Riduzione del debito pubblico: meglio aumentare le tasse o ridurre la spesa?

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Sono stati recentemente completati due studi che rispondono alla domanda nel titolo. Uno è di Alberto Alesina, Carlo Favero, e Francesco Giavazzi, e conclude che gli aggiustamenti fiscali basati sulla riduzione della spesa pubblica sono meno recessivi di quelli basati sull'aumento della pressione fiscale. L'altro è di Nicoletta Batini, Giovanni Callegari, e Giovanni Melina (ripreso la settimana scorsa da Tonia Mastrobuoni su La Stampa) che, secondo molti, giunge alla conclusione opposta. Com'è possibile?

La questione ha una certa importanza. Non sto qui a ricordare perché molti governi sono oggi impegnati in importanti operazioni di "consolidamento fiscale" (cioè azioni per aumentare il saldo primario del bilancio pubblico e, quindi, ridurre lo stock di debito). Ci sono due modi per fare il consolidamento. O si riduce la spesa pubblica, o si aumenta il gettito fiscale. Vorrei far notare subito che per aumentare il gettito fiscale vi sono due possibili metodi, almeno in via di principio. Il primo consiste nell'aumento della pressione fiscale a reddito nazionale più o meno invariato. Il secondo consiste nel riuscire a far aumentare il reddito nazionale a pressione fiscale più o meno invariata. Per tagliare la spesa pubblica, invece, bisogna proprio e solo tagliare la spesa pubblica. In ogni caso, per ragioni che sono sia ovvie che tediose da ripetere, la vulgata economica nazionale (inclusi i tecnici che compongono questo governo) ritiene che per aumentare il gettito fiscale l'unica maniera sia aumentare le tasse. Infatti, il problema della crescita non se lo sono posto per più di un anno ed anche ora se lo stanno ponendo in forma del tutto retorica. Ricordato questo ritorniamo a far finta che vi sia solo una maniera di aumentare il gettito fiscale, ossia l'aumento delle imposte. 

È di ovvio interesse capire cosa sia meno dannoso per l'economia, nel senso di meno recessivo: se il consolidamento fiscale è necessario per evitare il collasso delle finanze pubbliche (e se a causa di miopia politica siamo costretti a farlo nel mezzo di una recessione anziché, come sarebbe saggio, durante un boom) dobbiamo scegliere un modo di realizzarlo che non aggravi ulteriormente la crisi produttiva e occupazionale in atto. A molti piace chiedersi se è quindi meglio tagliare la spesa o aumentare le tasse.

I due studi menzionati ottengono su questo punto risultati apparentemente inconciliabili. Riassumo citando i due passaggi salienti (mia libera traduzione):

Alesina, Favero, e Giavazzi (AFG, da qui in poi) scrivono (p. 2):

 

Gli aggiustamenti fiscali basati sui tagli alla spesa sono molto meno costosi in termini di riduzione della produzione che quelli basati sulle tasse. In particolare, gli aggiustamenti basati sulla spesa sono associati a recessioni leggere e brevi [...]. Invece, gli aggiustamenti basati sulle tasse sono seguiti da recessioni prolungate e profonde.

 

Batini, Callegari, e Melina (BCM, da qui in poi) scrivono (p. 8):

 

Se il consolidamento deve essere fatto durante una fase recessiva (per esempio, per recuperare la fiducia dei mercati), dovrebbe dare priorità all'aumento delle imposte nette.

 

L'Italia si trova in una fase recessiva ed è costretta a un importante aggiustamento fiscale. Secondo AFG questo dovrebbe consistere prevalentemente di tagli alla spesa pubblica. Secondo BCM, invece, di aumenti delle imposte nette. Questa apparente divergenza è fonte di notevole confusione, e lo scopo di questo post è aiutare il lettore non specialista a eliminarla, o per lo meno ridurla. 

Ci sono importanti differenze tra i due studi che possono spiegare perché i risultati sono, apparentemente, diversi. Riassumo quelle che a me paiono le principali nella tabella qui sotto. Nel resto del post commenterò brevemente ciascuna differenza, al livello il più possibile comprensibile a una persona senza un background economico e statistico. L'appendice contiene alcuni approfondimenti. Una volta chiarite le differenze ognuno potrà giudicare da sé quale risultato sia più rilevante e più credibile in specifiche circostanze storiche.

 AFGBCM
Campione 

17 paesi OCSE, 1980--2005

 
 

4 paesi OCSE + Euro, periodi vari 1970,1985--2007,2010

 
Evento 

Piano di consolidamento per riduzione deficit

 
Singolo shock fiscale (positivo o negativo)
Tecnica 

Narrativa per isolare shock + regressione lineare

 
 

Threshold Vector Auto-Regression

 
Definizione spesa 

Consumi + investimenti + trasferimenti pubblici

 
Consumi + investimenti pubblici
Definizione tasseImposte e tasse 

Imposte e tasse al netto dei trasferimenti pubblici

 
Intervallo confidenzaSiNo

Il campione. La prima differenza riguarda il campione utilizzato. AFG studiano 17 paesi OCSE (Australia, Austria, Belgio, Canada, Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Regno Unito, Irlanda, Italia, Giappone, Olanda, Portgallo, Stati Uniti), nel periodo 1980-2005. BCM studiano 4 paesi (Francia, Italia, Giappone, Stati Uniti) più i paesi dell'area Euro aggregati in una singola entità, in vari periodi (dai 40 anni tra il 1970 e il 2010 per la Francia, ai 24 anni tra il 1985 e il 2009 per l'aggregato area Euro). Non c'è niente di sbagliato nell'utilizzare un campione piuttosto che un altro, ma naturalmente da campioni diversi si ottengono tipicamente risultati diversi.

Eventi considerati e tecnica utilizzata. La seconda e la terza differenza (che stanno insieme ma che ho separato per rendere la tabella più leggibile) riguarda il tipo di eventi fiscali ("shocks", tecnicamente) presi in considerazione, e il modo in cui questi shocks vengono identificati. Si tratta probabilmente della principale differenza alla base dei risultati divergenti. AFG studiano gli effetti di interi piani di consolidamento fiscale in ciascun paese, cioè piani esplicitamente disegnati per ridurre il deficit pubblico e mettere il debito pubblico su un sentiero sostenibile. Gli shocks fiscali considerati sono quindi solo quelli di tipo "negativo", consistono cioè di eventi che riducono il disavanzo pubblico. Inoltre, questi shocks vengono identificati utilizzando un metodo narrativo. Questo significa studiare la storia fiscale di ciascun paese e classificare particolari eventi come (parte di) piani di consolidamento fiscale. Si selezionano cioè a priori i casi da studiare. BCM, invece, considerano shocks fiscali di entrambi i segni, sia negativi (che sono quelli rilevanti durante una fase di riduzione del deficit) sia positivi (che sono rilevanti durante una fase di aumento del deficit) e utilizzano un metodo basato su una tecnica molto frequentemente usata in macroeconometria che si chiama VAR (Vector Auto-Regression). Con questa tecnica i casi da studiare (gli "shocks" fiscali) si selezionano ex post in base ai dati e ad una serie di ipotesi statistiche. La variante utilizzata da BCM consente effetti diversi nelle diverse fasi del ciclo, mentre AFG stimano un effetto medio facendo però ipotesi molto più deboli.

Spesa e tasse. La quarta e quinta differenza riguardano la definizione di spesa pubblica e tasse. Anche questa è secondo me una differenza potenzialmente importante, ed è di immediata comprensione. AFG definiscono "tasse" come le entrate fiscali, e definiscono "spesa" come l'intera spesa pubblica, inclusiva dei trasferimenti a famiglie e imprese. BCM, invece definiscono "tasse" come imposte nette, cioè entrate fiscali al netto dei trasferimenti a famiglie e imprese, e "spesa" come spesa pubblica in senso stretto. Questo può portare a interpretare in modo molto diverso gli effetti di un consolidamento basato sulla riduzione dei trasferimenti. Facciamo un esempio, il piano del governo italiano di tagliare per circa 10 miliardi i sussidi alle imprese. Si tratterebbe di riduzione della spesa oppure di aumento delle imposte? È vero che tecnicamente le imposte nette (essendo la differenza tra imposte e trasferimenti e sussidi di questo tipo) aumenterebbero, ma di fatto si tratterebbe di minori uscite per il settore pubblico, con le imposte (lorde) che resterebbero invariate. Lo stesso varrebbe per una qualsiasi riduzione della spesa pensionistica come, di nuovo, nel recente caso italiano. Un episodio di consolidamento fiscale basato sulla riduzione dei trasferimenti viene quindi classificato come "riduzione di spesa" da AFG ma come "aumento di imposte (nette)" da BCM. Se la riduzione dei trasferimenti non fosse recessiva e se (per assurdo) tutti gli shock fiscali considerati da AFG e BCM consistessero di riduzione dei trasferimenti allora avremmo già risolto il mistero dei risultati apparentemente divergenti. Se andiamo a guardare la fonte dell'analisi narrativa di AFG, vediamo che non pochi episodi di consolidamento nel loro campione hanno una preponderante componente di riduzione dei trasferimenti. La mia opinione è che sia sostanzialmente corretto considerare la riduzione dei trasferimenti come riduzione della spesa. Rimando all'appendice per un'ulteriore discussione.

Precisione della stima. Infine, la sesta differenza nella tabella, riguarda un punto tecnico (sono grato a Carlo Favero per avermelo fatto notare). Le simulazioni di AFG permettono di costruire "intervalli di confidenza", cioè una misura della precisione delle stime. La metodologia scelta da BCM non lo consente. Sappiamo quindi che la conclusione di AFG è "precisa", in un senso statistico. Nulla sappiamo sulla precisione della conclusione di BCM: potrebbero avere attorno degli intervalli di confidenza enormi e questo potrebbe implicare che la grandezza relativa degli effetti che ricercano, come stimato dalla media campionaria, è impossibile da determinare statisticamente perché gli intervalli di confidenza degli effetti sul Pil di riduzione della spesa e aumenti delle imposte nette si sovrappongono.

In conclusione, il mio giudizio è che il tipo di eventi fiscali considerati da AFG siano del tutto analoghi a quelli in atto in Italia e in Europa da 1--2 anni a questa parte. BCM, in questo senso, misurano gli effetti di eventi fiscali la cui composizione è molto diversa da quelli in corso. Al di là del giudizio metodologico e tecnico -- pur molto importante -- su narrazione (identificazione degli shock a priori sulla base di un giudizio "storico" sui dati) come alternativa a VAR (identificazione degli shock a posteriori sulla base di ipotesi statistiche applicate ai dati), le diverse definizioni di spesa e tasse e la disponibilità in un caso ma non nell'altro di una misura della precisione della stima sono cose importanti da considerare prima di concludere che gli economisti non sanno mettersi d'accordo o che aumentare la pressione fiscale sarebbe oggi meglio che ridurre la spesa.

Appendice (sempre per non specialisti, ma un po' più secchioni)

Questa appendice contiene approfondimenti e chiarimenti sui sei punti sopra. Seguo quindi lo stesso ordine e mantengo le stesse "etichette" per connettere le due parti del post. 

Il campione. Sul primo punto, bisogna tenere a mente che l'area Euro ha una politica monetaria comune ma non una politica fiscale comune. È quindi difficile immaginare uno shock fiscale per l'area Euro. Ciò che questo implica è che l'aggregazione statistica che costruisce le variabili artificiali per l'area Euro mischia shock positivi e negativi dei vari paesi generando un "netto" che non corrisponde a nessuna politica di per se, né a nessun paese ma che, semplicemente, riflette le differenti grandezze relative dei diversi paesi. Un oggetto economicamente alquanto improbabile. E' vero che questa e' "solo" una unita' di osservazione su cinque in BCM, ma sarebbe probabilmente stato meglio non usarla.

Eventi considerati e tecnica utilizzata. Sul secondo e terzo punto, la metodologia narrativa consente a AFG di distinguere tra shocks non anticipati e anticipati (pensate a una manovra che dice: oggi aumentiamo l'IVA dal 20% al 21% -- shock non anticipato, poi nel 2014 passiamo al 22% -- shock anticipato) e tra diversi stili di politica fiscale (stabilizzazioni permanenti, cioè paesi che annunciano un piano di consolidamento e lo seguono, e stabilizzazioni transitorie, cioè paesi che annunciano un piano ma poi lo ritoccano una o più volte o lo abbandonano del tutto). Per la cronaca: nel campione di AFG l'Italia è il paese dove il consolidamento è maggiormente transitorio. Il metodo narrativo utilizzato da AFG ha una lunga tradizione nella macroeconomia quantitativa. Lo avevano per esempio utilizzato Milton Friedman e Anna Schwartz in A Monetary History of the United States: 1867-1960. È tornato di recente in primo piano dopo il paper di Romer e Romer.  Una volta così classificati i casi di consolidamento fiscale come basati su riduzione di spesa e aumento della pressione fiscale (e una volta stimata la relazione statistica tra la parte non anticipata e quella anticipata), AFG stimano un semplice sistema lineare che dipende direttamente dallo shock fiscale identificato a priori e che permette risposte diverse delle variabili di interesse (il Pil, in primis) a consolidamenti basati su spesa e tasse, rispettivamente. La tecnica VAR utilizzata da BCM si basa, come suggerisce il nome, sul regredire un vettore di variabili in un certo punto nel tempo sullo stesso vettore a punti nel tempo precedenti. Gli shocks vengono poi identificati indirettamente attraverso i residui di queste regressioni. AFG, invece, li identificano direttamente nella storia fiscale dei paesi studiati (l'approccio narrativo, appunto) e non hanno bisogno di stimare preliminarmente un VAR. Il metodo che utilizzano BCM è la variante TVAR, dove la "T" stra per threshold, che significa soglia. In breve, si permette alla relazione tra le variabili incluse nel vettore (che nel loro caso sono il Pil, la spesa pubblica, le imposte nette e il tasso di interesse a breve termine) di essere diversa nelle due fasi del ciclo economico (espansione e recessione). Quando si passa dall'una all'altra si oltrepassa la soglia e la relazioni tra le variabili cambia. Tecnicamente, questo introduce una non-linearità in BCM che non è presente in AFG. AFG, quindi, non permettono ai "moltiplicatori fiscali" di essere diversi in fasi diverse del ciclo. Stimano cioè dei moltiplicatori medi. Se facessimo la stessa cosa nello studio di BCM troveremmo che la differenza tra moltiplicatori delle imposte nette e della spesa si ridurrebbe. Andrebbe cioè nella direzione di AFG -- anche se non cambierebbe la conclusione che il consolidamento via riduzione della spesa è più recessivo. Questo è coerente con l'evidenza prodotta da AFG che i diversi effetti recessivi di consolidamenti basati su spesa o tasse non dipendono dalla fase del ciclo. Il lettore interessato ad approfondire la differenza generata dall'applicazione alternativa di metodo narrativo e VAR può leggersi questo paper di Morten Ravn e Karel Mertens

Spesa e tasse. La definizione di spesa e tasse di BCM è quella corretta dal punto di vista degli schemi di contabilità nazionale. Secondo BCM sarebbe anche corretta da un punto di vista economico, perché un trasferimento è una "tassa negativa", cioè ha l'effetto contrario di una tassa essendo restituzione al settore privato di parte di quello che il settore pubblico sottrae mediante la pressione fiscale. In questo senso i traferimenti avrebbero lo stesso effetto economico delle tasse. Tuttavia, la definizione di AFG appare attraente per altri versi. I traferimenti avrebbero lo stesso impatto economico delle tasse se tasso Mr. X e poi trasferisco a Mr. X. In realtà i trasferimenti sono profondamente redistributivi. Continuiamo con l'esempio dei sussidi alle imprese. Se guardiamo a chi finiscono questi sussidi, è evidente che si tassa la parte più produttiva e competitiva di imprese per traferire alla parte di imprese più inefficienti e più capaci di accaparrarsi risorse mediante connessioni politiche. In questo caso la sostanza economica è che un trasferimento è una decisione di spendere a favore di qualcuno le risorse sottratte a qualcun altro. Analogamente, i trasferimenti alle famiglie sono di natura redistributiva e quindi (sebbene nella logica aggregata della contabilità nazionale siano come tasse negative) dal punto di vista della sostanza economica non hanno esattamente l'effetto opposto della tassazione.

Precisione della stima. Gli intervalli di confidenza di AFG consentono, nel caso specifico, di rigettare l'ipotesi che un consolidamento basato sulla riduzione della spesa sia più recessivo di uno basato sulla riduzione delle imposte (lorde). BCM, invece, scelgono una via computazionale che non permette di valutare la precisione delle stime nella parte cruciale in cui concludono che nella fase recessiva del ciclo la riduzione della spesa è più recessiva dell'aumento delle imposte (nette). In questo senso i risultati di AFG e BCM non sono in realtà neppure confrontabili, in un senso strettamente statistico.

Per concludere, una sola nota sul significato teorico delle due conclusioni. BCM notano che un "moltiplicatore fiscale" delle imposte nette più piccolo di quello della spesa (da cui discende il minore effetto recessivo di una restrizione fiscale basata sull'aumento delle prime) è coerente con un modello keynesiano standard. In questo modello (come sanno tutti gli studenti dopo il primo corso di macroeconomia, i quali si stanno sicuramente leggendo l'appendice!) aumentare le tasse è meno recessivo che ridurre la spesa perché quest'ultima operazione riduce in proporzione 1-1 la domanda corrente, mentre la prima riduce in parte i consumi (cioè un pezzo della domanda corrente) e in parte il risparmio. Questo modello, tuttavia, non è coerente con l'evidenza complementare prodotta da AFG, cioè che il canale attraverso il quale il consolidamento fiscale influenza, alle frequenze del ciclo economico, la produzione non è il consumo ma l'investimento privato. AFG documentano una correlazione positiva (negativa, rispettivamente) tra riduzione della spesa (aumento delle imposte, rispettivamente) da un lato, e fiducia delle imprese e investimento dall'altro che nell'analisi di AFG non ha pretese di relazione causale ma che suggerisce un'ipotesi non rigettata dai dati.

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Commenti

Ci sono 75 commenti

Giulio, c'è una cosa che non mi è chiara (e mi scuso per la pigrizia di non andarmela a cercare nei paper).

I salari per i dipendenti pubblici e le pensioni sono parte della definizione di ''imposte nette'' (ossia, imposte meno trasfrimenti) nello studio dei tre del Fondo Monetario? A occhio direi di sì. Ridurre una pensione di 100 euro perché si taglia la spesa per pensioni o ridurre una pensione di 100 euro perché si aumentano le tasse dovrebbe avere lo stesso identico effetto.

Se è così, ti chiedo se è corretto dire che una delle implicazioni del paper BCM è che, se devi per forza fare austerità in un periodo recessivo è: a) indifferente farlo tagliando i salari pubblici o le pensioni rispetto ad aumentare le tasse b) meglio farlo tagliando salari pubblici e pensioni piuttosto che tagliando gli investimenti pubblici. Queste, peraltro, mi paiono conseguenze abbastanza standard del modello keynesiano ''classico'' da primo anno di economia.

Ovviamente qua ''indifferente'' o ''meglio'' vanno intesi solo guardando agli effetti aggregati (gli unici, da quel che capisco, di cui si parla nei due paper) e ignorando, come spesso si fa in macro, gli aspetti redistributivi.

Nella contabilita' nazionale la compensazione dei dipendenti pubblici e' parte della spesa pubblica (la parte piu' importante di questa, infatti). E cosi', naturalmente, e' anche in BCM.

Le pensioni, invece, sono trasferimenti e quindi parte della imposte nette (col segno "meno").

Quindi riformulerei la tua proposizione come segue: "una delle implicazioni del paper BCM è che, se devi per forza fare austerità in un periodo recessivo è meglio farlo tagliando le pensioni rispetto a tagliare i salari pubblici o gli investimenti pubblici o aumentare le tasse"

non e' vero che sono "conseguenze abbastanza standard del modello keynesiano ''classico'' da primo anno di economia."

Nel modello keynesiano, infatti, tutta G (che include la parte pubblica di I) ha lo stesso maledetto "moltiplicatore", specialmente nel breve periodo.

Quindi che sia meglio, come anche io credo sia, tagliare stipendi pubblici e pensioni piuttosto che investimenti per ridurre la spesa pubblica segue da un altro modello, quello che hai in mente tu. Ossia quello che i "keynesiani de noantri" chiamerebbero di "supply side". Stai pensando a cosa producono di utile pensionati e dipendenti pubblici versus la capacita' produttiva che crei con l'investimento e ti dici che, se dal lato della domanda sempre domanda e', dal lato dell'offerta i secondi sono molto piu' utili dei primi che non lo sono quasi per nulla.

O no? 

Un altro aspetto da considerare, quantomeno a livello teorico, perchè difficilmente si può riuscire a distinguerlo con precisione nei dati disponibili, è il livello di partenza della spesa pubblica e della tassazione rispetto al PIL.

 

Infatti, tanto più elevata è la spesa pubblica rispetto al PIL tanto più probabile è che almeno una parte della stessa sia scarsamente efficiente e/o necessaria e possa essere tagliata producendo effetti positivi sul livello del reddito complessivo. Probabilmente le resistenze ai tagli non saranno invece meno forti anche a livelli elevati di spesa.

 

Allo stesso modo quando la pressione fiscale è molto elevata gli incentivi negativi nei confronti dell'attività economica saranno più alti rispetto a quando la pressione era inferiore. Mi sembra che ci troviamo proprio in questa situazione.

 

Nel 1970, uno degli anni indicati nella tabella, spesa pubblica e pressione fiscale erano assai inferiori rispetto ad oggi, in cui hanno raggiunto i valori massimi (almeno in Italia).

E' probabile che per poter ottenere delle conclusioni applicabili alla situazione attuale si debbano considerare solo i casi di spesa pubblica e pressione fiscale ben superiori al 40% del PIL, altrimenti non vale. 

Un articolo di Baldacci (ISTAT), Gupta (IMF) e Mulas-Granados (Complutense) si occupa pure dello stesso tema (contrariamente all'impressione dei giornalisti economici nostrani e non la letteratura sull'argomento e' sterminata e le conclusioni omogeneamente nella direzione di quanto argomentano AFG, ma transeat) ed arriva a conclusioni perfettamente coerenti con quanto Giulio suggerisce essere il caso.

Vado di fretta (ed EP credo sia a pagamento ma se cercate via Google di sicuro trovate il paper che si intitola Reassessing the fiscal mix for successful debt reduction) ma sostengono che il mix appropriato ha

1) Quelle basate su tagli di spesa sono piu' successful.

2) La composizione della spesa, e cosa si taglia ovviamente conta (pensa un po'!)

3) Tagliare gli entitlements (ossia i trasferimenti e sussidi) e' la strada migliore.

 

No è gratis qui

Premetto che avevo scaricato il file di BCM ma non l'ho ancora letto, mentre ho letto qualcosa di AFG un po' di tempo fa (non quello, che è recente e non conoscevo).

 

Se io verificassi cosa succede quando taglio la spesa, scoprirei verosimilmente che la correlazione (univariata) è probabilmente che l'economia crolla. Questo perché i tagli alla spesa sono così rari che di fatto avvegono solo in economie già in condizioni economiche, finanziarie e fiscali pietose.

 

In quest'ottica, se non tengo conto dello stato dell'economia, rischierei di avere una forte correlazione tra spesa e crescita che non c'entra nulla con l'effetto della spesa sulla crescita. Allora dovrei ovviamente aggiungere variabili per tener conto dello stato del ciclo, magari facendo un VAR.

 

Quanto è affidabile però che un evento, come un taglio di spesa, che avviene probabilmente solo in condizioni veramente eccezionali, venga stimato in questo modo? Se non si crea un insieme di variabili che indicano veramente quando l'economia è in condizioni pietose, il rischio di bias positivo rimane.

La "pietosità" di un'economia dipende da così tanti fattori (tasse, spesa, debito pubblico, privato, delle imprese e finanziario, deficit, leva finanziaria del settore bancario, percentuale di prestiti ad alto rischio, stato della concorrenza e delle liberalizzazioni) che non saprei proprio (ma ciò non stupisce perché non sono un esperto) come tener conto di questi eventi che purtroppo avvengono quasi solo in condizioni eccezionali.

 

C'è un'eccezione, la Germania da Schroeder in poi, che ha tagliato la spesa (relativamente al PIL) ed è cresciuta, anche grazie a varie riforme. Ma globalmente la spesa pubblica aumenterà da 50 anni, e periodi di diminuzione che non siano dovuti a crisi (1992) di recente si sono avuti forse solo per la fine della Guerra Fredda.

 

Ho letto poco della letteratura però volevo mettermici perché l'argomento mi interessava, e comunque avevo scaricato alcune decine di paper e qualcuno lo avevo letto, ma non sono certo esperto in materia.

Strano che nessuno dei due (AFG e BCM) abbia preso in considerazione nei campioni la Svezia e la Svizzera, che hanno entrambi intrappreso importanti politiche di contenimento del debito con riduzione della spesa e riduzione della pressione fiscale. Il caso della Svezia poi credo sia rilevante, dato che era noto per avere spesa e pressione fiscale prossimi al 60% (nel 1993 la spesa fu il 67.89 del PIL secondo IMF mentre qui  vedete la pressione fiscale ed il debito pubblico). A fronte di questo io non ricordo recessioni in Svezia e Svizzera, anzi la crescita procapite PPP è rilevante e l'unico calo è legato alla crisi del 2008-2009.

Qualche tempo fa un lavoro di Alesina e Ardagna su questo tema è stato oggetto delle critiche di Martin Wolf e Krugman, riprese dal Sole 24 ore, e dell'Economist. Le repliche degli interessati qui, qui e qui.

Non sono in grado di commentare nel merito, se lo volesse fare qualche redattore sarebbe gradito.

Forse esiste una via immediata per tagliare sostanzialmente il Debito che ovviamente non impedisce di operare i necessari tagli di spesa e finalmente permette di ridurre le tasse. La indica una sequenza di numeri normalmente trascurati dalle ricorrenti proposte di soluzione del problema Debito.

 

                Pil emerso: ovvero Pil ufficiale (che paga tasse e contributi) annualmente misurato dall’Istat

                Pil “nero”: ovvero sommerso economico Istat integrato dalla quota di evasione effettiva come stimata da attendibili centri di ricerca, comunemente condivisa e recentemente indicata da Bankitalia nel 31,1% del Pil ufficiale (dal 2008).

               Gettito sottratto all’erario risultante applicando al Pil “nero” la % di contribuzione del Pil emerso.

 

 

 
 

PIL

 
 

PIL

 
 

GETTITO

 
 

INCASSI

 
 

 

 
 

EMERSO

 
 

“NERO”

 
 

SOTTRATTO

 
 

AGENZIA

 
 

 

 
 

(miliardi)

 
 

free tax

 
 

ALL’ERARIO

 
 

ENTRATE

 
 

 

 
 

 

 
 

(miliardi)

 
 

(miliardi)

 
 

(miliardi)

 
 

1993

 
 

714,4

 
 

192,9

 
 

96,1

 
 

 

 
 

1994

 
 

750,4

 
 

202,6

 
 

96,6

 
 

 

 
 

1995

 
 

797,7

 
 

215,4

 
 

105,1

 
 

 

 
 

1996

 
 

844,2

 
 

227,9

 
 

112,8

 
 

 

 
 

1997

 
 

882,0

 
 

238,1

 
 

123,5

 
 

 

 
 

1998

 
 

918,9

 
 

248,1

 
 

125,1

 
 

 

 
 

1999

 
 

959,2

 
 

259,0

 
 

128,3

 
 

 

 
 

2000

 
 

974,3

 
 

263,1

 
 

133,7

 
 

 

 
 

2001

 
 

1.017,6

 
 

274,8

 
 

138,9

 
 

3,7

 
 

2002

 
 

1.071,2

 
 

289,2

 
 

142,2

 
 

2,8

 
 

2003

 
 

1.111,0

 
 

300,0

 
 

148,7

 
 

2,5

 
 

2004

 
 

1.167,5

 
 

315,2

 
 

152,5

 
 

2,1

 
 

2005

 
 

1.199,3

 
 

323,8

 
 

155,4

 
 

2,8

 
 

2006

 
 

1.247,7

 
 

336,9

 
 

168,1

 
 

4,4

 
 

2007

 
 

1.300,3

 
 

351,1

 
 

179,3

 
 

6,4

 
 

2008

 
 

1.318,4

 
 

410,0

 
 

208,9

 
 

7,0

 
 

2009

 
 

1.272,0

 
 

395,6

 
 

203,4

 
 

9,1

 
 

2010

 
 

1.300,0

 
 

404,3

 
 

205,6

 
 

11,0

 
 

2011

 
 

1.322,6

 
 

411,3

 
 

208,9

 
 

12,7

 

I numeri inseriscono il Pil free tax nella mappa di caccia alle risorse “disponibili” (l’evasore può essere chiamato a sanare il Debito pubblico) ed aggiungono il riassetto dell’apparato fiscale all’agenda delle riforme prioritarie e più urgenti (la revisione del modello di caccia al “nero” adottato dalle Entrate è il modo più spiccio per stabilizzare il Debito e per reperire risorse senza mettere le mani nel portafoglio di chi le tasse le paga, soprattutto se costretto a pagarle tutte).

 

            In particolare con riferimento allo stock di Debito, A TUTT’OGGI RISULTANO RECUPERABILI  1.773 MILIARDI DI EURO. Dal 1993, una banca dati, appositamente costruita per il Fisco e nella disponibilità del Ministro delle finanze, dettaglia i flussi monetari nazionali fiscalmente significativi e ne conserva memoria per 10 anni. Scongelare la banca dati significa accollare il Debito pubblico all’evasore, garantire il rispetto dell’impegno da Fiscal compact, azzerare l’onere per interessi, assicurare credito (a imprese e famiglie) a tassi minimi e rimettere nel vocabolario dei ricordi il termine “spread”. Un’ipotesi da incompetente vedrebbe la ruberia del passato sanata imponendo l’acquisto di Btp a 20 anni ed a tasso zero, finanziato dalla banca (converte presso la Bce i titoli in liquidità) e rimborsato con un piano di ammortamento ventennale (a tasso Bce). Date l’urgenza dell’intervento sul Debito pubblico e la certezza che il Fisco ricostruisce, in tempi brevi, il mastro di 10 anni di evasione fiscale con il dato bancario probante, può essere incentivata l’adesione anticipata-immediata-spontanea dell’evasore offrendo l’azzeramento delle sanzioni. E la Politica non gridi allo scandalo per il ripescaggio di una banca dati finora dimenticata (anzi insabbiata)! La Corte di Cassazione (sentenza n.1728/99) ha stabilito che l’aspettativa di una maggiore probabilita’ di sottrarsi alla scoperta di irregolarita’ o infrazioni non integra un diritto tutelabile e, quindi, puo’ essere vanificata dalla legge sopraggiunta (esiste dal 1991!) che renda piu’ ampi ed efficaci gli organi preposti a detta scoperta. E la Politica non invochi la privacy! Il Fisco può esplorare la banca dati senza entrarne in possesso ed indagare tutti i contribuenti evidenziando solo chi ha barato.

                                             Zanchi.gualtiero.gualtiero@gmail.com

Gualtiero: credo sia stato spiegato varie volte su questo sito che il recupero del nero abbia gli stessi effetti, in tutto e per tutto, di un aumento delle tasse.

Per esempio, noisefromamerika.org/articolo/tre-cose-ovvie-sullevasione-fiscale che si conclude con un condivisible:

Conclusione. Sarebbe bene che dell'evasione fiscale venisse completamente tolto dal dibattito sui provvedimenti congiunturali. E' un tema di buona amministrazione, non di politica fiscale.

Oltre alle spiegazioni già date da Stefano, rilevo le seguenti cose:

1) o il ricupero dell'evasione serve per ridurre il debito (il nuovo gettito va a diminuzione del debito) oppure "finalmente permette di ridurre le tasse". Ci sono vie intermedie, naturalmente, ma tutte rappresentano un'aumento della pressione fiscale, come già fatto rilevare. 

2) nella colonna del PIL nero (tax free) a mio avviso ci sono due subcomponenti che non vanno confuse. Una cosa è il sommerso (attività lecite condotte senza autorizzazioni legali e senza pagare imposte e contributi) ed una cosa è il nero vero e proprio, creato da attività criminali, che mai potrebbero essere tassate ed "emergere". La dimensione del primo è circa il 18% del PIL, secondo ISTAT e quindi per arrivare al 31% che citi, c'è una stima del 13% circa di attività criminali che: a) non producono valore aggiunto (rapine, estorsioni, furti, sfruttamento della prostituzione, tangenti, pizzo) o quando lo fanno (produzione e vendita di stupefacenti) non puo' essere certo un valore aggiunto alla luce del sole, su cui pagare contributi previdenziali IRAP, IVA, IRES, IRPEF e gli altri 100 balzelli che la fervida fantasia dei politici italiani hanno creato in questi decenni.

Ora è chiaro che le attività criminali non vanno "tassate" ma represse mentre il sommerso va fatto emergere, con gli opportuni strumenti, e questa emersione deve comportare per tutti una riduzione delle aliquote. L'emersione puo' avvenire a sua volta se:

a) viene fortemente diminuita la burocrazia e con essa spese statali e relative necessità di gettito;

b) viene semplificata la normativa (le 100'000 e passa leggi astruse, contraddittorie ed incomprensibili):

c) viene ridotta la pressione fiscale e contributiva (cuneo fiscale) e la complessità del sistema tributario e del sistema del contenzioso tributario

d) viene riformata e snellita l'amministrazione tributaria, resa piu' efficace, efficente e legata al territorio.

Anche se tutto questo fosse fatto, l'evasione non arriverà mai a zero (dal 18% attuale) perché anche nei paesi piu' efficenti esiste pur sempre un minimo di sommerso tra il 9 ed il 10% (media OECD attorno al 15-16%). Bene che vada se diventassimo come i piu' virtuosi  quindi possiamo solo dimezzare quel 18% e cercare di annullare il 13% di attività criminali.

 

A TUTT’OGGI RISULTANO RECUPERABILI  1.773 MILIARDI DI EURO

 

Gualtiero, meglio non sparare numeri per impressionare. Tanto per cominciare, buona parte degli evasori del 1993 saranno gia' morti e in stadio avanzato di decomposizione.  Che facciamo pagare i figli e i nipoti? Per quelli che sono a spasso con la badante, invece, gran parte di questi ipotetici debiti saranno prescritti e riprescritti.

 

Per la parte restante, oltre alle cose che ti hanno fatto notare Stefano e Francesco ce n'e' un'altra: l'enforcement non e' gratuito. Tu hai idea di quanto costa recuperarare, diciamo, 100 miliardi di gettito? Se non costasse niente non ci sarebbe evasione neppure in Svizzera e in Canada. Eppure ce n'e' anche li'. Molto meno che da noi ma da nessuna parte l'enforcement e' tale da condurre a zero evasione. Esattamente perche' l'enforcement costa.

Giulio

come bene osservi una delle differenze fondamentali tra i due paper sia nelle ipotesi utilizzate per identificare lo " shock" .   Per i lettori meno tecnici bisogna spiegare che cosa vuol dire. Siccome le variabili economiche tendono a muoversi " insieme"  (tecnicamente la loro matrice di covarianze e'  piena)   non e'  ovvio capire chi ha mosso chi  (non lo sarebbe  necessariamente  nemmeno se si mouovessero sequenzialmente, ma lasciamo stare).  

 

In parole povere,  se osservo che il deficit va giu e il pil va su,  posso dire che il deficit ha aumentato il pil o viceversa?  in  economia per ripondere a questa domanda bisogna risolvere un problema di identificazione:  ovvero trovare movimenti " esogeni"    di deficit (o di pil),  che non siano la risposta alla dinamica di altre varibaili economiche (per esempio  il deficit tipicamente scende se il pil sale perche le  imposte sono piu reattive della spesa).

 

Il punto fondamentale diventa percio come identificare gli shock " esogeni.  AFG   utilizzano un approccio  "narrativo".   Mi pare interessante, e se uno volesso criticarlo dovrebbe questionare, documenti alla mano,   gli shock da loro identificati come tali.      BCM (mi pare di capire intorno a pgg 16)   utilizzano uno schema ricorsivo (una matrice triangolare  di   Cholesky)  per  rendere le innovazioni  del VAR   indipendenti  e poterle identificare.  Il vantaggio di questa ipotesi e'  che e'  trattabile.   Ma le ipotesi sottostanti sono molto forti, e andrebbero esplorate meglio:  lo schema ipotizza che la politica fiscale NON riponda contemporaneamente a nessuna delle altre variabili del sistema  (correggetemi se ho frainteso).  Praticamente tutte le innovazioni fiscali sono shock esogeni.    Un secondo aspetto problematico dello schema triangolare e'  che non e' coerente con praticamente nessun modello teorico ben specificato  che io conosca. E'  molto difficile ottenere  degli zeri nella matrice delle risposte contemporanee dalla teoria, poiche TUTTE  le variabili reagiscono contemporaneamente all' impatto di uno shock.  Un esercizio interessante per testare la bonta della identificazione sarebbe un esperimento tipo monte-carlo, usando dati artificiali prodotti da un modello teorico  con la politica fiscale e cercare di riprodurre la risposta a impulso "vera"  usando lo schema Cholesky qui proposto.  

 

 

Queste considerazioni, che possono apparire  come tecnicismi, sono fondamentali per capire se cio' che stiamo commentando sia un risultato utile per analizzare un controfattuale (gli effetti di una nuova politica del deficit)  ovvero sia solo una correlazione di forma ridotta, che riflette magari la correlazione tra  deficit e crescita,   che  poco ha da dire riguardo l' effetto di un cambio di policy.  

    

Giusto, Francesco. Grazie per il chiarimento.

L'approccio narrativo bypassa queste difficolta' e cerca di risolvere il problema di identificazione nel modo in cui si è tentato di risolverlo in microeconometria negli ultimi 25 anni, ossia cercando cose che assomigliano a esperimenti.

Io, per la verità, la prima cosa che vorrei vedere è una replica di BCM con spesa e tasse definite come in AFG. Ora lo suggerisco agli autori...