Girano per l'accademia italiana svariati miti. Uno dei più diffusi e pervicaci è il seguente:
Il problema fondamentale dell'università italiana sta nelle scarse risorse a sua disposizione, non nella loro pessima distribuzione ed ancor peggior utilizzazione. In particolare: i professori universitari italiani, di ogni ordine e grado, son pagati una miseria in confronto ai loro colleghi in altri paesi simili. Da questa bassissima dotazione di risorse vengono tutti i mali: non vi sono incentivi per far bene, la gente non può fare ricerca perché essendo sottopagata deve arrotondare con altre attività, eccetera, eccetera.
Questo tema si intreccia con quello della qualità e della quantità della ricerca. Che questa sia buona o cattiva diventa quasi secondario: il fatto è, sostiene l'accademico italiano medio, che per quello che ci pagano facciamo fin troppo bene. Sulla quantità e qualità della ricerca il dibattito è accesissimo ed il tema è complicato abbastanza da suggerire di prendersela con calma. A mio avviso i vari collettivi di scienziati rivoluzionari che non vogliono essere valutati da niente e da nessuno, tipo questo ROARS o i loro nuovi alleati della Classe di Scienze Morali etc. dei Lincei fanno affermazioni distorte e parziali. E lo sanno. Ma dimostrarlo non è facile perché il tema è ostico ed i dati oscuri, manipolabili e manipolati. Un po' alla volta questo lavoro va fatto, e si farà, ma con calma, attenzione ed un'analisi seria dei dati in modo da estrarre misure non ambigue sia di quantità che qualità, misure che ancora non ci sono.
La questione dei salari, invece, è di più facile risoluzione perché i numeri sono disponibili ed i dinderi son facilmente comparabili. Ve li propongo qui, i numeri, in formato "fai da te". Oltre ai dati originali, metto solo pochi commenti e delle linee guida per facilitare la comprensione e comparazione di quanto le tabelle riportano. Il tempo manca, da un lato, ed i numeri parlano da soli, dall'altro. Per quanto mi riguarda la questione è completamente risolta. Voi fatevi pure la vostra opinione.
A) Una stima campionaria (con un campione rappresentativo) dei salari medi LORDI percepiti dai professori universitari che lavorano nei college e nelle università USA di ogni tipo. Notate, per favore, che l'anno accademico è l'ultimo, il 2011-12, e che i tassi di crescita nominali sull'anno scorso sono molto bassi: è dal 2008 che i salari dei professori universitari in USA non crescono a più dell'1,5% l'anno, che è meno del tasso d'inflazione. Il commento evidenzia come la crescita del costo di accesso all'università (ossia, le tuitions) non possa essere attribuita né al livello né ancor meno ai tassi di crescita dei salari dei docenti per lo meno durante l'ultimo decennio. Questo è un problema importante - alcuni lo stanno studiando: fra di essi una mia ex studentessa che ha i dati giusti ed il modello sbagliato ... - ma che ora esula dal nostro tema. La risposta breve è: costi amministrativi, burocratici e, più generalmente, "parassitico-politici" spiegano la crescita delle tuitions, non gli stipendi dei docenti i quali, in termini reali e per unità di prodotto, sono o costanti o in calo. Ma questo è un problema tutto USA che con l'Italia non c'entra nulla.
B) Salari USA dettagliati istituzione per istituzione e con informazioni sui tassi di crescita durante l'ultimo decennio. Divertitevi ad usare il sito, è istruttivo assai e permetterà di capire come stanno le cose veramente nell'istruzione universitaria USA, almeno dal punto di vista dei salari del corpo docente. Si noti la variabilità fra istituzione ed istituzione.
C) Retribuzioni dei docenti universitari italiani all'1 gennaio 2010 e 2009. A differenza di quelle americane, sono eguali per tutte le università pubbliche e per tutti i settori. Dipendono solo dal grado accademico, dall'anzianità nel grado e dall'opzione tempo pieno/tempo parziale. I professori a tempo parziale possono svolgere attività professionali regolari (p.es. avere uno studio medico) ed incassare le relative parcelle. Non possono ricoprire alcune cariche accademiche ma hanno gli stessi doveri didattici di quelli a tempo pieno. Il confronto fra i due dati permette di notare la crescita dei salari universitari nei primi due anni di "austerità". Gli stipendi e gli scatti di anzianità sono ora bloccati fino al 2014 e quindi in teoria la tabella del 2010 vale anche per gli anni successivi. Gli stipendi individuali possono aumentare solo in caso di promozione. In ogni caso, per il 2012 potete usare quelle fornite dall'università della Tuscia, che è, salvo errori di compilazione, perfettamente rappresentativa..
D) Ultima versione disponibile del Rapporto sullo Stato del Sistema Universitario (per il 2010 ...). È un malloppone ma non preoccupatevi, non dovete leggervelo tutto. A noi servono solo un paio di tabelle (suggerimento a chi lo fa: perché non compilare e riportare la distribuzione per gruppi di età, status accademico ed area di appartenenza degli stipendi effettivi lordi percepiti dai professori universitari? Aiuterebbe ...). L'evoluzione nel tempo della consistenza d'ognuno dei tre gruppi la trovate nelle figure 5.6 e 5.7. Le figure 5.9-5.11 evidenziano come l'età media dei docenti italiani vada aumentando, la figura 5.5 mostra la distribuzione attuale per età e la figura 5.12 riporta l'età media attuale di accesso ai vari ruoli, da Ricercatore a Ordinario: gerontocomio, non c'è che dire. Finalmente, la tabella A5.1 "Docenti per fasce di età nel 2010 nelle Università statali", nell'Appendice 5 mostra altri dati relativi alla distribuzione per età. A noi basta così ma, se avete tempo, date un'occhiata all'intero rapporto, contiene chicche deliziose ...
Aggiungo altre quattro informazioni molto importanti per una interpretazione corretta di questi dati.
i) I valori riportati per gli USA sono medie per l'intera università. Tenete conto che tra il salario di un neurochirurgo famoso e quello di un professore di pari grado nel dipartimento di lingue romanze vi è una distanza sostanziale. Il rapporto potrebbe essere di 5 a 1. Evitiamo il gossip ma ricordiamo che la varianza è notevole da un campo all'altro. Questo implica che chi insegna materie umanistiche, o anche le "classiche" materie scientifiche nei college e non nelle scuole professionali (school of engineering, medical school, eccetera), guadagna sempre sostanzialmente meno delle medie riportate. Per farvi un'idea, ecco un esempio tipico (cercando ne trovate quanti volete perché le università statali, che sono la stragrande maggioranza, pubblicano ogni anno TUTTI i loro stipendi, professore per professore) preso non a caso: l'ho scelto per poter linkare questo commento, che è un prototipo del mito qui svelato. Siccome la domanda verrà di certo, ammetto subito che gli stipendi degli economisti, quasi ovunque, sono secondi solo a quelli dei migliori medici e che, per chi è disposto ad insegnare finanza o cose simili agli MBAs, anche quella piccola differenza scompare ... contenti? Andiamo avanti con le cose serie.
ii) Il reddito procapite degli USA, in PPP, è di circa il 50% maggiore di quello italiano. Quello nominale, al cambio corrente, di circa un terzo. Una buona misura del "costo opportunità" di un giovane italiano con dottorato di ricerca, che scelga di lavorare nel "privato" invece di intraprendere la carriera universitaria, la trovate nella tabella 4.19 (p. 139) del Rapporto indicato in D). Il tasso di cambio dollaro/euro era di circa 1.30 durante in periodo in questione (infatti, un pelo di più ma fa lo stesso). In altre parole, per potere confrontare i salari USA con quelli italiani occorre moltiplicare i numeri in euro per 1.95 = (1.3)*(1.5). Va tenuto conto che i salari USA sono, tipicamente, per 3/4 dell'anno nel senso che durante il resto dell'anno (ossia giugno, luglio ed agosto) in teoria il professore universitario USA può fare un altro lavoro, sempre che sia disposto a saltarsi le vacanze. Tipicamente chi fa ricerca (ossia una minoranza) e riceve fondi NSF o di altre fonti simili (una sparuta minoranza della minoranza precedente) incassa altri 2/9 del proprio salario annuale durante l'estate. Fra gli altri la pratica del secondo lavoro estivo è poco diffusa, ma senza dubbio vi sono svariati che fanno consulenze o si dedicano ad altre piccole attività collaterali. Lascio al lettore decidere come impieghi i mesi estivi il professore universitario italiano medio e se egli abbia, o meno, attività professionali collaterali durante l'estate o durante il resto dell'anno ...
iii) Il carico docente USA è molto differenziato. Nelle migliori 50 o giù di lì (che coprono più o meno il 5% degli studenti) i docenti più noti insegnano uno o due corsi all'anno, usualmente per studenti di PhD. Ossia, insegnano fra le 40 e le 100 ore all'anno. Appena si scende un pelo, il carico aumenta. Il carico docente tipico oscilla fra le 200 e le 300 ore all'anno di lezione. Il carico docente italiano va da un minimo di 40 per i ricercatori ad un massimo di 120 per gli ordinari. Mi viene detto che alcuni arrivano anche a 150 ore, ma stiamo cominciando a toccare le code della distribuzione. La mia stima "nasometrica" è che "in media" il docente italiano tipico insegna circa 100 ore all'anno. Ossia, un po' di più delle "stars" americane e parecchio di meno del collega medio americano. Ah, e un'ora italiana vale 45 minuti, quella USA vale 60.
iv) In America le carriere, effettivamente, iniziano prima. Lo studente tipico, negli ultimi dieci anni, finisce il PhD che ha meno di trent'anni, spesso 27 o 28. A quel punto, a seconda dei campi, ha davanti o 4-5 anni di post-doc (a $40-60K l'anno, LORDI) o, nei campi più fortunati, comincia a fare l'assistant professor. In nessun caso ha un posto fisso, ossia NON è nella condizione del ricercatore italiano: può essere licenziato (e nei top 50 viene licenziato) con estrema facilità alla fine del periodo di prova o anche durante il medesimo. Questo rischio ha un prezzo, io credo ... In ogni caso, qui i salari iniziali variano dai $ 40mila delle humanities nei college "medi" ai $ 160mila di coloro che scelgono di insegnare alla Wharton school o Harvard business invece che lavorare per Goldman Sachs. In mezzo c'è di tutto. Lo status di assistant professor dura fra i 6 ed i 10 anni, il che vuol dire che la tenure arriva in media fra i 35 ed i 38 anni. Da' lì non c'è più alcuna regola di progressione fissa e molte persone, quelle che non pubblicano e non hanno un mercato attivo, non hanno più scatti di anzianità a partire dai 40-45 anni quando passano da associate a full professor. Di nuovo, mentre una minoranza risicata arriva ad essere full professor prima dei 40 ed a volte attorno ai 35, trattasi di minoranza risicata. In media si arriva a full professor tra i 40 ed i 45 anni. Posso portare decine di esempi di persone che ho conosciuto e che, avendo smesso di pubblicare nel periodo in cui sono stati promossi da associate a full, stanno raggiungendo la fine della loro carriera con salari che oscillano fra gli 80mila ed i 120mila lordi. Questo per gli economisti. In altri dipartimenti potete ridurre quelle cifre di un 20-40%. Questi dati sono rilevanti per fare i confronti appropriati con l'età a cui gli italiani in media passano di ruolo come associati ed ordinari che è leggermente più tarda (oggi in Italia l'età media di passaggio a ordinario è di 50 anni).
Per evitare perdite di tempo, togliamo di mezzo alcune scuse tipiche che sono solo frutto o della malafede o dell'ignoranza.
1) Il confronto va sempre fatto sul lordo, anzi andrebbe fatto sul costo totale del docente, compresi i contributi. Questo perché, da un lato, è quanto il docente costa in totale all'università che determina la capacità della medesima di pagare e, dall'altro, perché i diversi sistemi di stato sociale implicano che a fronte delle tasse e dei contributi sociali pagati in Italia (che sono ovviamente più alti di quelli pagati qui) vi sono anche prestazioni che qui non vi sono. Basti l'esempio della pensione: qui Social Security ha un tetto che al momento è pari a poco più di 3000 dollari lordi mensili mentre in Italia parecchi riescono a ritirarsi con pensioni vicine allo stipendio finale, ossia con il doppio o triplo di quella cifra. Idem per sanità, scuole per i figli, trasporti e così via.
2) Ovviamente non vale addurre la scusa che i servizi pubblici (tipo scuole e università ...) in Italia fanno schifo e quindi le tasse prese dallo stipendio lordo son soldi rubati. Spero sia ovvio perché questa scusa non vale, quindi non mi dilungo ...
3) Non vale neanche l'assurdità secondo cui i professori italiani vanno confrontati solo con quelli delle migliori 50 o 100 università americane. Platealmente, non c'è criterio di valutazione che possa avvalorare tale arrogantissima fesseria anche se in Italia vi sono in giro degli ignorantoni assai comici che tali paragoni avanzano ritenendo che la media del sistema universitario italiano si possa legittimamente confrontare con ... i campus dello UC System (Berkeley, UCLA, San Diego ...)! Giuro, ho l'articolo del pirla in questione. In Italia c'è di tutto, come le cronache e l'esperienza mostrano, ed il confronto più appropriato è distribuzione a distribuzione togliendo di mezzo, al più, i community colleges americani (anche se certi posti che ho visto in giro ...).
4) L'argomento secondo cui gli amministratori delle università guadagnano di più dei docenti e quindi (quindi cosa?) nemmeno vale perché esso è ancor più vero qui. Infatti, è uno dei nostri problemi veri: gli amministratori si mangiano il surplus ... pensate che nel posto dove sono io il Chancellor prende più del doppio dell'economista più pagato della sua stessa università (che non sono io, tranquilli) ... E nemmeno vale, ovviamente, l'osservazione secondo cui i dirigenti ministeriali sono molto peggio dei professori universitari e son riusciti a mantenersi dei privilegi che questi ultimi han perso ... e spero che anche in questo caso non sia necessario spiegare perché!
Per quanto mi riguarda i dati parlano così da soli, ma così da soli che l'argomento lo considero chiuso. Ma son certo che così non sarà e che arriveranno a frotte gli intellettuali rivoluzionari del Club ROARS&Lincei a spiegarmi che sono solo uno sporco servo del capitale finanziario pluto-giudeo-massonico ed oscurantista. Non è per questi geni incompresi che ho scritto il post ma per quegli altri che, pagando le tasse, li mantengono affinché si dedichino alla chiacchiera rivoluzionaria.
I miei crediti sono composti da 10 ore da 60 minuti. Quest'anno ho svolto 12 crediti, pari a 120 ore di orologio in due corsi, uno da17 studenti iscritti ed uno da 120 studenti. L'anno prossimo mi spostano il corso "grosso" dal terzo al primo anno. Sono 120 studenti del terzo anno piu' 140 studenti selvatici del primo anno. In piu avro' la decina abbondante di studenti dell'altro corso. Sono terrorizzato e non so come sopravvivero' agli esami. Che sono altre 300 ore e passa, visto che in molti si presenteranno piu' volte agli appelli. Probabilmente dovro' fare degli scritti, ho il terrore che non passi nessuno.
Fai fare prove in itinere, con le quali gli fai guadagnare punti per l'esame finale (i.e. max 15, ma io personalmente arriverei anche a 18) e/o l'ammissione diretta all'orale.