Come il dibattito sull'articolo di Giulio conferma, in Italia la "detassazione" della casa (sul perché usiamo le virgolette è oggetto del primo punto) è probabilmente l'unico argomento su cui tutti - dall'estrema destra all'estrema sinistra e passando per quella scia chimica chiamata M5S - concordano. Noi no, per niente.
Anzi: siamo convinti che le follie lette in questi giorni sull'argomento (persino in questo blog, in alcuni commenti al post di Giulio) siano la prova non solo che abbiamo ragione da vendere ma anche che, purtroppo, per questo paese non c'è speranza d’una inversione collettiva di rotta. La stragrande maggioranza vuole vivere in un mondo che obbedisce alle regole socio-economiche del Lazarillo de Tormes. Alternativamente, l'italiano medio oramai assomiglia allo schizzinoso aristocratico decaduto dei vecchi romanzetti anglosassoni. Il reddito è basso e non cresce, quasi tutto il risparmio è stato investito nella casa (o nel debito pubblico, ma quello deve pagarselo lui) dove vive nella (illusoria) speranza di rivenderla ad un ricco americano alla fine della vita. Certo di questo s'indebita alla grande e non sopporta che gli "tocchino la casa". Perché? Perché ha “lavorato tutta la vita per comprarsela” e la casa di famiglia è “sacra”. Patetiche fantasie con finale horror.
Sono così tante e tali le dimensioni lungo cui l’agognata “detassazione” della casa è una follia che, per smontare almeno i principali, questo articolo sarà piuttosto lunghetto. Ci occuperemo, nell’ordine, dei seguenti argomenti:
Tasse vs Imposte, giuste le prime dannose le seconde.
In un paese dove il carico fiscale è troppo alto qualsiasi riduzione del medesimo, dovunque avvenga, è salutare e va appoggiata.
L’aumento del carico fiscale sul settore immobiliare è la causa della sua stagnazione/declino. Siccome il settore immobiliare è il “volano” dell’economia italiana l'IMU blocca la crescita.
La tassazione della casa è socialmente ingiusta perché colpisce i più deboli ed avviene sul patrimonio che è stato acquisito con reddito già precedentemente tassato. È inoltre particolarmente odiosa perché non si può evitare, ossia eludere/evadere.
La crescita economica viene dagl investimenti immobiliari.
Da cosa dipende il valore della casa.
- La tassazione della casa in due paesi "neolibbberisti".
Concluderemo illustrando brevemente i principi elementari che dovrebbero ispirare ogni decente sistema di tassazione ed imposizione del patrimonio immobiliare di tipo residenziale.
- Tassa vs Imposta
La questione è, dispiace dirlo, abbastanza di lana caprina ma discutiamola comunque. La sua persistente invadenza nel dibattito è dovuta, in parte, al formalismo giuridico che ingabbia, in Italia, ogni dibattito economico e, in parte, al desiderio di “purismo liberale” da cui alcuni sono animati. Sulla casa vengono caricate sia tasse (le quali, secondo la definizione manualistica, sono il corrispettivo di servizi "pubblici" che corrono a carico dei loro diretti utilizzatori) che imposte, le quali sono di ammontare arbitrario e non dovute al finanziamento di alcun servizio specifico. Secondo alcuni le prime (per esempio, TASI) sono legittime le altre no. I commenti a seguito di quello iniziale sul tema hanno già dissipato quasi tutta la nebbia, ma siccome non tutti leggono i commenti permetteteci un riassunto con qualche breve aggiunta.
Si dà il caso che (senza scomodare i principi dell’optimal fiscal policy, che scomoderemo solo alla fine) la distinzione abbia perso senso da tempo. Per le semplicissime due seguenti ragioni.
(i) I “servizi pubblici” (e corrispettivi costi) che l’esistenza di un’abitazione, dove delle persone vivono, genera vanno ben al di là di quei servizi urbani la cui fruizione è immediatamente quantificabile (trasporti, consumo acqua, fognature, spazzatura, eccetera) e che, senza scomodare il fisco, si dovrebbero pagare in base al costo.Per questi basta privatizzare o, almeno, fare aziende pubbliche con il bilancio in pareggio. Fine della storia. Ma i costi pubblici che una casa genera vanno ben al di là di quelli appena elencati, essi includono il servizio di polizia e di difesa della proprietà, i parchi e le altre amenità circostanti, la quantità e qualità di servizi scolastici, i musei e così via. Per evitare sciocche obiezioni: la presenza, per esempio, di scuole di qualità nelle vicinanze della casa beneficia anche chi non ha figli in età scolare per la semplice ragione che potrebbero averne (di figli) i potenziali acquirenti della casa e questa aumenta il proprio valore di mercato grazie alla presenza delle scuole.
(ii) Piaccia o meno (a noi non piace per niente, come argomentiamo alla fine) in Italia il federalismo fiscale non solo non c'è mai stato ma è morto e sepolto. Poiché i comuni e le regioni vengono finanziati dallo stato centrale, i proventi d'ogni tipo di tributo imposto sugli immobili si mischiano nel calderone generale facendo purtroppo perdere d'ogni senso la distinzione in questione oltre al più generale principio della tassazione earmarked.
- Ogni riduzione del carico fiscale è buona cosa
Questa baggianata degna del peggior Reagan (quello che, mentre blaterava di “starving the beast”, fece esplodere il debito pubblico USA) gira molto negli ambienti che si autoproclamano “libbberali” con tante “b”. Costoro non riescono a capire che, in assenza di parallele riduzioni di spesa, ogni riduzione del carico fiscale porta o ben all’aumento del debito o ben all’aumento di altre imposte le quali possono facilmente essere (come nel caso) molto più economicamente dannose (a parità di gettito) di quella eliminata. Inoltre l’aumento del debito, scordandosi i gravi rischi che induce ogni qual volta vi sia un temporale finanziario, è comunque semplicemente aumento di tasse future, con il duplice effetto di distorcere intertemporalmente la distribuzione del carico fiscale e di spostarla intergenerazionalmente sui più giovani che non solo raramente possiedono casa ma cercano di lavorare. E vengono tassati, quindi non lavorano, quindi non si comprano la casa, quindi le case perdono valore. Su questo tema (che la detassazione della casa è infatti un volgare furto perpetrato dagli anziani a danno delle nuove generazioni) torneremo alla fine. Rendere gli immobili esenti da tassazione implica tassare altri cespiti patrimoniali o altre attività economiche. La demagogica mossa renziana non riduce il carico fiscale complessivo ma lo aumenta e rende più dannoso, esattamente come non lo fece quella analoga di BS anni addietro.
- La tassazione più ingiusta
Qui gli argomenti si sprecano e sono, francamente, uno più imbarazzante dell’altro. Alcuni sono frutto della peggior retorica nazional-pascoliana (le radici, la casa costruita dal nonno con sudore, il rifugio della sacra famiglia, eccetera) e possono solo essere accolti da un sorriso di scherno. Altri, come quello della doppia tassazione, sono palesemente illogici, questo l'ha già sottolineato Giulio Zanella in un commento. Da un lato perché assumono, senza fondamento alcuno ed infatti erroneamente, che sia il reddito (da lavoro, capitale o impresa che sia) ciò che va anzitutto tassato e questo (vedi sotto) fa solo danno. In secondo luogo perché, in presenza d'una qualsiasi forma di tassazione del reddito, qualsiasi altra tassa implica una doppia tassazione! Questo vale per l'IVA come per ogni altro tributo su qualsiasi attività il cittadino compia perché, in essa, viene sempre utilizzato il reddito disponibile, già tassato. Ed infine, perché il principio della doppia tassazione è una favola giuridica italiota priva d'ogni rilevanza economica: personalmente ci va benissimo anche la tripla tassazione se questa minimizza le distorsioni (welfare loss) e massimizza gli incentivi alla creazione del reddito per ogni dato livello di spesa pubblica.
Sugli altri argomenti (quelli del tipo: ma la mia povera nonna che vive nella casa di famiglia ed ha solo X di pensione ed ha difficoltà a pagare l'IMU, povera donna viene massacrata) hanno già scritto abbondantemente Giulio e Sandro nei commenti, a cui rimandiamo.
Noi ci permettiamo solo una nota "sociologica": la reazione isterica di molti, di troppi, al suggerimento di usare meccanismi di mercato per risolvere l'apparente "problema" (che è tale solo perché i meccanismi di mercato in Italia sono bloccati e/o rigettati) è l'ennesimo indicatore di una cultura provinciale e primitiva fondata sulla vuota retorica invece che sulla realtà dei fatti. Una cultura, alla fine, parassitica perché vuole mantenere lo status quo ed i privilegi acquisiti per via politica da chi oggi è anziano ed ha potere elettorale lasciando al freddo, a pagare per tutti, le nuove generazioni che di tali privilegi non godono. Ed è anche una cultura suicida, da cui il declino: perché il valore delle vostre case, cari italiani con più di 50 anni circa, dipende fondamentalmente, come spieghiamo sotto e come dovrebbe essere ovvio, dalla fertilità delle nuove generazioni, dall'arrivo di nuovi immigranti qualificati e dalla crescita del reddito di tutti costoro. Se loro non sono tanti e benestanti le vostre case non se le comprano o le comprano a prezzi inferiori, esattamente come sta accadendo in Giappone dove, almeno, la produttività del lavoro un pelino continua a crescere.
Ed infine, sempre con riguardo ai lamenti pascoliani, la favola del "catasto” su cui andrebbe basata l'equa tassazione (ora senza più virgolette) è una follia tutta italiana che si risolve, come in tutti i paesi civili, in un secondo. A fini fiscali il valore di un bene immobiliare è pari alla media statistica, rilevata negli N anni precedenti, dei prezzi pagati nelle effettive transazioni avvenute nell’area di riferimento per immobili con simili caratteristiche. Se il proprietario non condivide la stima, la contesta e porta elementi oggettivi a supporto della sua tesi, altrimenti avanti così. No, non è vero che ci sarebbero milioni di ricorsi per la semplice ragione che il ricorso costa e vale la pena spendere quei soldi solo se non è frivolo. Punto e fine. Ed il catasto diventa quello che valga la pena che sia: un registro della tipologia delle abitazioni e delle loro caratteristiche fisiche oltre che dei titoli di proprietà o ipotecari che gravano su di esse.
- La crescita economica viene dalla detassazione della casa
Una questione fondamentale da comprendere è che ciò che nel gergo comune viene chiamato "investimento immobiliare" ha in realtà nulla o poco a che fare con l’investimento vero e proprio, quello che accresce il capitale di un pase, ossia l’investimento che entra nel PIL e si accumula portando a crescita economica. Se escludiamo le ristrutturazioni o la costruzione di nuovi edifici, la caratteristica dei cosiddetti investimenti immobiliari è di consistere in puri mutamenti (che si compensano nell'aggregato) nella composizione del portafoglio delle famiglie. Dire che un imprenditore ha fatto 100mila euro di investimento in macchinari o in R&D ha un significato molto diverso dal dire che Tizio ha investito 100mila euro in un immobile. A differenza della produzione e acquisto di un nuovo macchinario, la transazione su un immobile non è un investimento per l'economia nel suo complesso, ma è solo il passaggio di mano di un bene già esistente. I movimenti nel prezzo di questo "passamano" sono dati puramente dai cambiamenti nella disponibilità a pagare dell'acquirente. La produzione, qui, non c'entra nulla, perché né il terreno né la casa che su di questo sorge sono prodotti. Esistono già, punto. E ricordiamoci, inoltre, che il prezzo di un immobile è determinato in gran parte, ceteris paribus e soprattutto nelle zone urbane, dal prezzo della terra su cui è posato. Questa osservazione è importante per capire cosa determina, nel medio/lungo periodo, il valore degli immobili: la disponibilità (e quindi, prima di tutto, l'effettiva capacità) di pagare degli acquirenti. Detto in due parole: il valore di mercato di una casa dipende dal reddito di quelli che vogliono andarci ad abitare. Per questo case identiche spuntano prezzi diversi se sono in zone o città diverse.
Ne consegue che gli immobili si apprezzano nel tempo se e solo se aumenta la disponibilità a pagare da parte dei potenziali acquirenti, ovvero se cresce il PIL per capita o cresce il numero delle persone che vogliono acquistare un'abitazione (vedi punto seguente). Si noti che questo ragionamento non è vero per i beni di investimento i quali, non essendo fissi ma (ri)producibili, vedono il prezzo, in condizioni di concorrenza, tendere verso il proprio costo di produzione. È noto, ad esempio, che nonostante la continua crescita dell’economia, e dunque della disponibilità a pagare degli acquirenti, il prezzo reale dei beni capitali (sia le costruzioni che, soprattutto, le macchine) è continuamente sceso durante tutti gli ultimi 60 anni. Avete letto bene: grazie al progresso tecnologico, vero motore della crescita economica, il prezzo dei beni d'investimento "veri e propri" sta scendendo da decenni invece di salire! E sta scendendo tantissimo perché, per quanto si cerchi di tener conto dei miglioramenti di qualità nel calcolo degli indici di prezzo, questi sono quasi sempre superiori a quello che si riesce a misurare. Per rendersene conto basta pensare ai computer, alle automobili, o a qualsiasi altra tecnologia. A determinare i movimenti nel prezzo degli investimenti veri e propri non sono dunque solo le variazioni nelle condizioni di domanda, ma anche e soprattutto le variazioni nelle condizioni dell'offerta, le quali a loro volta contano proprio perché questi sono prodotti nuovi, non sono un mero "passamano" di ciò che già esiste.
Tassare l'attività di produzione "vera e propria" (che si esplicita nell'accumulo di nuovi investimenti o nella fornitura di lavoro) crea distorsioni molto dannose. Queste distorsioni possono danneggiare gravemente l'economia soprattutto quando esse raggiungono, come nel caso italiano di tassazione sul lavoro e sugli investimenti d’impresa, aliquote complessive del 40-50% (o più). Tassare, invece, un bene destinato a non aumentare né diminuire, ma semplicemente a "passare di mano" ha certamente effetti redistributivi (come ne ha, peraltro, qualsiasi tassazione, o qualcuno crede che la scelta di alzare l'IRPEF non abbia effetti redistributivi?), ma non ha però ha effetti distorsivi: il pezzo di terrà lì era e lì rimane, non aumenta né diminuisce, resta sempre e comunque nelle mani di qualcuno che può utilizzarlo come crede.
- Da cosa dipende il valore della casa.
Uno degli argomenti più beoti ed al contempo più frequenti a favore della detassazione della casa è che essa giocherebbe un ruolo cruciale per dare inizio alla seguente catena causale, fantasticamente virtuosa:
meno tasse sulla casa => maggiore domanda di case => aumento del prezzo delle case => aumento dell'attività del settore costruzioni => ripresa e crescita dell'intera economia.
Si dà il fatto che ognuna di queste miracolose => viene contraddetta da tutto quanto sappiamo, teoricamente e soprattutto empiricamente, sul funzionamento del mercato delle costruzioni e sul suo ruolo nello sviluppo economico. Esaminiamole nell'ordine in cui appaiono.
- meno tasse sulla casa => maggiore domanda di case => aumento del prezzo delle case. Qui ce ne sono due di freccette e la ragione è semplice. Facciamo finta (ci torniamo subito) che la riduzione del carico fiscale aumenti la domanda di abitazioni. Se questo succede è perché, tolti i tributi, la casa "costa di meno" per chi l'acquista. Ma, è vero al contempo, che chi possiede una casa e la sta vendendo, consapevole di questa riduzione, potrebbe decidere d'incamerarne una parte aumentando il prezzo a cui è disposto a venderla. In altre parole, l’ordine in cui le => operano potrebbe anche essere il seguente: meno tasse => aumento valore/prezzo => minore o uguale domanda. Di conseguenza l’effetto “meno tasse” sulla domanda di casa potrebbe essere compensato dall’aumento del prezzo di offerta. Nella realtà, per effetto delle solite elasticità , succederà una via di mezzo: aumenteranno di un poco i prezzi ed aumenterà leggermente la domanda di case. Di quanto? Lo vediamo subito
- L’ammontare annuale medio dell’IMU pagato sulla prima abitazione è di poco inferiore ai 700 euro (andiamo a memoria, che è tardi, ma siccome il gettito IMU+TASI è di circa 24 miliardi ed in Italia ci sono circa 36 milioni di unità colpite, euro più euro meno il valore è quello). La stragrande maggioranza paga meno di 500 euro perché, ricordiamolo, la media di questa distribuzioni è abbastanza maggiore della mediana. E sulle prime case (oggetto della detassazione in questione) il tributo medio è ancora inferiore, meno di 300 euro. Questo dunque il risparmio, equivalente a molto meno dei famosi 80 euro mensili i quali hanno avuto, come sappiamo, effetto zero sulla domanda di consumi. Per quale ragione dovrebbero cifre ancora inferiori avere un effetto sostanziale sulla domanda di un bene, la casa, il cui prezzo è ordini di grandezza superiore al prezzo del tipico bene di consumo? Mistero della lirica pascoliana. Facciamo finta, ma tanta tanta finta, che questa riduzione duri almeno 10 anni (ci stiamo rovinando) e che il tasso d’interesse con cui gli italiani scontano i risparmi futuri sia zero (ipotesi folle, visto che i tassi sugli scoperti al consumatore viaggiono attorno al 7-8% persino ora, ma fa poca differenza). Bene: 500 per 10 fa 5mila e 700 per 10 fa 7mila. Se avessimo adeguatamente scontato avremmo numeri tra la metà ed un terzo di queste cifre. Risibili a fronte di prezzi delle abitazioni regolarmente superiori ai 150mila e - nelle grandi città, gli unici posti dove tali effetti di domanda sono credibili, 200mila e più. Morale? Servirebbe una elasticità di prezzo a cui solo un allucinato può credere perché tale manovra avesse un qualche effetto sulla domanda di case. Fine della storia, ma consideriamo anche altre due freccette.
- aumento del prezzo delle case => aumento dell'attività del settore costruzioni La crescita della popolazione, che nel decennio 2000-2010 era stata tirata dalla crescita dell’immigrazione, si è fermata. Negli ultimi anni sono più quelli che se ne vanno di quelli che arrivano e non vi sono segnali di recupero della fertilità (che, comunque, l'effetto sulla domanda di case lo avrebbe fra trent’anni). Detto altrimenti: in Italia lo stock di abitazioni a disposizione è lontano dall’essere insufficiente ed, ammesso e non concesso, che la domanda cresca è molto improbabile che possa trainare una ripresa sostanziale delle costruzioni. Se questo avviene è solo per movimenti migratori interni, si abbandonano case nelle aree stagnanti o in declino e si acquistano case nelle città o laddove c’è crescita. Ma se questo è il caso (mobilità territoriale dovuta a crescita della domanda di lavoro in certe aree) ciò che conta sono i redditi da lavoro che, migrando, si possono ottenere non le briciole di risparmio provenienti dalla detassazione. Che un aumento dell'1% (perché a tanto, al massimo, può portare l'eliminazione dell'IMU) possa avere un qualsiasi effeto di offerta in un mercato in cui i prezzi sono calati mediamente tra il 30 ed il 40% è un'ipotesi che solo un allucinato può fare.
- aumento dell'attività del settore costruzioni => ripresa e crescita dell'intera economia. Questa, per un economista che sappia da dove viene e come funziona la crescita economica, è la panzana più gigantesca. La crescita viene da aumenti di produttività, guadagni di efficienza, innovazioni e miglioramenti nell'allocazione delle risorse. A metter giù mattoni siamo buoni tutti e, infatti, il lavoro nel settore è nella stragrande maggioranza scarsamente qualificato, guadagna poco ed ha produttività bassa e non crescente. Basta guardare i dati italiani e non: nella Spagna del boom edilizio a seguito della caduta della bolla immobiliare e la conseguente crisi del settore edilizio la produttività, settoriale ed aggregata, è cresciuta enormemente proprio perché hanno chiuso migliaia di inefficienti (ed inutili) imprese edilizie. Una crescita del settore edilizio che generi occupazione produttiva e salari decenti può venire solo da due cause: una crescita della popolazione ed una crescita del reddito pro-capite. Se non ci sono queste non c'è crescita, punto e fine.
- La situazione in due paesi libbberisti.
Il principio base secondo cui tassare la proprietà immobiliare è una scelta fiscale relativamente meno distorsiva trova applicazione razionale in giro per il mondo. Alcuni esempi possono essere istruttivi.
Prendiamo un immobile a caso in vendita nella capitale americana. Per esempio questo, quotato da Zillow. Il prezzo di acquisto si aggira sui 500 mila dollari, ma l’acquirente sa che dovrà poi pagarci sopra, ogni anno, le tasse sulla proprietà. Quanto esattamente? Zillow ci dice (colonna di destra, voce “Tax history”) che le tasse si aggirano sui 4500 dollari annui. Questo, meglio si sappia, è un dato molto basso rispetto alla media USA: se lo stesso immobile fosse stato a Minneapolis quell'importo sarebbe aumentato di circa il 70%! Possiamo ottenere numeri ancora più precisi, grazie al fatto che, agli occhi del legislatore americano, le tasse sulla casa vanno pagate in trasparenza. Prendendo dunque l’indirizzo della casa (1625 S St Nw, unit #1), e copiandolo nel database municipale, scopriamo che al momento la proprietaria dell'edificio è la signora Susan Ellen Kishinchand. Scopriamo anche che nel 2006, il 22 agosto per l’esattezza, la casa era stata acquistata al prezzo di $484.900. Siccome la signora Susan risiede nell’immobile, essa riceve una piccola deduzione (cira $70.000) sul valore tassabile, che per il 2015 risulta essere così stimato in 531 mila dollari, valore che probabilmente salirà a $534 mila nel 2016. Moltiplicando il valore stimato per il coefficiente dello 0.85% (vedi “property tax rate and calculations”) si ottiene il valore finale della tassa per il 2015: $4513. Bravo Zillow, avevi fatto il calcolo giusto. Lo scopo di questo esempio non è solo di mostrare che la signora Susan paga un bel po’ di tasse sulla propria casa di residenza. Lo scopo era anche di mettere in evidenza che sia le tasse sulla casa che il prezzo a cui la signora ha acquistato l’immobile sono di pubblico dominio (già sentiamo le urla disperate dei libbberali domestici). Gratuitamente, senza doversi registrare al sito e tanto meno senza password segrete, notai, agenti immobiliari per accedere ai dati di un catasto da penna e calamaio. A proposito, come vedete i prezzi stimati ai fini fiscali coincidono con quelli di mercato, includendo già le stime per l’anno futuro (2016).
Continuiamo con un altro esempio, Hong Kong. La spesa pubblica ad Hong Kong è molto bassa, e buona parte di essa viene finanziata tramite forme diverse di tassazione sugli immobili. Per la precisione, il 36% circa degli introiti fiscali vengono da tassazione immobiliare (nello specifico, si veda la somma, meno qualche briciola, delle voci “land premium” e “other operating revenue”). In totale, dunque, il governo di Hong Kong incassa dalle varie forme di tassazione immobiliare una valore pari a circa il 9% del PIL. A proposito, ci stavamo dimenticando di dire che la terra, ad Hong Kong, è posseduta (quasi) tutta dallo Stato e da esso è data in concessione, o in affitto se volete, ai cittadini. Anche qui sentiamo le urla di dolore dei nostri libbberali alle vongole (che a HK non ci sono, infatti).
Ci sarebbe poi, fra i moltissimi altri, la Svizzera. Ma su questa ha già scritto chiaramente Franz Forti in questo commento.
- Perché è giusto e sano tassare gli immobili.
Per tutte le ragioni dette sopra (perché distorce di meno che altre imposte, perché è meno facile da evadere e quindi riduce i costi sociali di ogni dato gettito fiscale, perché gli immobili generano costi sociali ampi e diversi che vanno finanziati, perché l'attuale livello italiano di tassazione complessiva degli immobili è inferiore a quello dei paesi che funzionano, perché avviene a mezzo di tributi che redistribuiscono un minimo di potere d'acquisto dagli anziani ai giovani e sono questi ultimi oggi che hanno bisogno di lavoro e reddito e dal cui lavoro e reddito dipende la crescita del paese ...) ed anche perché se davvero si vuole costruire un sistema fiscale che responsabilizzi chi governa, raccoglie tributi e con essi dovrebbe fornire servizi, la tassazione degli immobili è un mattone essenziale di tale sistema.
Perché, banalmente, se comuni e regioni devono essere resi fiscalmente responsabili ed autonomi questo può avvenire PRINCIPALMENTE solo tassando gli immobili perché questi sono praticamente quasi le uniche entità su cui comuni e regioni possono esercitare un'imposizione efficace oltre ad essere la fonte dei costi complessivi dei servizi pubblici (li abbiamo elencati sopra) che comuni e regioni dovrebbero, in teoria, offrire. Questo dice, senza tentennamenti, ogni qualsiasi teoria dell'imposizione ottima, questo dice il buon senso ed a questo arriva, banalmente, chiunque abbia interesse al futuro di questo paese. Che è, purtroppo, nero assai visto che la maggioranza della popolazione, egoista e suicida, ha pensato bene di chiedere ai propri governanti di fare esattamente l'opposto.
siamo sicuri che i politici italiani abbiano mai fatto queste riflessioni?
Perchè PCP non dice nulla? (ultimamente lo trovo un attimino in imbarazzo per alcune uscite di RM)
Un post decisamente fuori schema rispetto ai giornali italiani e alla maggioranza dei benpensanti de noiartri.
Michele Boldrin e Brighella esprimono un punto di vista decisamente organico e robusto.
Posso solo aggiungere che, se le case in valore reale (confermo quanto da voi detto anche se ci sono dei casi di incrementi dovute ad "innovazioni" leggasi "nuovi servizi per i residenti"- cfr Case, K., & Shiller, R. (1990). Forecasting prices and excess returns in the housing market. Real Estate Economics. oppure per cambiamenti della struttura demografica della popolazione), sono diminuite i valori reali fondiari sono sostanzialmente rimasti invariati tranne dei movimenti dovuti alla ciclicità (circa 9/16 anni )