Sulla comune frase ''facciamo la riforma elettorale e andiamo a votare''

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Direi che a questo punto non esiste un singolo difensore in Italia dell'attuale legge elettorale. In effetti molti invocano la formazione di un governo di scopo con il solo obiettivo di cambiare tale legge, in modo da poter rapidamente andare a votare con una legge diversa. Ma qui di solito casca l'asino: quale legge  andrebbe fatta al posto del porcellum? Ed è veramente una buona idea cambiare la legge elettorale, per pessima che sia, proprio prima delle elezioni? Il mio punto di vista, che cercherò di argomentare in questo post, è che nessuna legge elettorale minimamente decente può garantire la stabilità del governo dopo le elezioni e che in generale è una pessima idea cambiare la legge elettorale a ridosso delle elezioni.

Al momento in cui scrivo non è ancora chiaro quale sarà l'esito della crisi di governo provocata da Berlusconi per i suoi guai giudiziari. Tuttavia è opinione diffusa di vari politici ed analisti (esempi: Pippo Civati e Linkiesta) che sarebbe auspicabile formare un governo di scopo, della durata di pochi mesi,con il mandato di riformare a breve termine la legge elettorale e nel frattempo evitare sforamenti di finanza pubblica. Visto che personalmente sono rimasto inorridito dal porcellum fin dal primo momento in cui è stato approvato (ed è bene ricordare i nomi dei vili che si sono macchiati dell'infamia: perché c'erano anche Casini e Fini insieme a Calderoli e Berlusconi) dovrei essere contento e favorevole al governo di scopo. Eppure no, non sono contento e il governo di scopo mi lascia molto diffidente.

C'è in particolare una cosa che mi preoccupa: l'enfasi che molti pongono sulla opportunità che la nuova legge elettorale favorisca la ''stabilità''. La verità, nuda e cruda, è che in questo momento in Italia nessuna legge elettorale mimimamente sensata può raggiungere questo obiettivo. Tra le leggi non sensate, l'unica che avrebbe una qualche possibilità di raggiungere l'obiettivo è un porcellum in cui il premio di maggioranza viene assegnato su base nazionale anche al Senato, oltre che alla Camera. Se un simile sistema fosse stato in vigore alle ultime elezioni, il governo del paese sarebbe stato consegnato a una forza che gode di meno del 30% dei consensi. In ogni caso, anche se ogni tanto qualcuno rispunta a proporre il premio nazionale al Senato, non ho mai sentito nessun argomento convincente che permetta di superare la barriera a mio avviso insormontabile data dall'art. 57 della Costituzione, che stabilisce che il Senato è eletto a base regionale. Quindi, visto che quella via (per fortuna)  non è percorribile, cosa resta?

O ci si discosta dal porcellum andando in senso maggioritario oppure ci si discosta andando in senso proporzionale. La prima soluzione sembra essere cara al PD, che è a favore di collegi uninominali e doppio turno. O almeno dice di esserlo, perché non è che si sia speso molto per ottenerlo né durante il governo Monti né durante il governo Letta, pur essendo componente fondamentale della maggioranza. I vendoliani e i casiniani sono in favore del proporzionalismo, che ritengono possa meglio garantire le loro rendite di posizione (una volta finite le larghe intese). Il M5S non si capisce cosa voglia. Per il momento Grillo è favorevole al mantenimento del porcellum, cosa perfettamente razionale dal suo punto di vista, ma cosa farebbe se vincesse le elezioni non è chiaro (non solo per la legge elettorale a dir la verità). Infine c'è il centrodestra che farà qualunque cosa voglia Berlusconi, il quale deciderà unicamente in base alle sue vicende giudiziarie, ma resta fermamente contrario ai collegi uninominali.

La prima osservazione da fare è comunque che né il maggioritario con collegio uninominale né il proporzionale possono produrre, nell'attuale situazione italiana, maggioranze stabili. Se ci sono tre blocchi più o meno equivalenti e ciascun blocco rifiuta di allearsi con gli altri, allora il prossimo parlamento sarà più o meno nella stessa situazione di quello attuale, ossia non sarà possibile alcuna maggioranza omogenea. Con l'attuale legge elettorale questo accadrà solo al Senato, mentre con una riforma maggioritaria o proporzionale succederà in entrambi i rami del Parlamento.

Quindi l'unica speranza di avere un governo stabile se si torna a votare è mediante un radicale mutamento dei consensi elettorali, che garantisca la vittoria indiscussa di uno dei tre blocchi; tutto è possibile in una situazione in movimento come quella italiana, ma al momento mi pare abbastanza improbabile. In ogni caso, se l'unico modo per ottenere un governo stabile è un massiccio trasferimento di voti verso uno dei tre blocchi da parte degli altri due, il cambiamento della legge elettorale non sembra essere condizione né necessaria né sufficiente. In verità, appare essere abbastanza irrilevante. La legge elettorale va cambiata, ma va cambiata per altre ragioni e tenendo in vista gli effetti di più lungo periodo. Ma, francamente, chiedere agli attuali parlamentari di avere una visione di lungo periodo è perfettamente inutile.

Chiarito questo, ossia chiarito che dopo il voto, qualunque sia la legge elettorale, molto probabilmente la situazione non sarà diversa dall'attuale, chiediamoci di nuovo: vale la pena formare ora un governo con l'obiettivo limitato di cambiare la legge elettorale? La risposta non è affatto scontata. In primo luogo, anche se ci fosse veramente in Parlamento una maggioranza che in buona fede intende fare una buona riforma elettorale, sarebbe comunque necessario tempo e una discussione approfondita e spassionata. Fare qualcosa in fretta e furia e a ridosso delle elezioni difficilmente può condurre ad alcunché di buono. In secondo luogo, e qui è il vero punto dolente, è chiaro che non ci sarà alcun tentativo di fare una legge elettorale sensata ma semplicemente ogni forza politica cercherà di modificare la legge nella direzione che ritiene possa favorirla.

La mia opinione (che ho esposto per esempio qui) è che sia bene muoversi in direzione di un sistema maggioritario con collegi uninominali e un sistema di voto alternativo o doppio turno. Nulla di tutto questo può succedere sotto alcuna maggioranza plausibile di un ipotetico governo di scopo. Il M5S non accetterà di far parte di un governo del genere. Grillo ha già detto che per le prossime elezioni preferisce il porcellum e farsi implicare significherebbe solo diventare corresponsabile di scelte di finanza pubblica inevitabilmente impopolari. Le uniche due alternative che restano sono o una maggioranza simile a quella attuale (ossia Berlusconi si rimangia le dimissioni dei suoi ministri) oppure una maggioranza PD-Scelta Civica con contorno di dissidenti PdL e M5S, gruppo misto e forse i 7 vendoliani del Senato; le recenti massice nomine di senatori a vita da parte di Napolitano sono state chiaramente motivate dalla speranza di favorire questa seconda soluzione.

Nel primo caso, il centrodestra non permetterà mai  alcuna modificazione in senso maggioritario. In effetti il progetto che più andava per la maggiore era il mantenimento del porcellum con una soglia del 40-45% per l'ottenimento del premio di maggioranza. Nella situazione attuale questa modifica avrebbe chiaramente, da parte di PD e PdL, l'unico obiettivo di rendere impossibile il conseguimento del premio di maggioranza alla Camera per il M5S (e per tutti gli altri). L'effetto pratico sarebbe quello di muovere il sistema elettorale più vicino al proporzionalismo, temperato a questo punto solo dalle soglie di sbarramento. Ma anche nel secondo caso, ossia un governo PD più dissidenti, una qualche deriva proporzionalista è anche essa inevitabile: vendoliani, centristi e probabili nuovi piccoli raggruppamenti formati dai dissidenti porranno il veto verso qualunque movimento in senso maggioritario. Va detto comunque che se questa dovesse essere la soluzione della crisi, probabilmente si tratterebbe di un governo con un orizzonte temporale più lungo di quello che hanno in mente i proponenti del governo di scopo.

Conclusione: mettere mano ora alla legge elettorale non garantirà stabilità dopo le elezioni e probabilmente muoverà il sistema elettorale in una direzione opposta a quella desiderabile, favorendo un ripristino del sistema vigente durante la prima repubblica. Per cui no, il governo di scopo per il cambiamento della legge elettorale non è una grande idea.

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Commenti

Ci sono 51 commenti

in generale, nessun sistema elettorale è a prova di elettorato, figuriamoci poi di quello italiano. preso anche atto che i sostenitori dell'uninominale sono ben poco agguerriti, ugualmente il vincitore unico di un collegio di 100.000 abitanti sarebbe una novità dirompente, tale da stravolgere gli equilibri politici conosciuti.

...il 3 dicembre, su richiesta della corte di cassazione la Corte Costituzionale esaminerà il porcellum, con particolare rlievo a due aspetti:
1. assenza delle preferenze sulla scheda elettorale.

2. premi di maggioranza.

Se andassero alla velocità della luce le camere potrebbero essere sciolte non prima del 7 Ottobre (lunedì prossimo), in tal modo il capo dello Stato dimostrerebbe di piegarsi al diktat berlusconiano, e convocherebbe le nuove elezioni. Che dovrebbero essere (per i tempi tecnici) l'8 e 9 Dicembre.
Si rischia che la Consulta abroghi la legge prima del voto, rendendo impossibili le elezioni il giorno dopo.

Quindi con il porcellum non si voterà più, a prescindere.

Sono d'accordo che un sistema maggioritario a doppio turno è politicamente infattibile (PURTROPPO!!!).

Non sono d'accordo però sul fatto che neanche questo sistema garantirebbe la governabilità. Brusco parte dal presupposto che i voti per i 3 poli principali (il PD e i partiti di berlusconi e grillo) siano equamente distribuiti ("tre blocchi più o meno equivalenti"). In verità i 3 blocchi sono più o meno equivalenti soltanto come quota proporzionale di voti ottenuta a livello nazionale. Molto raramente infatti Grillo è in grado di arrivare primo in un collegio (succede, ma non nel 30% dei collegi). Se si vuole un caso analogo abbiamo i liberaldemocratici in UK: hanno un consenso ben sopra il 20%, ma grazie al sistema inglese ottengono soltanto 57 voti, pari all'8.3% dei seggi.

Un sistema uninominale o, quantomeno, un maggioritario a doppio turno con un premier chiaramente espresso sulla scheda sarebbe la condanna a morte di grillo e porterebbe stabilità e governabilità a questo disgraziato paese.

Io rimango dell'idea che un sistema come quello australiano avrebbe molto senso in Italia in generale. Avrebbe anche il vantaggio di escludere dai voti validi chi non ha capito come si vota.

Tra l'altro è una via di mezzo tra quello che chiedono i tre poli

P.S.: e la usano anche a Malta

...non sono d'accordo con Sandro (che è surreale avendo noi scritto una "legge elettorale" assieme!)

Scherzi a parte, è ovvio che il disaccordo non è sul first best ma sul second best. Sandro dice: nessuna legge potrebbe di per sé garantire la governabilità (tranne un superporcellum che sarebbe indesiderabile per altre ragioni). Inoltre, con ogni probabilità qualunque intervento di qualunque possibile maggioranza sarebbe peggiorativo. Sul primo punto sono d'accordo. Sul secondo solo in part. 

Mi spiego: nessuna legge elettorale garantisce "governabilità". Ciò nonostante, non tutte le leggi elettorali sono uguali. Rispetto al porcellum, in particolare, esistono molti modi per migliorarne la performance, in particolare restituendo agli elettori o la possibilità di scegliere il proprio candidato preferito, oppure favorendo comunque una maggiore informazione sui candidati (anziché sui leader e i partiti), col risultato che, in media, ci si può aspettare che il livello medio dei parlamentari potrebbe essere un po' migliore, e la trasparenza sulle relative constituencies (inclusi i gruppi di pressione che li sostengono) un poco migliore. Per ottenere questo risultato, va benissimo sia un maggioritario puro, con un numero di turni a piacere, sia un proporzionale puro o con qualche soglia di sbarramento ma con la libertà di indicare la preferenza. Queste due leggi a loro volta non sono equivalenti, ma quanto meno consentono al cittadino di valutare i singoli individui che, col suo voto, vengono eletti. Personalmente preferisco il maggioritario al proporzionale, ma preferisco al proporzionale al porcellum e sue varianti. 

Non bisogna poi dimenticare la possibilità che la Corte costituzionale riscriva "di fatto" la legge elettorale, dichiarando l'incostituzionalità del porcellum.

In quest'ottica, IMHO la soluzione più pragmatica sarebbe quella di abrogare il porcellum per tornare alla legge precedente, il mattarellum, che era un mix tra maggioritario uninominale e proporzionale. Sono due le ragioni per cui credo che sarebbe una scelta pragmatica:

1) dal punto di vista sostanziale, il mattarellum consentiva all'elettore di scegliere il candidato (o comunque di sapere quale individuo sarebbe stato eletto votando un certo partito). Quindi quello che è per me l'obiettivo fondamentale (migliorare la qualità del Parlamento e, a fortiori, della produzione normativa, nonché la dialettica tra Parlamento e governo) potrebbe essere raggiunto in modo accettabile. Certo, il mattarellum non è la legge migliore del mondo, ma ha un grande vantaggio e cioè...

2) Tornare al mattarellum è una scelta, ma è anche una non-scelta, nel senso che si tratta della rinuncia a esprimere una preferenza esplicita verso un modello di legge elettorale, preferendo piuttosto tornare allo status quo ante. Il nuovo Parlamento sarà (spero) legittimato a cambiare legge elettorale, e magari la preferenza per un modello o l'altro sarà pure oggetto del dibattito elettorale, sicché entrerà tra le valutazioni degli elettori nel decidere se votare Pippo, Pluto o Paperino. Ma, quanto meno, in questo modo verrebbe superato il principale limite del porcellum. Contemporaneamente sarebbe limitata la possibilità dei partiti di pasticciare, perché un conto è votare una riforma articolata, altra cosa è approvare una norma di una riga che cancelli il porcellum e riprenda verbatim la legge elettorale precedente. Il governo potrebbe benissimo chiedere la fiducia su questo, costringendo i partiti a un voto "prendere o lasciare" contro una legge impopolare.

Morale della favola: il ritorno al mattarellum è politicamente possibile - perché i partiti non lo vogliono, ma sarebbe difficile per loro argomentare contro posto che l'unica alternativa realistica è restare col porcellum - e tale da migliorare almeno sotto alcuni aspetti la qualità della rappresentanza.

Ciao Carlo, son contento di vederti ottimista, anche se ci tocca dissentire :-).

Mah, forse è vero che si può tornare al mattarellum, ma che maggioranza lo dovrebbe fare? L'unica che posso vedere è M5S-PD, sfruttando il fatto che M5S ha votato per la mozione Giachetti (chiaramente perché sapeva che non sarebbe passata), e ora farebbe fatica a tirarsi indietro. Ma sarebbe una cosa independente dal governo, visto che PD e M5S insieme non governranno, almno in questa legislatura. Non sarebbe un gran risultato, il mattarellum ha un saco di magagne, ma effettivamente meglio del porcellum è.  Però resto dell'idea che sia improbabile.

E no, non credo che Letta avrà le palle per dire ''faccio il governo solo se mi approvate il ritorno al mattarellum''. Non le ha avute prima, quando ha votato contro la mozione Giachetti, non vedo perché dovrebbe averle adesso. Spero di sbagliarmi e che tu abbia ragione. Scommettiamo una birretta natalizia?

Premesso che -anche- a mio avviso l'optimum e'evidentemente un maggioritario, con il doppio turno, e collegi uninominali (piccoli), e una diminuzione  (contestuale? desiderata..) del numero di parlamentari (: aumenterebbe il 'costo' di parcheggiare gli 'Scilipoti' di turno/incompetenti), la legge elettorale - ottimale - ritengo vada fatta per una questione pura e semplice di civilta' . Ossia, per avere i candidati piu' capaci alla guida. Sotto tale profilo, quindi, non mi pare che esista un 'momento ottimale'. Paradossalmente (statisticamente?), si potrebbe anche dire che il bringing forward/rinvio, ha prodotto solo danni in Italia.

Detto questo, condivido l'idea che una formula, piuttosto che un'altra, in Italia, allo stato attuale, non garantirebbe maggiore 'governabilita''/stabilita'.

Da un lato, mi pare che i benefici di un maggioritario doppio turno - tendenziale maggiore political accountability, maggiore selezione dei candidati -  si vedrebbero comunque in the long run (i.e. se si presenta un 'incapace', alla tornata successiva lo mandi a casa), non a breve. Dall'altro lato, mi pare che una legge elettorale non garantirebbe, in se',  riforme, o maggiore 'stabilita''.

In conclusione,  i temi  'di vertice' mi pare rimangano: 1) l'educazione/cultura dell'elettorato attivo (ignoranza; o anche solo 'fidelizzazione' di parte dell'elettorato, non necessariamente solo 'ideologica', e azzardi morali- cfr. es....i poco 'commendevoli' scudi fiscali, condoni tombali, et al., solo per rendere l'idea..) 2) le barriere all'ingresso di nuovi partiti e forze politiche nuove (televisione, finanziamenti, etc.); e 3) le reali volonta', spinta e capacita' riformiste.

In un simile contesto,  la 'migliore' legge elettorale sara' quella consegnata 'a divinis' per mano della Corte Costituzionale, all'esito dell'abrogazione  del porcellum, secondo lo schema ormai ricorrente in cui, purtroppo, il potere giudiziario deve anche supplire all'inerzia, o orrori, della casta (all'estero circola l'espressione 'ineptocracy'......).

PS Voi avete visto dibattiti sulla legge elettorale, ad ogni modo? O forse, mi sfugge qualcosa? oi 'sophoi' che dicono?

Il guru dei guru dei sistemi elettorali, Roberto D'Alimonte, sostiene che il sistema elettorale a doppio turno con premio di maggioranza alla coalizione garantirebba una maggioranza certa in tutte e due le camere .

D' altra parte la legge elettorale deve essere cambiata adesso prima della sentenza della Consulta e che poi ci siano le elezioni nella prossima primavera personalmente me lo auguro ma potrebbero anche non esserci almeno fino al 2015 (elezioni regionali concomitanti ).

Se usi il doppio turno per coalizione anche al Senato, a livello nazionale, effettivamente e`più probabile che si formino maggioranze omogenee. La certezza non ci può essere perché Camera e Senato hanno elettorati diversi. Ma il vero problema è che l'attribuzione del premio di maggioranza a livello nazionale al Senato, con il turno singolo, doppio o triplo carpiato, viola l'art. 57 (il Senato è eletto su base regionale).  Che dice D'Alimonte al riguardo? Hai un link?

1 - mi sembra difficile che collegi uninominali piccoli producano una significativa riduzione del numero dei parlamentari: sessanta milioni di cittadini diviso centomila portano ancora a 600 deputati;

2 - la Corte Costituzionale non è parte dell'ordine giudiziario.

Beh, per i collegi ha più senso guardare al numero di elettori più che al numero dei cittadini. Gli elettori sono circa 47 milioni. Se si fanno circoscrizioni di 150.000 elettori si va poco sopra  ai 300 seggi. A ir la verità io non ci vedrei niente di male a fare circoscrizioni di mezzo milione di elettori. In Amerika alla House sono 435 in tutto, quindi il rapporto è più alto, e non sembra funzionare male.

La legge elettorale è fondamentale, ma da sola non basta. 
La formazione di maggioranze diverse tra senato e camera potrebbe essere attenuata modificando il regolamento, in modo da non conteggiare l'astensione come voto negativo (tra l'altro, il regolamento non è nemmeno formulato espicitamente in questi termini).

E se avessimo una legge sui partiti come quella tedesca (il ddl Finocchiaro-Zanda ci si avvicinava), le decisioni dei partiti andrebbero prese con procedure ad evidenza pubblica.

Cito dal blog di U. Fanelli, a cui poi ho chiesto chiarimenti:

 

 SPD non poteva chiedere un'alleanza con lo stesso leader, Steinbrück , che ha fatto campagna CONTRO la CDU, visto che dovranno governare insieme. I tedeschi non capirebbero come mai chi diceva "La Merkel ha sbagliato tutto" adesso pensi che si possa governare con lei. (a questo punto mi chiedo come siano i matrimoni tedeschi, mi informero') 

Cosi', Steinbrüch si e' ritirato dalla vita politica pubblica, in modo da lasciare spazio a Gabriel, il segretario della SPD. Egli ha riunito i 200 delegati territoriali chiedendo loro il "via libera" per un governo con la CDU.

Tuttavia, le leggi tedesche pongono dei limiti al modo in cui i partiti prendono le decisioni  e questo produce un grosso cambiamento "culturale" nel modo di fare. Insomma per una cosa del genere i 200 delegati non bastano,  e dovranno votare i 470.000 aventi diritto. Ma per fare questo ci vuole un mese circa, per cui i 200 hanno deciso per tutti.

 

Questo e' il punto di rischio estremo di Gabriel: se i 470.000 aventi diritto sconfesseranno la linea della SPD e diranno che NON deve allearsi con la CDU, dovranno dimettersi TUTTI i 200 delegati , e Gabriel stesso.

...

Esistono leggi su come si puo' fare un partito. Esse impongono che i meccanismi elettivi interni dei partiti siano trasparenti e verbalizzati, in modo da essere pubblici. Tutto qui.

 

Non ti dicono come devi fare, ma solo che devi poter verbalizzare i processi democratici con cui eleggi i dirigenti. A quel punto, se ti scrivi nello statuto che la base elegge delegati, i delegati eleggono rappresentanti e i rappresentanti decidono (CSU) va bene. SPD ha scelto un meccanismo piu' simile al referendum interno per applicare la legge.

 

La legge e' generica, dice semplicemente che devono esistere dei verbali pubblici delle votazioni interne e che il meccanismo debba essere democratico. Poi, le "leggi elettorali interne" sono fatte dai partiti.

 

in questo modo anche le alleanze sarebbero più trasparenti e sottoposte al vincolo degli iscritti e forse degli elettori (un partito potrebbe mettere in statuto di fare "doparie" aperte sulle coalizioni

 

 

 

Mi pare che il sistema australiano non si discosti molto, nei risultati, dal panachage il quale tuttavia è adatto sia per sistemi maggioritari sia per elezioni puramente proporzionali.

Venendo al tema, se l'emergenza è eliminare il porcellum, basta abolirlo e far tornare in vigore il sistema precedente. Che non sarà stato il massimo ma è sicuramente meglio.  Per fare questo non serve alcun governo di scopo. Basta una settimana.

Poi la prossima legislatura si porrà il problema della stabilità. Non mi pare che questa sia all'altezza del compito.

Per la stabilità a mio avviso nulla si puo' fare con la sola legge elettorale. Bisogna cambiare la Costituzione. Un buon sistema è l'elezione diretta dell'esecutivo, separata dall'elezione del legislativo. La fiducia all'esecutivo quindi non viene dalle camere (con tanto di salti della quaglia e compravendita di parlamentari) ma dal popolo. L'esecutivo si elegge su base maggioritaria ed a questo punto il parlamento, non essendo piu' implicato nella fiducia, è possibile eleggerlo con un proporzionale puro, che dia la massima rappresentanza, come democrazia vorrebbe. 

La governabilità secondo me è obbiettivo ottenibile con un vero federalismo, che sommi quindi il governo autonomi dei territori, che si autogovernano e raccogono le risorse fiscali. L'italia è un paese ingovernabile anche perché pretende di governare tutto o quasi da Roma (o se va male da Milano o dai capoluoghi di regione). Se 2/3 della funzione pubblica sono gestiti localmente, a partire dai comuni, il problema del governo nazionale diventa piu' semplice.

Poiché inoltre è evidente a chiunque osservi una carta delle ultime politiche che i territori avranno maggioranze diverse ed anche opposte, la soluzione migliore per un governo nazionale non è quella di avere una maggioranza possibile tra le due (che magari prende decisioni ostative nei confronti dei territori governati dall'opposizione) ma quella di un sistema direttoriale, una sorta di grande coalizione permanente (come appunto fanno gli svizzeri con la formula magica).

Per ottenere questo scopo è sufficente fissare nella costituzione in numero dei ministri (mettiamo 10, cosi' li obblighiamo a risparmiare e razionalizzare) ed avere un sistema maggioritario per eleggere i ministri (tutti, non solo il primo ministro).

In pratica ogni partito che ottinene il 10% o multipli ottiene un ministro.  Poi questi 10 dovranno trovare un accordo. E se non lo trovano il parlamento li bacchetterà bocciando le iniziative dell'esecutivo. Di norma ogni ministro avrà un ministero e se sono furbi metteranno un liberale alle finanze ed un sociademocratico alla socialità. L'inverso funziona male, ma si puo' provare. Da notare che i cittadini quasi subito capiscono che visto che devono eleggere persone che poi dovranno andare d'accordo, non devono votare teste calde ma i piu' moderati di ogni schieramento. E qui torna utile il panachage.

Infine - per far quadrare il cerchio - una riforma degli statuti referendari, con un referendum propositivo e confermativo (senza quorum) metterà i cittadini nella possibilità di bloccare le eventuali stupidate che esecutivo e legislativo volessero fare, compreso tasse e tutto quanto oggi espressamente vietato.

Sì, concentriamoci sulla pagliuzza, e cerchiamo di capire come ha fatto a farci quel bozzo così grosso in testa.

Più maggioritario? Meno? Proprozionale? Uninominale (perché poi "uni"? E non "pluri"? Come nell'italia liberale "dei Notabili", o come nei cantoni Svizzeri?)

I casi sarebbero due: o un maggioritario esagerato (quello che al primo tentativo ci regalò il fascismo) oppure accontentarsi dell'assenza di esecutivo, come avviene da sessant'anni.

Ma nessuno si è mai accorto che, da quando esiste, la Repubblica non ha mai visto la fine di una (dico una) legislatura?

I problemi sono due, e vanno separati.
Uno è la governabilità, che è impossibile se l'esecutivo è succube del legislativo (ed anche se i ministri sono per tradizione degli incompetenti).

L'altro è la democraticità del sistema elettorale, che è impossibile se gli elettori non possono eleggere chi vogliono loro (anziché "il partito che non vogliono di meno").

L'uovo di colombo, quindi, si chiama "premierato" (visto che "presidenzialismo", laddove il presidente conta come il due di coppe, non serve a nulla).

Una volta scissa l'elezione dell'esecutivo da quella del legislativo, qualunque sia la legge elettorale (democratica sarebbe meglio),  non c'è dubbio che l'esecutivo arriverà a fine mandato.

Salvo la corretta sorveglianza che organi preposti (non solo giudiziari ma, a mio avviso, anche presidenziali - ovvero costituzionali) dovrebbero esercitare su ambo i poteri.

Aggiungo, giusto per salvaguardare il cittadino da governi legislatori anziché amministratori, che sarebbe auspicabile un qualche vincolo che imponesse ai ministri di avere una qualche idea di come funziona il loro ministero.

Basta la sfiducia costruttiva per avere governi stabili. L'Europa è piena di sistemi parlamentari (come dici, voto di fiducia=esecutivo succube del legislativo) che funzionano bene.

E il semipresidenzialismo alla francese funziona per via del doppio turno, non il contrario. 

Non fu il maggioritario esagerato che ci diede il fascismo ma il contrario (la legge Acerbo fu fatta dai fascisti, prima c'era il proporzionale) e il presidente eletto dal popolo col premier forte  ( in questo caso cancelliere) ci ha dato Hitler, se è per quello .

Il tema è molto interessante. Nonostante, come quasi tutti, io ritenga questa legge elettorale una delle peggiori mai concepite, c'è una risposta alla domanda iniziale di Sandro estremamente qualificata.

Il Consiglio d'Europa (che non è l'Unione Europea), è l'organismo che rappresenta 47 stati europei, e ha come indirizzo quello di promuovere i 3 pilastri della civiltà europea, che sono Democrazia, Diritti Umani e Stato di Diritto. In ciascuno di questi punti l'Italia ha grandi pecche, non per niente veniamo regolarmente bastonati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Ma questa è un'altra storia.

Tra i propri organi consultivi ne ha uno che si chiama "Commissione per la Democrazia attraverso il Diritto", normalmente conosciuta come Commissione di Venezia, dal luogo nel quale si riunisce. Questa commissione è stata creata su iniziativa italiana nel 1989 per aiutare a adeguare agli standard europei le costituzioni dei paesi dell'Est Europa che si affacciavano alla democrazia dopo la caduta del muro. Oggi è ancora presieduta da un italiano, Gianni Buquicchio, e si definisce "la fabbrica del diritto costituzionale". Alla commisione partecipano anche paesi non appartenenti al CdE, per esempio da quest'anno anche gli Stati Uniti d'America ne fanno parte a pieno titolo, dopo aver partecipato come osservatori per molti anni.

Oltre a pareri su costitituzioni e loro modifiche, la Commissione di Venezia ha redatto due codici di buone pratiche, uno sulle elezioni e uno sui referendum. Se aveste particolare passione per gli argomenti potete "divertirvi" a trovare tutte le nostre pecche rispetto alle buone pratiche.

Riguardo al "cambiamo la legge elettorale e andiamo al voto", e alla domanda di Sandro "Ed è veramente una buona idea cambiare la legge elettorale, per pessima che sia, proprio prima delle elezioni?", riporto di seguito il paragrafo "Regulatory levels and stability of electoral law" del codice.

Per i più pigri basta la lettura dei paragrafi 65 e 66.

2. Regulatory levels and stability of electoral law

63. Stability of the law is crucial to credibility of the electoral process, which is itself vital to
consolidating democracy.35 Rules which change frequently – and especially rules which are
complicated – may confuse voters. Above all, voters may conclude, rightly or wrongly, that
electoral law is simply a tool in the hands of the powerful, and that their own votes have little
weight in deciding the results of elections.
64. In practice, however, it is not so much stability of the basic principles which needs
protecting (they are not likely to be seriously challenged) as stability of some of the more
specific rules of electoral law, especially those covering the electoral system per se, the
composition of electoral commissions and the drawing of constituency boundaries. These
three elements are often, rightly or wrongly, regarded as decisive factors in the election
results, and care must be taken to avoid not only manipulation to the advantage of the party in
power, but even the mere semblance of manipulation.
65. It is not so much changing voting systems which is a bad thing – they can always be
changed for the better – as changing them frequently or just before (within one year of)
elections. Even when no manipulation is intended, changes will seem to be dictated by
immediate party political interests.
66. One way of avoiding manipulation is to define in the Constitution or in a text higher in
status than ordinary law the elements that are most exposed (the electoral system itself, the
membership of electoral commissions, constituencies or rules on drawing constituency
boundaries). Another, more flexible, solution would be to stipulate in the Constitution that, if
the electoral law is amended, the old system will apply to the next election – at least if it takes
place within the coming year – and the new one will take effect after that.
67. For the rest, the electoral law should normally have the rank of statute law. Rules on
implementation, in particular those on technical questions and matters of detail, can
nevertheless be in the form of regulations.

per tutti noi, ma la "grande riforma" di Craxiana memoria e' diretta da gruppi di saggi che appaiono imbricati in manovre di potere che lasciano un pochino perplessi.

http://www.repubblica.it/scuola/2013/10/05/news/denunciati_cinque_saggi_di_letta_hanno_truccato_i_concorsi-67923565/?ref=HRER1-1