Tutti monopolisti, tutti fottuti: una parabola italiana

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Giorni orsono, al teatro Parenti di Milano, dopo uno spettacolo didattico sui brevetti mi è capitato di lasciarmi intervistare per un giornale on line. Ne è venuta una cosa carina ma fatta un po' di corsa, che potete trovare in rete. Nel rileggerla mi son reso conto che m'era uscito di bocca - mal detto per la fretta del momento - un concetto che ho in mente da tempo e che mi sembra non del tutto inutile anche se, a ben pensarci, abbastanza ovvio. Ho preso l'intervista ed ho riscritto in italiano, elaborandole, le mie risposte. 

La serata al Parenti era sui brevetti e la loro inutilità o, peggio, il loro essere dannosi. Quindi, con la giornalista, abbiamo cercato di chiarire perche' siano un “diritto di monopolio” concesso dallo Stato a dei privati, i quali ottengono cosi' un “privilegio” sull’utilizzo di certe idee perché lo stato glielo concede, non perché abbiano un qualche diritto "naturale" a tale monopolio né, tantomeno, perché i brevetti siano socialmente o economicamente utili. 

Infatti, mentre, da un lato, si potrebbe dire che il brevetto è un bene perché protegge l’industria e favorisce l’innovazione, dall'altro la teoria economica e l’evidenza storica dicono che i brevetti non favoriscono né lo sviluppo economico, né l’innovazione; tendono a ritardarli, quando non fanno di peggio. Per questo bisogna pensare all’abolizione dei diritti di proprietà intellettuale e dei brevetti in particolare [Nota del Redattore: come noto, Boldrin e Levine spiegano il punto nel libro "Abolire la proprietà intellettuale", recensito da Andrea qui]

I brevetti funzionano come le tariffe commerciali, le barriere doganali e in generale gli impedimenti al libero commercio. Essi favoriscono chi, in un certo paese, ha l’esclusività della produzione e della distribuzione di certi beni ma, in generale, aumentano i prezzi, riducono l’efficienza, la concorrenza, l'innovazione che crea nuovi beni e nuovi processi produttivi. Complessivamente, pur favorendo temporaneamente il fortunato che riesce ad ottenerlo, quando si generalizza il brevetto finisce per danneggiare i consumatori, gli imprenditori ed i lavoratori stessi. Classico effetto di "equilibrio economico generale" o, se volete, dilemma del prigioniero in equilibri di Nash non cooperativi: io provo a fregare tu, provi a fregare me e, alla fine, ci freghiamo entrambi alla grande.

A questo punto la giornalista mi chiede se penso che i brevetti possano essere uno dei fattori che causano il declino italiano.

Rispondo (ridendo) che nel caso italiano, andiamo ben al di là dei brevetti. Il problema dell’Italia è sistemico e dura da svariati decenni. Ripensandoci, però, mi rendo conto che, in senso metaforico, abbiamo un problema di "brevetti": sì, lasciatemi questa metafora. L’Italia è il paese dei monopoli generalizzati, dei divieti generalizzati, dei privilegi generalizzati, dell’esclusione della concorrenza, del rifiuto universalizzato di ogni forma di meritocrazia spontanea o fattuale, ossia non "misurata" a mezzo di procedure burocratiche.

In Italia è diffusa l'idea secondo cui il "concors" (tipicamente pubblico, ma non sempre) sia una maniera ragionevole (anzi la maniera "giusta", secondo alcuni) di implementare la meritocrazia. Per fare qualcosa devi passare un concorso: non solo per lavorare nel settore statale, per esservi promosso o per essere adibito a questa o quell'altra funzione. Ma anche per accedere alle professioni devi passare dei concorsi, per avere una licenza di praticamente ogni tipo, per aprire un'attività commerciale, eccetera. La lista è lunghissima. Il concorso (pubblico o meno) è l'unica forma di meritocrazia che in Italia venga accettata. L'uso generalizzato del concorso per l'allocazione della risorsa "lavoro" porta, inevitabilmente, alla costruzione di una rete impenetrabile di monopoli, personali o di piccoli gruppi. Che cosi' sia e' trasparente in affermazioni come questa, uscita dalle dita di una persona che, evidentemente, fa lavoro di cancelleria in tribunale e ritiene inaccettabile che alcuni degli ex dipendenti delle provincie possano essere spostati nei tribunali a fare il suo stesso lavoro: "I metalmeccanici non fanno i chirurghi, i ferrovieri non fanno gli insegnanti, gli impiegati generici non possono fare i cancellieri."

In Italia non conta quello che sai fare di fatto ma quello che la confraternita a cui un "concorso" ti assegna decide che sai fare. Ed il concorso in questione, ovviamente, è gestito dalla confraternita medesima: le gilde medievali, né più né meno. Ovunque.

In questa malattia che e' tutta "culturale" sta, io credo, uno dei grandi mali del paese. Perche' questa visione del mondo (che per poter fare il lavoro X occorre aver vinto il relativo "concorso" ed esserne "autorizzati" dalle "autorita' competenti") impedisce di capire che la meritocrazia si misura invece solo nei fatti, sul campo di battaglia. Il merito non e' un attributo eterno ma un risultato, che puo' mutare nel tempo. Esso si verifica solo ex-post e si misura in base a cio' che sai fare, a cio' che ottieni, produci, fai. Non con i titoli che fanno punti, non perche' "ho fatto il classico" o perche' "ho la laurea in", ma perche' "ho fatto questa cosa utile".

La meritocrazia, in particolare, implica non solo che qualcuno "vinca" ma anche che alcuni "perdano" nei fatti e debbano ricominciare, provando a fare meglio cio' che prima han fatto meno bene di altri, oppure provando a fare qualcosa di diverso. La meritocrazia coincide con la creazione distruttiva: solo competendo sul campo, provandoci e "perdendo", si impara a fare le cose bene e di puo' verificare chi sa e chi non sa, chi e' capace e chi e' solo un chiacchierone, o un privilegiato. Perche' i concorsi non solo si possono manipolare (e li manipolano i pochi individui che compongono la "commissione") ma, soprattutto, non sanno prevedere i risultati effettivi del fare concreto di un individuo. Il mercato, dove agiscono e giudicano con i fatti milioni di individui indipendenti, e' un giudice manipolabile, certo, ma molto, molto piu' difficilmente e raramente di una commissione pubblica!

In conclusione, così come in società molto più libere di quella italiana i brevetti tendono ad atrofizzare interi settori industriali e a rendere il loro sviluppo più lento, l’Italia è un paese complessivamente atrofizzato perché ha eretto il "brevetto" (ossia, l'autorizzazione burocratica, ottenuta via questo o quel tipo di "concorso") a pre-condizione per aver diritto di fare quasi ogni cosa. Questa generalizzazione del brevetto definisce una rete intricatissima di privilegi (certificati ogni volta da una particolare confraternita) che permettono ad alcuni di fare qualcosa in esclusiva e di impedire ad altri di provare a fare la stessa cosa.

Questi privilegi medievali vengono chiamati "diritti acquisiti" nella cultura italiana dominante e, giusto per essere sicuri di non deragliare dai binari del declino, essi sono considerati intoccabili. Meglio, ognuno considera intoccabile il proprio ... esattamente come nel dilemma del prigioniero. Tutti monopolisti, tutti furbi, tutti fottuti.

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Commenti

Ci sono 129 commenti

Non mi stupirei se per fare i cancellieri servisse qualche nozione di diritto, esattamente come per fare gli infermieri serve qualche nozione di igiene. La settimana scorsa abbiamo visto una ministra annunciare con il solito tweet il trasferimento degli impiegati delle provincie ai tribunali. A parte il fatto che i ministri dovrebbero parlare per leggi e non per tweet, non mi stupisce se una cosa del genere viene da un politico che mai in vita sua ha fatto un lavoro utile alla società e tutti i posti che ha occupato li ha occupati per cooptazione e non per competenza. Però non tutti siamo politici e dovremmo capire che i lavoratori non sono perfettamente fungibili e se i cancellieri dicono che per fare i cancellieri bisogna avere una certa preparazione, hanno ragione i cancellieri e non i politici.

Nelle cancellerie lavora personale con diverse qualifiche.

Cancellieri veri e propri, commessi, assistenti ecc. ecc. e non credo che l'idea sia di far fare agli impiegati delle province i cancellieri veri e propri, anche se non ci sarebbe nessun ostacolo in tal senso. Infatti, per fare il cancelliere non servono particolari nozioni di diritto che non possano apprendersi in un mese o due di pratica.

La sua caratteristica principale è che ha il potere di certificare ed autenticare. Ma è un potere che non deriva da particolari capacità. Semplicemente questa è la sua funzione.

E' un po' come il notaio che ha il potere di autenticare una fima.

Chiunque sappia leggere e scrivere e non sia cieco può guardare una persona in faccia, rendersi conto che quella persona è la stessa ritratta nel suo documento d'identità, e quindi concludere che la firma appena posta da quella persona è autentica.

In conclusione, non ci sarebbe nessun vero problema a permettere agli impiegati delle province di svolgere le mansioni di un cancelliere.

l'idea ti è venuta, come  spesso accade, in stato di necessità di fronte a una domanda  imbarazzante: a fidarsi  delle correlazioni, è infatti non sostenibile che il declino italiano dipenda da eccesso dei brevetti espliciti, quelli col bollo ecc.  storicamente siamo sempre sotto la media di invenzioni industriali  tutelate. questa correlazione negativa, sia ben chiaro, spiega comunque poco o nulla, però esiste.

brevetti per tutti, dati dallo stato, che ci proteggano, dalla culla alla tomba, da ogni genere di sforzo o rischio? è questa un'idea brevettabile :), basta mettersi in coda e aspettare che gli stampa-soldi e i seppellitori dei debiti abbiano finito di registrare le loro.

MB non la prenda come una provocazione. Se

 

il merito si verifica solo ex post e si misura in base a cio' che sai fare, a cio' che ottieni, produci, fai. Non con i titoli.

 

Uno dovrebbe poter fare il chirurgo senza essere laureato in medicina ed avere sostenuto l'esame di Stato? Prova a operare, e poi se gli riesce bene, in base a ciò che ottiene, "ex-post", giudichiamo il merito?

Lo sapevo che qualcuno lo avrebbe scritto. E' un classico... (non nel senso del liceo!)

Non sono MB ma posso dirti che la tua, contrariamente a quanto sostieni, è proprio una provocazione.

Secondo l'utlima indagine AGCM 2009 il 98,37% degli aspiranti medici superano l'esame di Stato. Se pensiamo all'esame di stato come ad una verifica delle competenze del futuro medico non si capisce: a) a cosa servano gli esami sostenuti, il tirocinio, la tesi b) per quale motivo la percentuale sia così alta.

Non è così per tutti gli ordini professionali, anzi, ma tra tirocini, esami di stato e diverse altre regole deontologiche (ad esempio sullla pubblicità) l'accesso alla libera professione è alquanto ristretto.

Qualche dato in più potete trovarlo qui: drive.google.com/file/d/0B4O7V8eU2WOrckpmc2tZVGQ2MFU/edit

Mi perdonino gli economisti, è solo la mia tesi di laurea: avrò preso cantonate e scritto della banalità, ma la bibliografia è ben fatta, quindi almeno si sa da dove ho preso i dati.

L'importante è poter scegliere. Se il medico metalmeccanico lo impone lo Stato devo avere il diritto di sceglierne un altro, se me lo sono trovato da solo significa che mi fido di lui. Ciò detto penso che ben difficilmente la gente sceglierà il medico non laureato. Ci sono delle potenziali eccezioni: spesso si legge di sedicenti medici privi di laurea. In tali casi il problema è sapere se il presunto medico ha millantato un curriculum inesistente: si tratterebbe sempre di truffa.

Altro esempio: si potrebbe consentire agli imputati o agli aventi causa di rappresentarsi da soli in giudizio. Ovviamente non sparirebbero gli avvocati, visto che è sempre meglio rivolgersi a chi possiede maggiori competenze, ma qualcuno potrebbe decidere di farsi consigliare da un consulente non iscritto all'ordine.

Sicuramente in Italia la cd 'riserva di legge' prevale anche laddove in altri paesi ci si affida alle normali e libere decisioni dei privati. D'altra parte se un parlamento è composto da 900 persone avrà una tendenza a sovra-legiferare.

Mica vero. MB dice che chi sceglie deve esser libero nella sua scelta e responsabile di essa. Oggi l'ASL in caso di chirugo incapace avrebbe la pezza d'appoggio del concorso. con le ipotesi di MB sarà suo interesse primario scegliere quello che le sembra il migliore: un laureato che proviene da una università nota per serietà e qualità degli insegnamenti e non il primo che passa.

Dai, non puoi essere così naif da non distinguere. Una cosa è essere chirurgo (studi, training, specialità, esami vari) una cosa è diventare il Direttore del reparto di chirurgia (concorso, ingerenza dei politici, ti potrei fare una casistica di chirurghi che vanno dal consigliere regionale invece che da loro colleghi a farsi fare da referee professionale). Suvvia!

provocatoria: Lei si farebbe operare da un metalmeccanico?

Su internet ci sono avvocati che dicono che il cancro si cura facendosi iniezioni di bicarbonato: se si ammala un familiare, che fa?

Ci deve essere una garanzia, magari con un sistema diverso (i concorsi pubblici dove si fanno entrare gli amici degli amici, non garantiscono alcunché, è evidente... ma è un problema italiano), ma non si può confondere la competenza (acquisita con anni ed anni di studi universitari, fatica che Lei dovrebbe conoscere bene) con la buona volontà...

Una domanda: la non tutela potrebbe scoraggiare la produzione intellettuale ? Se scrivo un libro che piace, in assenza di tutela rischio di venderne una copia sola, dopodichè essa viene scannerizzata e finisco solo per incoraggiare il mercato delle chiavette usb ? Se la mia idea è facilmente copiabile senza pedaggi, chi me lo fa fare a farmela venire ?

Ed il fatto che sia così diffuso, ormai, a tutti i livelli, incrostato nel tempo, rende molto difficile coagulare consenso per smontare il gruppo a o b, perché il gruppo c, anche se magari ne trarrebbe un beneficio immediato (dall'avere più concorrenza nel settore di a e di b), è indotto ad essere solidale con loro per paura che poi vengano a prendersela anche con lui. Come mi disse un taxista,

 “a me sta anche bene portare il mio mutuo altrove e rifinanziarlo senza costi aggiuntivi, ma ho paura che, se incominciano a prendersela con le “categorie”, ora sono le banche, poi saranno i farmacisti e poi i notai… prima o dopo – più prima che dopo -, verranno a rompere i coglioni anche a me, ci hanno già provato; e se gli dai l’impressione che è facile poi è finita e ci fregano tutti”.

 

sono troppi quelli che dipendono da tale sistema, a tutti i livelli possibili. E gli esclusi, da una parte non hanno consistenza numerica sufficiente per avere voce, dall'altra - ed è fenomeno non trascurabile - anch'essi, ormai, quando non se ne vanno via, cercano di diventare insider a loro volta - strategia non irrazionale, date le condizioni che descriviamo.

Una domanda interessante è, allora: come lo riformi un paese dove la legacy è talmente pesante da farti ritenere che il normale processo democratico non consenta più maggioranze pro-riforme, semplicemente perché non ci sono i numeri? L'analogia migliore mi sembra sempre UK fine anni settanta, anche se non so bene come tradurla poi concretamente: trovare qualcuno disposto a "fare la guerra" vera, come MT? Ma anche se lo trovassimo non andrebbe poi incontro a morte elettorale certa? 

 

 

un tonnerre d'applaudissements. Grazie. Scritto anche in modo straordinario.

Vedo parlare di LIBERE professioni. Sottraiamo l'esame agli ORDINI degli azzeccagarbugli (pronuncia ambulance chasers). Un primo passo.

 

In altri termini: il problema dell’Italia è il “brevetto generalizzato”, nel senso del privilegio diffuso e certificato da una confraternita di fare qualcosa in esclusiva, escludendo a priori l’altro che vuole provare a fare la stessa cosa. La meritocrazia coincide con la creazione distruttiva: solo competendo sul campo, facendo le cose e "perdendo" si impara a fare le cose bene e di puo' verificare chi sa e chi non sa, chi e' capace e chi e' solo un chiacchierone, o un privilegiato. Perche' i concorsi non solo si possono manipolare (e li manipolano i pochi individui che compongono la "commissione") ma, soprattutto, non sanno prevedere i risultati effettivi del fare concreto di un individuo. Il mercato, dove agiscono e giudicano nei fatti milioni di individui indipendenti, e' un giudice manipolabile, certo, ma molto, molto piu' difficilmente e raramente di una commissione pubblica!

 

l'art. 33 della Costituzione prescrive un esame di Stato (che non è un concorso). Non mi sembra probabile che questa prescrizione sia abrogata, almeno nel breve/medio termine.

Ciò vuol dire che si sta discutendo del nulla, finché si parla di professioni. Il discorso dei brevetti è più importante e serio: non a caso è stato lasciato da parte.

 

Mi sembra che si confonda tra Esame di Stato e Ordini professionali. Per esercitare professioni si richiede, oltre al titolo di studio specifico, il superamento di un esame di Stato che serve per garantire che chi offre un servizio sia in grado di esercitarlo con la dovuta competenza, successivamente, secondo la Legge 879/1938, di epoca fascista, si deve essere iscritti ad un Ordine o Collegio. Non ci vedo nulla di male nell'esame di Stato quanto invece sono estremamente contrario agli Ordini Professionali (il contenuto originale mette i brividi - "Le attribuzioni relative [...]alla disciplina degli iscritti [...]degli ordinamenti per le professioni di [segue elenco ... omissis ...]sono esercitate direttamente dai Direttori dei Sindacati fascisti periferici di categoria.)

Il monopolio delle idee è un concetto psicotico a base paranoica, per cui è impossibile dissentire dal Prof. Boldrin sulla condanna di ogni forma ostile di appropriazione intellettuale. Per struttura intrinseca esso serve solo a ostacolare gli altri invece che favorire lo sviluppo di una conoscenza cooperativa o qualsiasi generalizzata realizzazione pratica, di conseguenza è un ostacolo alla scienza e al benessere collettivo, dunque un crimine immorale, e di conseguenza è non difficile, è proprio logicamente impossibile dissentire dal professore per quanto riguarda la contrarietà al brevetto delle idee.

Poi però, almeno per me, diventa difficile fare questo passo ulteriore in cui sembra che si debba abolire anche ogni criterio di gerarchia di competenza sull'altare di una meritocrazia decapitata. Un conto è la richiesta che lo stato sia rigoroso nella determinazione di questa gerarchia di competenze, che non permetta imbrogli o scavalcamenti o monopoli di patentifici, un altro è quello di rimettere ogni singolo giudizio al mercato empirico sulla base di una presunta autoevidenza o virtuosa perspicacia.

Tutte le volte, in ogni occasione, in qualsiasi circostanza, il mercato dovrebbe ripartire da zero per decidere se fidarsi? Per stabilire se chi ha di fronte è un millantatore o un genio? Gli imbroglioni, per mestiere, sono molto bravi, ovvero c'è anche quello che in buona fede si sopravvaluta. Non si convertirebbe tutto questo reiterato esame almeno in un dispendio rovinoso di risorse?

Molto spesso, inoltre, la prestazione richiesta è non ripetibile, è secca.

il diritto d'autore. Non vogliamo riconoscere ad uno scrittore, un musicista, un artista, il diritto alla paternità morale dell'opera e ai proventi della sua diffusione?

Vedo arrivare la solita legione di difensori italioti dei monopoli, degli ordini, della qualita' di questo e di quello, dell'esame, del concorso, della licenza, della stampina e via enumerando protezioni medievali suppostamente mirate a rendere fantasticamente alta la qualita' del servizio e conveniente per il consumatore il prezzo. 

Poi, per posta, ti arriva una bella circolare dell'Ordine degli Ingegneri, inviata a tutte la P.A. della provincia di TO (e non solo) a ricordare che la progettazione di un sito web "è attività riservata" (parole loro) ad ingegneri informatici iscritti alla Gilda - pardon, all'Ordine ...

Si', certo "lo stato [lo stato!!!] rigoroso nella determinazione di competenze", quella e' la strada maestra per lo sviluppo ... che paese ridicolo sta diventando l'Italia.

Scusa Michele ma faccio fatica a credere a questa cosa, assurda all'inverosimile, ho cercato un po sul web ma non trovo nulla. Hai un link? Sarebbe graditissimo!

Qual' è la SUA soluzione per garantire la qualità del servizio? Vuole dirmi che veramente si farebbe operare dal metalmeccanico o anche lei (prima di farsi aprire con un bisturi) desidera avere un QUALUNQUE tipo di certificazione/assicurazione che la persona che la sta per squartare lo sappia fare (o almeno abbia studiato quei 10 anni nelle sue amate università)? E quale sarebbe questo sistema?

 

E' ovvio che la email che Lei ha ricevuto non è certo una soluzione, ma qual'è l'alternativa che propone?

 

PS: Le chiedo una risposta sintetica, perché purtoppo non ho il tempo (la volontà ci sarebbe anche) per leggermi il suo scritto linkato sopra... :)

alle 2:52 è meglio dormire che incazzarsi.

 

Sui tanti fatti singoli citati e vergognosi non ci sono discussioni, ed è totalmente condivisibile sia l'irrequieta impazienza che la legittima e sacrosanta indignazione, tanto più per coloro che questo stato di cose se lo devono sentire sulla pelle, e ne hanno avuta condizionata la vita; per i quali più che luogo ridicolo questo paese è vissuto come un lager, e non uso una parola esagerata, o almeno non lo è per chi l'ha dovuto subire come un carcere questo simpatico paese.

Si tratta di vedere se i fatti bruti, per quanto raccapriccianti, siano sufficienti a permettere di generalizzare iperbolicamente risultati validi in ambiti definiti. E il problema è che nel passaggio dai fatti alla teoria, nella mia oscura e modesta impressione, l'intuito fa emergere pensieri troppo affascinanti. A volte, di recente, sia le proposte del prof. Boldrin che quelle del prof. Zingales, di profondo rinnovamento del mercato sembrano un poco anarchiche.

Se questo è vero, entrambi si portano dietro molta più italianità di quanto gli piacerebbe pensare.

I loro studi sono interessanti e suggestivi, scientificamente coraggiosi e persino belli, ma a volte appaiono eccessivi riguardo alla loro concretizzazione. Il tutto non farebbe ombra se purtroppo nel nostro paese proprio la polarizzazione tra massimalismo rivoluzionario e terrore del cambiamento non fosse l'origine della risacca politica, della stagnazione civile e morale, del conseguente paternalismo politico, più giù: delle consorterie del privilegio, e infine dell'affidamento alla provvidenza incarnata sempre da personaggi deludenti. Questo almeno in 3 circostanze fatali: crisi dello stato liberale, crisi del lo stato democristiano, crisi dello stato partitocratico, 1900-20, 1960-80, 1990-2010 ....

Questa riflessione necessita di essere ignorata sul piano della ricerca perché non è giusto zavorrare le idee scientifiche originali con il peso di una realtà umiliante e dolorosa, ma resta difficile poi sperare nella realizzazione pratica di un eccesso di novità senza rivoluzioni o tempi molto lunghi.

sarà forse una esagerazione e una banalità allo stesso tempo, ma quel documento (ancorché inutile) illustra in modo eloquente uno dei tanti motivi perché in Italia non ci sono Mark Zuckenberg (e il suo Facebook), Daniel Ek (e il suo Spotify), Jan Koum (e il suo WhatsApp), etc...

 

 

...sottile e affascinante l'associazione, anzi la relazione (ma forse sarebbe meglio indicarla come correlazione per poterne anche ricavare un indice in grado di identificarla in modo più oggettivo), tra brevetto, meritocrazia e, quindi, concorso.

Io azzarderei inoltre l'ipotesi dell'esistenza di un suo complementare: una relazione (un indice) in grado di esprimere come la presenza e l'uso del brevetto (e quindi assenza di merito e uso smisurato di concorsi), sia in grado di opacizzare una serie di conoscenze, abilità e competenze che non venendo né tramandate né rinnovate, si riflettono sull'economia "en ronde bosse" e ne allungano a dismisura quei tempi che, considerata la fluidità e la notevole mobilità modernizzande degli altri pasi, rendono l'Italia pateticamente ancorata al ricordo cinquecentesco dei granducati e delle Repubbliche fiorentine.

Premetto che sono un ormai anziano professionista, patentato e immatricolato all'Ordine da tempo immemorabile, un Ordine che ho ben conosciuto dall'interno in anni di speranze ormai svanite. Ora, chiunque abbia un po' di onestà intellettuale e qualche pratica di una qualsiasi professione regolamentata deve riconoscere non c'è barba di esame di stato o di Ordine professionale che sia in grado di garantire l'esclusione dalla pratica professionale dei somari e degli incapaci. 

Chiunque abbia preso una laurea con merito dignitoso è in grado di superare l'esame di stato, dopo di che l'iscrizione all'Ordine è un fatto sostanzialmente burocratico. Acquisita la patente, ciascuno è abilitato a fare tutti i danni che vuole, e per fermarlo ci vogliono giudizi penali conclusivi. E infatti succede molto raramente.

La questione non è risolvibile finchè varrà in Italia il principio (protetto da reti a 300 kV, è suicida solo avvicinarsi) del valore legale dei titoli di studio. La radice del problema è lì. Finchè si misura l'individuo su diplomi incorniciati anzichè sul campo è inutile perfino discutere.

Fermare i somari e gli incapaci in qualsiasi contesto è sempre difficilissimo, l'uomo è quello che è. Ma qualche probabilità di successo possono averla solo sistemi e percorsi pragmatici e autocorrettivi, non fiere dei pezzi di carta. 

 

 

 

 

Potrebbe fare un esempio? Il sistema che avrebbe in mente Lei per il suo ordine?

all'esame di Stato per gli avvocati a Milano si bocciavano allegramente non pochi candidati.

Oltre a questo direi che si trascura un aspetto: mentre è perfettamente logico, ancorchè da miopi, il vicendevole spalleggiamento delle varie consorterie, è assurdo l' appoggio loro dato dalle vittime; se fossi stato dipendente raccomandato di qualche ente comunale avrei certo votato sì a giugno del 2011, ma perchè l' hanno fatto milioni di persone che l' acqua la pagano solo ? Perchè tanti giovani pure istruiti prendono ordini da un analfabeta in un call center e poi votano per le follie statalistiche dei grulloni (pardon, grillini) ?

Non avete idea quante volte mi sono scontrato, in ambito imprenditoriale, con questa mentalità dell'ordine, della corporazione, del "chiudiamo il mercato".

Una volta, un imprenditore, più onesto intellettualmente degli altri, o semplicemente più terra-terra nell'ammettere la cosa, a un'assemblea di categoria (la sua, io ero lì con un mio amico, ma non facevo parte della categoria, se interessa era quella dei ristoratori) , scagliandosi contro l'apertura delle licenze disse "Uagliù, qua dobbiamo combattere, fino a oggi noi stavamo bene, perchè la gente se non viene da noi, dove cavolo va ? Qua rischiamo che domani apre uno, magari più bravo, e ci fotte".
Applausi a scena aperta .
Ma ne ricordo tanti di episodi simili che tralascio l'episodicità, ricordo solo che siamo talmente abituati alla "difesa della categoria" che manco ci facciamo più caso, in Italia ci sono (a memoria) 57 Ordini Professionali, Confindustria, Confcommercio e Confapi sono divise in "categorie", addirittura i contratti di lavoro sono "di categoria", come dire, ce l'abbiamo talmente nel sangue la suddivisione che poi la degenerazione (le barriere) secondo me vengono naturali, in un brodo culturale ben descritto da Guicciardini. Peccato che era 500 anni fa.
Questo è uno dei tanti motivi per cui ogni banale liberalizzazione, anche la più timida, la guardo bene: è un sassolino nell'ingranaggio.

Senza contare il patent-trolling che altrove e' pratica ed in Italia e' arte che si materializza nell'ungere il concorso, fare il ricorso strumentale al TAR, la denuncia all'industria concorrente (magari se estera/esterna, se investe e pesta i piedi) ...etc... :P

Sono secoli (sicut erat in principio, et nunc, et semper, et in saecula saeculorum, cosi' l'Italia, che e' e restera' Paese democristiano fino al midollo, come recenti nominationes confermano..) che:

i) e' sufficiente confrontare qualsiasi classifica internazionale, per avvedersi che l'Italia, in qualche caso, occupa posizioni addirittura imbarazzanti ii) si va avanti come se tutto fosse a posto, ma la grande impresa, da un certo punto di vista, continua a licenziare gente, a ridurre le proprie dimensioni, o a fuggire all'estero. E questo, forse, in una certa misura potrebbe anche essere fisiologico. Ma certo diventa preoccupante nel contesto generale iii) la scuola e' RISIBILE. Non forma e sforna gente di crassa ignoranza.iv) In Italia NON nasce una grande azienda, sono SECOLI che non ci sono novita', nuove iniziative, fatti importanti, mancano imprese in settori chiave.Si va avanti, stancamente, con quello che c'era gia' e quello che c'era gia', ovviamente, ha sempre l'aria un po' piu' stanca e in crisi. Insomma,... una bella situazione. Con gli anni, poi, il tutto si e' anche aggravato. Ma voi, siate sereni...Almeno Re Giorgio...

Poi tocca 'spiegare' ad avvocati che scrivono Qui , il motivo per il quale, con circa 300k avvocati in Italide (ma, valore aggiunto? se parliamo di net present value gia' scoppia il panico...), stiano fuggendo (anche) tutti i legulei . Ma FIAT (gia' Fiat..)?

Pensare, quelli proprio bravi, insegnano ad Oxford..http://www.law.ox.ac.uk/profile/luca.enriques

Bancarotta morale ed intellettuale di un Paese!!! Ce la facciamo- once in a lifetime! - a renderci conto che il Paese ha bisogno di un CAMBIO R A D I C A L E di PARADIGMA e di APPROCCIO?

Lo devono scrivere Professori  - P maiuscola d'obbligo - Italiani dall'America....E questo fa ancora piu' rabbia (autocensura). Paese conservatore fino al midollo. Guardarsi Montanelli su youtube...

Galileo Galilei e Maxwell vs Cartesio. Viva la Balenabianca....con un Papa GESUITA...

Chapeau:

 

uesti privilegi medievali vengono chiamati "diritti acquisiti" nella cultura italiana dominante e, giusto per essere sicuri di non deragliare dai binari del declino, essi sono considerati intoccabili. Meglio, ognuno considera intoccabile il proprio ... esattamente come nel dilemma del prigioniero. Tutti monopolisti, tutti furbi, tutti fottuti.

 

I am quoting "Milano. Ha frequentato" - non gia' conseguito! NDR!- "il Master in Business Administration presso la New York University"

Si tratta di CV aziendale, e 'mance'gaglie, come da sito aziendale CANINO ' multi-zampe'

Ma CHE paese e'???

parliamo di metodo CencellI, nelle sue concrete applicazionI pratiche.

Ma naturalmente mi scuso, as usual, per l'off-topic.

PAESE RIDICOLO, o RISIBILE, poi ci possiamo mettere tutte le metriche del mondo (tema in cui sono abbastanza preparato.)

Parliamo di principi filosofali di immacolata perfezione, naturalmente...Sono gia' - epistemologicamente- in fibrillazione sinaptica...

Caro Michele, hai toccato proprio dei nervi scoperti!!!!!!!

 

Però mi pare che la discussione sia stata vivace, ma molto disordinata. Provo a isolare qualche tema.

 

Brevetti. Ero a Milano, non avevo letto il libro, ed il ragionamento mi ha molto sorpreso. Non dico mi abbia proprio convinto, ma certo l'idea è affascinante e mi è sembrata molto ben argomentata.Il ragionamento da economista, non so, non ho le competenze. Direi mi fido, mi piaccionio le idee forti e sorprendenti.

 

Diritti di autore. Una volta ho avuto l'occasione di chiacchierare con Mogol, e lui raccontava di una canzone di cui aveva scritto le parole ma che gli avevano scippato. Diceva: io ho lavorato, non sono stato pagato. Non so, come risolviamo la cosa? Come si può guadagnare la vita un artista senza diritti di autore? Magari meno esosi di ora, però ......

 

Esami di Stato. In Italia forse sono una barzelletta, però concettualmente sono il modo in cui si garantisce ad un cliente indifeso (specie in medicina in cui il rapporto è totalmente impari) di avere un minimo di garanze. Poi si possono fare bene o male. In USA ci sono l'equivalente dell'esame di stato, eccome!

 

Concorsi. In UK il NHS pubblica continuamente ricerche di personale per questa o quella posizione. Tu mandi il tuo CV, se finisci nella short list ti invitano per un colloquio, e poi scelgono. Cosa è se non un concorso? Credo in USA sia lo stesso, ed il sistema funziona (o almeno, quasi sempre funziona, Michele come hai fatto ad avere la cattedra?). Scherzo, ovviamente, so quanto sia duro entrare come professore nelle Università americane. Il problema è che in Italia i concorsi sono inquinati, dai politici, dalle mafie, dalle lobby, dal nepotismo, etc. etc. Potrei raccontarvi delle cose sui concorsi nelle ASL da far accapponare la pelle. Su questo Michele ha assolutamente ragione, la meritocrazia da noi non è prevalente. C'è una commissione che sceglie, e quindi non c'è un responsabile della scelta, e la commissione è assolutamente influenzabile. Credetemi.

 

Ordini professionali. Anche qui, in Italia c'è degenerazione. I Board professionali esistono in tutto il mondo, ma fanno garnazia professionale e non difesa corporativa. La commistione fra sindacati, politica e ordini è devastante. Gli ordini visti come cinghia di trasmissione di clientele politiche o come difesa corporativa, questo è il problema, ed è un aspetto della degenerazione burocratico-clientlare di questo paese. Poi che le corporazioni cerchino di riservarsi un mercato monopolistico, va da sè, lì è la politica ed il mercato che ci dovrebbero difendere.

 

Fai da te. Anche io coltivo il sogno di costruirmi la casa da me, sul serio. Però se poi la mia casa esplode perchè l'impianto del gas è fatto male, magari dopo che l'ho venduta a qualche infelice, beh, qualche garanzia bisogna ci sia. Magari bisogna intervenire perchè il costo di una certificazione sia diverso da quello della realizzazione di un impianto. Ma se quando andiamo al ristorante abbiamo una ragionevole certezza (non sicurezza, eh) che non ci becchiamo una salmonellosi, è perchè ci sono norme, standard, certificazioni e controlli. Poi magari si esagera, ma il concetto, scusate, è giustissimo. Attenti alla demagogia di chi deride i controlli per poter fare il comodo suo. Per quanto riguarda il responsabile della sicurezza di un cantiere, visto come obbligo burocratico: ma scherziamo? Lo sapete che i cantieri edili sono il luogo professionale a più alta incidenza di incidenti, mortali e no? Attenti alle facili battute ed alla demagogia in cose che non si conoscono fino in fondo.

 

In conclusione. Molte delle cose stigmatizzate in questa appassionata discussione sono in realtà risposte burocratiche o corporative a esigenze corrette, che devono avere risposte dallo Stato. Il problema è distinguere fra risposta formale/burocratica e risposta sostanziale/professionale. In altri termini, altro non sono che un aspetto del modo di essere di una parte di noi Italiani, quella parte fin'ora prevalente. Abbiamo molto da lavorare, in questo Paese.

 

Nella mail di alcuni giorni fa (mi scuso per il ritardo ma ne ricevo troppa e non riesco a leggerla quotidianamente) ho ricevuto un messaggio che, fra le altre cose, dice questo:

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Le segnalo quanto segue

  • E’ stato indetto un concorso per la copertura di alcuni insegnamenti presso l’Università degli Studi dell’Insubria ( si allega bando e elenco insegnamenti banditi ) presso la Facoltà di medicina per diversi insegnamenti nei corsi di laurea per educatori professionali, fisioterapia, infermieristica Como, infermieristica Varese, ostetricia, igiene dentale, tecniche di laboratorio e tecniche di fisiopatologia.
  • Il bando è stato emesso dal Presidente della Scuola di Medicina Prof. Simone Vender e la responsabile della procedura concorsuale è la Sig.ra Silvia Caretta, responsabile della segreteria di Medicina.
  • Si scrive che la pubblicazione in internet è del 27 gennaio 2015 e che la scadenza del concorso sarebbe il 9 febbraio 2015. In tale arco di tempo il bando dovrebbe essere disponibile in internet.
  • Si prega di prendere visione che, come già avvenuto in passato, le pagine dedicate ai bandi risultano vuote e in esse si afferma falsamente “non ci sono bandi attivi” mentre credo dovrebbero essere pubblicate secondo la norma sulla trasparenza e l’anticorruzione a oggi 5 febbraio 2015.

 

educatori professionali

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13690

 

fisioterapia

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13691

 

infermieristica Como e Varese

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13693

 

ostetricia

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13694

 

igiene dentale

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13692

 

tecniche di laboratorio

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13696

 

tecniche di fisiopatologia

http://www3.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13695

 

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Ecco, quando si discute di concorsi, invece di immaginare uno stato ideale e perfetto che fa tutto senza manipolazione o trucco teniamoci in mente questi esempi. Questo e' il concorso come metodo di selezione del personale e di allocazione delle risorse.

Tutto il resto son chiacchiere scarsamente utili. 

lo Stato ha immaginato che ci possono essere manipolazioni e ha previsto delle norme di trasparenza. Recentemente ha anche tenuto conto di internet. Specificamente negli ultimi anni, la legge 190/2012 (art. 1, co. 19) (legge anticorruzione) prevede speciali misure di pubblicità dei concorsi proprio a fini anticorruzione, in particolare la pubblicazione sul sito internet dell'ente.  Successivamente il Dlg. n. 33/2013 (art. 19) ha ribadito che oltre alla pubblicazione tempestiva del bando di concorso (e tutta un'altra serie di info), queste informazioni debbano essere facilmente reperibili anche con motori di ricerca (artt. 6-8)  non solo perché il sole è il miglior disinfettante, ma anche perché troppa luce può essere accecante.

Come per l'evasione fiscale, però, non è possibile avere comportamenti all'americana, senza avere anche sanzioni all'americana.

Nel frattempo, le reazioni contro Uber più che monopolistiche si fanno para-mafiose:

italians.corriere.it/2015/02/12/benedetta-ha-paura/

Volevo postare questo link del WSJ su Uber per sentire da chi ne capisce di economia quali fossero le sue impressioni, quando mi sono imbattuto su questo post. L'avevo seguito all'inizio e non so per quale motivo mi sono perso il seguito, peccato per una volta avrei potuto intervenire con un contributo migliore delle mie solite considerazioni di economia da tinello.

Lo faccio ora in ritardo rispondendo qui e in questo thread a tema più ingegneristico. Magari non servirà, ma vabbé!


Premetto che ho conosciuto Michele Boldrin per la prima volta leggendo il suo (e di D.K. Levine) Abolire la proprietà intellettuale. Da anni seguo la questione soprattutto dal punto di vista dell'informatica e l'ho trovato pieno di idee  interessanti. Da lì ho cominciato a seguire nFA.

Nella discussione sopra però trovo una incongruenza nei post di Franceso Lovecchio e ivan_zatarra leggendoli uno dopo l'altro mi sembra di intendere (correggetemi se sbaglio) che in Italia non nascano società innovative perché siamo un paese bloccato da tante cose e tra queste anche dai brevetti.

La tesi del prof. Boldrin mi sembra differente, sia nel libro che in questo post.

I numeri di brevetti per abitante (qui in forma più sintetica con dati 2012) però smentiscono questa assunzione. Le guerre commerciali a colpi di brevetti tra SAMSUNG ed Apple sono una testimonianza che questi innovatori usano anche l'arma brevettuale per le proprie strategie commerciali.

Tra l'altro l'Italia alza la testa in queste classifiche proprio nel settore del Design Industriale, che è un suo punto di forza soprattutto per l'esportazione.

 

Torno dopo molto tempo su questo commento per chiarire i miei dubbi sul "fenomeno UBER".

Vado per le spicce, mi sembra che il business di UBER sia una specie di giano bifronte. Da una parte si sottolinea giustamente che intacca le rendite di posizione dei tassisti (incumbent), portando liberalizzazione in un settore che ne soffre la scarsità. Dall'altra le modalità con cui questo avviene sono ai limiti della legalità, contratti precari per gli UBERpopper, una policy sulle assicurazioni opaca e, in un paese come l'Italia, lo spalancare le porte all'evasione fiscale da parte degli Upopper che non sono tenuti a rilasciare ricevute scontrini etc... né sono soggetti ad una forma di tassazione alternativa, magari usando proprio UBER come sostituto di imposta.

Il problema è intricato e dovrei articolare meglio il mio pensiero, comunque la mia impressione è che il risparmio offerto al cliente non sia solo frutto dell'erosione di rendite di posizione, ma anche l'effetto di eliminazione di costi strutturali (assicurazioni, previdenza sociale etc...) e fiscali.

L'articolo del WSJ, che citavo nell'altro intervento, svelava il malcontento degli operatori americani che vedevano ridurre i propri margini di guadagno dalla politica sempre più aggressiva della società che una volta radicatasi ha cominciato ad attuare nei loro confronti atteggiamenti "padronali", del tipo o mangi 'sta minestra...

Della cosa in Italia si è smesso di parlare da un po', nel frattempo anche a Parigi e Madrid si sono assistite a proteste di tassisti. Quello che invece non sapevo è cosa stava succedendo in Germania e l'ho scoperto qui. Questo tra l'altro risponde ad un altro mio dubbio sul fatto che UBER non avesse mai tentato di coinvolgere anche i tassisti nel business.

Sulla faccenda fatico ad avere un'opinione chiara, sarei ad esempio favorevole ad un intervento legislativo che favorisse un miglioramento del servizio per gli autisti professionisti (Ublack) cercando in cambio anche una forma di tassazione all'origine evitando sentenze come questa.

Avrei altre domande e opinioni sul tema, ma ho promesso di rimanere stringato.

Scusate se ogni tanto ritorno a questo vecchio post, ma non sono ancora riuscito a mettere in ordine tutti i tasselli che ruotano attorno a questa vicenda, mi fornisce l'occasione questo articolo di Giavazzi.

Nella prima parte vengono citate le liberalizzazioni dei farmaci da banco, alcune semplificazioni per la costituzione di societa' e la liberalizzazione dell'entrata di soci di capitali nelle farmacie. Fino qui nessun problema, mi e' chiaro che aumentando la concorrenza i benefici non possono che ricadere sui consumatori.

Piu' avanti pero' un passaggio non mi risulta chiaro.

 

La Camera ha introdotto una norma «anti booking.com». Oggi gli alberghi possono fare di tutto (ad esempio offrire sconti a categorie particolari di clienti) ma non vendere la stessa camera, sul proprio sito internet, a un prezzo inferiore a quello offerto a siti quali booking.com. Consentirlo vuol dire sancire per legge il diritto degli hotel a fare free riding sull’investimento pubblicitario di booking e piattaforme simili: i clienti confrontano gli hotel su booking e poi acquistano la camera sul sito dell’albergo.

 

Ora, se il free riding lo fa chi lo eroga il servizio si ostacola la concorrenza (nonostante il cliente benefici di un prezzo piu' basso per la stessa prestazione), mentre se lo fa un operatore specializzato questa e' innovazione al quadrato?

Per come la vedo io, i servizi come quello citato hanno permesso agli utenti di confrontare tra loro le offerte di diversi operatori economici, e questo e' un bene! Adesso che questi aggregatori di offerte hanno a loro volta acquisito una posizione dominante, con barriere all'entrata decisamente piu' alte di quelle per aprire un bed&breakfast, mi sarei aspettato che l'attenzione per una maggiore concorrenza si spostasse su di loro.

La faccio semplice, questi portali non fanno il lavoro gratis, chiedono agli albergatori una percentuale che viene girata sul cliente. Dato lo squilibrio delle forze in campo l'albergatore non ha margini di trattativa, puo' solo prendere o lasciare. Siccome ormai tutti gli albergatori usano questa forma di vendita (provate per credere con gli hotel di una qualsiasi localita' turistica) questo si traduce tout court con una percentuale garantita agli intermediatori e pagata dai clienti. Sbaglio?

Poi Giavazzi passa a Uber, ma su questo vi ho gia' annoiato in passato e non ritornero', se non per dire che nel ritratto del ragazzo della banlieu parigina di Bobigny manca sempre la domanda che mi frulla per la testa ma fin ora non ha trovato risposta: "ma tu le tasse sugli incassi che fai con Uber le paghi?"

DISCLAIMER

Non sono un tassista, ne ho alcuna simpatia per monopoli, oligopoli e cartelli ma nemmeno per evasori ed elusori fiscali. Annoto solo che su questi temi mi sembra che si consideri il problema sempre da un solo punto di vista senza valutarne tutte le sfaccettature. Siccome non sono un esperto cerco le risposte che da solo non trovo tra chi ne sa piu' di me.

P.S.

Nemmeno il prof. Zingales ha risposto alla mia curiosità sulle imposte degli UBER popper.

Non è chiaro neanche a me il punto di Giavazzi su booking.com. Se l'hotel fa lo sconto sul prezzo di booking.com, e booking.com non può offrire lo stesso prezzo scontato, ha sempre la possibilità di cancellare l'hotel da quei listings. A quel punto l'hotel si troverà con meno visibilità e farà le sue scelte.