Autonomia del Veneto entro il 2018

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Zaia chiede a Renzi di concedere l’autonomia del Veneto per trattenere in regione il 90% del gettito fiscale ivi generato. Renzi dice di no, ma poteva benissimo dire di sì, e già promettere di attuarla entro il 2018. Tanto il desiderio di Zaia, perlomeno per la parte fiscale, si avvererà tra un paio d’anni per l’inerzia del trend demografico, che aumenta la spesa pensionistica, ed il perdurante declino economico, che frena le entrate fiscali.

Prima di tutto è meglio definire “autonomia”, perlomeno come la intende Zaia. Non stiamo parlando dell’autonomia di un cantone svizzero o di uno stato americano, dove una buona parte della politica fiscale, tipo l’IVA, viene decisa a livello locale. Stiamo parlando di un’autonomia come quella dell’Alto Adige: cioè con le decisioni sulla pressione fiscale prese a Roma e con la gestione di buona parte della spesa pubblica di competenza regionale. Questo è quanto riportato dall’Ansa il 17 marzo 2016 sul pensiero di Zaia: “Il modello di autonomia ideale è quello delle province autonome di Trento e Bolzano, che trattengono in loco il 90% delle tasse.”

Ma quanto costerebbe alle casse dello stato italiano se il Veneto iniziasse a trattenere il 90% delle tasse che versa? La prima volta che guardai i dati sul residuo fiscale regionale, ossia la differenza tra entrate fiscali e spesa pubblica per regione, era il 2010 e la banca dati del Ministero del Tesoro, i Conti Pubblici Territoriali, al tempo era aggiornata fino al 2007, l’ultimo anno prima della crisi economica. I conti erano piuttosto tondi: dal Veneto le entrate fiscali erano 70 miliardi di euro e la spesa pubblica verso il Veneto era 50 miliardi. Mancavano all’appello 20 miliardi, e se solo ci fosse stata un’autonomia in stile altoatesino l’amministrazione regionale di Giancarlo Galan (eh sì) avrebbe potuto gestire 13 miliardi di euro in più.

Il 2007 è però anni luce dalla situazione attuale. Gli ultimi dati disponibili sono per il 2014, e il totale delle entrate fiscali provenienti dal Veneto nel 2014 era 71 miliardi e 356 milioni di euro. È un aumento misero rispetto al 2007, e considerando che sono dati nominali, togliendo quel poco di inflazione le entrate sono rimaste piatte se non addirittura diminuite. Invece la spesa pubblica è lievitata fino ad un valore di 59 miliardi e 651 milioni di euro nel 2014. In sostanza il residuo fiscale veneto nel 2014 si è ridotto a 11 miliardi e 705 milioni di euro rispetto ai 20 di 7 anni prima.

Come è possibile un dimezzamento del residuo nel giro di solo sette anni? Da un lato c’è senz’altro la crisi economica. Il Pil è crollato con la grande recessione e ultimamente, se si intravede un minimo di crescita, questa è di un zero virgola. Se crolla il reddito regionale calano anche le entrate fiscali dal Veneto, e così è stato. I dati regionali per il 2015 non sono ancora disponibili, ma sapendo di quanto non è cresciuto il Pil italiano possiamo già stimare con abbastanza certezza quali possano essere le entrate fiscali in Veneto per il 2015 e per l'anno corrente. Possiamo anche sbilanciarci per il 2017 e 2018 utilizzando le attuali previsioni di crescita del governo.

Riguardo la spesa pubblica fare una previsione oltre il 2014 è ancora meno incerto. Il grosso della spesa pubblica (quasi la metà) riguarda la voce “previdenza e integrazioni salariali”, e cioè soprattutto pensioni. In questi ultimi anni la spesa pubblica per il Veneto sta crescendo in media di oltre un miliardo e 300 milioni all’anno, e questo è dovuto all’invecchiamento della popolazione. È un trend demografico simile a quello del resto d’Italia e non dissimile da quello della maggioranza dei paesi industrializzati. I numerosi baby boomers stanno andando in pensione e non sono rimpiazzati da generazioni successive altrettanto numerose. Sappiamo già quanta gente potrà andare in pensione nei prossimi anni, perciò possiamo stimare con abbastanza sicurezza a quanto ammonterà la spesa pubblica per gli anni correnti e allungandoci, con un po’ d’azzardo, anche fino al 2018.

Il tutto può essere meglio riassunto con un paio di grafici.


Nota: Dati Conti Pubblici Territoriali (2007-2014), stima Pizzati (2015-2018)

In sintesi, nel 2007 il residuo fiscale veneto era di 20 miliardi: i veneti pagavano 70 miliardi di tasse e ricevevano sotto forma di servizi pubblici 50 miliardi, il 71% del versato. Nel 2014, l’ultimo anno con dati al momento disponibili, i veneti pagano 71 miliardi di tasse e ricevono 60 miliardi sotto forma di servizi pubblici, l’84% del versato. Dato il trend demografico e alcuni altri anni previsti di crescita anemica, possiamo sbilanciarci e stimare che nel 2018 il residuo fiscale diminuirà ulteriormente a 8 miliardi scarsi, e la spesa pubblica aumenterà a 65 miliardi, e cioè il 90% di quanto sarà versato in tasse tra un paio d’anni.

In sostanza il tanto auspicato 90% di tasse trattenute nel territorio si avvererà per inerzia tra due anni. Non esiste più il Veneto locomotiva degli anni ’90 e per questo Renzi può permettersi di concedere l’autonomia veneta tanto auspicata da Zaia senza temere conseguenze negative per il bilancio dello stato italiano. Però l’autonomia altoatesina non è solo una questione di residui fiscali. In Alto Adige non solo hanno un residuo fiscale minimo, ma si gestiscono autonomamente una larga fetta della loro spesa pubblica. In Veneto, e in tutte le altre regioni ordinarie, l’ente regionale e i comuni gestiscono solo una frazione della totalità della spesa pubblica dedicata al territorio. Il resto viene gestito direttamente da Roma.

Sempre secondo gli ultimi dati disponibili per il 2014, dei quasi 60 miliardi di spesa pubblica per il Veneto, 10 sono gestiti dalla Regione Veneto, 5 dai 580 comuni veneti, e i rimanenti 45 miliardi scarsi sono gestiti direttamente da Roma. Solo un 25% (15 miliardi su 60) viene gestito da enti pubblici veneti. Per fare un paragone degli 8,7 miliardi di spesa pubblica totale per l’Alto Adige, 3,5 miliardi vengono gestiti dalla provincia autonoma di Bolzano, 1,2 miliardi dai vari comuni altoatesini, e 4 miliardi da Roma. Perciò secondo i Conti Pubblici Territoriali un 54% della spesa pubblica per l’Alto Adige è gestita da enti pubblici altoatesini, mentre il resto viene gestito direttamente da Roma. E, per la cronaca, il totale delle entrate fiscali dall’Alto Adige è di 9,6 miliardi: quindi gli altoatesini ricevono in servizi pubblici un 90% scarso di quanto versano in tasse.

Ricapitolando, Zaia vuole il Veneto alla pari con l’Alto Adige, con un 90% di tasse venete che finanzino spesa pubblica per il Veneto, e di questa spesa pubblica almeno il 54% gestito da enti pubblici veneti. Questa perlomeno è la situazione altoatesina da replicare. Benissimo, per il 90% abbiamo già visto che il Veneto ci arriverà per inerzia tra un paio d’anni per via dell’invecchiamento della popolazione e l’economia sempre al palo. Per raggiungere il 54% di gestione in loco di risorse pubbliche basta aggiungere un 30% perché abbiamo visto che un 25% è già gestito tra Regione e comuni veneti.

Dove trovare un 30% di spesa pubblica per il Veneto (un 20 miliardi) da trasferire come gestione da Roma a Venezia? La scelta più diretta è di muovere la voce più predominante sui conti dello stato, e cioè la previdenza, ossia le pensioni. Stiamo parlando di 25 miliardi per il Veneto (dati 2014), ovvero un 40% abbondante della spesa pubblica veneta. Se la gestione delle pensioni venete passasse da Roma a Venezia, il Veneto si amministrerebbe in totale circa due terzi della propria spesa pubblica, ben oltre il 54% altoatesino.

Le pensioni sono una spesa di lungo termine già programmata che comunque non lascerebbe alcun spazio di manovra anche se in mano ad un ente regionale. Sarebbe solo un passaggio di competenza da Roma a Venezia. Ma anche questo passaggio non sarebbe una cosa drastica, perché non stiamo parlando di migliaia di statali a Roma che perdono il lavoro per chiusura di reparti dell’INPS e apertura di nuovi enti pubblici in Veneto. L’apparato statale per gestire le pensioni è già radicato sul territorio, e ci sono 37 sedi INPS in Veneto sparpagliate per le varie province. Le pensioni sono una spesa che non lascia margini di manovra (almeno a legislazione vigente) e dichiararla sotto gestione regionale cambierebbe poco o nulla.

In conclusione Renzi può serenamente annunciare che entro il 2018 concederà l’autonomia al Veneto e l’unica cosa che deve fare è stabilire che la previdenza sociale sarà di competenza della Regione Veneto. Per i cittadini veneti non cambierebbe nulla ma, su carta, due terzi della spesa pubblica verrebbe gestita da enti pubblici veneti, quando di fatto è già così con le varie sedi locali dell’INPS. Et voilà, ecco a voi l’autonomia del Veneto.

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Commenti

Ci sono 53 commenti

Caro Lodovico, onestamente, tu pensi che i politici non veneti abbiano l'anello al naso?

I trasferimenti tra le regioni italiane é da lungo tempo che non sono più perequativi, ma sono essenzialmente previdenziali.

Le varie regioni italiane che pagano più di quanto ricevono essenzialmente contribuiscono a chiudere i buchi dell'INPS.

Tra l'altro, trasformare un sistema previdenziale che è sempre stato congegnato come nazionale in regionale non è semplice.

La gestione potrebbe benissimo passare ad essere regionale, ma gli impegni di spesa per decenni futuri sono già stati fatti.

Io ho versato i miei contributi italiani ad un ente previdenziale nazionale, e sinceramente mi aspetto che un giorno siano tutti i contribuenti italiani a pagarmi una quota della pensione. Non sono certo interessato a sapere se risiedono in Veneto o altrove.

Esempio ancora più calzante: mia madre vive in Sicilia, ma ha lavorato per metà della propria vita lavorativa in Veneto. Qualora il Veneto secedesse previdenzialmente dall'Italia, chi dovrebbe pagarle la pensione?

devi aver letto tra le righe cose che non ho scritto. Per risponderti, a tua madre che vive in Veneto la pensione la paghera' sempre l'INPS. Se tua madre va all'ospedale riceve un servizio come residente in Veneto anche se la sanita' e' gestita a livello regionale. Non e' che la sanita' veneta manda meta' del conto alla regione Sicilia perche' lei ha vissuto la prima meta' della sua vita in un'altra regione. Stessa cosa sarebbe con la pensione. Stiamo parlando di autonomia all'italiana, mica di "secessione previdenziale" come l'hai chiamata tu.

Non ho ancora guardato i CPT del 2014, ma a suo tempo mi feci un po di conti su quelli del 2013, e sinceramente non ho visto tutta questa differenza di trattamenti tra le regioni italiane, con le 3 ovvie eccezioni delle 2 province autonome di Trento e Bolzano e della Val d'Aosta.

Segnatamente, fatto 100 il rapporto spese per tipologia di soggetto su spese totali della PA per ogni singola regione, questo è il risultato per il 2013:

Chi spende le spese della PA per ogni singola regione

La differenza tra Veneto e Sicilia è di 3 punti percentuali.

Se poi escludessimo le spese previdenziali, perlopiù statali, noteremmo addirittura un avvicinamento, praticamente tra Sicilia e Veneto c'è appena un punto percentuale di distanza:

Chi spende le spese non previdenziali della PA per ogni singola regione

Dici di non vedere " tutta questa differenza di trattamenti tra le regioni italiane". E per sostenere questa tua visione illustri come la spesa pubblica viene ripartita tra enti regionali, locali e centrali.

Ora, se proprio vuoi vedere dove sta la differenza illustraci il grafico sui residui fiscali. Il tutto e' off topic rispetto all'articolo, ma il tuo commento guarda al dettaglio di solo meta' della storia intera

So che sono fuori tema, ma parlando di INPS...

tutti attribuiscono il "buco" dell'INPS al "problema generazionale".
Eppure, quanto delle uscite di INPS sono per pensioni di anzianità, e quante per altre voci?

Io so che l'INPS paga le casse integrazioni, i sussidi di disoccupazione, tutti i compensi accessori dei dipendenti pubblici come le vacanze studio per i figli, le borse di studio da 3 mesi ad 1 anno all'estero, i master ed i dottorati, e tante altre voci che, non si sa perché, sono attribuite all'INPS, cioè a quegli accantonamenti che ogni lavoratore (anche privato) affida alo stato perché glieli preservi per la propria anzianità.


Non sono riuscito a capire l'incidenza di tali "voci accessorie".
Qualcuno ha sottomano i dati?

Non so se puo esserle utile, ma Marco Esposito proprio qui su NFA aveva messo insieme un bel po' di dati in un bel post qui:http://goo.gl/ULMhqJ il post da un'idea delle dimensioni e provenienza del buco, ma purtroppo non si parla di quel dettaglio. Il mio pensiero pero' rimane questo: esclusa forse UK, tutti i paesi europei si troveranno di fronte al problema generazionale, ma solo noi abbiamo 110 mld di ammanco, il problema generazionale c'è e dovremmo farci  i conti prima a poi, ma sicuramente c'è e c' è stato anche altro...

Riguardo all' ottimo post quello che trovo un po' avvilente è che l'eventuale autonomia del Veneto venga raggiunta diciamo al "contrario": non è che i veneti pagheranno meno tasse e un'altra regione riceverà meno spesa pubblica, ma semplicemente i veneti riceveranno più spesa pubblica, della serie ora che sprechiamo tanto possiamo sprecare in casa... 

Nei CPT si distingue tra previdenza e assistenza nel senso che per finanziare la prima si usano, o meglio si dovrebbero usare, i contributi, per la seconda la fiscalità generale.

La categoria per la previdenza si chiama "previdenza ed integrazioni salariali"  mentre quella per l'assistenza "interventi in campo sociale (assistenza e beneficienza)".

se clicchi su "Settore" in questa pagina dovresti poterti leggere le definizioni: http://www.agenziacoesione.gov.it/opencms/export/sites/dps/it/documentazione/CPT/Metadati_flussi.xls

Sapevo che l'inps paga altre cose oltre alle pensioni vere e proprie, ma "le vacanze studio dei figli dei dipendenti pubblici", "i master e i dottorati" e altra roba del genere? Cosa vuol dire i master e i dottorati? Le borse di studio all'estero? Mai sentito assolutamente. E dovrei saperlo (indovinate perché...) Magari sono poco informato....

 

Maurizo

Buongiorno, non sono un esperto della materia, che comunque mi interessa (soprattutto perché non sfugge la sua valenza politica) e vorrei due delucidazioni sui dati presentati:

1. I dati relativi al residui fiscali sono grezzi o aggiustati per i diversi livelli di reddito delle regioni italiane? voglio dire, in un sistema caratterizzato da tassazione progressiva e da differenze nei livelli di reddito fra regioni, pur in assenza di qualsiasi sproporzione nell'allocazione delle risorse pubbliche pro capite è ovvio che le regioni più ricche avranno un residuo fiscale giusto? il dato significativo non dovrebbe essere quello corretto per le differenze reddituali?

2. Come vengono contabilizzate le tasse (o contributi previdenziali) pagati da lavoratori emigrati o stagionali, da una regione a un'altra? anche in questo caso, dato che in Italia come noto è presente una forte emigrazione, se contabilizzassimo le tasse pagate dal lavoratore meridionale in veneto come se fossero tasse "venete" che senso può avere il dato dei residui fiscali? nessuno direi, se non scoprire l'acqua calda che dal meridione si emigra al nord e non viceversa...

Grazie

Il mio grafico cerca di rispondere parzialmente a 2. Mia madre ha lavorato metà della propria vita lavorativa a Venezia. Mio padre ha lavorato alcuni anni a Torino. In generale ho perso il conto di parenti ed amici pensionati che hanno lavorato praticamente tutta la loro vita lavorativa fuori dalla Sicilia, per poi tornare in Sicilia in pensione. Quando lavoravano, pagavano contributi in altre regioni, quando non all'estero, ed ora ricevono pensioni in Sicilia. Di fronte ai 12 miliardi di Euro di disavanzo fiscale siciliano mi sono chiesto: quanto di questo disavanzo è previdenziale? La risposta che ho trovato nei CPT è oltre 10 miliardi e mezzo. Con quello che rimane, non ci si paga nemmeno la metà delle prestazioni assistenziali ai residenti in Sicilia. Io sinceramente, dati i diversi livelli di reddito, mi sarei aspettato trasferimenti non previdenziali molto più corposi verso le regioni come la Sicilia. Se questi non avvengono, è perché il buco previdenziale è una tale voragine, che porta necessariamente a comprimere, quando non sopprimere, qualsiasi altro tipo di perequazione.

Questa volta provo con dimensioni più piccole, il grafico dovrebbe essere visibile senza alcun troncamento.

Quello che a me dice questo grafico è che nei 13 anni in questione sono aumentati i residui fiscali non previdenziali richiesti ad alcune regioni, e.g. Lombardia, Veneto, Toscana, ER, mentre al contempo sono diminuiti i trasferimenti non previdenziali verso le regioni meno sviluppate.

Nello specifico, Puglia e Basilicata sono ormai contributori netti alla copertura della voragine previdenziale, mentre la Campania è sostanzialmente in pari, e Sicilia e Sardegna non sono molto distanti dall'andare in pari.

I CPT non saranno perfetti, ma dubito che non riflettano un fenomeno reale, la compressione se non l'annullamento dei trasferimenti non previdenziali.

ho letto l'articolo e gli interventi.
Mi pare che sia opportuno chiarire un po' di cose su questo fatidico 90%.
Vedo che i ragionamenti si sono concentrati sulla spesa previdenziale. La cosa non è strana, dato che è proprio l'articolo a chiedere, come proposta, di "... muovere la voce più predominante sui conti dello stato, e cioè la previdenza, ossia le pensioni." [alla regione veneto, per quanto di competenza, aggiungo io].

Pero' si parla di gestire il 90% delle tasse e quindi della spesa, dimenticando che il quel 90% di generiche tasse allora non abbiamo solo imposte dirette ed indirette, ma anche i contributi previdenziali.

Dovremmo chiederci cosa significhi "gestire il 90% delle entrate e delle spese".
Per me, federalista, gestire localmente entrate e spese significa avere il controllo delle legislazione in merito alle entrate ed alle spese di competenza, come appunto fanno i cantoni svizzeri.

Se non posso gestire, perché la legislazione è nazionale, allora eventualmente sono un amminitratore, un gestore di un flusso economico deciso altrove.  Ma a chi giova? Non posso decidere nulla, ne su chi paga ne su chi riceve. Mi pare una presa in giro.

Non credo sia possibile gestire localmente le entrate previdenziali, perché queste vanno per forza di cose in un'unica cassa centrale e poi da lì raggiungono il singolo pensionato, ovunque si trovi (anche all'estero). Quindi ha poco senso secondo me chiedere questo passaggio (la spesa previdenziale alle regioni). Ed ha poco senso il 90% se anche a livello svizzero, dove l'autonomia è ben maggiore, 2/3 delle entrate e della spesa è locale ed 1/3 è federale.

Nemmeno in Alto Adige gestiscono il 90% delle entrate raccolte nella propria provincia autonoma. Il numero magico per la gestione era 54%. Certo che non ha senso avere questo tipo di autonomia, a parte un senso elettorale.

Una volta appurato che esiste un modo per realizzare solo formalmente il desiderio di Zaia, in realtà distorcendo le sue intenzioni di vera autonomia, cosa abbiamo concluso?

Mi spiace venire qui a parlare ancora di pensioni, scrivo anche di molte altre cose, ma come sapete mi arrogo il compito arduo e ingrato ma doveroso di CONTROINFORMARE e “bastonare” (passatemi il termine, ormai sapete che ha una funzione essenzialmente "terapeutica") volentieri coloro che fanno – per malafede o ignoranza - il solito catastrofismo infondato sull’INPS e sulla spesa previdenziale.

Le metto insieme poiché ho un solo commento disponibile.

1. Domanda all’autore dell’articolo: la spesa previdenziale riportata nelle tabelle ed assunta a base delle valutazioni critiche è al lordo o al netto delle imposte? (Vedi anche appresso).

2. Vale la pena forse di segnalare al commentatore Alessandro Riolo, che ha scritto: “l'INPS ha un buco pauroso, facciamo di 100 miliardi di Euro all'anno”, che si sbaglia di grosso: la gestione dell'INPS (la gestione è unitaria, le singole gestioni hanno solo una valenza amministrativa), con una spesa complessiva pari a quasi 280 mld lordi, al netto dei 45 mld di imposte e dei 45 mld di voci spurie (suddivisi più o meno a metà tra TFR, che esiste solo in Italia e può essere riscosso anche decenni prima del pensionamento, e Assistenza, che nulla ha a che vedere con la previdenza e che infatti viene pagata dallo Stato con i trasferimenti dalla fiscalità generale) è in notevole attivo (20 mld), per cui al netto di questi 90 mld l’INPS è “creditore” verso lo Stato . Senza voler considerare che l'INPS ha dovuto incorporare gestioni deficitarie, in particolare l'INPDAP, il cui deficit è dovuto alla decisione dello Stato di non versare i contributi a se stesso (http://www.corriere.it/economia/12_ottobre_01/cassa-statali-inps_27b702b4-0b8a-11e2-a626-17c468fbd3dd.shtml) o l’INPDAI dei dirigenti d’azienda, il cui deficit era dovuto ad eccessiva generosità (cfr. pagg. 33-34 dell’allegato di ManagerItalia
“L’avventurosa storia dell’istituto di previdenza dei dirigenti industriali, fino all’ultimo colpo di scena: il passaggio sotto le ali dell’Inps”
http://www.manageritalia.it/content/download/Informazione/Giornale/Dicembre2002/pag28.pdf).

Infine, la spesa pensionistica, dopo le ben 8 riforme delle pensioni dal 1992 (di cui quella Fornero, DL 201/2011, è soltanto l'ultima, neppure la più severa e produrrà i suoi effetti soprattutto nel lungo periodo!), è giudicata dalla Commissione europea e dagli esperti (anche finanziari!) tra le meno preoccupanti e più sostenibili nel lungo termine.[*]

 

[*] Per un'analisi dettagliata delle pensioni, cfr.:

"Lettera ai media, al Governo, al PD e ai sindacati: le pensioni e Carlo Cottarelli"

http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2833739.html    

oppure (se in avaria)

http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lettera-ai-media-al-governo-al-pd-e-ai.html

 

PS: Strano, ma non tanto conoscendo la struttura mentale dei neo-liberisti, che nessuno della Redazione Suprema (famigerata per la consuetudine di applicare le sanzioni regolamentari alla rovescia) abbia segnalato l’erroneità delle affermazioni, essendosi svolta qui in passato un’ampia, documentata e accesa discussione (cfr. 

http://noisefromamerika.org/articolo/sintomi-cause-declino-tre-esempi

http://noisefromamerika.org/articolo/appunti-manuale-difesa-spesa-pensionistica )

 

 

 

 

2. Vale la pena forse di segnalare al commentatore Alessandro Riolo, che ha scritto: “l'INPS ha un buco pauroso, facciamo di 100 miliardi di Euro all'anno”, che si sbaglia di grosso:

 

Ringraziando Marco Esposito:

 

Il differenziale di cassa previsto per il 2013 è pari a 110.478 mln (105.649 mln nella terza nota di variazione al bilancio di previsione 2012) ed è rappresentato dalla differenza tra le riscossioni, al netto dei trasferimenti dallo Stato e delle anticipazioni di Tesoreria, per 275.038 mln ed i pagamenti per 385.516 mln. Il suddetto differenziale, insieme ad incremento delle disponibilità liquide per 224 milioni, risulta coperto da:

- 92.428 mln relativi a trasferimenti dello Stato per il finanziamento delle prestazioni assistenziali ex art. 37 legge 88/89(74.928 mln) e per leprestazioni e spese degli invalidi civili (17.500 mln);

- 18.274 mln relativi alle anticipazioni dello Stato per le gestioni previdenziali; (prestiti, NdA).

 

Ad ogni modo, il discorso fatto in questa discussione verteva sulle poste come classificate dai CPT, che mostrano chiaramente un forte disavanzo tra entrate e spese previdenziali, ben maggiore di 18 miliardi di Euro.

Spero che qualcuno legga anche se in ritardo di mesi (se qualcuno lo fa, un commentino per favore? :) ).

I residui fiscali vengono calcolati solo per le spese (e le entrate) regionalizzabili, escludendo cioé le spese non regionalizzabili. Queste comprendono ad esempio gli interessi sul debito, una spesa da tenere in considerazione (4-5% del PIL) ma relativamente costante nel periodo considerato (+/- 15 miliardi di euro).
La cosa che poco mi convince è la spesa (e/o l'entrata) pubblica NON regionalizzata esclusi gli interessi sul debito. Che cos'è? Perché varia di decine di miliardi di anno in anno?
Lo dico perché un bel po' del cosidetto residuo fiscale, oltre ad andare a pagare gli interessi sul debito (cosa che nessuno mi pare abbia notato), in alcuni anni va a finire in maniera significativa anche in questa spesa non territorializzata indefinita.
Ad esempio ho calcolato che nel 2007 tale spesa è di 43 miliardi di euro, mentre nel 2014 diventa un'entrata di 6 miliardi di euro.
Qualcuno ne sa qualcosa?

Voglio aggiungere (con un anno di ritardo?) che in principio non ha molto senso regionalizzare la spesa pensionistica.

Non per niente la stessa Unione Europea nelle sue statistiche distingue la spesa pubblica in quattro livelli territoriali: spesa del governo centrale, spesa statale (per gli stati federali), spesa locale E, come bonus, spesa previdenziale, esplicitamente distinguendola dalle altre.

La cosa ha completamente senso, visto come è gestita la spesa previdenziale, oltre al fatto che si compone principalmente in un "semplice" trasferimento monetario al cittadino, e non, come la gran parte del resto del spesa pubblica, nell'erogazione di un servizio (difesa, sicurezza, istruzione, santà, trasporto, ecc. ecc), cosa più complicata da gestire.