volte fino a spolparsi tutto il patrimonio attuale e gli utili futuri?

 

6 Se il decreto e' davvero una porcata, il Movimento 5 Stelle ha avuto ragione a fare ostruzionismo nell'ultimo giorno utile o hanno usato modi e tempi sbagliati? Avrebbero potuto protestare prima ad esempio? Il provvedimento si poteva migliorare?

 

I portavoce del M5S sono l'opposizione piú piccola contro la maggioranza piú grande nella storia della Repubblica. Esattamente quale altra strategia avrebbero potuto adottare, anche perché probabilmente la maniera con cui si é arrivati al voto non sono certo sia esattamente costituzionale, ed é certamente contro tutte le consuetudini parlamentari?

 

7 Se il problema verso sono le nomine pubbliche perche' nessuno propone una riforma di come vengono fatte le nomine pubbliche?

 

 Ma perché ci devono essere nomine pubbliche? Perché le banche devono rimanere anche soltanto parzialmente nelle mani dei politicanti?

Comunicato di Bankitalia

Per ammissione della Banca d'Italia:

 

 

Ma le riserve nel patrimonio della Banca si accumulano anno dopo anno grazie ai proventi dell’attività classica di una banca centrale, il “battere moneta”. In quanto derivanti da una tipica attività di interesse pubblico, queste riserve (così come le altre poste patrimoniali presenti nei conti della Banca d’Italia, incluso ovviamente l’oro) non sono di proprietà dei partecipanti, i quali possono vantare diritti solo in relazione al capitale in senso stretto della Banca, diritti assegnati loro dalla Legge Bancaria del 1936 e ora rivalutati. Questo viene chiarito con la riforma.

 

 

Quindi:

a) le riserve rappresentano esclusivamente  utili da signoraggio e ciò significa che gli utili derivanti da altre attività sono stati necessariamente già distribuiti sotto forma di dividendi

b) la destinazione delle riserve a capitale (proprio per l'ammontare che si vuole attribuire - pro quota - alle banche private) contraddice quanto affermato al punto precedente.

Cosa chiarisca lo sanno solo loro...(trattasi effettivamente di porcata).

Grazie signori per vostra disamina con conclusioni annesse. A smontare sono capaci tutti. Adesso, cortesemente, volete illustrarci il vostro progetto? Come si sarebbe dovuta gestire l'operazione? O vogliamo dire che è giusto che Bankitalia continui ad avere quel ridicolo capitale? O facciamo solo i grillini? Su, attendo risposte.

e quindi commerciabili, in società separata da quotare, di piena proprietà dei soci. che perdono così futuri dividendi discrezionali e acquistano tutto il patrimonio.

 

O vogliamo dire che è giusto che Bankitalia continui ad avere quel ridicolo capitale?

 

questa frase mi sembra priva di senso e comunque il decretino non nasce certo da un'esigenza del genere. a mio avviso risponde a un'urgenza di cassa e alla volontà di non recidere i legami fra politica, banche e istituzioni.

 

volete illustrarci il vostro progetto? Come si sarebbe dovuta gestire l'operazione? O vogliamo dire che è giusto che Bankitalia continui ad avere quel ridicolo capitale?

 

La Banca d'Italia non ha mai avuto bisogno di alcun capitale sociale.

Io non sono mai stato contrario alla finzione prevista dalla legislatura precedente, almeno finché la ripartizione degli utili fosse rimasta anch'essa una finzione, un rimborso spese al livello pre-1997, 5 o 6 milioni di Euro da dividere tra tutti i partecipanti, sufficienti a ripagare le banche dalle spese che incorrono per motivi sociali.

Oggi che vedo le braccia delle banche completamente immerse nel barattolo della marmellata, il progetto può essere soltanto quello di estrarle. Quasi tutti gli utili e le riserve valutarie della BdI provengono da attività di monopolio. Che gli utili vengano quindi usati a favore di tutti i cittadini: ad esempio per finanziare la riduzione del debito pubblico.

P.S.: le banche non hanno mai avuto alcun diritto su quegli utili oltre il rimborso spese, dipendesse da me gli farei ripagare indietro fino all'ultimo copeco, a costo di doverle temporaneamente e parzialmente nazionalizzare se necessario. Approfitterei anche per spezzettarle, dividendo l'Italia in aree da 5 milioni di abitanti, ed imporrei che nessuna banca possa avere inizialmente più del 5% di filiali o depositi in una di queste aree, e impedirei qualsiasi fusione o acquisto che possa far superare quel limite (ma permetterei ovviamente la crescita organica). Sedi centrali distribuite in tutto il paese secondo criteri demografici, nessuna contcentrazione a Milano o Roma, nessuna fondazione, e capitale diffuso, quotato in borsa, e limite del 3%, diretto e indiretto, per ogni azionista.

In realtà la soluzione può essere piuttosto semplice:

a)     C’è il caso estremo, sfavorevole alle banche, in cui può essere rimborsato alle stesse solo il capitale iniziale rivalutato in base all’indice dei prezzi dal 1936 a oggi (ripristino del valore reale del capitale impegnato), partendo dal presupposto che le banche hanno comunque ricevuto fino ad oggi un compenso ‘running’ più che adeguato sotto forma di sostanziosi dividendi e quindi non dovrebbero chiedere altro.

b)    Se invece si parte dal presupposto che debba essere indennizzato anche il mancato guadagno futuro, ovvero il valore attuale dei dividendi futuri allora si dovranno restituire alle banche non più di 2 mld di euro, che, come è stato fatto notare, è una valutazione in linea con dei parametri ragionevoli di mercato. Una valutazione di 7,5 mld è chiaramente una forzatura, ovvero una porcata.

Il punto importante però è un altro. Da più parti si è detto, perché stava scritto nella legge del 2005, che sarebbe stato lo Stato a dover indennizzare le banche azioniste. I fatti odierni dimostrano che:

i)              le leggi si cambiano (infatti non c’è più menzione di indennizzo statale)

ii)             in ogni caso anche l’indennizzo di cui al caso a) sarebbe stato tranquillamente sopportabile anche per le disastrate casse dello stato italiano

iii)            la soluzione adottata prevede, nella sostanza che sarà la Banca d’Italia a ricomprarsi le proprie quote che eccedono il 3% con un esborso di almeno 4 mld

Quindi la domanda da porre è: perché la Banca d’Italia non si è ricomprata direttamente le proprie quote pagandole con le riserve ad un prezzo ragionevole (valutazione complessiva di 2 mld ca.) ? Tra l’altro il prezzo ragionevole è in linea con la valutazione che in media le stesse banche davano delle quote. Questa è una informazione di importanza capitale ed è, in ultima analisi, la misura del regalo. Quindi la risposta ovvia è che la plusvalenza mediamente realizzata dalle banche è la migliore misura del ‘regalo’. E’ tutto piuttosto semplice. La complessità serve solo a confondere.

 

Se il tasso di crescita dei dividendi è maggiore del tasso di attualizzazione la serie non converge.

E' ancora plausibile il modello di Gordon?. Ringrazio in anticipo coloro che benevolmente vorranno fornirmi chiarimenti.

I "saggi" utilizzano un tasso di sconto di 4.6% e un modello a due stadi. Nel primo, di 20 o 30 anni, il tasso di crescita dei dividendi è 5%; nel secondo è 3%, che fa convergere. Vedi il documento, da pag 27.

formula di Gordon sia plausibile in presenza di una condizione che vede g1>r.  Poichè non sarebbe possibile tralasciare alcun termine della serie (perchè non tendente più a zero) il valore delle quote al primo stadio dovrebbe essere minore. Sarebbe interessante capire come i "saggi" hanno ragionato.

Mentre dormivo mi è venuto in mente un dubbio e quindi chiedo ai più esperti, ma questa "rivalutazione" legale di quote senza valore, non si può configuarre come un vero e proprio aiuto di Stato a certe banche (e quindi non è vietato dalle leggi comunitarie)?

 di tutta evidenza. Nessun titolo  vale 100 volte il dividendo. Certo se si vuole ottenere un determinato risultato ogni ipotesi diventa possibile. Ciò che più sorprende, oltre al silenzio assordante del mondo accademico italiano, incapace di reagire persino alle provocazioni, sono le affermazioni secondo le quali nessun regalo alle banche sarebbe stato fatto. Vorrei che qualcuno se ne ricordasse quando fra qualche anno - archiviata ormai la rivalutazione - i partecipanti torneranno alla carica facendo rilevare che il dividendo non può considerarsi  adeguato al "capitale investito" e ne pretenderanno, anzi ne delibereranno col beneplacito del Governatore pro-tempore di una Banca centrale ormai resa indipendente, l'aumento a quel 6% che qualcuno, giustamente, ha definito folle.

Evidentemente, mi devo, anzi ci dobbiamo essere persi qualche lezione...( all'estero)

ci si rivede al buy BACK, sempre che il paese non sia evaporato prima.

Mi ricordo di un corso di ESEGESI TALMUDICA....

tassi super FLAT,  e non si muove foglia. Good luck

... la breve analisi sull'azione M5S. Capisco di essere fuori tema, ma valuto lo sia anche tale analisi nel contesto dell'analisi generale. Non ritengo che il M5S straparli (e' quello sento parlare meno, in effetti, ed e' quello che quando parla mi sembra piu' preparato/competente). Protesta, si', come ritengo, protesterebbe un "reasonable man" (scusate l'anglicismo, ma non conosco l'equivalente italiano, qui la spiegazione), cioe' ritengo stia facendo quanto si aspettano che faccia chi lo ha votato. Ed ahime', questo governo, ha dato tanti motivi di protesta. 

Sull'analisi delle quote di Bankitalia, che dire se non un sentito Grazie.