Paghiamo i parlamentari a cottimo

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È uscito il rapporto della ''commissione Giovannini'' sui compensi erogati ai parlamentari in Europa. A mio avviso il dibattito su quanto è giusto pagare i parlamentari sta girando a vuoto. Vorrei proporre una alternativa radicale: paghiamo, almeno temporaneamente, i parlamentari in base ai risultati economici del paese. 

La cosidetta commissione Giovannini era stata stabilita nel luglio scorso. Imperversava ancora Voltremont, e la commissione era il risultato dell'ennesima presa per i fondelli del paese. Infatti, a fronte del clamore e della rabbia montante sui costi della politica, anziché fare qualcosa di concreto il governo Berlusconi-Bossi-Tremonti fece la solita altisonante dichiarazione di principi, affermando che la remunerazione dei parlamentari italiani doveva prendere come riferimento la media dei trattamenti omologhi degli stati dell'area euro. Ma visto che non era ben chiaro quale fosse tale media, si mise su una bella commissione di studio per capire quale fosse. La commissione ha ora prodotto la sua relazione. Non l'ho letta, ma mi pare che il Post ne faccia un buon riassunto: in sostanza la commissione ha preso atto che il compito assegnatole era vago fino ai limiti dell'impossibilità e questo ha detto, non mancando di sottolineare alcuni aspetti della normativa italiana che appaiono anomali (come il trasporto gratuto o la completa discrezionalità nella gestione dei portaborse). Non ho dubbi che se ci fosse stato il precedente governo questa sarebbe stata la fine della storia, con totale insabbiamento della relativa pratica. Può essere che questo succeda anche con il governo Monti, ma prima di abbandonare la speranza voglio provare a fare una proposta che non vuole assolutamente essere provocatoria ma molto concreta.

Proviamo infatti a porci una domanda un po' differente: non quanto, ma come è giusto pagare i parlamentari. La pratica consolidata a livello internazionale è di pagarli con un salario fisso e indipendente dai risultati. Ci sono almeno due ottime ragioni perché, in casi normali, sia così. In primo luogo è in principio molto difficile definire cosa sia una ''buona performance'' per i parlamentari. La politica è terreno di scontro tra idee e interessi, e ciò che viene considerato eccellente performance da alcuni viene considerato disastroso da altri (provate a pensare alle differenti reazioni che può generare un aumento della spesa per la difesa al fine di costruire un esercito più forte).  In secondo luogo, anche ammesso che sia possibile individuare in modo efficace alcune variabili esattamente misurabili da cui far dipendere la remunerazione, è rischioso far dipendenre la compensazione dai risultati perché si rischia che gli sforzi si concentrino sulle variabili più facilmente misurabili a scapito delle variabili meno esattamente misurabili, ma magari più importanti. Si tratta di un problema ben noto nella teoria degli incentivi. Per esempio, se si pagano gli insegnanti in base ai risultati raggiunti dai loro studenti in test standardizzati, si rischia che gli insegnanti dedichino troppo tempo a sviluppare capacità nozionistiche che permettono di ottenere buoni risultati nei test a scapito di altre capacità, come l'abilità a pensare in modo innovativo e creativo. In presenza di compiti multipli e con differenti gradi di misurabilità è quindi consigliabile usare una compensazione fissa.

Pur essendo cosciente delle difficoltà che una compensazione basata sui risultati può generare io credo che il momento sia sufficientemente eccezionale da consigliare una deviazione temporanea dalla regola del salario fisso. Il mio argomento è il seguente. Credo ci sia consenso generale nel paese sul fatto che il compito più urgente del parlamento sia il miglioramento delle condizioni economiche. In particolare, è necessario riportare sotto controllo il debito pubblico e riavviare il processo di crescita economica. La mia proposta è che per i prossimi 5 anni i parlamentari vengano remunerati in funzione di due variabili: l'avanzo primario e il tasso di crescita del PIL. In particolare propongo un processo in due passi:

1) Se il bilancio pubblico non presenta un avanzo primario, la remunerazione dei parlamentari è zero.

2) Se il bilancio pubblico presenta un avanzo primario, la remunerazione dipende dalla differenza tra il tasso di crescita del PIL Italiano e il tasso di crescita del PIL tedesco.  Specificamente, la remunerazione (identica a quella attuale) viene pagata per intero se il PIL italiano cresce almeno quanto il pil tedesco, e viene ridotta proporzionalmente altrimenti.

Visto che siamo tra nerds, mi azzardo a riassumere il tutto in una formula. Sia W il compenso attuale ricevuto dai parlamentari, PRIM, una variabile che assume valore 1 se l'avanzo primario è positivo e zero altrimenti, ItPil il tasso di crescita del PIL italiano e GerPil il tasso di crescita del PIL tedesco. Sia

CompGross = PRIM*W*[1-max(GerPil - ItPil,0)]

Allora il compenso effettivo di un parlamentare in un dato anno è dato da

Compenso = max(CompGross,0).

Per capire meglio, facciamo alcuni esempi. Supponiamo che nel 2012 si raggiunga l'avanzo primario (questo è l'unico caso interessante, se non viene raggiunto il compenso è sempre zero), il Pil tedesco aumenti dell'1,5% e quello italiano cali dell'1%. In tal caso CompGross è negativo, poiché è pari a W*[1-(1,5+1)]= -1,5*W. Il compenso è quindi zero. Se invece il Pil italiano cresce dell'1% allora CompGroos = 0,5*W. I parlamentari ricevono quindi un compenso che è pari al 50% del compenso attuale. In generale il compenso si azzera se il Pil italiano cresce meno di un punto del Pil tedesco.

Vorrei ora chiarire quali sono i vantaggi di questa formula. In primo luogo è importante che il governo mantenga l'avanzo primario (ossia, le entrate devono essere superiori alle spese non per interessi). Una dipendenza esclusiva dal tasso di crescita del Pil può generare incentivi perversi, portando a politiche di aumento della spesa in deficit che generano effetti positivi di breve periodo ma creano enormi problemi di deficit nel medio e lungo periodo (tutti ricordiamo gli anni Ottanta). Allo stesso modo, una dipendenza esclusiva dall'equilibrio del bilancio pubblico può generare incentivi altrettanto perversi, portando ad aumenti draconiani delle tasse che ammazzano la crescita. È quindi opportuno che entrambe le variabili entrino in gioco.

Mantenere un avanzo primario è, nel breve periodo,  una condizione necessaria per evitare un peggioramento della situazione debitoria. Dato l'attuale livello di debito, la spesa per interessi è (grosso modo, non ho controllato i numeri esatti) intorno al 5% del Pil. Quindi il raggiungimento di un avanzo primario positivo è requisito assai meno stringente del pareggio di bilancio, che il governo Monti intende raggiungere nel 2013. Di fatto è un obiettivo che già ora viene soddisfatto dal bilancio pubblico. Data la dimensione della spesa per interessi, il requisito dell'avanzo primario positivo lascerebbe comunque spazio, qualora lo si ritenesse opportuno, per un deficit di bilancio fino al 5% del Pil (non sto dicendo che va fatto, sto semplicemente dicendo che anche chi è convinto che in questo momento c'è troppa austerità può tranquillamente essere a favore di un avanzo primario).

D'altra parte è ormai abbastanza chiaro che il parlamento italiano è stato completamente incapace di affrontare il problema della crescita. C'è, da un lato, una notevole ignoranza su come stimolare la crescita. Basta sentire i ragionamenti bislacchi che si fanno a sinistra sulla ''crisi causata dalla disuguaglianza'' o le idiozie protezionistiche alla Tremonti-Bossi, per non parlare dell'agghiacciante abitudine dei politici di tutti gli schieramenti di chiamare ''risorse per lo sviluppo'' gli aumenti di spesa pubblica. Ma c'è anche un problema più di fondo: tipicamente, per il politico medio risulta essere più remunerativo (in termini politici) difendere le corporazioni che bloccano la crescita piuttosto che puntare allo sviluppo economico, per una varietà di ragioni che ora non possiamo analizzare. Rendere la compensazione dei parlamentari dipendente dalla crescita può quindi servire da bilanciamento, aumentando gli incentivi dei parlamentari ad approvare provvedimenti  efficaci per la crescita. D'altra parte è sciocco far dipendere la remunerazione solo dalla crescita del Pil italiano, dato che esso è influenzato non solo dalle politiche domestiche ma anche dal ciclo internazionale. Appunto per depurare gli effetti del ciclo internazionale è opportuno guardare alla differenza con un paese di riferimento. La formula può essere cambiata, ad esempio prendendo la media dell'area euro anziché la Germania o altre simili combinazioni del genere. L'importante è che sia chiara e il principio di base, ossia la dipendenza della remunerazione dal tasso di crescita italiano depurato degli effetti del ciclo internazionale, resti.

Nel più lungo periodo credo sia giusto tornare a remunerare i parlamentari come in tutti gli altri paesi, ossia con un salario fisso. Ma per questa situazione emergenziale un periodo transitorio in cui i nostri parlamentari sono pagati ''a cottimo'' può fornire un notevole aiuto al miglioramento delle nostre decisioni in tema di politica economica.

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Commenti

Ci sono 45 commenti

Interessante, Sandro. Mi vengono in mente un paio di questioni.

Primo, con questo schema non si assicurano i parlamentari di minoranza (opposizione, ma non solo) contro la malagestione di quelli di maggioranza, di cui i primi non sono responsabili.

Secondo, le decisioni che influenzano gli indicatori da cui facciamo dipendere la paga sono prese dal governo, che in questo schema sarebbe l'"agente" dei parlamentari. L'unico strumento che il "principale" in questo caso ha e' la sfiducia. Difficile che emerga uno schema ottimale, no?

Sul primo punto non mi preoccuperei troppo. I parlamentari di opposizione contribuiscono spesso e volentieri alla legislazione, e varie idee bizzarre (tipo, che so, esenzione del canone rai per gli ultra75) sono bipartisan. Anche quando votano contro, la ferocia con cui si oppongono a provvedimenti di liberalizzazione conta, perché tipicamente conduce ad annacquare i provvedimenti. Bene quindi che anche i parlamentari di opposizione siano soggetti allo schema.

Lo stesso vale per l'influenza sul governo.  Non è affatto vero che l'unico strumento di pressione è la mancanza di sfiducia, le pressioni sono continue e possono assumere livelli molto differenti. La marcia indietro sulle liberalizzazioni nella ''fase 1'' è stata chiaramente dovuta alle pressioni parlamentari.

Però sono d'accordo sul fatto che lo schema di pagamento a cottimo si può applicare anche ai membri del governo, non solo a quelli del parlamento.

Volevo sollevare tre questioni ma vedo che due le ha già sollevate Zanella, anticipandomi.
La terza è la seguente: in un paese di disastri di ogni tipo, dal terremoto alle alluvioni su vasta scala, l'avanzo primario puo' essere messo in discussione dalla necessità di ricostruzione, soprattutto in un paese sotto assicurato come il nostro.  Vero che proprio per questo il Parlamento potrebbe essere indotto a legiferare  a favore di assicurazioni obbligatorie sulla casa ed anche sulle opere civili ma in un paese a forte rischio idrogeologico e sismico come il nostro questo comporterebbe (immagino) premi molto elevati, sia per i privati sia per le amministrazioni.  C'è il rischio che la popolazione, sapendo come vengono pagati i parlamentari (se la tua proposta diventasse esecutiva), non apprezzi questo loro scaricare il costo dei disastri sui cittadini (premi invece di imposte) e che vedrebbero questa cosa non come un'operazione valida sul piano economico ma solo un artificio per manterenere alti i loro stipendi.

I politici italiani sono strapagati sempre, eppure questo argomento "esplode" sulla prime pagine dei giornali raramente e casualmente sempre quando BS non è al Governo.

Era già successo appena insediato il Prodi II, complice l'uscita del libro "La Casta", non si parlava d'altro. Caduto il governo Prodi l'argomento tornava in naftalina.

Adesso, con il governo Monti, è riesploso.

Magari è solo una casualità, ma è una "casualità" su cui Il Giornale e Libero scrivono parecchio e, dato che abbandonano l'argomento quando BS è al governo, credo lo facciano per creare malcontento e quindi voglia di cambiamento.

Contando ovviamente sulla memoria da pesciolino rosso di una parte dell'elettorato.

Dei costi della politica se ne parlava, e anche parecchio, pure durante il governo del berlusca. Per questo Voltremont ha fatto il suo provvedimento demente sulla commissione di studio, era un patetico tentativo di deflettere l'attenzione. Poi, certo, Libero, Giornale, Padania e straccetti vari di regime fanno esattamente quello che dici tu. To no one surprise.

Non lo riporta il Corriere, ma quando l'ho letto mi ha fatto un certo effetto: nel Regno Unito un deputato e' pagato 65.738 sterline lorde annue (nella Camera dei comuni; i Lord lo fanno gratis). Per dare un'idea, fuori Londra, un assistant professor in economics puo' negoziare tra le 50 e le 60.000 sterline circa (a Londra di piu'). Su questo il deputato paga tasse, e se vuole la pensione, un contributo pensionistic0 (tra il 12 e i 6%). 

I deputati possono pagare fino a 2 dipendenti (soggetti a un budget massimo) che lavorino per loro.

In piu' ci sono le spese, che essendo diventate pubbliche di recente hanno creato in ugual misura indignazione (pulitura del fossato attorno al castello) e ilarita' (4 rotoli di carta igienica).  Un link e' qui, ma facendo google "MP expenses" si trova di tutto.  Il principio e' che siano necessarie per lo svolgimento del lavoro, e non lussuose o stravaganti (o che possano essere percepite come tali).

Io trovo questo compenso economico (salario + spese) bassissimo. D'altra parte, il mercato funzione, non c'e' carenza di candidati, ne' come quantita' ne' come qualita' (giudicando quest'ultima dal salario opportunita').

si puo'  ridurre il costo riducendo il numero degli usufruenti. da tempo ritengo che 100 senatori (cinque per regione) e 500 deputati siano ben posti come dimensione per il ramo legislativo. Mi rendo conto che questo implica revisioni costituzionali,  (56 & 57) ma non vedo perche' questo non sia assai piu' razionale che impegnarsi a capire quanto servano le navi ai deputati--

Va sicuramente ridotto. È una questione separata che richiede una legge costituzionale. Ne ho parlato un paio di anni fa. Io non sono d'accordo sul numero uguale di senatori per regione. In America, dove si usa questo sistema (due per stato), ha fornito un potere sproporzionato agli stati meno popolosi con conseguenze pesanti, per esempio in tema di sussidi agricoli (gli stati meno popolati sono più rurali). Avere il 10% del senato che proviene da Val d'Aosta e Molise mi pare una pessima idea.

Ho sempre apprezzato le vostre riflessioni e le leggo sempre con molto attenzione. Una delle caratteristiche più enocmiabile è però da sempre la vostra capacità di ricostruire e ricollegare con obiettività gli avvenimenti, evitando la demagogia spicciola. Le indennità e il sistema di benefit vigente fino a ieri nel parlamento italiano non sono nati ieri, parlarne come se fossero il risultato di uno sbarco di marziani da eliminare con una magia non mi sembra quindi il giusto modo per afforontare la questione. A mio modesto parere, contestatemi se sbaglio, i privilegi che i parlamentari hanno accumulato nei 50 anni di democrazia in Italia sono da ricollegarsi direttamente al sistema parlamentare e in ultima istanza sono il risultato proprio del fallimento del nostro sistema costituzionale. 

I privilegi che la Camera dei Deputati dal 1994 in poi ha a mano a mano cassato (non certo in modo sufficiente, ma lo ha fatto), non sono caduti dal cielo, ma sono frutto e volontà di 25 anni di Presidenza della Camera (che come molti sanno legifera autonomamente) e dei suoi Presidenti che si sono succeduti dal 1972 al 1994. Pertini, Ingrao, Iotti, Scalfaro e Napolitano tanto per capire (e per corretta informazione). Un sistema voluto e gestito in modo scientifico dall'ex Pci negli anni della c.d. prima repubblica. Qualcuno di voi ricorda per caso il centralismo democratico? Gli eletti in quegli anni del Pci erano a turno i funzionari di partito a cui veniva assicurato così un tranquillo futuro.

Prima la stampa democratica però non se ne è mai accorta (e ne ha avuto di tempo), così come – nonostante le assidue frequentazioni – non si era mai accorta dell’esistenza del ristorante di Montecitorio (i giornalisti insieme ai deputati sono gli unici che possono usufruirne), messo lì anche quello, guarda caso negli stessi anni novanta e che ora dopo le indignate campagne stampa, con tanto di immancabile tweet di De Bortoli, ritornerebbe alle origini. Cioè dove stava prima.


E continuo a chiedermi (sono solo io?) come mai nessuno (compresi voi) parli mai dei benefici di cui continuano a godere, dopo la cessazione della carica gli ex presidenti di Camera, Senato e Corte Costituzionale? Presidenti per sempre, in saecula saeculorum. Perché nessuno parla dell’indennità supplementare che continuano a ricevere tutti i componenti degli uffici di presidenza, Presidenza della Camera in testa, che si va a sommare all’indennità di deputato? E davvero non si può trovare un modo per intervenire sui cumuli (di vitalizi e indennità, a volte anche 3) che a cominciare da Napolitano (per il momento sospesi, ma ha preso e riprenderà quello di 40 anni circa di ex deputato ed ex presidente della camera, ex presidenye della Repubblica sommandoli all'indennità di senatore a vita) vengono erogati? O delle indennità di Csm e agenzie varie?
 Le ritenete meno vergognose o anche a quelle sarebbe opportuno applicare il cottimo?

Detto questo, il "famigerato" vitalizio, per esempio, così come prescritto dalla nostra Costituzione (tanto sacra e intoccabile in ben altre occasioni) e confermato da infinite determinazioni dell’altra sacra e intoccabile Corte Costituzionale (sentenza n. 289 del 1994 e ordinanza 86 del 2007), esiste in tutti i paesi del mondo, almeno tra quelli civili e democratici.  Se qualcuno vuole tornare allo Statuto Albertino si accomodi pure…


E non è che nel resto d’Europa i deputati non godano di privilegi, anche per quel che riguarda i vitalizi. Perfino nell’austera Germania. Perché come specifica un dossier del parlamento (mi viene difficile mettere i link, ma basta una breve ricerca su internet per leggerlo) – mentre in Italia, Francia e Gran Bretagna è previsto un contributo per il parlamentare in carica, in Germania e nel Parlamento Europeo i deputati non versano nulla. Ovunque il diritto al vitalizio matura però tra il 60° e il 67° anno di età.


In Francia ad esempio non è previsto un limite minimo di mandato e da nuove disposizioni è previsto un contributo di 787 euro al mese, che in caso di pensione complementare facoltativa sale a 1.181 euro. Ma dopo 5 anni di mandato si ottengono 780 euro al mese, 1.500 dopo 10 anni fino a raggiungere un massimo di 6.300 euro, se si hanno 41 annualità di servizio. I deputati del Bundestag a Berlino non versano alcun contributo e prendono 961 euro dopo 5 anni, 1.917 dopo 10 e 2.883 euro al 15 anno.


La vera vergogna stava e sta nel sistema che a questa garanzia costituzionale hanno i vari Presidente che si sono succeduti man a mano aggiunto. Consentendo ai 50enni (dai vari Veltroni, passando per il Granata che prendeva il vitalizio di deputato regionale siciliano sommandolo all'indennità di parlamentare, attraversando i Russo Spena e ex deputati campani etc etc) di cumulare altri vitalizi e di accorciare in funzione delle legislature svolte il raggiungimento dell'età cd pensionabile.


Sarebbe il caso ora di aspettarsi una pronta e solerte richiesta di rinuncia ai privilegi di casta anche da Sonia Alfano e company? Ancora aspettiamo il bel gesto da Scalfari (Eugenio) e giornalisti vari (ce ne sono a decine) che da sempre si distinguono nello stigmatizzare gli sprechi e i costi della casta, ma non ho letto da nessuna parte che qualcuno di loro vi ha rinunciato (al vitalizio). Certo, forse anche in questo posso sbagliarmi.

Andandosi a guardare il trattamento economico attuale di Senatori e deputati, basta davvero poco per raffrontarlo ai privilegi accumulati in passato, di cui molti, moltissimi continuano indisturbati e zitti zitti ad usufruire (compresi molti padri della patria).

Io però continuo a pensare semplicemente che la strada da percorrere sia quella della riforma costituzionale con la drastica riduzione del numero dei parlamentari e l’eliminazione del bicameralismo perfetto. E continuo anche a pensare che i privilegi o sono privilegi per tutti quelli che se ne avvantaggiano e ne usufruiscono, indistintamente, o non sono.



p..s.: Ah se ti la leggi direttamente la relazione Giovannini qui il link ( www.funzionepubblica.it/il-dipartimento/funzione-pubblica/attivita/commissione-per-il-livellamento-retributivo-italia-europa-comliv/le-attivita.aspx ) vedrai pure quanti e quali siano gli enti interessati (di cui nessuno parla) a parte il parlamento e leggerai anche come sia evidente, almeno secondo loro che:



l'eterogeneità delle situazioni riscontrate nei singoli paesi in termini di assetti istituzionali e organizzativi e di trattamento dei contributi sociali renda i dati non facilmente confrontabili.
Nel seguito vengono fornite le informazioni finora raccolte per i deputati e i senatori, mentre la scarsità dei dati riguardanti gli altri enti e i dirigenti pubblici non consente, alla data odierna, la compilazione di tavole comparative di qualità sufficiente per tali posizioni.
 Per le ragioni appena ricordate, la Commissione considera i dati contenuti nella presente relazione del tutto provvisori e di qualità insufficiente per una loro utilizzazione ai fini indicati dalla legge.



Tra l’altro come la stessa commissione scrive le difficoltà nel portare a termine il proprio lavoro sono state aumentate dalla:

 

mancanza di informazioni provenienti da fonti ufficiali e di precedenti analisi immediatamente utilizzabili per svolgere i calcoli richiesti (nessuna organizzazione internazionale ha mai analizzato questi aspetti).



Insomma pare che siamo il solo paese che fa una cosa del genere e molti dei dati richiesti non sono neanche pervenuti (“Informazione non disponibile” è ripetuta innumerevoli volte nella relazione e nei dati fin qui raccolti), mi pare di aver visto. Quindi il continuare ad esercitarsi sull'argomento continua ad essere interessante, ma forse sarebbe opportuno farlo senza citare dati che, almento per adesso, non esistono.

... che occupano anche spazio (e tempo per i lettori), sarebbe utile magari pensare un po' e capire se si ha davvero qualcosa da dire. Il confronto con gli altri paesi europei e' irrilevante, come sandro ha ammesso ammettendo di non avere nemmeno letta la relazione. Cosi' come e' irrilevante la questione dei vitalizi, che vanno certamente aboliti, assieme agli altri privilegi. Il post sui vitalizi lo faremo un'altra volta. Quello sul reddito di Scalfari un'altra volta ancora. 

Sarai anche Associate Professor di Economia a Vanderbilt University, ma uno che risponde come rispondi tu (prima di scrivere 10 mb di commento...) ad un commento, dà perfettamente l'idea delle proprie conoscenze informatiche e del rispetto dell'opinione (criticabilissma) degli altri.

E' il primo del 2012 o sbaglio?

Penso che la proposta di Sandro sia una provocazione. Basterebbe parametrare gli introiti dei parlamentari alla paga netta di un metalmeccanico di terzo livello: stesso rapporto che in Germania e i parlamentari italiani sarebbero pagati circa la metàdei loro colleghi tedeschi.

Detto ciò ritengo sia dedicato troppo spazio alla questione (stasera circa il 20% di ogni telegiornale) da farmi sospettare essere una manovra diversiva affinchè l'attenzione dei cittadini non si concentri su fatti più importanti e più scandalosi.

Non sono pochi i dirigenti pubblici che con n incarichi racimolano oltre il milione l'anno; gli stipendi dei componenti delle authority sono scandaose; molti consiglieri regionali guadagnano più dei parlamentari.

Se i parlamentari non coprissero o addirittura praticassero in prima persona la corruzione (60 miliardi/anno) io sarei disposto a raddoppiare loro gli introiti alla luce del sole (costo meno di mezzo miliardo / anno)

Penso che la proposta di Sandro sia una provocazione. Basterebbe parametrare gli introiti dei parlamentari alla paga netta di un metalmeccanico di terzo livello: stesso rapporto che in Germania e i parlamentari italiani sarebbero pagati circa la metàdei loro colleghi tedeschi

Non credo che a Sandro interessi quanto vengono pagati.Se facendo crescere il PIL al 10% prendessero il triplo di ora sarebbe contentissimo (ed io pure)

Mi permetto una modesta proposta da uomo della strada.

lo stipendio delle cariche elettive (parlamentari, consiglieri vari ed assortiti, presidenti di organi dello stato e via identificando) dovrebbe essere inversamente proporzionale al suo patrimonio/reddito dichiarato l'anno precedente la sua elezione, con un tetto massimo pari a 3 volte quella media dei dirigenti dell'industria e comunque non superiore a ottomila Euro/mese.

Si possono cumulare al massimo due incarichi (uno dei quali non elettivo) ma non le remunerazioni.

Mi pare che la proposta sia troppo influenzata dalle condizioni attuali (parlamentari strapagati e  membri di una casta) per costituire una valida proposta per un criterio che debba valere in generale. Perchè agganciarci alla Germania? Non è arbitrario? E se in futuro le circostanze cambiassero? Se ad es la germania diventasse troppo lontana al punto da falsare il criterio?

Anche l'idea che il compenso vada a zero mi pare estremista: oggi le camere sono piene di papponi, ma se mai ci arrivasse una persona normale?

Poi come si Matcha il timing tra misurazione del saldo di bilancio pubblico e operato dei parlamentari? Come tenere conto di pesanti eredità negative (o anche positive) dalle legislature precedenti?

Non volendo apparire solo critico aggiungo la mia controproposta:

Secondo me la remunerazione dei parlamentari deve avere 2 componenti, una fissa e un'altra variabile (la variabile ha un tetto max e nell'altro estremo può arrivare a zero).

Comp = Fix + Var

La componente fissa è proporzionale alla media del  Pil procapite degli ultimi n anni

La componente variabile è una funzione dell'avanzo primario.

Sui dettagli di Fix e Var ovviamente sono meno sicuro. Suggerirei qualcosa come

Fix=MEDn(PPCi)*A

Var=Min(0;Max(1;[[1/2*[APt+(APt-1)]] -1%]/1%)*Fix)

In pratica la parte fissa è la media del pil pro capite in n anni moltiplicata per un fattore A che può essere determinato come la media dei paesi OECD oppure qualcosa che si ritiene congruo (io direi circa 2).

La parte var arriva ad un massimo di  +100% del fisso se la media degli ultimi due avanzi primari disponibili è >=  all'1% del Pil e scende a zero se è <=1% del pil.

Mi viene in mente che questa soluzione premia il "rigore" che in un ciclo molto negativo potrebbe non essere necessariamente una virtù però si potrebbe aggiustare sostituendo all'avanzo primario un qualche saldo differente ad es saldo primario che non tiene conto della spesa per investimenti.

Miei cents

Massimo mi ha preceduto, concordo con lui sugli aspetti critici della ptroposta e sulla contro-proposta : minimo vitale  (?) garantito e variabile legata ai risultati, nei risultati metterei il bilancio dello Stato con vincolo alla tassazione, così perderebbero il vizietto di tassare e spendere. I miei cents si aggiungono a quelli di Massimo.

L'idea di una retribuzione, composta da una parte fissa minima ed una parte variabile legata alle prestazioni, per me è migliore di una che vada da zero a n.

In entrambi i casi però rimane lo scoglio, non di poco conto, che la riforma delle retribuzione di cui si parla deve in ogni caso essere fatta tramite Legge dello Stato, in sostituzione della legge ora in vigore. Quindi sono i parlamentari a votarla.  In alternativa occorrerebbe cambiare la Costituzione, che (art 69) assegna alla Legge il compito di regolare le indennità parlamentari. Ed anche in questo modo non si scappa. La Costituzione la cambia solo il Parlamento.  Unica via d'uscita quindi è una riforma della Cost che preveda l'uso del referendum propositivo (iniziativa popolare per modificare la Costituzione o per scrivere una nuova legge ordinaria) e poi, avuto lo strumento, usarlo a dovere anche per modificare l'Art 69 oppure la legge ora in vigore.  La vedo molto lunga.

Qualcuno crede che i parlamentari siano disponibili a ridursicosi' drasticamente lo stipendio in modo spontaneo e legarlo alle prestazioni?

Anche a me la proposta Famularo piace piu' di quella di Sandro. Tuttavia io fisserei lo stipendio in maniera leggermente diversa.  La parte fissa dovrebbe essere 1/2 della media OECD, e la parte variabile dovrebbe essere da zero al 100% della media OECD, e calcolata in modo che se l'Italia fa come la media OECD faccia media al 50% nel lungo periodo.  Per quanto riguarda la parte variabile. il coefficiente che moltiplica la media OECD dei compensi (lordi di tassazione) dovrebbe essere:

Pi = incremento PIL italiano in % (depurato dall'incremento di popolazione residente)

Po = incremento PIL OECD oppure media Francia-Germania, sempre depurato

Ai = avanzo primario italiano in %

Ao = avanzo primario OECD oppure media Francia-Germania

coefficiente = 0.5 + [(Pi+Ai) - (Po+Ao)]/1.5% con massimo a 1 e minimo a 0

eventualmente si puo' adottare una funzione che limiti asintoticamente massimo e minimo che sia continua o anche infinitamente differenziabile, in modo da modulare il compenso anche in presenza di differenze maggiori di 1.5%. Con una formula del genere credo che i parlamentari italiani avrebbero preso sempre il minimo (50% della media OECD) in quasi tutti i passati 15 anni.

Grazie a tutti per gli spunti.
Seguendo l'indicazione di Francesco, io direi che la parte fissa andrebbe  mensilmente abbattuta in proporzione alle assenze del mese precedente. Per semplificare direi che concediamo ai parlamentari una quota x di assenze per malattia (determinata in base a qualche criterio di ragionevolezza non necessariamente statistico es: 6-8 giorni all'anno) entro le quali gli crediamo sulla parola. Se è malato oltre x la perdita di retribuzione è a suo carico. Data la natura dell'ufficio direi che se uno a problemi di salute che non gli consentono un numero adeguato di presenze dovrebbe dimettersi.

Come dimostra il recente caso dei parlamentari in viaggio alle Maldive  nelle suites da piu' di 5000 dollari  a notte, la cosa più importante e' obbligarli adocumentaral pubblicamente ogni centesimo delle loro spese e degli eventuali atti di liberalità ricevuti da loro e dai loro parenti. Insomma una estensione seria della normativa sul conflittodi interesse, ampliato atutti i parlamentari e non solo a coloro che svolgono incarichi di governo. 

1 - Il prof. Brusco si è già fatto da solo l’obiezione più importante: in realtà i politici non sanno come fare per stimolare la crescita. Io aggiungo che spesso sono anche mal consigliati, ricordo che periodicamente esce un appello di 300 docenti di economia che invitano sostanzialmente ad aumentare la spesa pubblica.

2 - Trovo veramente interessante il tema sottointeso all’articolo: quanto incide la politica sulla ricchezza della nazione . Io credo che nel caso italiano ci siano effettivamente enormi potenzialità che potrebbero essere liberate da una politica corretta. Però arrivare addirittura a voler ricondurre tutto alla politica (come nel commento dove si fa riferimento alla differenza al PIL pro capite europeo e africano) mi sembra eccessivo. Per restare   all’Italia, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (tanto per essere bipartisan) anche se avessero la classe politica peggiore del mondo, resterebbero comunque le regioni guida per altri vent’anni e viceversa i loro valenti (esageriamo)  amministratori messi a capo di altre regioni (o del Congo) non otterrebbero alcun risultato. E’ ovvio che l’esempio da me riportato non è del tutto coerente (l’impatto della politica nazionale sull’economia è molto superiore rispetto a quello dei governi locali) però credo che vi siano anche elementi che sfuggono ad una relazione causa-effetto delle politiche economiche. Infatti nell’articolo si propone come parametro la Germania o un’area più allargata ma comunque per quanto possibile omogenea alla realtà italiana.

Lo stipendio è una ''necessità mensile'' solo se sei cash constrained, che non mi pare il caso per la stragrande maggioranza dei parlamentari.

 Però nessuno è obbligato a fare il parlamentare. Se le prospettive per il futuro fossero fortemente  negative(ipotesi non lontana dalla realtà), la retribuzione attesa per i prossimi cinque anni sarebbe  molto più bassa di quella odierna, potenzialmente prossima allo zero. C'è da chiedersi chi si presenterbbe alle elezioni in quel caso. La retribuzione influenza la qualità dei parlamentari. La possibilità di ricevere una retribuzione molto bassa  in caso di mancato raggiungimento di un obiettivo non è che preclude la candidatura a chi è cash constrained, preclude la candidatura a chi è cash constrained ed onesto. Chi è disposto a stare in parlamento per il proprio interesse privato, ottenendo un reddito da attività (legali o meno) che lo status di parlamentare consente, sarebbe disposto a farlo anche con un retribuzione pari a zero. Il risultato che si otterrebbe in quel caso sarebbe un parlamento composto interamente da potenziali corrotti,  interessati a tutto fuorchè  alla crescita del Pil o all'avanzo primario. Anche per quel che riguarda gli onesti non cash constrained, la possiblilità di una retribuzione pari a zero aumenta  il costo opportunità dell'ingresso (o permanenza) in politica più di quello dei disonesti non cash constrained. E' un'interessante provocazione ma, a mio avviso,  gli incentivi agirebbero in direzione opposta  a quella auspicata.


Io la metterei così: a tutti fanno comodo 20k€ in tasca al mese ma su 945 parlamentari elettivi quelli che contano sono meno di cento e la maggior parte di essi pagherebbero per stare in parlamento: le entrate sono ben altre, purtroppo; sono però anche quelli che fanno scelte politiche ed economiche: temo però che se una scelta di politica economica nuocesse al paese ma ingrassasse loro o la loro lobby, il vedersi annullato lo stipendio non farebbe nè caldo nè freddo. 

Almeno un altro centinaio più che allo stipendio sono interessati allo status symbol che permette loro di moltiplicare per due tre volte le entrate dalla loro professione: la maggior parte sono avvocati che possono raddoppiare le parcelle ed acquisire nuovi clienti e che della crescita del paese se ne fregano. Ai rimanenti resta il compito di assecondare quelli fra i primi cento della loro cordata: il loro tornaconto è lo stipendio, qualche posto in qualche CDA, potere aiutare qualche parente od amico ma sulla politica economica non hanno voce in capitolo. Questa secondo me è la triste situazione.

Ritengo he la proposta di Massimo Formularo sia di più semplice comprensione per l'uomo della strada e più semplice applicazione per una riforma dei costi della politica.

Solo due semplici domande: come si applicano la ritenuta fiscale, per l'assegno vitalizio, la previdenziale e assistenziale, solo sul fisso o anche sul variabile?

La parte variabile tiene conto degli spostamenti (spese di trasporto da collegio a Roma e viceversa), spese telefoniche, di soggiorno per i non romani, ecc., o deve essere previsto un rimborso su presentazione fattura che si aggiunge alla parte fissa?

Secondo me trattenute pervidenziali e imposte alla fonte vanno calcolate sulla somma di fisso e variabile.  Nel fisso pero' io metterei una variabile legata alle ore di presenza in aula e commissione, perché non mi pare giusto pagare il fisso agli assenteisti (e meno che non siamo malati e non presentino un certificato medico) . E sotto un certo limite di presenza minima, anche zero variabile.

Il rimborso spese a mio avviso dovrebbe essere fatto a sè  non oggetto di trattenute) se è a pie di lista (su presentazione fattura). Ho dubbi invece su un rimborso forfettario.

La cosa si complica.

Perchè assieme al fisso abbiamo un variabile legato alla presenza (aula o commissione).

Al variabile si aggiunge un variabile (più variabili, in realtà) legato a presentazione fattura.

Il fisso in realtà puo' essere pensato come gettone di presenza.  Fisso non vuol dire che è uguale a tutti, alla fine del mese.  Ma solo che il gettone di base  è identico e che se uno fa 10 sedute ed un altro 20 (oppure 15 ore ed un  altro 30), la retribuzione mensile fissa sarà diversa.

Poi la parte variabile è quella legata alle prestazioni. Anche questa la legherei al fisso che uno a preso. Se è stato presente la metà delle sedute, perché dovrebbe avere una retribuzione variabile piena?

La parte relativa ai rimborsi spese non è, in un contesto normale, definibile come retribuzione. Chi viene da Trento avrà rimborsi diversi da uno che viene da Firenze e quindi è variabile per definizione.

 Scusate ma perchè dovrebbero avere una parte variabile? Credo che con gli ottomila/mese di cui sopra ne avanzi ancora.

 Il medico non ti prescrive di abitare in una casa con vista Colosseo!

Una retribuzione variabile, basata sui risultati (quindi sarebbe meglio dire "a premio" che dire "a cottimo" serve ad incentivare tutti a raggiungere quei risultati.

Il medico prescrive di curare il paziente Italia. Se ci si riesce credo che poi uno possa andare ad abitare dove vuole.

riporto una tabella elaborata da F.Bechis per Libero

Il costo del parlamentare "nudo" ammonta a circa 300 K€/anno, "vestito" cioè con tutto ciò che ha intorno per "lavorare" (scusate ma un poco bugiardi lo siam tutti), 1836 k€, più di 6 volte tanto.   

Il problema è che i "risultati" della politica si vedono spesso a distanza di anni, e in caso di scelte sbagliate come la mettiamo? Ci vai tu dagli eredi di Craxi o da Forlani  a chiedere i danni del cattivo lavoro svolto a suo tempo?

Siamo perfettamente daccordo che uno può abitare dove gli pare ma non a spese nostre ... e magari a sua insaputa  ;-))

sia (e puo' ben essere che Sandro Brusco abbia ragione nel sostener che dare lo stesso "peso" relativo al Friuli e alla Lombardia dia potere di veto a piccoli gruppi etc.)

Due cose mi stanno a cuoure. Una e' il numero delle persone in parlamento va ridotto perche' genera inefficienza insulsa (commissione che commettono nulla abbondano nella storia repubblicana)

due, assai piu' delicato e problem davvero di politica economica: a mio avviso e' bene che i due rami parlamentari rispondano a punti di riferimento diversi. Una ipotesi (mandando a quel paese ogni senso di federalismo politico) e' di votare il senato come Israele con un solo distretto nazionale in cui i primi cento vincono e fanno is enatori (eliminazione di senato a vita dovrebbe seguire immediatemente.)

Qualcuno può confermare o smentire quanto ha scritto Belpietro su Libero

rassegna.governo.it/testo.asp

e cioè che il governo avrebbe la facoltà di deliberare con legge finanziaria tagli lineari alla Tremonti alle dotazioni di Camera, Senato e Quirinale?